L’uscita dall’euro è diventato un tema rilevante della campagna elettorale grazie a un uso sapiente dei social network, per poi approdare anche sui media tradizionali. Le difficoltà di risposta di chi è a favore della moneta unica e lo sforzo di spostare la discussione su altri argomenti.
COME UN EVENTO DIVENTA NOTIZIA
Nel campo della scienza delle comunicazioni si è soliti dire che un albero caduto nel mezzo di una foresta deserta è come se non fosse mai caduto. Sotto questo profilo, i mass media osservano – per conto di lettori e ascoltatori – ciò che accade nella foresta degli eventi e decidono di scriverne o parlarne, se per l’appunto l’albero caduto è “degno di notizia” (newsworthy).
Temi economici come la disoccupazione e l’inflazione non necessitano dell’intervento dei media per entrare tra le priorità dei cittadini, che possono farsene un’idea attraverso la loro esperienza diretta. Un discorso diverso vale invece per i temi politici e di politica estera: banalmente, non tutti vivono accanto a Montecitorio, o in ambasciata. Le discussioni teoriche intorno a temi economici si collocano invece in una posizione intermedia, in quanto si basano su eventi in parte conoscibili direttamente da parte del cittadino, ma anche su argomentazioni tecniche che non necessariamente entrano nella “top 10” dei discorsi da bar. Almeno per ora.
La crescita dell’interesse dei cittadini a proposito dei meriti e delle colpe dell’euro va dunque inserita in questo ambito intermedio, tenendo però presente le caratteristiche odierne del meccanismo di formazione dell’opinione pubblica, cui contribuiscono in modo forte i social network. I discorsi pubblici lì sviluppati finiscono poi per approdare anche sui media tradizionali, coinvolgendo altri strati della popolazione che invece non usano – o usano poco – i social network.
A parte il sito di video youtube.com, i principali social network usati in Italia sono Facebook e Twitter: il primo ha una penetrazione di molto maggiore rispetto al secondo, ma Twitter ha un vantaggio comparato che può essere sintetizzato così: “su Facebook chiacchieri con i tuoi compagni di scuola, su Twitter con quelli che avresti voluto avere come compagni di scuola”. Per ragioni che non sto a indagare qui, ma che certamente comprendono la brevità dei messaggi (un massimo di 140 caratteri), e la chiarezza sul chi legge cosa (leggo i tweet di chi seguo, chi mi segue legge i miei tweet), Twitter è di fatto il social network in cui sono presenti in maniera sistematica politici e giornalisti: ciò non vale solo per gli Usa, ma anche per il nostro paese, perlomeno dalla fine del 2011. La mia argomentazione è presto detta: un “innovatore politico” può usare efficacemente Twitter per creare interesse e consenso intorno alla sua idea, coinvolgendo politici e giornalisti nelle conversazioni, con il fine ultimo di portare questa idea anche sui media tradizionali.
L’EURO SUI SOCIAL NETWORK
Ma torniamo al tema dell’euro. Dal lato di chi è favorevole all’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica, si contrappongono due posizioni diverse, inerenti il modo in cui arrivare alla decisione. Dopo alcuni tentennamenti iniziali, la piattaforma programmatica del Movimento 5 Stelle affida la scelta a un referendum consultivo, peraltro caratterizzato da contorni di legittimità costituzionale piuttosto vaghi. Dall’altro lato, la Lega Nord-Padania e Fratelli d’Italia sono favorevoli a un’uscita per decreto, da effettuarsi a mercati chiusi, con il fine evidente di minimizzare i rischi di stabilità finanziaria per il sistema.
Ebbene, mentre il Movimento 5 Stelle ruota attorno al blog di Beppe Grillo, utilizza in maniera ampia Facebook e conta sull’atteggiamento benevolo de Il Fatto Quotidiano, la posizione favorevole a un “eurexit a mercati chiusi” ha acquistato consensi crescenti grazie a un uso sapiente di Twitter come cassa di risonanza rispetto a contenuti mediatici che solo in piccola parte provengono dai media tradizionali.
I responsabili del successo mediatico di questa posizione nell’ambito italiano sono principalmente due: Alberto Bagnai, professore associato di politica economica a Pescara, e Claudio Borghi, editorialista de Il Giornale, docente a contratto all’Università Cattolica, e oggi candidato alle elezioni europee per la Lega Nord. Borghi può contare sulla sua posizione di editorialista, ma a essa affianca un’attività intensa di discussione su Twitter. Tale attività trova anche supporto nell’utilizzo sistematico del sito storify, il quale permette di creare “storie” costruite attorno ai tweet prescelti dall’autore dello storify stesso. Si tratta di un modo intelligente di creare contenuti permanenti a basso costo, in quanto si utilizzano i tweet già mandati da se stessi e dai propri interlocutori. Non solo: il contenuto dello storify, che chiaramente riflette la posizione di chi lo ha preparato, può essere utilizzato e riutilizzato in conversazioni successive sui social network, aumentando la forza delle proprie argomentazioni.
Gli strumenti utilizzati da Bagnai sono diversi, e certamente funzione del suo maggior peso accademico rispetto a Borghi: Bagnai ha scritto un libro sull’opportunità di uscire dall’euro intitolato Il tramonto dell’euro e cura il blog di economia “Goofynomics”, incentrato sullo stesso tema.
L’utilizzo sapiente dei social network da parte di Borghi e Bagnai, finalizzato a interagire con altri utenti e a diffondere contenuti esterni, fa leva in maniera particolare sulla presenza sistematica di giornalisti e politici su Twitter, “i compagni di scuola che avresti voluto avere”. Il punto di partenza è che giornalisti e politici con competenze economiche non sono la maggioranza, ed è ancora più piccolo il sottogruppo di chi conosce l’economia monetaria internazionale e la teoria delle aree valutarie ottimali: Borghi e Bagnai hanno dunque saputo ricavarsi spazi sempre maggiori sui media tradizionali, sfruttando la fame di contenuti giornalistici nuovi, la forza di un messaggio mediaticamente facile, che prende l’euro a capro espiatorio di tutti i mali italici, e una certa credulità di politici e giornalisti, per cui un grafico è spesso sufficiente per dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra il fenomeno X e il fenomeno Y.
In questi ultimi mesi Borghi e Bagnai sono dunque riusciti a diffondere il loro pensiero sui quotidiani, sui settimanali e nei talk show politici. L’effetto persuasivo tocca anche la sfera politica vera e propria: nella fattispecie il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, è stato convinto da Borghi ad abbracciare una piattaforma politica totalmente incentrata sulla necessità per l’Italia di uscire dall’euro.
CHI FISSA L’AGENDA
E come si pongono nel dibattito mediatico i cosiddetti “pro euro”, cioè coloro che sono favorevoli alla permanenza dell’Italia nella moneta unica? Per fornire un giudizio, bisogna partire dal realistico presupposto che un’idea relativamente nuova nel dibattito politico-economico – come eurexit – se ben supportata da strategie comunicative sensate beneficia del vantaggio della novità: ciò implica che i critici dell’opzione eurexit e dei cosiddetti “no euro” debbano agire di rimessa, in quanto reagiscono alla crescente popolarità dell’idea politica nuova – e consolante – di eurexit. A parte ciò, un problema strutturale della posizione pro euro è che ogni spiegazione della crisi italiana che faccia riferimento a una molteplicitàdi cause è più difficile da raccontare rispetto a una spiegazione monotematica, per cui la perdita della sovranità monetaria e delle svalutazioni competitive risulta essere l’unica – o la principale – causa della nostra crisi.
Il rischio principale che incontra la posizione pro euro è però di carattere strategico e riguarda la scelta dell’argomento stesso di discussione. Se da una parte è cosa buona e giusta controbattere alle argomentazioni – talora ragionevoli, molte altre volte semplicistiche – di chi è a favore di eurexit, dall’altro lato la scelta di controbattere implica che l’argomento di discussione è stato in fin dei conti scelto dall’interlocutore che ha iniziato il discorso: l’agenda, nel senso dell’insieme dei temi che sono o diventano salienti, è appannaggio di costui, il quale può spostare il dibattito su temi a priori più favorevoli alla sua posizione.
Il discorso è particolarmente rilevante durante una campagna elettorale: chi è favore della moneta unica dovrebbe compiere lo sforzo di spostare il dibattito su altri temi, ad esempio sull’opportunità di accelerare il processo di unificazione politica dell’Europa e di trasformazione dell’Unione Europea da confederazione a federazione, piuttosto che intervenire sempre e solo di rimessa sul tema dell’euro. Come ben illustrato dal linguista George Lakoff, se ti invito a “non pensare all’elefante”, sarà molto difficile non pensare all’elefante. Vale anche per “l’euro è brutto”.
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