Il disegno di legge governativo sulla riforma delle autorità di vigilanza finanziaria è debole perché frutto di molte mediazioni tra posizioni diverse. Il principio della ripartizione per finalità è solo affermato, ma non realizzato fino in fondo. Sulla corporate governance non dice quasi nulla. Sanzioni e risarcimenti corrono sul filo del paradosso. Dovrà quindi essere il Parlamento a dare al provvedimento la necessaria razionalità e coerenza.

Il disegno di legge governativo sulla riforma delle autorità di vigilanza finanziaria è considerata da commentatori autorevoli come Giuliano Amato un “buon punto di partenza” per il dibattito parlamentare che sta per iniziare, una volta conclusa l’indagine delle commissioni.
In effetti, i giochi cominciano ora, ma l’aggettivo “buono” appare assai impegnativo, perché il testo attuale risente di molte mediazioni fra posizioni diverse all’interno della maggioranza.

La scommessa quindi è che il dibattito futuro diminuisca e non aumenti il tasso di compromesso: una variabile che raramente giova alle riforme e che può avere effetti devastanti in campo finanziario, dove razionalità e coerenza sono necessarie per creare il giusto equilibrio fra mercato e regolazione.

La ripartizione per finalità

Quali sono in sintesi i punti da migliorare del disegno di legge governativo? In primo luogo, una vera ripartizione per finalità della vigilanza. Il testo afferma questo principio, ma non lo realizza fino in fondo.
Il risultato netto è che la semplificazione delle autorità promessa (e realizzata in quasi tutti i paesi europei) porta le autorità di vigilanza da cinque a cinque.

La corporate governance

In secondo luogo, il disegno di legge poco o nulla dice sui problemi della corporate governance delle società quotate.
Sul tema, nel corso delle audizioni, il silenzio delle associazioni e istituzioni che avrebbero dovuto rappresentare il mercato è stato a dir poco imbarazzante.

Ma come? Nel giro di pochi anni due grandi società quotate, una delle quali appartenente al Mib30, fanno strame delle regole di corporate governance e del codice di autodisciplina e non si chiede né che la legge fissi parametri più severi né che si dotino veramente le istituzioni di mercato (ad esempio Borsa Italiana) di poteri sanzionatori nei confronti dei membri responsabili di infrazioni? In commissione parlamentare è stato tutto un allargare di braccia e un sospirare rassegnati: cosa possiamo fare davanti alla truffa?

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Non c’è bisogno di grandi sforzi per rispondere che si potrebbe cominciare a richiedere per legge la presenza di amministratori indipendenti sia nelle società quotate sia nelle società di gestione del risparmio. Negli Stati Uniti la norma che prevede il 40 per cento di amministratori nelle società che gestiscono fondi comuni è del 1934. E ancora, si potrebbe attribuire al presidente del consiglio di amministrazione la funzione di garanzia e quindi anche di tutela delle minoranze, come da tempo sostiene sir Cadbury, il padre nobile di tutti i codici di corporate governance. E gli esempi, ovviamente, potrebbero continuare.

Un “comma-22” per i risarcimenti

In terzo luogo, il disegno di legge appare ancora debole nell’apparato di sanzioni agli operatori scorretti e di risarcimenti nei confronti dei risparmiatori danneggiati.
Con tutta la prudenza necessaria per esprimere un parere in un campo che non è di mia competenza, mi sembra che la struttura delle sanzioni confermi le debolezze già presenti nel Testo unico bancario e nel Testo unico della finanza (per gli importi previsti e per il fatto di essere rivolti agli amministratori e dirigenti e non agli intermediari non si può mai arrivare agli importi veramente deterrenti che abbiamo visto negli Stati Uniti).
La severità viene concentrata in un nuovo reato (il “nocumento al pubblico risparmio”) che appare tecnicamente improbabile e praticamente di dubbia efficacia. Quanto al futuro sistema di indennizzo dei risparmiatori (per cui è prevista una delega al Governo) sembra un comma-22 applicato alla finanza: come è possibile “un sistema mutualistico o assicurativo” (quindi di mercato) per “danni patrimoniali causati dalla violazione ripetuta e sanzionata” delle norme in materia finanziaria?

Il comma-22 dell’indimenticabile libro di Joseph Heller recitava: “chi è pazzo è esentato dalle missioni di volo; chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo, non è pazzo”. Mi sembra la stessa sublime aporia dell’attuale disegno di legge.
Non vi è quindi dubbio che questo testo sia un punto di partenza. Il problema è che rimane ancora tanta strada da fare.

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