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Sciopero virtuale, una scelta di civiltà

Un accordo preventivo tra sindacati e imprese del settore potrebbe garantire la continuità del servizio durante gli scioperi: i lavoratori rinuncerebbero ai loro stipendi, ma l’azienda si impegnerebbe a versare il doppio o il triplo di questi in un fondo cogestito per opere di pubblica utilità. Così l’astensione dal lavoro costerebbe davvero cara all’azienda dei trasporti e il danno inferto non ricadrebbe sugli utenti. Una parte del fondo potrebbe essere poi utilizzata dalle due parti per informare la cittadinanza sulle ragioni del contendere.

Sciopero virtuale, una scelta di civiltà

Se, come pare, il primo dicembre scorso, a causa dello sciopero totale a sorpresa dei mezzi pubblici, sono stati 150mila i milanesi che non sono riusciti a recarsi al lavoro e sono stati dieci volte tanti i milanesi che hanno perso due ore di lavoro, la perdita complessiva subita dalla città, senza contare le altre componenti del danno, ammonta a non meno di 60 milioni di euro.

Accordi convenienti e accordi equi

Il motivo dello sciopero è costituito da una differenza di circa cento euro lordi di stipendio mensile, corrispondenti a un costo aziendale di centocinquanta euro. Moltiplicati per i novemila autoferrotranvieri milanesi e per i due anni di vigenza della parte economica del contratto collettivo di cui si discute, fanno circa 45 milioni.
Tirate le somme, nella sola giornata di sciopero a sorpresa del primo dicembre, la città di Milano ha sopportato un danno superiore al beneficio totale che i suoi autoferrotranvieri stanno rivendicando (la sproporzione è, per lo più, molto maggiore nel caso dello sciopero di altre categorie-chiave del trasporto pubblico, come i controllori di volo). Se poi si considera che lo sciopero del primo dicembre era l’ottavo della serie, nell’ambito di questa vertenza contrattuale, si potrebbe concludere che firmare subito un accordo (magari soltanto regionale o aziendale) senza scioperi, accogliendo fin dall’inizio integralmente la rivendicazione dei lavoratori, sarebbe stato conveniente per tutti.

Conveniente, anche se non necessariamente equo, come non è necessariamente equo l’esito incruento di una trattativa condotta sotto la minaccia di una pistola puntata. Beninteso, non voglio dire affatto che sia iniquo quanto oggi gli autoferrotranvieri rivendicano, soprattutto in riferimento al costo della vita milanese; voglio solo dire che questo meccanismo negoziale non dà alcuna garanzia di equità; anzi è gravemente irrazionale, poiché fa pesare sull’accordo contrattuale la minaccia di un danno ingiusto a terzi.

D’altra parte, al tavolo delle trattative non siedono i rappresentanti della collettività, cui quella minaccia è rivolta, ma i rappresentanti delle aziende dei trasporti municipali. E nelle giornate di sciopero queste aziende non soltanto non subiscono un danno, ma addirittura guadagnano. Perdono soltanto il ricavo della vendita dei biglietti di corsa singola, che costituisce solitamente una parte molto modesta delle loro entrate; non perdono invece il ricavo degli abbonamenti, né il contributo pubblico periodico che copre il deficit di bilancio. Viceversa, risparmiano stipendi, carburante e usura dei mezzi. In altre parole, paradossalmente, lo sciopero degli autoferrotranvieri fa bene al bilancio delle loro aziende. Così stando le cose, non c’è da stupirsi che le trattative sindacali ristagnino.

Nello sciopero dei trasporti pubblici c’è questo elemento di anomalia: la sua efficacia sta tutta nel danno enorme inferto a soggetti terzi, agli utenti; non in un danno inferto alla controparte datrice di lavoro, quella che siede al tavolo delle trattative. Logica vorrebbe che, stando così le cose, al tavolo delle trattative sedesse il sindaco; anzi, il ministro del Bilancio, finché i soldi per pagare gli autoferrotranvieri, in ultima analisi, vengono da lui. Si eviterebbe almeno il gioco dello scaricabarile a cui si assiste in questi giorni circa la responsabilità del trascinarsi inconcludente delle trattative.

La soluzione razionale

Ma la soluzione più razionale del problema sarebbe un’altra: si chiama “sciopero virtuale” e si basa su di un accordo preventivo tra sindacati e imprese del settore per garantire la continuità del servizio durante gli scioperi, rinunciando i lavoratori ai loro stipendi e impegnandosi l’azienda a pagare il doppio o il triplo degli stipendi stessi a un fondo cogestito per opere di pubblica utilità.
Così davvero lo sciopero costa caro all’azienda dei trasporti; i lavoratori possono dunque esercitare una forte pressione su di essa in modo diretto, e non in modo indiretto col prendere in ostaggio la cittadinanza. Una parte consistente del fondo cogestito, finanziato in questo modo, deve essere posto a disposizione di ciascuna delle parti contendenti per la realizzazione delle rispettive campagne di informazione dell’opinione pubblica circa i motivi del contendere: possono essere realizzati spot televisivi, utilizzate pagine intere di quotidiani, distribuiti messaggi ai viaggiatori, per conquistare l’appoggio della cittadinanza. Questa viene così coinvolta ancora nella vertenza, ma non nel modo barbaro in cui essa è stata coinvolta a Milano lunedì scorso, cioè col tenderle un’imboscata, col violare il suo diritto al lavoro e alla libertà di movimento, bensì nel modo civilissimo che è proprio dei lavoratori che sanno battersi per i propri interessi senza ledere quelli di altri lavoratori.
Non è necessario che, con l’accordo istitutivo di questa forma di lotta, il sindacato rinunci al proprio diritto di proclamare anche uno sciopero tradizionale. Basta prevedere la possibilità dello sciopero virtuale e stabilirne preventivamente l’opportuno regolamento. Sarà questa forma di lotta alternativa, poi, ad affermarsi da sola, per la sua maggiore efficacia nei confronti dell’azienda e per la straordinaria possibilità che offrirà ai lavoratori di stabilire un rapporto positivo con la cittadinanza.

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Un seme di speranza

Certo, può apparire ingenuo e persino un po’ ridicolo proporre un salto in avanti di civiltà come quello dello sciopero virtuale, in un contesto quale quello italiano attuale, nel quale egoismi, particolarismi e faziosità prevalgono a tutti i livelli, la cultura della legalità è rinnegata persino ai vertici dello Stato, gli indici della coesione sociale sono in costante ribasso. Ma, proprio perché questa è la triste congiuntura civile che stiamo attraversando, avrebbe un grande significato che proprio in questo momento una o più tra le confederazioni sindacali maggiori sottoscrivessero con una o più aziende di trasporto municipale un accordo sulla possibilità dello sciopero virtuale. Non rinuncerebbero a nulla: lancerebbero soltanto un segnale di speranza. Getterebbero un seme, nella fiducia che col tornare della buona stagione esso potrà germogliare e dare frutti.

 

 

Un esempio di accordo

IPOTESI DI ACCORDO COLLETTIVO AZIENDALE
SULLO SCIOPERO VIRTUALE

Oggi, … … 2003, tra
– la Società … (da qui innanzi indicata come “l’Azienda”), e
-le Organizzazioni Sindacali …, …, … (da qui innanzi indicate come “le Organizzazioni Sindacali”)
si è convenuto quanto segue.


1. Le Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo si riservano la facoltà di proclamare, senza alcuna limitazione temporale, lo sciopero virtuale.
Si intende per sciopero virtuale, ai fini del presente accordo, quello che, senza produrre alcuna sospensione della prestazione lavorativa né alcun pregiudizio alla normale funzionalità del servizio, comporta:

a. la cessione, da parte del lavoratore che vi aderisce, del proprio credito retributivo corrispondente alla durata dello sciopero stesso al Fondo di cui al punto 5; nella determinazione del suddetto credito non si computano gli elementi di retribuzione differita (mensilità aggiuntive, trattamento di fine rapporto);

b. l’obbligo a carico dell’Azienda di effettuare il pagamento in favore del Fondo di cui al punto 5 dell’importo ceduto dal lavoratore, più un importo di pari entità;

c. la destinazione delle somme che in tal modo si saranno rese via via disponibili, per la realizzazione di iniziative di progresso civile o per scopi di solidarietà sociale;

d. la pubblicazione, a cura e spese del Fondo di cui al punto 5 – su due quotidiani con diffusione nella zona per la quale lo sciopero è proclamato (scelti di volta in volta dal Comitato di Gestione del Fondo) – di una inserzione predisposta dalle Organizzazioni Sindacali proclamanti, nella quale saranno esposti i motivi dell’agitazione, nonché di una inserzione dell’Azienda, nella quale sarà esposta la sua posizione al riguardo. In entrambe le suddette inserzioni verrà dato conto della destinazione delle somme cedute dai lavoratori e di quelle aggiuntive versate dall’azienda, in conseguenza dello sciopero virtuale.

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2. I contributi previdenziali corrispondenti alla retribuzione ceduta dal lavoratore aderente allo sciopero vengono regolarmente versati dall’Azienda all’Istituto previdenziale competente, previa trattenuta, dall’importo versato al Fondo, della quota gravante sul lavoratore.

3. Lo sciopero virtuale può essere proclamato da una o più Organizzazioni, in riferimento alla generalità dei lavoratori dell’Azienda o a una parte determinata di essi. La proclamazione deve avvenire, mediante comunicazione ai lavoratori interessati e alla Direzione aziendale, con almeno dieci giorni di anticipo rispetto alla data in cui lo sciopero produce gli effetti di cui al punto 1.
Lo sciopero virtuale può essere proclamato in corrispondenza o no con la proclamazione, da parte di altre Organizzazioni, dello sciopero nella sua forma tradizionale, comportante l’astensione dal lavoro.

4. I lavoratori che intendano aderire allo sciopero virtuale devono darne comunicazione alla Direzione aziendale, di regola con almeno sei giorni di anticipo rispetto alla data per la quale esso è proclamato. La comunicazione può essere data in forma scritta, oppure in forma telematica, secondo le modalità che saranno definite mediante apposito protocollo concordato tra l’Azienda e le Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo.
L’adesione allo sciopero virtuale comporta l’accettazione, da parte del lavoratore, di tutti gli effetti di cui al punto 1.

5. Presso la Direzione dell’Azienda è costituito un Fondo denominato “Fondo di solidarietà”, alimentato dai versamenti di cui al punto 1, lett. a e b, che saranno effettuati mediante accredito su di un apposito conto corrente bancario.

6. La gestione del Fondo è affidata a un organo collegiale denominato Comitato di Gestione, composto da
-un membro designato da ciascuna delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo;
– un membro designato dall’Azienda, il quale disporrà di tre voti qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano almeno quattro, due voti qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano almeno tre, un voto qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano meno di tre.
Il Comitato elegge nel proprio seno il Presidente, cui compete l’esecuzione delle delibere.

7. Il Comitato di Gestione del Fondo delibera, con la maggioranza semplice dei voti espressi dai partecipanti alla seduta, la destinazione delle somme che si saranno rese via via disponibili, nel rispetto di quanto disposto al riguardo nel punto 1, lett. c e d.

Il Presidente dà esecuzione alle decisioni del Comitato disponendo del conto corrente bancario di cui al punto 5 mediante firma congiunta con il rappresentante dell’Azienda nel Comitato di Gestione.
Il rappresentante dell’Azienda nel Comitato di Gestione può rifiutare la propria firma sull’atto di disposizione soltanto nel caso in cui esso tenda a finalità differenti rispetto a quelle tassativamente indicate nel punto 1, lett. c e d. Ogni controversia in proposito è risolta entro trenta giorni con lodo inappellabile da un arbitro unico designato dal Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale territorialmente competente, senza altro vincolo di procedura se non quello di sentire, in contraddittorio tra di loro, tutti i membri del Comitato di Gestione. Le spese dell’arbitrato sono poste a carico del Fondo.

 

 

 

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Sommario 9 dicembre 2003

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41 commenti

  1. Gabriella Giudici

    Caro Ichino,
    ho letto con attenzione il tuo articolo la cui proposta potrebbe, teoricamente, non trovarmi in disaccordo, ma dissento profondamente dalla tua visione dello sciopero e della società.
    Premetto di non essere un quadro sindacale e nemmeno iscritta ad un sindacato, ma ho ugualmente l’impressione che una lettura economicista del lavoro e dello sciopero, una lettura riduzionista per eccellenza, non sia utile alla comprensione delle cose.
    Il lavoro non è solo la controparte dell’azienda ma, come l’azienda, è una componente della vita sociale. Per questa ragione la collettività non è implicata nel braccio di ferro tra lavoro e azienda solo perché non trova l’autobus sotto casa, ma perché quel braccio di ferro e quel rapporto rappresentano un elemento dialettico fondamentale della vita sociale.
    Se levi alto il lamento per il declino della democrazia e il tramonto della legalità, dovresti anche chiederti cosa alimenta democrazia e legalità. In effetti, uno sciopero che non abbia la solidarietà dei “danneggiati”, uno sciopero isolato, non può dirsi uno sciopero riuscito, ma anche uno sciopero che non solleciti questa solidiarietà, questa visibilità pubblica, non è uno sciopero, ma qualcos’altro.
    Lo sciopero interrompe con forza le routine, ti costringe a prendere atto che qualcosa non funziona ed in questo consiste il danno inferto all’azienda controparte. Per questo funziona e per la stessa ragione è così odiato. Ma ho l’impressione che a detestare così profondamente questo strumento di dissenso, e perciò di civiltà, non siano gli utenti, ma coloro che temono la vivacità della discussione pubblica sulla gestione delle risorse, sull’equità degli accordi e in generale sui rapporti di forza tra parti sociali.
    Come tutti mi servo del treno e dell’autobus, mando i miei figli a scuola e ho qualche problema se trovo gli insegnanti a braccia incrociate, ma non ritengo prioritario riformare lo sciopero, c’è qualcos’altro prima da cambiare.
    Cordialmente
    Gabriella Giudici

    • La redazione

      Si sollecita assai meglio la solidarietà dell’opinione pubblica comunicando positivamente con essa, piuttosto che infliggendole un danno grave senza preavviso e senza spiegazioni.
      Lo sciopero virtuale porrebbe a disposizione dei lavoratori dei servizi pubblici degli strumenti potentissimi di comunicazione (spot televisivi, inserzioni sui giornali, distribuzione di comunicati agli utenti), dando loro una visibilità positiva, invece della visibilità pesantemente negativa di uno sciopero illegale come quello del primo dicembre.
      P.I.

  2. Sebastiano

    Secondo me la prima scelta portatrice di civiltà dovrebbe essere il rispetto dei contratti e del loro rinnovo; chi non rispetta i contratti secondo me non è una persona civile, ne democratica, ne rispettosa in senso lato.
    Inutile girare intorno al problema: il problema non è lo sciopero totale (finalmente un vero sciopero, si può dire), ne il fatto che colpisce i lavoratori, il problema è il motivo per cui gli scioperi di questi giorni si sono verificati: il non rispetto dei contratti, il non rinnovo dei contratti. Logico che dopo due anni di scioperi concertati, che alleggerivano solo la busta paga (e alleggerivano il costo del lavoro per l’atm, libera così di buttare soldi in obbligazioni cirio), di fronte all’inerzia la totalità dei lavoratori abbia deciso per qualcosa di più incisivo; ha colpito tutti? benvenga, ha colpito anche me, ma nessuno è morto per questo, anzi…pare che questo sciopero abbia finalmente fatto mettere in prima linea nell’agenda politica di alcuni il problema del reddito minimo garantito, una risposta reale che va al di là di tutti i particolarismi e gli interessi di cortile su cui un certo tipo di informazione vuol far leva per mettere co.co.co. contro tramviere, libero professionista contro impiegato, banchiere contro metalmeccanico; sono tutti lavoratori che hanno spesso problemi di reddito.
    Il problema non è come i lavoratori scioperano, ma perchè…e intorno a questo c’è, da parte della gente comune, dei lavoratori, molta più comprensione di quanto i tg o alcuni giornali vogliono far pensare…

    • La redazione

      Nella società dell’informazione una categoria che si isola dall’opinione pubblica, si isola dalla generalità degli altri lavoratori, può vincere una battaglia ma sarà sempre perdente sulla lunga distanza. E’ interesse prioritario dei lavoratori stessi del settore dei trasporti saper usare anche strumenti di lotta che evitino l’isolamento.
      D’altra parte, la cultura delle regole e della legalità nasce per la difesa dei più deboli, non dei più forti. Per questo, fin dai tempi di Giuseppe Di Vittorio, essa costituisce un patrimonio fondamentale del movimento sindacale: guai a sottovalutarne il valore, anche in una fase come quella attuale, nella quale è il Governo per primo a svalutarla.
      P.I.

  3. Paolo Rocca

    La proposta di P. Ichino sarebbe molto interessante se nel nostro paese esistesse l’uso di rispettare accordi, contratti, patti ecc. ma così non è.
    I lavoratori che hanno contratti scaduti, parzialmente applicati, sono ormai pressoché privi di qualunque strumento di pressione sui rispettivi datori di lavoro. Soltanto la “illegittima” manifestazione dei tranvieri milanesi ha rimesso il tema all’ordine del giorno. Gli strumenti di tipo “conciliativo” e di “raffreddamento dei conflitti” adottati negli ultimi anni sono nati in una situazione di “pace sociale” che non c’è più. Che fare? Arrendersi?
    Cordialmente.
    Paolo Rocca

    • La redazione

      La mia proposta non è di rinunciare al vecchio strumento dello sciopero tradizionale, ma di sperimentarne anche uno nuovo, quello dello sciopero virtuale, che può rivelarsi anche più efficace: nella società dell’informazione, porsi in grado di comunicare efficacemente con milioni di cittadini, invece di contrapporsi
      frontalmente all’opinione pubblica, può costituire un’arma vincente.
      P.I.

  4. nicola gargamelli

    Un’altra proposta di sciopero (per i trasporti locali e le ferrovie) sarebbe quella dei controlli dei biglietti. Se i lavoratori pubblicizzassero che per un periodo X non ci saranno controlli, pochi utenti pagherebbero il biglietto e l’azienda avrebbe un sicuro danno. Se il periodo X fosse di un mese, molti abbonamenti settimanali e mensili salterebbero…

    ciao
    nicola.

    • La redazione

      Questa forma di lotta sarebbe però illegittima: lo sciopero non può consistere nell’esecuzione parziale o inesatta della prestazione lavorativa, ma soltanto nella sua sospensione integrale per un periodo dato.
      P.I.

  5. Enzo Pisano

    Innanzitutto credo che occorra distinguere tra uno sciopero proclamato in seguito ad una mancata applicazione di regole o contratto e lo sciopero conseguente ad una trattativa per la conquista di migliori condizioni economiche e normative.
    Non si può negare che lo sciopero in alcuni servizi pubblici sia ormai un’arma spuntata che, addirittura, in alcuni casi porta beneficio all’azienda come acutamente dimostrato dal signor Ichino.
    Un’ipotesi di soluzione per la prima eventualità potrebbe essere la creazione di una procedura, con tempi certi, da innescare a cura dei lavoratori, a mezzo di un ricorso ad una commissione o ente terzo, la cui pronuncia costituirebbe titolo esecutivo.
    Diversa l’ipotesi di sciopero per la conquista di miglioramenti. In tal caso ci troviamo in presenza di un trattativa che è cosa diversa dal conflitto per l’applicazione di un patto già scritto.
    Un’ipotesi di soluzione per questa fattispecie, laddove possibile, potrebbe essere quella di delegare (da parte dei lavoratori) a scioperare solo coloro addetti all’incasso o al controllo del servizio, ovvero i lavoratori addetti ad attività importanti per l’azienda ma non direttamente impegnati per la regolarità del servizio pubblico.
    Cordiali saluti. Enzo Pisano

  6. Luigi Vavassori

    Sono d’accordo con Pietro Ichino che lo sciopero di Milano non e’ accettabile ma la sua proposta e’ utopica perche’ le aziende di trasporto pubblico sono gestite principalmente dai comuni e quindi la logica di gestione non e’ “economica” ma “politica”.
    Valga per questo l’esempio della ATM di Milano che (vedi articolo di Mario Gerevini sul Corriere Economia del 8-12-2003) dove i vertici aziendali hanno “buttato” 10 milioni di Euro in Bond Cirio oltre a farsi un aumento delle loro retribuzioni del 12,5% senza essere sostituita dall’azionista di riferimento (Comune di Milano).
    Una proposta intelligente potrebbe essere di regionalizzare i contratti per per i servizi regionali come e’ gia’ stato proposto in modo da considerare le effettive esigenze dei lavoratori e degli utenti.

    • La redazione

      Anche se la logica di gestione delle aziende di trasporto pubblico è politica e non economica, quella di minimizzare il danno agli altri lavoratori e di non porsi in conflitto con gli utenti resta un’esigenza primaria dei lavoratori stessi del trasporto pubblico.
      Sul decentramento della contrattazione in questo settore sono pienamente d’accordo.
      P.I.

  7. Sebastiano

    Continuo a insistere, sicuro che questo intervento sarà censurato come il precedente, l’unica cosa che manca e che non è stata detta è che anche non rinnovare i contratti o non rispettarli è una pratica illegittima, e in un quadro di illegittimità di partenza qualsiasi forma di sciopero è possibile (e non solo quella buonista proposta da Ichino); non rendersi conto di questa realtà esclude qualsiasi discorso da un legame vero con la realtà stessa, e soprattutto non fa considerare l’unico modo che esiste per evitare la quasi totalità degli scioperi selvaggi (di sicuro faceva evitare quello di Milano, che ha avuto comunque il gran merito di inserire in agenda politica la questione del reddito minimo di cittadinanza), rispettare i contratti e rendere il rinnovo dei contratti una questione di correttezza che una volta praticata può anche essere richiesta ai lavoratori.
    Tutto qua,
    Saluti

    • La redazione

      Lo sciopero virtuale consentirebbe di informare compiutamente l’opinione pubblica sulle inadempienze della controparte. Non è una proposta “buonista”: è una forma di lotta che si aggiungerebbe a quelle tradizionali e darebbe una marcia in più al movimento sindacale nel settore dei servizi pubblici.
      P.I.

  8. franco

    Il costo ricadrebbe comunque sulla collettività, visto che le aziende municipalizzate sono l’espressione della società locale. Meglio sarebbe raffreddare i conflitti e creare camere di arbitrato con tempi e limiti ben definiti.

  9. fab

    Mi sembra una proposta irreale. Se le aziende non hanno voluto pagare neanche gli emolumenti gia’ pattuiti, come costringerle a versare il doppio, il triplo o quant’altro per una cosa simile ?
    Consideriamo un altro fatto: la legge che regolamenta gli scioperi di determinati settori e’ a volte talmente restrittiva che lo sciopero non serve piu’ a nulla, esattamente come la storia della ATM insegna.
    Il sottoscritto lavora in una nota grande azienda ex-IRI nella quale scioperare e’ diventato pressoche’ impossibile, ma dobbiamo al tempo stesso accettare tutte le -continue ed abbondanti- violazioni del contratto da parte del datore di lavoro. Chiaro che poi quando la misura e’ colma si scende in piazza esasperati, ed e’ umanamente normale poter arrivare ad eclatanti manifestazioni non del proprio dissenso ma della propria rabbia.

    • La redazione

      Che lo sciopero tradizionale sia in parte depotenziato dai limiti giustamente posti dalla legge nel settore dei servizi pubblici è vero. Ma questo non è un buon motivo per violare la legge: è semmai un buon motivo per sperimentare altre forme di lotta.
      Quanto all’efficacia dello sciopero virtuale, l’azienda che non versasse immediatamente quanto dovuto al Fondo cogestito si renderebbe responsabile di comportamento antisindacale, sanzionabile in tempi brevissimi mediante la procedura giudiziale d’urgenza prevista dall’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
      P.I.

  10. giovanni papiro

    Concordo pienamente con il contenuto dell’articolo e propongo inoltre la seguente riflessione: oltre a rendere più costoso per entrambe le parti (azienda e lavoratori) gli effetti degli scioperi, perchè non provare direttamente a prevenire a monte la possibilità che si verifichino scioperi. Credo che la stragrande maggioranza di scioperi avviene per il mancato accordo sul rinnovo del contratto di lavoro, che in genere penalizza i lavoratori in quanto continuano ad essere pagati per mesi (anni) alle vecchie minori condizioni contrattuali. Allora perchè non prevedere per legge che le parti debbano sia avviare la negoziazione del nuovo contratto prima della sua scadenza (ad es. 6 mesi) che concluderla sempre prima della scandeza (ad es. 3 mesi), affiancando a tale prescrizione normativa (che non assicurerebbe di per se il puntuale difficile raggiungimento di accordo) un meccanismo che penalizzi entrambe le parti per ogni mese di ritardo nella firma del nuovo contratto rispetto al termine previsto. Ciò potrebbe avvenire tramite penali all’azienda e trattenute alla busta paga per i lavoratori, il cui ricavato potrebbe andare (come proposto nell’articolo) in un fondo nazionale (o di categoria) con finalità sociali da stabilirsi.

    • La redazione

      La legge sugli scioperi nei servizi pubblici già prevede procedure di raffreddamento e procedure arbitrali. Ma occorre un mutamento nel sistema delle relazioni sindacali, che può essere realizzato principalmente mediante accordi collettivi, aziendali, regionali o di settore.
      P.I.

  11. paolo

    Ho lavorato per 37 anni in una grande banca e di vertenze sindacali ne ho viste tante, posso assicuraVi che mai i datori di lavoro accetteranno regole sullo sciopero virtuale. E’ troppo comodo risparmiare sui salari e non rinunciare agli interessi che continuano a decorrere sulle esposizioni di C/c , sui mutui etc. Lo sciopero virtuale è solo fumo negli occhi che viene tirato in ballo quando una vertenza diventa insostenibile e la giusta rabbia dell’opinione pubblica comincia montare. Sarei felice di essere smentito dai fatti ma temo che non sara’ così. Saluti e auguri di un felice Natale..

    • La redazione

      Non è così. Nel 2001 fu l’Enav a proporre alle Organizzazioni sindacali dei controllori di volo un accordo-quadro sullo sciopero virtuale, dichiarandosi pronto a negoziare una equa determinazione del multiplo da applicare sugli stipendi relativi al periodo di sciopero. Cgil e Uil si dichiararono d’accordo, a condizione che accettasse anche la Cisl; la Licta mostrò
      qualche aprertura; ma nessuna Organizzazione sindacale ebbe il coraggio di firmare per prima.
      Quanto alle Aziende dei trasporti municipali, sono ben convinto che esse non abbiano alcun interesse a sottoscrivere l’accordo-quadro sullo sciopero virtuale; ma avrebbero un forte interesse a costringerle a farlo le Amministrazioni comunali o regionali. E comunque i sindacati confederali
      trarrebbero grande vantaggio sul piano dell’immagine se sfidassero le loro controparti su questo terreno.
      P.I.

  12. Giuseppe Muscio

    Caro Ichino, lo sciopero virtuale continua ad essere argomento che divide le opinioni. Accade sempre quando lo strumento, al di là delle possibilità di reale efficacia, rappresenta una sorta di oltraggio al senso comune. Lo sciopero nei servizi pubblici è, nell’immaginario collettivo, uno dei tanti disservizi ai quali il cittadino oggi deve convivere nel Belpaese. Avanzare una proposta di civilità hic et nunc, su questo terreno, sembra ai più come un atto blasfemo. A parte, tuttavia, questo discorso che tocca aspetti inquitenati della nostra cultura, mi premeva dire che l’impressione ricevuta durante le giornate di sciopero dei tranvieri è stata una grande informazione e partecipazione da parte degli utenti danneggiati intervistati dai media o incontrati per strada in quei giorni di odissea urbana, oltre che un atteggiamento solidale verso chi, in quel momento, stava lasciando migliaia di persone a piedi. Personalmente ho tratto da queste sensazioni un dato inquietante: è come se la gente abbia partecipato allo sciopero, comprendendo a fondo il messaggio di chi lo aveva messo in atto (siamo senza soldi e senza contratto), identificandosi con i tranvieri e dando sfogo, così, anche al proprio profondo malessere. Da ciò traggo una riflessione: a me pare che se non si possa ancora parlare di sciopero virtuale, di virtuale, in questo Paese, ci sono certamente i diritti dei cittadini.
    Scioperanti e non.

    • La redazione

      Sono d’accordo con Lei su questo punto: molti operai e impiegati dell’industria o del commercio vedono nei tranvieri o ferrovieri, che si impongono al tavolo delle trattative incrociando le braccia, l’immagine di quello che vorrebbero poter fare anche loro, ma non possono fare, o possono
      fare con effetti molto meno incisivi, perché rischierebbero la chiusura dell’azienda.

  13. Natale Carapellese

    Lavoro da 20 anni nel settore energia ed in particolare mi occupo del comparto gas-acqua, trovo indubbiamente interessanti e molto condivisibili, le proposte da voi formulate in materia di sciopero “virtuale” anche se non concordo sull’uso del termine virtuale. Il fatto è che il termine viene percepito dai lavoratori in senso negativo se non riduttivo delle potenzialità dello sciopero, invece a mio avviso può rappresentare sicuramente un salto di qualità nella frontiera dei diritti e delle relazioni industriali tra aziende e lavoratori per il tramite delle org. sindacali. Ritengo che tale forma di sciopero aggiuntivo e non sostitutivo delle varie forme, debba essere applicato soprattutto nel settore dei servizi pubblici essenziali, solo per i lavoratori soggetti ai cd minimi di servizio, cioè impossibilitati a scioperare per garantire comunque il servizio. Nel settore energia, gas e acqua, la continuità di fornitura e la sicurezza del servizio è sempre stata praticamente garantita dal sindacato ed dai lavoratori, prima ancora della introduzione della L. 146/90, questa legge ha originato accordi applicativi nazionali e locali sempre rispettati, che però nei fatti hanno depotenziato l’arma dello sciopero, non a caso nelle cronache di informazione gli scioperi del settore non fanno notizia, se non in qualche trafiletto interno ai quotidiani, a differenza dei trasporti aerei e ferroviari. Il punto è che, per una condizione di sicurezza oggettiva, di carattere collettivo, non si può chiudere il gas, l’acqua, la luce ma anche alcuni servizi ospedalieri o le stesse forze dell’ordine, vigili del fuoco etc. quindi c’è a monte una regola di indispensabilità, che “penalizza” alcune categorie e ne “agevola” altre con notevole impatto sulla cittadinanza.
    Segnalo che le OO.SS. nazionali FILCEM (ex FNLE) FEMCA e UILCEM hanno proposto nei confronti aperti con le controparti sull’applicazione della L. 83/2000 la possibilità di introdurre la possibilità dello sciopero cd virtuale, senza sortire grande attenzione dalle controparti, ma forse anche tra i lavoratori. Personalmente propongo di non utilizzare più la denominazione di sciopero virtuale sostituendola con quella di sciopero economico per almeno 2 ragioni:
    1) il termine virtuale si identifica troppo con: non vero, non reale, finto, etc. cioè che esiste solo nell’immaginario connotandosi in senso negativo
    2) La proposta che viene formulata da voi ed in alcuni casi da parte sindacale, è comunque una forma di sciopero, non virtuale ma reale, perchè crea un danno economico effettivo per l’azienda, pur garantendo il servizio reso, credo quindi che per riconoscere il giusto, chiamando le cose con il vero nome, sia opportuno adottare il termine economico, che tralaltro avrebbe un maggiore appeal tra i lavoratori.
    grazie per l’attenzione
    Natale Carapellese
    FNLE CGIL Lombardia

    • La redazione

      Sono d’accordo sulla inadeguatezza dell’espressione “sciopero virtuale”; e non mi dispiace l’espressione “sciopero economico”. Ma sarà difficile sostituire la seconda alla prima nel linguaggio corrente.
      P.I.

  14. daniele

    Veramente un bell’articolo! fino a pochi minuti fa pensavo che l’economia fosse la culla delle seghe mentali e invece grazie a questo pezzo penso che anche gli economisti abbiano un senso in questa terra…

  15. andrea

    Professore, la sua mi pare una proposta iniqua e sbilanciata che provocherebbe un progressivo trasferimento di risorse dall’azienda alla cogestione azienda-sindacato, accrescendo enormemente il ruolo e il potere di quest’ultimo. Soffiando sul fuoco delle rivendicazioni, il sindacato avrebbe tutto interesse a proclamare scioperi senza fine, che non danneggerebbero gli utenti, ma solo i bilanci aziendali. Conferendo un potere negoziale e di gestione enorme ad un organismo quello sindacale che gode attualmente di una rappresentativita` assai limitata, soprattutto nel settore privato.

  16. Giovanni G

    Come spesso succede, l’autore propone buone idee (a mio modesto avviso!). Sono d’accordo in sostanza: uno sciopero non è uno sciopero se non "danneggia" il datore di lavoro. Immaginare che il datore di lavoro si senta sotto pressione se un terzo viene danneggiato (mentre lui risparmia) è irreale. E’ inoltre incredibile che, di fatto, i danneggiati siano solo cittadini e scioperanti! Il problema del trasporto pubblico è enorme: dirigenti non responsabili della loro azienda, debiti ripianati dallo stato, lo stato che gioca alla trattativa al ribasso con i suoi cittadini (sotto forma di dipendenti o di fruitori del servizio). Insomma, davvero un bel quadro!

  17. carlo

    Sicuramente lo sciopero dei trasporti come effettuato oggi danneggia gli utenti e non l’azienda e crea tensioni tra i cittadini danneggiati, che potrebbero anche essere solidali con le richieste degli scioperanti e gli scioperanti stessi. normalmente lo sciopero crea un danno economico al lavoratore (perdita del salario giornaliero) e all’azienda (perdita della produzione giornaliera); il lavoratore comunque si astiene dalla prestazione, mentre nella proposta dello sciopero virtuale, il lavoratore lavora gratitamente. Mi si risponderà che l’azienda ha una perdita economica dovendo effettuare i versamenti al fondo, ma qualche dubbio mi rimane. dato che molte vertenze nascono dal fatto che i contratti vengono rinnovati con anni di ritardo e a volte o sono al ribasso o non vengono onorati, penso che si potrebbe trovare un meccanismo di sanzione forte per le parti che non ottemperano o alla tempistica o al rispetto dei contratti stessi.

  18. Marcello Grossi

    Sono un ex-navigante Alitalia. Nel lontano 1993 elaborai e proposi ad alcuni rappresentani sindacali di categoria la mia idea di una regolamentazione delle agitazioni con ciò che io definivo "sciopero alla giapponese". In poche parole si scioperava lavorando, con una fascetta colorata al braccio onde sottolineare visivamente alla clientela lo stato di agitazione. La giornata lavorativa veniva devoluta ad una associazione "non profit" da definire. L’azienda veniva penalizzata versando almeno 3 volte tanto alla stessa associazione "non profit". Da parte sindacale solo sorrisetti e un vedremo. Inizio estate 1994, su un volo Roma-Torino trovo l’allora Ministro della Sanità del 1° governo Berlusconi, l’onorevole Raffaele Costa. Governo nato il 10/5/94. L’ on. Costa era stato Ministro dei Trasporti poco prima nel governo Ciampi, quindi un’interlocutore profondo conoscitore dei problemi agitazioni sindacali del trasporto aereo. Chiedo se posso esporre una mia idea, mi ascolta, poi mi liquida con un sorriso dicendomi che non è fattibile. Oggi a distanza di 16 anni se ne riparla a livello governativo e Lei dott. Ichino ha elaborato una proposta nel 2003 che purtroppo leggo solo oggi.

  19. Stefano

    Almeno relativamente al trasporto, nella lista dei costi sostenuti dall’azienda forse bisognerebbe includere (anche se è un poco lezioso) quelli relativi alla reputazione, qualità del servizio offerta in primis. In periodi medio lunghi questa incide, modificandole, nelle scelte dei viaggiatori orientandole verso modi/fornitori del servizio concorrenti. Più in generale non sono d’accordo con un’analisi tanto economica di un atto tanto Politico come uno sciopero; trovo che il fine di uno sciopero sia Politico con auspicate conseguenze economiche, non viceversa. Il punto non è danneggiare l’azienda (per cui si lavora!) ma, come già detto ed ovvio, dare evidenza al problema. Per questo credo che un’analisi dei costi inflitti all’ "avversario" sia un poco fuorviante. Ne tantomeno concordo con la fiducia che il Prof. Ichino ripone nella maturità e forza dell’opinione pubblica. Se la cronaca durata mesi di una vertenza sindacale non smuove nessuno perche’ mai dovrebbero alcune pagine di giornale o spot pubblicitari, lette poi da chi, visti poi da chi?

  20. michele

    Con lo sciopero virtuale, da sfruttati a benefattori…Nel solco della tradizione, il lavoro dipendente continua a pagare il benessere altrui. Ma da dove arrivano queste idee strampalate? Chi le lancia ha mai lavorato in una azienda ed ha mai avuto bisogno di scioperare per difendersi dallo strapotere altrui? Inventiamoci qualcosa di più serio e credibile, perchè se non è corretto sacrificare l’interesse degli utenti di un servizio a quelli dei lavoratori che lo erogano, penso non sia corretto neppure il contrario.

  21. francovannozzi

    Teoricamente la sua prof.Ichino sarebbe anche una buona idea,ma pensa veramente che ci sarebbe qualche azienda in Italia disponibile a firmare un’accordo come quello che lei suggerisce? L’unica alternativa è che sia la legge ad imporlo, ma anche qui credo che in Parlamento ci sarebbe il veto di Confindustria. Idea teoricamente bellissima, praticamente impossibile da attuare.

  22. gaspare calcara

    Caro Professor Ichino volevo solamente ricordarle come lei sicuramente sa lo sciopero virtuale esiste già. Infatti nel settore ferroviario i ferrovieri che partecipano allo sciopero indetto dai sindacati vanno al lavoro si dichiarano scioperanti pur facendo viaggiare i treni nella fascia protetta dei pendolari. Naturalmente il danno per l’azienda è quello di un traffico azzerato nelle altre ore,e i dipendenti nun subiscono nessuna trattenuta per lo sciopero. I pendolari mi sembra siano abbastanza protetti nelle ore 6/9 e 17/21. Cos’altro pretendete dai lavoratori e cosa dovrebbero fare i lavoratori di quell’impresa per aver un contratto firmato? E vi sembra una sceltà di civiltà prioritaria in questo momento che stiamo attraversando? Poiché si sono accorti che effettivamente si poteva scioperare senza perdere un giorno di paga,cercano di togliere questo vantaggio in nome della civiltà,destinando quei soldi in un fondo di indubbia destinazione come tanti altri in Italia, cogestito, per opere di pubblica utilità. Di fatto però si dà un colpo al diritto di sciopero inventando alchimie per indirne uno. Chapeau.

  23. Luigi Mancini

    Gentile prof. Ichino. Leggendo il suo articolo mi sono trovato concorde su temi e idea. Poi ho guardato i commenti e dopo un attimo di smarrimento, per citazioni a scioperi di cui non avevo memoria, ho visto le date: 2003. All’inizio ho pensato di aver letto male, poi di aver fatto un viaggio nel tempo. In realtà la situazione è più semplice, banale e triste: in sei anni non è cambiato praticamente nulla. Soprattutto le persone al governo che sono sempre le stesse ed ora come allora fanno i propri comodi proteggendo le lobby ed i loro serbatoi di voti pagando coi soldi dei contribuenti i loro acquisti di potere. Quindi perché l’idea, che rimane valida, dovrebbe trovare piu’ accordo ora di quanto ne ottenne 6 anni fa?

  24. fausto sessa

    Si, lo sciopero virtuale può essere la soluzione ideale, se il lavoratore versa le sue giornate e le aziende versano l’equivalente o il doppio, in un fondo che potrebbe servire per gli ammortizzatori sociali o per fini simili, altrimenti in Italia il contratto andrebbe alle calende greche, in quanto una parte non avrebbe nessun interesse a chiudere la partita. Il fondo e il suo utilizzo dovrebbero invece essere regolati dalla legge e non dalle parti in causa; allora si potrebbe pensare di estendere la proposta anche ad altri settori.

  25. celeste

    In ogni categoria di lavoro occorre precisare bene i tempi in cui vanno rinnovati i contratti di lavoro. Di solito durante i miei 35 anni di lavoro, proprio nel settore trasporti, ho dovuto scioperare molto, proprio a causa dei contratti di lavoro che erano scaduti anche da più di tre anni. Le regole vanno rispettate anche e soprattutto dai datori di lavoro, scrivete anche questa regola!

  26. a rossini

    Da quando esiste il diritto di sciopero è evidente che lo si esercita la fine di porre a carico dell’azienda o più in generale del datore di lavoro un elemeto di pressione esterna olltre che di danno derivante dalla mancata produzione di un bene o servizio. Ora mi pare ce lo sciopero "virtuale" cancelli uesta possibilità e quindi gli unici a rimetterci sono i lavoratori. E’ del tutto evidente che al prof. Ichino questo dato non sfugga. L’obiettivo è dunque solo quello di ridurre a miglior consiglio gli indisciplinati lavoratori. Al contrario perchè non impegnare le imprese, Stato compreso, a rinnovare i contratti entro un termine definito per legge? Oppure a corrispondere un’indennità fissa in caso di vacatio contrattuale? E’ chiaro, che una proposta simile non può essere neppure discussa, ma solo perchè non è interessnte per il mondo imprenditoriale. Avanti dunque Brunetta e Sacconi, avanti c’è posto, ma solo per i soggetti forti..

  27. Ermanno

    Ottimo, peccato che viviamo in Italia e con un governo che aiuta solo i poteri forti e se ne frega dei cittadini. Non bisogna arrivare allo sciopero perchè danneggia tutti tranne che le aziende. Inoltre nel trasporto pubblico locale è il comune il maggior azionista, di conseguenza se paga delle penali poi si rifà sui cittadini tagliando certi servizi.

  28. Antonio C

    Caro Ichino, a volte rimango un pò perplesso leggendo le sue proposte. Affinchè sia equo, lo sciopero virtuale deve essere un strumento in mano al lavoratore. Pertanto non può essere equilibrato nel misure verso le parti. Perciò, se si dispone che il lavoratore perda il salario del periodo non lavorato (e per me è troppo, vista l’oggettiva condizione di ricatto sussistenziale. Andrebbe bene decurtare il 50% del salario) alle aziende, affinchè siano "incentivate" a considerare le ragioni dei lavoratori, dovrebbe essere applicata una misura pari almeno al triplo (e non certo paritaria, dato che i lavoratori effettivamente prestano l’opera). I fondi, inoltre, dovrebbero essere gestiti a vari fini (ad es. sussidi di disoccupazione) ma non quello di creare "spot" di comunicazione (quelli dovrebbero essere semplici comunicati, riportati gratuitamente in modo chiaro ed efficace da tutti gli organi di informazione che dispongono di concessioni pubbliche o pubblici financiamenti (dalle reti televisive, per finire con tutta la carta stampata, anche quella locale), il motivo è semplice, il salario perso di chi sciopera non deve "arricchire" qualcun altro in particolare i medi.

  29. Massimiliano

    Argomento vecchio, obsoleto ma che ripropone un interrogativo quanto mai attuale: siete sicuri che in caos di sciopero, l’azienda ‘risparmia’ i soldi dei dipendenti che vi aderiscono? A me risulta che li versa comunque al sindacato che ha indetto lo sciopero e quindi doppio (o forse triplo) danno. E’ passato troppo tempo o posso ancora sperare in un vostro parere su tale questione . . .

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