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Nomine con cv: un rito inutile?

È apprezzabile che Governo e pubblica amministrazione ricorrano sempre più spesso a procedure di nomina fondate sulle manifestazioni di interesse. Ma non basta pubblicare i curricula, occorre motivare i criteri in base ai quali si effettua la scelta. La vicenda della presidenza Istat.

APPELLI E CONTRAPPELLI PER IL PRESIDENTE ISTAT

Un post di Donato Speroni sul suo blog mi offre la possibilità di tornare sulla nomina di Giorgio Alleva a presidente dell’Istat. In quella occasione, lavoce.info ha ritenuto di pubblicare un appello (firmato anche da alcuni redattori del sito, fra cui il sottoscritto, ma non certo promosso o sostenuto dal sito, come erroneamente riportato da alcuni giornali) che criticava il metodo seguito in quella nomina. Lo faceva sulla base di riscontri obiettivi sul curriculum del candidato prescelto dal Governo e alla luce delle norme di legge sulle competenze richieste al presidente dell’Istituto. A questo appello è seguito un contrappello firmato da colleghi di Alleva e da alcuni passati presidenti dell’Istat. Lo avremmo volentieri ospitato su lavoce.info, ma gli estensori hanno ritenuto di inviarlo ad altri siti.

IL METODO DELLE NOMINE

Le ragioni che mi hanno spinto a firmare l’appello (seppur non ne condividessi al 100 per cento i toni) è che metteva in evidenza un problema che va ben al di là della presidenza dell’Istat. Il fatto è che il Governo e la pubblica amministrazione stanno sempre più spesso ricorrendo a procedure di nomina fondate sulle manifestazioni di interesse e selezione dei curricula. Questo, come si rimarcava nell’appello, è apprezzabile, ma il problema è che per accertare la reale e vera competitività delle procedure non ci può limitare a chiedere e poi pubblicare i curricula, ma occorre successivamente rendere conto e motivare i criteri in base ai quali la scelta è stata effettuata e assumersene fino in fondo la responsabilità. Dopo la pubblicazione di appello e contrappello c’è stato in queste settimane un fragoroso silenzio, quello del ministro Madia, che non ha ritenuto in alcun modo di chiarire quali criteri erano stati seguiti nelle procedure di nomina. Le norme di legge specificano che il presidente dell’Istat deve essere “scelto tra i professori ordinari in materie statistiche, economiche ed affini, con esperienza internazionale” ed è proprio alla luce di questi criteri (in linea coi curricula dei presidenti degli istituti di statistica in molti altri paesi, si veda ad esempio quello del direttore del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti) che l’appello metteva in luce l’assenza di un profilo internazionale nel curriculum di Alleva e lo scarso impatto dei suoi lavori nella comunità  scientifica. Può darsi che il Governo abbia seguito altri criteri nella nomina, ad esempio come rimarcato da Speroni, abbia voluto valorizzare le capacità manageriali di Alleva (che non risultavano affatto alla lettura del curriculum). Ma non è con le illazioni dei giornali, per quanto alimentate da persone con un passato all’Istat, come Speroni, che si possono chiarire di fronte all’opinione pubblica le ragioni di certe scelte.
Il punto è che in assenza di questi chiarimenti, le procedure finiscono con l’avere l’effetto esattamente opposto e cioè disincentivare la partecipazione. Il fatto più preoccupante dei curricula pervenuti al ministero per la presidenza Istat, è che mancano quelli di molti statistici ed econometrici che sarebbero stati eccellenti candidati per la posizione. La stessa identica cosa è avvenuta con le procedure nelle recenti nomine pubbliche delle società partecipate. Le direttive recentemente emanate dal ministero dell’Economia per assicurare “la massima trasparenza delle procedure di selezione” prevedevano la pubblicazione delle posizioni in scadenza, la possibilità di inviare candidature, specifiche istruttorie qualitative con la collaborazione di società specializzate e l’intervento finale di un comitato di garanzia al quale le candidature vengono sottoposte per una verifica del rispetto dei criteri di selezione. Sono principi nobili, il cui rispetto deve però essere reso pubblico. Altrimenti, le nuove procedure verranno a ragione ritenute un rito utile solo a mascherare scelte già fatte a priori. È proprio questo timore che spinge spesso i migliori candidati a non mandare i propri cv, sapendo di essere comunque destinati a una umiliante bocciatura.

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  1. fabiana musicco

    Sono d’accordo. Aggiungo che spesso queste call pubblicate sui siti degli enti pubblici, o di loro società in house (es italia lavoro per il ministero del lavoro), non sono facilmente accessibili né trovabili con i tradizionali motori di ricerca più diffusi sulla rete. Esempio: il sito di italia lavoro pubblica molte vacancy ma per arrivarci bisogna fare mille passaggi. Mi chiedo ad esempio se sia in regola con le norme sulla trasparenza e sulla massima pubblicità che le amministrazioni dovrebbero dare per favorire concorrenza tra i più meritevoli.

  2. Guest

    E vogliamo parlare della nomina all’Agid? Meglio lasciar perdere…

  3. Francesco Bartolucci

    Per quanto riguarda il mondo universitario, il paradosso è che chi si dedica di più alla ricerca scientifica ha meno tempo di instaurare e mantenere una rete informativa (discutere con colleghi e altri, leggere giornali, navigare su siti vari, fare telefonate, etc…) che lo metta al corrente su occasioni che si possono presentare e in cui le proprie competenze sarebbero valorizzate. Ovviamente avere l’informazione giusta è condizione necessaria per partecipare e le cariche di interesse solo in Italia sono tantissime considerando Ministeri, partecipate, fondazioni varie, accademie, etc. In pratica da soli è impossibile avere un quadro minimamente esaustivo per uno specifico settore e questo limita molto la concorrenza. Spero che il Governo, sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione, faccia di più da questo punto di vista.

  4. Donato Speroni

    Ho aggiunto ulteriori riflessioni su questo tema, a seguito dell’articolo di Boeri, sul mio blog Numerus su Corriere.it: http://numerus.corriere.it/2014/07/16/istat-dopo-la-polemica-riscriviamo-le-regole/

  5. Bruno Sei

    Decadenza dei Consiglieri Provinciali uscenti dai Cda delle Partecipate.
    Come si sa, la legge Del Rio 56/2014 ha previsto la decadenza degli attuali Consiglieri Provinciali. Molti di questi, in diverse province italiane detengono anche incarichi nei Cda delle partecipate; incarichi conferiti in quanto strettamente connessi al loro mandato pubblico che con la decadenza dal Consiglio Provinciale viene a cessare.
    Di conseguenza, deve essere previsto per i Consiglieri Provinciali uscenti, l’ immediata cessazione, anche in corso di mandato, da tutte le cariche nelle società partecipate.
    Se ciò non avvenisse, si manterrebbe in piedi un poltronificio che permetterebbe ai Consiglieri Provinciali, di uscire dal balcone e rientrare dalla finestra.
    Tutto ciò andrebbe ulteriormente chiarito nelle circolari interpretative della Legge Del Rio.

  6. Federico

    Una informazione: dove sono i cv online per la presidenza dell’Inps?

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