Sciopero virtuale e premi per i lavoratori che si impegnano a non interrompere il servizio pubblico in caso di vertenze con l’azienda sono due proposte integrabili. Entrambe fanno salvi tutti i diritti delle controparti negoziali e migliorano in misura rilevante le condizioni del pubblico. Né sembra esserci il rischio di un eccessivo rafforzamento della posizione contrattuale dei lavoratori, tale da portare a retribuzioni esorbitanti che implichino oneri finanziari per la collettività superiori ai benefici della regolarità del servizio.

Dalle colonne de lavoce.info sono state avanzate due proposte in materia di scioperi nei servizi pubblici, una di Pietro Ichino e una mia. Vorrei ora riprenderne alcuni aspetti, confrontando le proposte tra loro, ed entrambe con la situazione attuale, dal punto di vista dei lavoratori, dell’azienda erogatrice dei servizi (considerata in solido con l’ente pubblico che la controlla e la finanzia) e del pubblico degli utenti.

Lo sciopero virtuale

La proposta di Pietro Ichino dello sciopero virtuale presenta due aspetti fondamentali.
Il primo è che offre ai lavoratori (e solo a essi, in quanto godono di piena autonomia in proposito e in quanto la forma virtuale dell’agitazione non può essere loro imposta dalla controparte o da terzi) un nuovo strumento di lotta, che si affianca, senza sostituirli, a quelli tradizionali. Uno strumento che impone sì ai lavoratori un sacrificio aggiuntivo, e cioè l’effettuazione della prestazione di lavoro malgrado la perdita della retribuzione, ma consente di infliggere alla controparte, tenuta a pagare a un fondo speciale un multiplo delle retribuzioni perse dai lavoratori, un costo finanziario significativo, anziché i vantaggi che per essa derivano dalle forme normali di lotta, grazie al fatto che con uno sciopero normale le aziende risparmiano in salari e carburante più di quanto perdono in termini di incassi.
Il secondo aspetto è che consente di evitare al pubblico i costi e i disagi che l’interruzione del servizio comporta, che superano di gran lunga la posta in gioco per le parti direttamente interessate alla vertenza. Anche questo secondo aspetto dovrebbe, nel lungo periodo, rafforzare la posizione contrattuale dei sindacati, che potrebbero vedere le loro richieste appoggiate dall’opinione pubblica più di quanto oggi non avvenga.

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Non è chiaro, tuttavia, se i sindacati stessi vedano le cose in questo modo, perché è evidente che lo scopo delle recenti agitazioni selvagge era precisamente di trasformare l’esasperazione del pubblico in strumento di pressione sugli enti locali che sono proprietari delle aziende di trasporto.
Quali che siano da questo punto di vista gli esatti termini della questione, mi sembra si possa dire che la proposta di Ichino lascia invariate quelle che potremmo chiamare le condizioni normali o quotidiane del servizio e modifichi invece le forme della conflittualità, consentendo il raggiungimento di soluzioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori senza inconvenienti per il pubblico.

Il premio di non-sciopero

La proposta del premio modifica invece la situazione normale (svolgimento senza interruzioni del servizio) sia per le parti che rinunciando a scioperare ricevono il premio straordinario, sia per il pubblico, che paga la maggiorazione tariffaria destinata a finanziare il premio. Invece riproduce in tutto e per tutto la situazione attuale in caso di sciopero: le parti non ricevono il premio e il pubblico si vede rimborsate le sovratariffe in precedenza pagate.
Gli effetti diretti di questa soluzione sono senz’altro vantaggiosi per le controparti contrattuali, che non vedono alterati i loro rapporti di forza e che guadagnano in caso di continuità del servizio senza perdere nulla rispetto a oggi in caso di sciopero. Indirettamente ne è avvantaggiato soprattutto il pubblico, che vede sensibilmente ridotto il rischio di scioperi e paga qualcosa in più solo nel caso in cui tale rischio effettivamente non si materializzi.

Combinazione delle due proposte

Due aspetti di queste proposte devono essere sottolineati. Il primo è che entrambe fanno salvi tutti i diritti di cui godono attualmente le controparti negoziali, compreso quello di scioperare nelle forme tradizionali.
Il secondo è che sono non solo tra loro compatibili, ma anche proficuamente combinabili. Decisivo da questo punto di vista è il fatto che lo sciopero virtuale non fa venire meno le condizioni per ricevere il premio, risulta quindi decisamente preferibile alle forme tradizionali di lotta.
Dai calcoli sommari che ho esposto nel mio articolo precedente risultava che una sovratariffa del 10 per cento avrebbe consentito di pagare semestralmente un premio equivalente alle retribuzioni di sei giornate lavorative; in presenza di un simile premio, uno sciopero in forma tradizionale farebbe perdere ai lavoratori le retribuzioni di sette giornate (le sei del premio più quella di sciopero), mentre l’agitazione in forma virtuale comporterebbe la perdita di una sola giornata. La presenza del premio avrebbe come effetto anche di ridurre il rischio, piuttosto elevato, di defezioni dalle forme “virtuali” di lotta prospettate da Ichino. (1)
La combinazione delle due proposte migliora quindi certamente le condizioni dei lavoratori e con tutta probabilità e in misura rilevante quelle del pubblico. Sembra, invece, francamente remoto il rischio che la posizione contrattuale dei lavoratori si rafforzi al punto da portare a retribuzioni esorbitanti che implicano oneri finanziari per la collettività superiori ai benefici della regolarità del servizio.

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(1) La partecipazione di un lavoratore allo sciopero virtuale dovrebbe verosimilmente assumere la forma di una dichiarazione in tal senso, dichiarazione che determina la sospensione del salario e il pagamento da parte dell’azienda di un multiplo di esso al fondo speciale. Per molti lavoratori la tentazione del ‘crumiraggio’ sarebbe piuttosto forte, in quanto avrebbe forti probabilità di non essere notata dalla maggioranza dei colleghi; uno sciopero virtuale con poche adesioni comporterebbe un danno trascurabile per l’azienda a fronte di un costo rilevante per i singoli scioperanti, costo che in presenza del premio assumerebbe la forma non di una perdita secca ma di una riduzione relativamente modesta (17 per cento) del premio.

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