Milano ha le carte in regola per diventare il centro di una Silicon Valley europea? Servirebbe uno sforzo congiunto di atenei, istituzioni e società civile. L’opinione dei rettori del Politecnico e della Bocconi.

La sollecitazione che Massimo Fubini, fondatore e Amministratore delegato di ContactLab, ci ha rivolto nei giorni scorsi su lavoce.info merita, in qualità di Rettori del Politecnico di Milano e dell’Università Bocconi, di essere accolta. Facendo riferimento a Stanford, Fubini attribuisce il successo della Silicon Valley alla capacità di “mettere in contatto” sapere economico e sapere tecnologico e ci invita a unire gli sforzi per replicare questo modello a Milano. È un invito che non possiamo non condividere. Il futuro di Milano dipende dalla capacità di creare un ambiente in cui sia possibile attrarre persone di qualità dal mondo, consentendo loro di mettersi in relazione in una sorta di “brodo primordiale”, da cui possano nascere idee e innovazioni su cui costruire il nostro futuro. In questo ambiente, tuttavia, non sono sufficienti economisti e ingegneri, ma è fondamentale l’ibridazione con altre figure, da chi è più attento agli aspetti umanistici a chi si occupa di scienze della vita, dai designer agli psicologi: sono competenze già presenti nei diversi atenei milanesi, ciascuno dei quali presenta punte di ottima qualità, come dimostrano i diversi ranking internazionali. Siamo ancora lontani dal raggiungimento di questo obiettivo, ma qualcosa si è mosso. Negli ultimi due anni, con gli altri rettori milanesi, abbiamo condiviso alcuni valori di fondo: l’apertura internazionale; la necessità di un impegno civile delle università, che non si possono limitare a fare buona ricerca e buona formazione ma devono contribuire allo sviluppo delPaese; la comprensione del fatto che è essenziale competere insieme con gli altri ecosistemi con cui Milano si confronta (da Londra a Parigi, da New York a Pechino) e non tra di noi; la visione che il futuro di Milano debba basarsi sull’economia della conoscenza, come abbiamo affermato tutti insieme in un recente convegno promosso dall’associazione MiWorld alla presenza del Sindaco Pisapia. Grazie a questa visione comune, sono nati i primi atti concreti, finalizzati a cogliere i vantaggi della presenza a pochi chilometri di distanza di tanti buoni atenei. Abbiamo recentemente firmato un accordo tra i nostri dottorati di ricerca, che consente ai dottorandi di un ateneo di frequentare liberamente i corsi degli altri, con l’obiettivo di assicurare una “commistione di competenze” nel livello più alto della formazione, quello da cui più facilmente può scaturire il processo innovativo. Stiamo lavorando, con il supporto della Camera di Commercio e del Comune, ala creazione di sinergie fra i nostri servizi in vista dell’accoglienza internazionale, al fine di rendere più efficace il modo in cui il nostro sistema si presenta a chi arriva dal resto del mondo. Altri progetti sono in corso, dalla possibilità di un accesso comune alle biblioteche al confronto sull’utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica; la loro realizzazione si scontra spesso con i vincoli procedurali che pesano, purtroppo, sul nostro Paese, allungando i tempi rispetto alle nostre aspirazioni. Rendere Milano una “Stanford europea”, tuttavia, non richiede solo uno sforzo comune delle università. È necessario che le istituzioni condividano questa visione e, forse ancora di più, che la nostra società comprenda che il sistema della formazione superiore, con i suoi 250.000 studenti, rappresenta la leva più importante su cui la nostra città possa scommettere. Anche su questi punti, non possiamo non cogliere segnali positivi: dal Comune alla Camera di Commercio, dai media alla cultura, non possiamo non registrare un’attenzione crescente al ruolo dell’università. Speriamo che questa nuova sensibilità coinvolga sempre di più tutti i milanesi.

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