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Le tangenti? Non oliano l’economia

Le tangenti potrebbero favorire la crescita, magari consentendo tempi più rapidi per l’avvio di una attività? I dati mostrano che è vero il contrario: procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono associate ad alti livelli di corruzione. Mentre dove il Pil è più alto, la corruzione è bassa.

LA CORRUZIONE FA BENE ALLA CRESCITA?

Il tema della corruzione è tornato a occupare prepotentemente le prime pagine dei quotidiani nazionali. (1) È, allora, utile riassumere ed esaminare la tesi secondo cui essa possa promuovere maggiore efficienza e, addirittura, crescita del Pil.
Una ragione spesso richiamata fa capo agli studi di Nathaniel Leff e Samuel Huntington: la corruzione può aumentare l’efficienza, permettendo di eludere regole rigide (incapaci, pertanto, di adattarsi a realtà dinamiche) che ostacolano investimenti e altre politiche favorevoli alla crescita. (2) È una linea di ragionamento più volte percorsa per spiegare (e giustificare) gli elevati livelli di corruzione presenti nei paesi del Sud-Est asiatico.
Modelli teorici più raffinati, come quelli di Paul Beck e Michael Maher o Da-Hsiang Lien mostrerebbero che i soggetti più efficienti nelle gare per l’assegnazione di appalti pubblici coincidono con quelli che hanno la disponibilità di pagare tangenti d’importo maggiore: mazzette e prebende illecite agirebbero, pertanto, da filtro, selezionando gli attori più capaci. (3)
Altra posizione, invero piuttosto curiosa, è quella che dipinge la corruzione come un collante che permette all’establishment politico di accumulare fondi ingenti da usare per tenere unito il corpo sociale, necessaria precondizione per qualunque politica di sviluppo. (4)
Francis Lui sostiene invece che la corruzione consente di risparmiare tempo a coloro per i quali questo bene possiede maggiore utilità. (5)
Un più articolato percorso argomentativo è proposto da Ana Eiras, nel commentare una ricerca promossa da Heritage Foundation/Wall Street Journal sulla relazione tra corruzione, libertà economica e crescita. (6) Argomentando dalle note tesi di Hernando De Soto, Eiras traccia un nesso causale un po’ semplicistico tra dimensione del settore pubblico, numero delle leggi e rilevanza dell’economia informale: corruzione, elusione delle regole e attività economiche illecite sarebbero semplicemente il sintomo principale di un disagio più grave, un fenomeno di miope e invasiva over-regulation. (7)
Molti studiosi si sono adoperati per contrastare le raffigurazioni del fenomeno corruttivo come stimolo all’efficienza e, mediatamente, alla crescita economica. (8) Vediamo come ognuno degli argomenti sopra riportati sia agevolmente confutabile.
Primo. Regole e rigidità non sono variabili esogene, bensì creazioni degli attori per il funzionamento della società in cui operano, talvolta anche allo scopo di estrarre tangenti: quando le regole sono così utilizzabili, più norme saranno create. (9)
Secondo. Gli individui e gli agenti economici che possono pagare le tangenti più cospicue non sono necessariamente i più efficienti, ma, piuttosto i più abili rent-seekers. Assicurandosi rendite di posizione mediante il ricorso a tangenti, difficilmente saranno imprenditori innovativi e realmente efficienti. (10)
Terzo. Il pagamento di denaro per velocizzare atti dovuti può incoraggiare i burocrati a rallentare ulteriormente lo svolgimento della loro attività allo scopo di ottenere maggiori tangenti.
Quarto. Se può accadere che la corruzione funzioni come collante politico nel breve, è prevedibile che, esaurite le risorse che lo permettono, causi problemi assai considerevoli nel lungo periodo. L’esempio dello Zaire sotto Mobuto sarebbe paradigmatico di tali dinamiche.
Quanto alla supposta relazione lineare tra dimensione del fenomeno corruttivo ed estensione del settore pubblico, basta ricordare i paesi scandinavi, caratterizzati da significativi livelli di intervento statale in diversi settori economici e bassi livelli di corruzione. (11) Utilizzando la dimensione del reddito originato da attività pubbliche come approssimazione della dimensione del settore e dell’intervento pubblico ed elaborando gli indici pubblicati da Transparency International e dalla Banca Mondiale, si dimostra che, contrariamente a quanto normalmente ritenuto, a elevate dimensioni dei redditi da attività pubbliche sono associati bassi livelli di corruzione. (12)

COSA DICONO I DATI

È forse più efficace mostrare altrimenti alcune delle relazioni tra corruzione e le principali variabili illustrative della salute di un mercato, ovvero dell’economia di un paese.
Vediamo, ad esempio, se alti livelli di corruzione sono effettivamente associati a tempi più celeri per iniziare nuove attività imprenditoriali. (13)

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Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI

CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione. (14)

Procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono associate ad alti livelli di corruzione. Escluse sporadiche eccezioni, la relazione risulta intensa in tutti i casi analizzati. (15)
E sul piano macroecomico?
Marco Arnone propone una ricchissima analisi delle relazioni tra corruzione e variabili macro. Limitiamoci a vedere cosa ci dice a proposito del nesso tra corruzione e Pil.

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Fonte. Elaborazione degli autori su dati TI e WB

CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.

Il grafico illustra la relazione negativa tra corruzione domestica e Pil, ponendo in chiara luce la concentrazione di paesi caratterizzati da corruzione pervasiva e livelli di Pil pro-capite prossimi allo zero.
È possibile avere altre evidenze di tale relazione suddividendo l’analisi in tre serie di dati relativi, rispettivamente, alle economie avanzate, emergenti e dei paesi in via di sviluppo.

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Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI(I dati sono inerenti all’anno solare 2009, così come quelli dei due successivi)

CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.

La relazione tra Pil pro-capite e Cpi è particolarmente forte per i paesi più ricchi: alti livelli di Pil sono associati a bassi livelli di corruzione. Risultati simili caratterizzano le economie emergenti.

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Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI.

CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.

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Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI

CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.

L’ultimo grafico mostra una similare correlazione anche per i paesi in via di sviluppo. (16)
In conclusione, esiste una relazione negativa tra livelli di reddito pro-capite e di corruzione, evidenziata in tutti e tre gruppi di dati analizzati. (17)

 

(1) E non solo: si veda la recente inchiesta del Sunday Times sulle pratiche corruttive che avrebbero favorito l’assegnazione dei Mondiali di calcio nel 2022 al Qatar: http://24o.it/links/?uri=http://www.thesundaytimes.co.uk/sto/news/uk_news/fifa/article1417325.ece&from=Bufera+sulla+Fifa%2C+tangenti+per+la+scelta+dei+Mondiali+2022+in+Qatar
(2) Leff, N.H. (1964), “Economic Development through Bureaucratic Corruption”, American Behavioral Scientist,8(3): 8–14; Huntington, S.P. (1968). Political order in changing societies. New Haven: Yale University Press.
(3)Beck, P.J. and Maher, M.W. (1986), “A Comparison of Bribery and Bidding in Thin Markets”, Economics Letters, 20: 1–5;Lien, D.H.D. (1986), “A Note on Competitive Bribery Games”, Economic Letters, 22: 337–41.
(4) Con le dovute differenze, questa funzione della corruzione come collante sociale e politico si può avvicinare, per via analogica, a quella “servitù volontaria” descritta magistralmente nel libello Discorso sulla servitù volontaria (1576) di Étienne de La Boétie, richiamato anche da Gustavo Zagrebelsky, nel suo recente saggio Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini.
(5) Lui, F.T. (1985). “An Equilibrium Queuing Model of Bribery”, Journal of Political Economy, 93: 760–81. Il valore individuale del tempo dipenderebbe, in ultima istanza, dal livello di reddito e dal costo opportunità del tempo stesso di ciascuno. Argomento ancor più originale è forse quello sulla cosiddetta “esenzione” fiscale delle tangenti. Poiché il profitto derivato da reati corruttivi non è, ovviamente, soggetto ad alcuna imposta, tangenti e corruzione possono permettere ai governi e alle amministrazioni tributarie di contenere la pressione fiscale e, contemporaneamente, favorire i consumi, dunque, la crescita. La questione, in tale ottica, si centrerebbe nella scelta tra bassi livelli di tassazione, da un lato, e bassi livelli di corruzione, dall’altro.
(6) Eiras, A.I. (2003), “Ethics, Corruption, and Economic Freedom”, Heritage Lecture No. 813, 9 December (disponibile su: http://www.relooney.info/SI_Expeditionary/Shadow-Economy_8.pdf). De Soto sostiene che numerose persone povere che abitano i paesi economicamente meno avanzati posseggono in realtà diversi beni (il c.d. “capitale morto”, o “sommerso” ) che, se fossero tutelati da adeguati diritti di proprietà, potrebbero funzionare da collaterale per ottenere il credito necessario a iniziare nuove attività imprenditoriali, probabilmente di successo e anche molto innovative. Quello che manca, invece, è il necessario collegamento tra mercato e legge, ovvero la forma necessaria per rappresentare le attività patrimoniali. Nella lettura che Eiras propone di De Soto tale pre-condizione legale sarebbe impedita essenzialmente dall’esistenza di burocrazie eccessivamente pervasive. L’edizione italiana del saggio di Hernando De Soto, The Mystery of Capital: Why Capitalism Triumphs in the West and Fails Everywhere Else (2000) è pubblicata da Garzanti.
(7) Ciò si sostanzierebbe in un’autentica repressione della libertà economica dei privati che provocherebbe le loro poco commendevoli reazioni. Il succo della tesi, quindi, è che attività informali e illecite come la corruzione siano gli effetti collaterali inevitabili di sistemi economici caratterizzati da un intervento pubblico considerevole: una lettura che, spinta un po’ oltre, porterebbe a sostenere che le regole siano immancabilmente ed esclusivamente lacci e ostacoli alla libertà economica, mentre le significative esternalità negative prodotte dalle attività illecite sono da considerarsi come trascurabili.
(8) Alcuni hanno dimostrato come le relazioni tra corruzione, regole ed economia non siano assolutamente unidirezionali, bensì formino circoli piuttosto intricati e difficili da comprendere nel loro insieme. Se ne dà ampio conto, ad esempio, nel recente libro di Marco Arnone e Leonardo Borlini, Corruption. Economic Analysis and International Law, pubblicato nel maggio del 2014 da Edward Elgar. Si veda: https://www.e-elgar.co.uk/bookentry_main.lasso?id=14020.
(9) Vedi Tanzi, V. (2002), “Corruption Around the World: Causes, Consequences, Scope and Cures”, in Abed, George T., and Gupta, Sanjeev (eds.), Governance, Corruption and Economic Performance, Washington, DC: IMF.
(10) Inoltre, non è raro che tali soggetti siano collegati a organizzazioni criminali.
(11) M. Arnone e E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e pensiero, 2005.
(12) In tali paesi, risultati analoghi si ottengono utilizzando il gettito fiscale come approssimazione della dimensione dell’intervento pubblico: elevati livelli di entrate fiscali sono associati a ridotti livelli di corruzione.
(13) Tutti i grafici riportati sono ripresi dal testo scritto con Marco Arnone e frutto della sua paziente attività di ricerca ed elaborazione.
(14) L’indice di percezione della corruzione (CPI) è elaborato annualmente da Transparency International. Per una spiegazione delle modalità con cui l’indice in esame viene calcolato si veda: http://www.transparency.org/research/cpi/overview. Circa la supposta impossibilità di misurare la corruzione invito alla lettura del breve ed efficace lavoro di Kaufmann, Kraay e Mastruzzi, Measuring corruption: myths and realities, disponibile online al sito: http://siteresources.worldbank.org/INTWBIGOVANTCOR/Resources/1740479-1149112210081/2604389-1167941884942/6_Myths_Measurement.pdf
(15)È interessante notare che in Indonesia, un paese caratterizzato da elevati livelli di corruzione, sono necessari circa sei mesi per esaurire le sole pratiche amministrative necessarie per iniziare anche la più semplice attività commerciale. Risultati simili si ottengono esaminando il numero di procedure richieste per iniziare un’attività imprenditoriale e i livelli di corruzione. Anche il grado di competitività di un sistema economico è correlato negativamente al livello di corruzione. Vedi Arnone e Borlini (2014): secondo i dati esaminati, nei mercati dove esiste un’adeguata tutela della concorrenza, i livelli di corruzione sono più bassi rispetto a settori dove la concorrenza è minima.
(16) Sia pure con una più alta e omogenea dispersione rispetto alle economie emergenti.
(17) L’evidenza empirica così mostrata non illustra una relazione causale, ma fornisce una rappresentazione statica della realtà: una prospettiva dinamica, necessaria ad analizzare legami di causazione tra corruzione e Pil è offerta dalle successive elaborazioni in Arnone e Borlini (2014).

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Un presidente senza qualità

  1. Francè

    Purtroppo, ultimamente, sento spesso questi discorsi assurdi secondo cui la corruzione in Italia è necessaria perché comunque fa girare l’economia. Ogni volta che lo sento dai miei amici, mi oppongo con fermezza.

  2. Rocco papaleo

    Forse vi siete dimenticati di quanto detto dall’emiro del Qatar in visita da Monti: non si fanno investimenti perché c’è troppa corruzione. Il resto sono chiacchiere perché è cosa risaputa.

  3. piertoussaint

    Corruzione? L’unica e sola soluzione sta in un uno Stato informato ai princìpi di sussidiarietà e partecipazione. Ne siamo ancora lontanissimi.

  4. Pietro Biroli

    A questo riguardo, e’ interessante anche vedere il job market paper di Joaquin Lopez, http://home.uchicago.edu/~joaquinlopez/JMP_Lopez.pdf che giunge ad una conclusione simile: le tangenti non aiutano crescita e sviluppo, ma semplicemente solidificano le posizioni dominanti di chi ha più liquidità monetaria senza necessariamente essere più produttivo.

  5. eccettodoveindicatoaltrimenti

    All’Agenzia delle Entrate di varie città italiane da nord a sud, ci sono i numeri per lo sportello per fare la Partita Iva: gli impiegati e i capoufficio e persino le guardie giurate sanno che i numeri non vengono chiamati. Perché? Perché tutti, in maniera più o meno esplicita, per un’autorizzazione pubblica rimandano ad intermediari privati, principalmente i commercialisti. Se non è corruzione…

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