La Convenzione non dà all’Europa una costituzione in senso proprio. Ma l’ordinamento prefigurato resta un buon risultato perché chiarisce i principi, come la prevalenza del diritto comunitario, e semplifica i meccanismi decisionali. Resta sostanzialmente immutata la suddivisione di competenze tra Stati membri e Ue, mentre nelle istituzioni europee si rafforza il potere di ordinamento e indirizzo della Commissione. Nell’economia, l’euro-gruppo assume un ruolo più incisivo nel coordinamento economico interno.

Con la fine della Convenzione, anche il dibattito sui grandi principi è terminato. Se si esclude lo scenario poco realistico di completo fallimento, la Conferenza intergovernativa, che si aprirà a Roma in ottobre, modificherà forse qualche singolo istituto, ma non l’impianto. Dunque, si può tentare un giudizio d’insieme.


Ordinamento di contenuto costituzionale, ma non costituzione


In primo luogo, resta immutata la natura della costruzione europea. Si tratta di un’Unione di Stati, alla quale questi “conferiscono competenze per conseguire obiettivi comuni” (articolo I-1). Le procedure d’approvazione e revisione del Trattato restano di tipo intergovernativo.


D’altro canto, entrano nel Trattato i principi della prevalenza del diritto comunitario sul diritto degli Stati membri e dei suoi effetti diretti, peraltro da tempo affermati dalla Corte di Giustizia: l’ordinamento dell’Unione attribuisce agli individui diritti che possono essere fatti valere direttamente davanti ai tribunali nazionali ed europei. Tra questi, vi sono la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto. Uno appartiene esclusivamente alla sfera dell’Unione: il diritto di cittadinanza, che “si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce” (articolo I-8).


Siamo di fronte a un ordinamento di contenuto costituzionale; ma non si può parlare in senso proprio di costituzione. La proposta di Trattato non aggiunge nulla alla costituzione “materiale” già esistente.


In secondo luogo, occorre valutare come sia mutato l’equilibrio dei poteri tra l’Unione e gli Stati membri, da un lato, tra gli organi dell’Unione, dall’altro.


Non muta l’equilibrio dei poteri tra gli stati membri e l’Unione


Sulle competenze dell’Unione, il progetto di Trattato chiarisce i diversi ambiti dell’azione comunitaria, con la distinzione tra competenze esclusive, condivise, supplementari e di coordinamento, e le relative procedure decisionali, ma non modifica nel complesso gli equilibri esistenti.


Un vero avanzamento è costituito dal nuovo articolo I-41, che generalizza e sistema i poteri dell’Unione per “l’istituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Una nuova clausola di solidarietà prevede l’intervento automatico dell’Unione, anche con mezzi militari, a sostegno del Paese membro colpito da attacco terroristico o calamità naturale (articolo I-42): alcuni Paesi vedono questa norma in potenziale competizione con gli obblighi di assistenza difensiva della Nato, pertanto ne chiederanno la cancellazione.

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La ripartizione dei poteri sovrani tra l’Unione e gli Stati trova nuovi presidi nel protocollo sulla sussidiarietà.


Il primo, di tipo politico, prevede che un terzo dei (voti totali attribuiti ai) parlamenti nazionali possa chiedere alla Commissione di riesaminare una propria proposta legislativa per violazione della sussidiarietà; ma questa non è tenuta a cambiare la proposta. Il secondo presidio contempla il ricorso alla Corte di giustizia da parte degli Stati membri, per conto proprio o del proprio parlamento. Qui si può avere un freno all’espansione strisciante delle competenze comunitarie; spetterà alla Corte di giustizia stabilire concreti indirizzi.


E neanche l’equilibrio interno tra le istituzioni dell’Unione


Quanto agli equilibri istituzionali all’interno dell’Unione, le novità di maggior rilievo sono la nuova figura di presidente (del Consiglio europeo) dell’Unione, peraltro senza poteri incisivi; la generalizzazione dei poteri di co-decisione del Parlamento europeo a tutte le materie di competenza dell’Unione, incluso il bilancio (seppure con certi limiti. Ma la strada è indicata); l’ulteriore rafforzamento dei poteri di ordinamento e indirizzo della Commissione attribuiti al suo presidente. Restano integri, significativamente, il potere di iniziativa legislativa della Commissione e la sua funzione di guardiano del Trattato.


Nell’economia, fa capolino istituzionale il Consiglio dei ministri delle Finanze dell’euro, l’euro-gruppo, il quale adotta misure “per rafforzare il coordinamento” della disciplina di bilancio nei Paesi dell’area ed elabora “per quanto li riguarda” gli orientamenti di politica economica (articolo III-88). L’euro-gruppo potrà anche decidere posizioni comuni e rappresentare l’area nelle questioni finanziarie internazionali e nelle relative sedi ufficiali. Che cosa potrà derivare dai nuovi poteri di coordinamento economico per l’area dell’euro non è chiaro. Probabilmente, assumeranno crescente rilievo se il Regno Unito, la Svezia e molti tra i nuovi Paesi non adotteranno la moneta comune.


Migliorano i meccanismi decisionali


Infine, novità significative si registrano nei meccanismi decisionali. Viene cancellato il contorto meccanismo di voto deciso a Nizza (ma su questo Spagna e Polonia annunciano battaglia alla Conferenza intergovernativa); le decisioni del Consiglio dell’Unione saranno assunte con il sostegno della maggioranza semplice degli Stati, se rappresentano almeno i tre quinti della popolazione dell’Unione. Tutte le decisioni di natura legislativa verranno adottate dal nuovo Consiglio dei ministri legislativo. È invece mancato il consenso sulla riduzione delle formazioni del Consiglio, come voleva il Praesidium, e la decisione in materia è stata rinviata al Consiglio europeo. Il sistema degli atti comunitari (leggi, regolamenti, decisioni) diventa più semplice e comprensibile.

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Il voto a maggioranza resta precluso in molte materie, ma si è previsto che il Consiglio europeo possa decidere (all’unanimità) di adottarlo, senza procedure di revisione costituzionali (articolo I-24). Una decisione in tal senso viene specificatamente prevista per le questioni fiscali suscettibili di influenzare il mercato interno (articolo III-62). Le cosiddette “cooperazioni rafforzate” (articolo I-43) sono state rese meno difficili: verranno istituite con “decisione europea”, previa proposta della Commissione e approvazione del Parlamento europeo. Gli Stati membri che non intendono partecipare perdono il potere di veto, che in precedenza poteva essere esercitato per ragioni di interesse nazionale.


Un buon risultato da salvaguardare


Nel complesso, saranno delusi sia quelli che attendevano una nuova alba federalista, sia quelli che puntavano a indebolire l’Unione, restituendo poteri agli Stati. La costruzione europea non muta in maniera fondamentale; però si chiariscono i principi e si semplificano i meccanismi decisionali. Il metodo della Convenzione non ci ha dato una costituzione, ma ha consentito di avanzare in molte aree dove i trattati di Amsterdam e Nizza avevano fallito.

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