Il processo di espansione del mercato del lavoro iniziato a metà degli anni Novanta non si è interrotto. Aumenta, però, il divario tra Nord e Sud, mentre dietro gli aumenti di occupati nelle costruzioni potrebbe esserci l’emersione di lavoro irregolare. Le limitazioni ai co.co.co previste dalla Legge 30 sono comunque un segno di coraggio, giustamente dimostrato in un momento di crescita occupazionale.

Su base annua, l’occupazione è cresciuta del 1,4 per cento, con un aumento assoluto pari a 300mila posti di lavoro. Il tasso di occupazione, il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa, ha raggiunto il 56 per cento. Nel gennaio del 1997 era pari a 50,5. Se continuasse ad aumentare a questo ritmo, nel 2010 il tasso di occupazione sarebbe intorno al 64 per cento, a distanza ragionevole dagli obiettivi di Lisbona, che prevedono un tasso di occupazione pari al 70 per cento per il 2010.

E i nuovi occupati sono prevalentemente dipendenti a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione è sotto il 9 per cento. Insomma, da gennaio 1997, sono stati creati più di 2 milioni di posti di lavoro, di cui più della metà ricoperti da donne.

Se teniamo conto della bassa crescita del reddito, il risultato del mercato del lavoro italiano è eccezionale.

Aumenta il divario fra Nord e Sud

Ma il bicchiere è solo mezzo pieno. Per due motivi. Innanzitutto per la situazione territoriale. La “settentrionalizzazione” della crescita occupazionale, un fenomeno che avevamo rilevato già nella precedente inchiesta della forza lavoro, continua. Di fronte a una crescita nazionale dell’occupazione pari all’ 1,4 per cento, l’occupazione nel Mezzogiorno è pressoché invariata (crescita pari allo 0,1 per cento). Questo suggerisce un aumento del divario territoriale e un aumento del dualismo italiano, uno dei problemi cronici nel mercato del lavoro. E poi dobbiamo ricordarci che la via italiana allo sviluppo nel mercato del lavoro, che corrisponde a una crescita occupazionale senza crescita del reddito, non può essere un modello sostenibile nel lungo periodo. Come abbiamo già scritto su lavoce.info, in Italia assistiamo a una diminuzione della produttività media, un fenomeno insostenibile nel lungo periodo, quando l’aumento di benessere è necessariamente legato all’aumento della produttività.

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Tornando ai dati congiunturali, è importante segnalare la forte crescita del settore delle costruzioni, che hanno registrato su base annua un aumento del 6,5 per cento degli occupati. Indubbiamente, è ragionevole sostenere che parte di questa esplosione sia dovuta a emersione di lavoro irregolare. La sanatoria sugli immigrati, effettuata nell’autunno del 2002, potrebbe in parte spiegare questo fenomeno. E la proroga degli incentivi fiscali alla ristrutturazione edilizia può anche avere obbligato alcune imprese a dichiarare mano d’opera precedentemente irregolare. Indubbiamente, il fatto che la crescita occupazionale non si trasformi in crescita dei consumi, suggerisce che si possa davvero trattare di emersione di lavoro irregolare. Oltre alle costruzioni, anche l’industria ha registrato una forte crescita occupazionale. Probabilmente, stiamo assistendo a importanti fenomeni di sostituzione di capitale con lavoro. In altre parole, mentre osserviamo scarsa attività delle imprese in termini di investimenti in capitale fisico, vediamo anche grande vitalità sul settore risorse umane. Si assume di più e si investe di meno.

Una limitazione coraggiosa

Infine, è bene sottolineare che tutti questi nuovi occupati sono stati registrati prima dell’approvazione dei decreti attuativi della Legge 30 in discussione tra Governo e parti sociali: una conferma che il processo di riforma del mercato del lavoro è un fenomeno iniziato alla metà degli anni Novanta. La riforma oggi in discussione, quando sarà approvata, rappresenterà un passo ulteriore nella stessa direzione di quelle effettuate negli ultimi anni: il pacchetto Treu del 1997, la legge sul part-time del 2000, e la deregolamentazione del lavoro temporaneo del 2001.

L’unica vera novità in discussione sarebbe quella di limitare il proliferare di posizione parasubordinate rivestite sotto forma di collaborazione coordinate e continuative. Limitare i co.co.co. unicamente a quei lavori ascrivibili a un progetto è un procedimento coraggioso, che secondo alcuni commentatori potrebbe irrigidire il mercato del lavoro. Non è ovvio che il provvedimento funzionerà davvero, perché con l’irrigidimento dei co.co.co. potranno emergere in futuro nuove forme contrattuali, come abbiamo già segnalato su lavoce.info.

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Ma è un provvedimento dovuto, ed è giusto avere coraggio quando il mercato cresce.

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