La nuova Costituzione europea? Avere raggiunto un accordo è già un successo, ma il testo finale è più debole rispetto al progetto elaborato dalla Convenzione. Proponiamo ai nostri lettori alcuni stralci del discorso del vicepresidente della Convenzione europea, Giuliano Amato, al sesto convegno europeo della Fondazione Rodolfo De Benedetti, tenutosi il 19 giugno a Lecce. Si tratta delle parti del suo discorso in cui ha valutato l’accordo raggiunto dal Consiglio sulla Costituzione europea e in cui ha discusso come “dare dei denti” al processo di Lisbona.

“La Costituzione europea è nata con qualche malformazione. Ma la nostra è una società che si prende cura dei disabili. Immagino che farà lo stesso anche con questa Costituzione, sperando che, col tempo, le malformazioni possano essere curate e rese innocue.

Un testo più debole

L’impressione che ho ricavato dalla vicenda è che più a lungo si lasciano soli i governi nazionali a negoziare testi di questa natura, più questi li peggiorano.
O troviamo un sistema per il quale organismi a rappresentanza mista, come era la Convenzione, riescono a esercitare un potere di decisione, oppure dobbiamo dare ai governi una scadenza entro la quale decidere. Infatti, più passavano le settimane, più le rivendicazioni che in sede di Convenzione eravamo riusciti a contenere, riemergevano e si imponevano.
Il risultato ha finito per essere un forte indebolimento del testo inizialmente proposto. Il che ha in qualche modo vendicato noi, che quel testo avevamo proposto e che allora eravamo stati criticati per le insufficienze che in esso erano state viste.

Una “sorpresa” finale

Ma c’è una specie di sorpresa finale che fa capire quale potrebbe essere l’atteggiamento nei prossimi mesi e anni dei governi più legati all’idea di Europa. È la cura con cui questi governi hanno salvaguardato le cosiddette cooperazioni rafforzate, lasciando più spazio alle rivendicazioni degli Stati membri, piccoli e non piccoli, nella disciplina relativa all’insieme dell’Europa allargata.

Questo lascia intravvedere un certo pessimismo dei governi europeisti sulla possibilità di far muovere l’insieme dell’Europa allargata, e la loro aspettativa di dover mettere in mare le scialuppe, se si vuole percorrere il cammino in un tempo più breve. È l’impressione di fondo che ricavo da questa scelta. Poi vedremo, con il processo di ratifica, quali altri problemi rimangono.
È comunque meglio che i governi abbiano raggiunto un’intesa rispetto alla prospettiva di impasse prolungata. Se non si fosse arrivati all’accordo, l’Unione sarebbe ora in una sorta di limbo, proprio nel momento in cui diventa Europa allargata”.

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(…)

Lisbona come Maastricht

“È opportuno assistere la strategia di Lisbona con gli stessi incentivi e i disincentivi del Patto di stabilità e crescita. Anche se ci sono molte differenze tra Maastricht e Lisbona, non c’è dubbio che, almeno per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse pubbliche, si possono dare pesi diversi ai fini del raggiungimento o meno del tetto del 3 per cento del deficit sul Pil.
Come? Valutando diversamente le spese che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona rispetto a quelle che, invece, non concorrono a questo obiettivo.
Ho sempre ritenuto inaccettabile che per un’Europa che si è data la strategia di Maastricht e quella di Lisbona, sia assolutamente indifferente l’allocazione delle risorse nei bilanci nazionali, purché questi stiano nel limite del 3 per cento.

Se Lisbona deve essere efficace, in Europa non devono avere lo stesso trattamento un bilancio che ignori il sistema educativo, la ricerca e lo sviluppo, e un bilancio che, invece, impieghi parte delle risorse in questo senso.
Se non c’è differenza, vuol dire che Maastricht c’è e Lisbona è come se non ci fosse.
Il Consiglio europeo ha cominciato timidamente ad accettare questo approccio.
Nella nuova Costituzione, infatti, si dice che l’Unione punta a raggiungere un’adeguata stabilità economica, ma indica anche le priorità delle riforme, dell’innovazione e della competitività.
Il Consiglio ha, inoltre, stabilito recentemente che occorre compiere una valutazione anche qualitativa dei bilanci nazionali. Conta, in altre parole, anche la qualità della spesa, non solo il saldo fra entrate ed uscite.
Tutto questo è una presa d’atto che Maastricht e Lisbona sono due figli della stessa famiglia. Ma se finora solo uno dei due figli ha potuto sedere a tavola e l’altro è rimasto fuori dalla porta. Farlo entrare nella stanza sarebbe un importante successo”.

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