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Ancora su maggioritario e proporzionale

Il sistema elettorale maggioritario non è di per sé meno democratico di quello proporzionale. Ma può condurre più facilmente a una “dittatura della maggioranza”. E’ dunque necessario rafforzare il sistema delle garanzie costituzionali. La legge elettorale attuale va riformata, per aumentare l’omogeneità delle forze di governo. Mentre la soglia di sbarramento con proporzionale ridurrebbe la competizione tra le forze politiche, un maggioritario a due turni potrebbe essere una possibile soluzione.

Un mio intervento di un paio di settimane fa sui sistemi elettorali ha suscitato un ampio dibattito. Riprendo il tema, approfondendolo e replicando così anche ai commenti critici ricevuti.

La democraticità del proporzionale e il sistema delle garanzie

Un punto sollevato da molti critici concerne la presunta maggiore democraticità del sistema elettorale proporzionale rispetto al sistema maggioritario. Anche chi mi dà ragione, lo fa spesso storcendo il naso.
Non sono sicuro di comprendere completamente questo argomento.

Non c’è dubbio che il sistema elettorale proporzionale consenta una maggiore rappresentanza delle preferenze politiche della collettività, ma se questo sia più o meno democratico dipende molto dalla concezione di democrazia che uno ha in mente.
Per esempio, nella visione liberale, il sistema elettorale ha fondamentalmente il ruolo di scegliere dei rappresentanti a cui delegare il compito di prendere decisioni per conto della collettività, per un periodo di tempo limitato e con vincoli ben precisi. Questo può benissimo farlo anche un sistema maggioritario, che anzi contribuisce a pre-determinare, nel momento delle elezioni, un programma e una maggioranza parlamentare.
Ma probabilmente quello che molti lettori hanno in mente è qualcosa di diverso dalla semplice tecnica della formazione delle maggioranze parlamentari. È il problema della protezione delle minoranze.

L’idea è che il sistema maggioritario, negando accesso alla rappresentanza politica delle minoranze, almeno di quelle più estreme, possa condurre a una sorta di “dittatura della maggioranza”.

Penso che questa sia un’obiezione importante. Tuttavia, credo che il problema della protezione delle minoranze in una democrazia matura non dovrebbe essere affidato tanto al sistema elettorale, che ha soprattutto lo scopo di individuare una maggioranza in grado di governare, quanto al sistema dei contropoteri, la garanzia dei diritti fondamentali, e il bilanciamento dei poteri dello Stato.

È vero tuttavia che su questo punto esiste nel nostro paese un problema irrisolto.
Il nostro sistema di garanzie costituzionali e di bilanciamento dei poteri è apparentemente molto robusto. Però, è stato immaginato per un Parlamento eletto con un proporzionale puro, e mostra la corda a fronte a maggioranze elette con un sistema diverso. Il fatto stesso che il centro-sinistra sia stato in grado di modificare la Costituzione a colpi di voti di maggioranza nella legislazione precedente, e che l’attuale maggioranza si accinga a fare lo stesso in questa, mostra chiaramente che c’è qualcosa che non va. Per questo, a differenza di quanto sostenuto da altri (per esempio Tabellini), penso che di una qualche revisione della Costituzione, nel senso del rafforzamento del sistema delle garanzie, ci sia in realtà bisogno.

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Il peso della tradizione

Altri critici sostengono invece che la nostra cultura politica è estranea alla logica del sistema maggioritario: abbiamo una tradizione proporzionale che ci ha ben servito in passato, e comunque il sistema elettorale non è la panacea di tutti i mali.
Condivido, ma solo in parte, queste posizioni. Non nego affatto che in altri periodi storici il sistema proporzionale abbia funzionato egregiamente e che così possa succedere anche in futuro. Penso semplicemente che in questo momento il paese abbia bisogno di alcune importanti riforme e che queste riforme siano almeno in parte impedite dalla pressione di gruppi di interesse consolidati: il sistema maggioritario, per sua natura più competitivo, può condurre più facilmente a un loro varo. Ci sono potenzialmente importanti ritorni politici nel medio-lungo periodo per chi decida di percorrere questa strada, e il sistema maggioritario offre incentivi maggiori a cogliere queste opportunità. Su questo punto, l’evidenza empirica internazionale comparata è confortante.

Per questo, mi convince meno l’ipotesi del proporzionale con soglia di sbarramento, che alcune forze politiche che sostengono il governo sembrano intenzionate a fare propria. Anche se funzionale a una riduzione della frammentazione della rappresentanza, ci condurrebbe a un eterno e immodificabile centro, riducendo gli incentivi alla concorrenza politica e al ricambio della classe politica.
Sul fatto che il sistema elettorale sia poco influente, non sono d’accordo. È opportuno ricordare che prima della modifica nel sistema elettorale, la durata media di un governo italiano, dal dopoguerra al 1993, è stata di circa dieci mesi. È difficile impostare una politica economica con una vita attesa tanto breve. Dopo la riforma elettorale, abbiamo avuto una chiara alternanza di forze diverse, e governi quasi di legislatura. Lo ritengo comunque un miglioramento.

I correttivi del sistema attuale

Non credo affatto che gli uomini e i programmi non siano importanti o che i due schieramenti attuali vadano messi sullo stesso piano. Noto però che i problemi che il centro-destra affronta oggi sono speculari a quelli che il centro-sinistra ha dovuto affrontare sul finire della precedente legislatura e che questi problemi hanno la stessa radice: la difficoltà di trasformare le ampie alleanze elettorali necessarie per vincere le elezioni, in maggioranze sufficientemente coese da portare avanti un programma di governo. Come si possa superarle, è un dibattito aperto. Non mi pare esistano ricette istituzionali non controverse. (vedi Tabellini)
Il mio suggerimento, assai tenue, a favore dell’ipotesi del doppio turno (su cui gli studi comparati sono praticamente inesistenti) deriva dai primi e molto parziali risultati di una ricerca in corso sui risultati elettorali in un campione di comuni lombardi. Qui, confrontando i risultati dei comuni leggermente sotto i 15mila abitanti (dove si vota con un turno unico) con quelli sopra la soglia (dove si vota con un doppio turno), emergono differenze importanti. In particolare, il sistema del doppio turno sembra essere più in grado di escludere i partiti più estremi dall’area di governo. Estesi all’intero paese, questi risultati suggeriscono che un sistema di doppio turno potrebbe essere funzionale alla formazione di maggioranze di governo più coese. Ma è opportuno ribadire che si tratta di pure riflessioni accademiche. Non c’è al momento nessun schieramento politico che sia favorevole a questa soluzione.

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  1. roberto puzone

    Penso che la governabilità e il sistema di contropoteri siano un aspetto centrale della democrazia, ma che moltissimi aspetti legislativi, quindi parlamentari, necessitino di una rappresentanza al contrario che esalti le minoranze per proteggerle, penso a leggi sui diritti del singolo, ecc. Non e’ possibile che in nome della governabilità economica ci si trovi con chi cambia la costituzione a suo uso e consumo o fa leggi liberticide per recuperare consenso. E non parlo solo di casi recenti.
    Credo si debba fare uno sforzo per separare le funzioni di governo che necessitano di un premio di maggioranza dagli altri aspetti legislativi. Quindi votare una rappresentanza proporzionale, votatando anche le allenze di governo, ma che il premio di maggioranza vada applicato come coefficiente ai voti dei rappresentanti di governo in parlamento solo su certi aspetti legislativi.
    Insomma ogni eletto ha un voto di peso variabile, non mi pare difficilissimo, se si vuole fare.
    Ci starebbe tecnicamente anche il premio di minoranza, con molta semplicità.

  2. Carlo Danzi

    La concezione della democrazia che ritiene accettabile un’ inadeguata rappresentanza delle preferenze politiche espresse dalla collettività è opinabile.
    Oltre al problema della protezione delle forze di opposizione c’è quello della tutela delle possibili componenti della maggioranza che non condividono in tutto e per tutto le opinioni degli altri membri della compagine governativa.
    Gruppi di interesse consolidati esistono e prosperano in ogni paese indipendentemente dal sistema elettorale vigente.
    Il fatto che tali gruppi sponsorizzino dei candidati o dei partiti in paesi che adottano sistemi elettorali diversi fa ritenere che il modo di valutare i voti non sia di per sé garanzia di indipendenza degli eletti.
    Non è chiaro inoltre perché gruppi di interesse consolidati debbano necessariamente esser considerati necessariamente contrari a delle importanti riforme.
    Probabilmente le auspicano a loro vantaggio, ma non per questo vanno posti tutti sullo stesso piano.
    Tra un’organizzazione di volontariato per l’assistenza ai disabili ed una di criminali, ad esempio, ci sono delle apprezzabili differenze.
    La prevedibile maggior durata di un governo certamente può condizionare in modo determinante l’impostazione di una politica economica, ma non è di per sé garanzia di bontà dei risultati.
    Un sistema elettorale, in democrazia, non è il collante sufficiente a tenere insieme una compagine governativa quando i suoi componenti hanno opinioni inconciliabili.
    Visto ciò che nel XX secolo è successo in diversi paesi europei in cui i governi sono rimasi in carica molto più a lungo di quelli italiani non è possibile ritenere la durata di un governo sinonimo di progresso economico e civile del paese.
    Indubbiamente se i cittadini attribuissero ad una sola persona il potere di nominare e revocare i membri delle assemblee legislative e del governo avremmo governi più stabili ed indirizzi di politica economica duraturi quanto la legislatura, o forse quanto la volontà del Capo Supremo.
    Giudicare se un sistema monocratico sia democratico o no forse dipende molto dal concetto di democrazia che uno ha in mente.

  3. Matteo Barbero

    Quello che, a mio modesto parere, tanto le riflessioni (per il resto, al solito, illuminanti) del Prof. Bordignon quanto i commenti dei lettori di LaVoce.info sembrano trascurare è che la questione della governabilità non è, se non in minima parte, una mera questione di sistema elettorale. I limiti della “svolta maggioritaria” impressa dal referendum elettorale del 1993 dipendono in gran parte dalla mancanza di idonee regole convenzionali che, integrando il corpus normativo costituzionale ed ordinario, garantiscano il funzionamento della nostra forma di governo secondo la logica del parlamentarismo maggioritario (e non del Parlamentarismo compromissorio). In questo senso (e non al fine di giustificare un inaccettabile ritorno al proporzionale puro), occorre porsi un problema di cultura politica, problema ahimè difficilmente risolvibile a colpi di riforme della legge elettorale.

  4. Renzo Poser

    Ho letto, come sempre, con molto interesse interventi e repliche su quell’annoso e dibattuto argomento che è il sistema elettorale. Per quanto mi riguarda, anche dopo le ultime riflessioni rimango della mia opinione che, parafrasando una frase tratta da un celebre film, se dovessi scegliere fra rappresentatività e governabilità sceglierei la rappresentatività tutti i giorni della settimana e due volt la domenica.
    Ma questa voglia non voglio controribattere, voglio solo introdurre un altro argomento che, mi chiedo, come mai è così negletto, quasi che politologi, politici, giornalisti, studiosi ecc. travassero indecente parlarne. Mi riferisco al banale metodo di calcolo, quelle attività meccaniche che si fanno per decidere chi è eletto e chi viene escluso. Eppure qualche riflessione su questio argomento sarebbe utile. Se mi permette le espongo qualche caso che in teoria potrebbero verificarsi e le chiedo se le considerazioni che se ne possono trarre non siano significative e non meriterebbero di un’attenzione che per ora è mancata.
    Innanzitutto, immagino, per semplicità, un sistema ripartito in 10 collegi elettorali (è un vincolo del sistema elettorale maggioritario che si debbano creare i collegi: è un sistema che non amo, preferisco il collegio unico nazionale. Anche questo è un argomento che meriterebbere una approfondita discussione). Per semplicità poniamo che tutti questi collegi abbiano un corpo elettorale costituito da 10.000 elettori ciascuno.

    I caso: Due partiti: Bianco e Blu (colori della Grecia)
    Il Bianco ottiene in ogni collegio 5.001 voti contro i 4.999 del Blu. Tutti e 10 i seggi vengono assegnati al Bianco, mentre il Blu, con quaso il 50% dei voti, non ha neanche il diritto di essere opposizione. L’opposizione è semplicemente cancellata: neanche nei più bui momenti del regime sovietico si era arrivato a tanto.

    II caso:Sempre due partiti: Verde e Rosso (Portogallo)
    In 9 collegi vince il Verde con 5.001 voti contro 4.999 del Rosso. Nel 10° collegio vince il Rosso con 9.009 voti contro 991 voti del Verde. Il Rosso con 54.000 voti è maggioranza assoluta del paese, avrebbe diritto a governare, ma col sistema maggioritario si prende solo un seggio.
    Che alla maggioranza dei voti popolari non corrisponda una maggioranza dei seggi assegnati è già successo, ma io lo trovo comunque ingiusto e non mi rassegno. Che Bush, che nel complesso dei vari stati aveva totalizzato uno scarto dal suo avversario di circa 450.000, sia stato eletto solo perché un pugno di afro-americani non ha avuto la possibilità di votare in Florida, non lo trovo democratico.

    III caso: Tre partiti: Bianco, Rosso e Verde. Supponiamo che in tutti e 10 i collegi vinca il Bianco con 3.400 voti mentre il Rosso e il Verde ottengono circa 3.300 voti ciascuno. In questo caso il Bianco ancora una volta fa il pieno, non lasciando neanche un seggio agli altri due partiti. Io non so come la pensiate voi. Da parte mia ritengo che il corpo elettorale non abbia espresso il desiderio di assegnare al Bianco il compito di governare, ma potrebbe invece aver espresso il desiderio opposto e quindi anche

  5. Renzo Poser

    Continua dalla precedente e-mail di pari oggetto:

    Da parte mia ritengo che il corpo elettorale non abbia espresso il desiderio di assegnare al Bianco il compito di governare, ma potrebbe invece aver espresso il desiderio opposto rispetto a quello che il sistema elettorale in atto avrebbe portato a convalidare.

    I tre casi presentati sono soltanto esempi. Potrei introdurne altri, quali ad es. il peso dei collegi, il diverso compartamento degli elettori nei vari collegi, ecc., tutti elementi che se li analizziamo bene portano al convincimento che col sistema maggioritario il risultato delle elezioni dipende in larga misura dal caso: tanto varrebbe gettare i dadi, alla faccia delle affermazioni di attaccamento ai principi della democrazia.

    Per fortuna o per sfortuna queste situazioni limite non si presentano frequentemente. Per sfortuna perché almeno così sarebbe immediatamente evidente a tutti la stoltezza di questo sistema.
    Per fortuna perché la realtà, molto più intelligentemente delle persone, opera in modo che queste situazioni non abbiano mai a presentarsi.

    Ma comunque su questi punti non varrebbe forse la pena farci sopra qualche riflessione?
    Grazie
    Renzo Poser

  6. Armando

    Sembrano tutti dimenticare che in Italia vige il bicameralismo perfetto. Ogni legge elettorle dovrebbe quindi essere replicata in entrambe le camere. E se invece fossero completamente diverse? Io dico: alla camera ci deve essere UN partito con maggioranza assoluta (uninominale a 2 turni?), mentre al senato proporzionale puro. Attendo commenti.

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