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Perché tagliare ancora una sanità già sostenibile?

La sanità è stata il principale bersaglio nella ricerca della quadratura dei conti pubblici. Con altri tagli i cittadini sarebbero chiamati a pagare prestazioni ora a carico della fiscalità generale. I recuperi di efficienza vanno utilizzati per colmare le carenze più rilevanti del sistema.

UNA SPESA IN CONTINUA RIDUZIONE DAL 2010

La sanità è stata il principale bersaglio della quadratura dei conti pubblici. Le istituzioni europee contestano al nostro sistema sanitario pubblico carenza di risorse e deficit di prestazioni (in assistenza territoriale, prevenzione e non autosufficienza). Le ricette dell’austerità hanno già abbondantemente dimostrato effetti negativi sulla salute e sulla qualità della vita delle persone. La sanità non potrebbe quindi sopportare ulteriori tagli, pena lo spostamento a carico delle tasche dei cittadini di prestazioni ora erogate a carico della fiscalità generale. I recuperi di efficienza, ancora possibili, devono essere utilizzati per colmare le carenze più rilevanti. A meno che non si voglia svendere al mercato il sistema sanitario pubblico.Il Documento di economia e finanza 2014 fornisce i dati necessari per ricostruire un quadro sufficientemente chiaro della spesa e delle risorse disponibili per la sanità.
I dati indicano che la sanità pubblica è (già oggi) sostenibile; ulteriori tagli metterebbero in crisi il sistema, ridurrebbero le tutele e costringerebbero i cittadini a ricorrere al mercato privato. Il problema è semmai la sopravvivenza del sistema, non la sua sostenibilità. Perché il sistema sanitario possa ritornare a perseguire i suoi obiettivi di uniformità e globalità nella tutela della salute, è necessario riallocare (e non tagliare) le risorse, osservando le priorità indicate nel Piano nazionale delle riforme del Def 2014, che l’Italia invierà alle autorità europee.
Per il terzo anno consecutivo la spesa sanitaria continua a ridursi in valori nominali, per effetto delle manovre cumulate, passando da 112,5 miliardi nel 2010 a 109,3 miliardi nel 2013 (dati di preconsuntivo).
La riduzione più consistente si è verificata nell’anno 2012, quando la spesa si è assestata su 109,6 miliardi, un valore inferiore di ben 4 miliardi rispetto a quello previsto dopo la spending review del decreto legge 95/12. Il risultato è l’effetto di un insieme di provvedimenti regionali di riduzione della spesa (e di rilevazioni contabili) che sono andati ben al di là di quanto richiesto dalle manovre governative, con l’obiettivo di evitare finanziamenti integrativi a carico del bilancio regionale. Un risultato che contribuisce a migliorare i saldi di finanza pubblica, ma che nasconde una preoccupante riduzione dell’offerta di servizi.
Analoghe considerazioni valgono per il 2013: il preconsuntivo riporta ben 1,9 miliardi in meno rispetto alle ultime previsioni del Def 2013, le cui stime erano già state riviste al ribasso per incorporare la riduzione registrata nel 2012. Anche per il 2013, quindi, le Regioni hanno risparmiato più di quanto era stato imposto loro dalle manovre governative. Il risultato è un sostanziale azzeramento dei disavanzi sanitari.
Il contenimento della spesa sanitaria continua a essere ascrivibile principalmente alla riduzione dei costi del personale (ormai soggetto a una pluralità di vincoli, a rischio di effetti perversi) e ai risparmi sulla farmaceutica convenzionata.

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LA SPESA PREVISTA PER IL 2014

Per gli anni a venire, la Legge di stabilità per il 2014 prevede nuove economie di spesa entro i termini della proroga, valevole per l’intero pubblico impiego, del blocco delle retribuzioni, nonché dell’indennità di vacanza contrattuale. Maggiori risorse sono invece stanziate per risolvere contenziosi pregressi con alcuni policlinici universitari privati e (marginalmente) per lo screening neonatale.
Le nuove previsioni a legislazione vigente risultano inferiori rispetto al programmatico post Legge di stabilità 2014 per 1,6 miliardi nel 2014, 1,2 miliardi nel 2015 e 900 milioni nel 2016.
Complessivamente, per il 2014 la spesa prevista è 111,5 miliardi, con una riduzione rispetto alla spesa prevista solo tre anni fa, con il Def 2011, di ben 15 miliardi. Si noti che anche per il 2014 la spesa programmata è inferiore in valore assoluto a quella del 2010.
Nel complesso, dal 2010 al 2013, la sanità pubblica ha registrato, in termini reali, risparmi di spesa regolarmente superiori a quelli realizzati per l’intera spesa corrente primaria. Fino al 2012 la spesa sanitaria si è contratta oltre la discesa del Pil, mentre dal 2013 risulta riallineata alle previsioni di crescita dell’economia, per poi contrarsi nuovamente nel 2016 per effetto delle nuove misure sul personale.
Il contenimento della crescita non è una novità degli ultimi anni. Dal 2005, con la fine dei salvataggi governativi, la spesa sanitaria è stata stabilizzata in valori reali. Difatti, nel periodo 2006-2013 ha presentato una crescita media nominale dell’1,7 per cento contro il 2,2 per cento dell’intera spesa corrente primaria (in valori reali: -0,1 per cento contro + 0,4 per cento).

IL FINANZIAMENTO INSEGUE LE RIDUZIONI DELLA SPESA

Ancora più complessa la questione del finanziamento del Sistema sanitario nazionale.
In seguito alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimi i ticket sanitari previsti con decreto legge 98/11, è stato finalmente ripristinato per il 2014 il corrispondente finanziamento di 2 miliardi, per un totale di 109,9 miliardi. Per gli anni a seguire, in assenza del Patto per la salute non ancora sottoscritto fra lo Stato e le Regioni, le previsioni seguono la regola generale di allineamento al Pil, tenendo comunque conto delle misure adottate con la Legge di stabilità per il 2014.

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Ovviamente, il Def si limita a riportare i nuovi tendenziali di spesa e nulla dice circa le misure concrete che potranno ancora ricadere sul settore in occasione della manovra primaverile che il Governo intende velocemente varare. Per ora, gli obiettivi di risparmio da inserire nel Patto per la salute annunciati dal commissario della spending review valgono 300 milioni per il 2014, 800 milioni per il 2015 e 2 miliardi a decorrere dal 2016. Ma in questa continua rincorsa fra spesa e finanziamento, non si possono escludere nuovi tagli.
D’altro canto, i dati indicano che i governi hanno sempre agito (anticipatamente) con energici tagli di spesa per evitare (future) tensioni sul lato del finanziamento: la riduzione della spesa ha infatti sempre preceduto la riduzione del finanziamento (cui concorre lo Stato). E non è un caso che il Governo, con un Pil che stenta a crescere, abbia escluso solo nuovi tagli lineari, non tagli tout court. Ma sarebbe un grave errore non procedere con misure selettive ben calibrate, tenendo conto degli effetti già prodotti dalle restrizioni sperimentate e riallocando i risparmi nei settori più carenti. Anche in vista dei futuri rinnovi contrattuali, bisogna evitare di colpire il personale (generalmente quello più giovane e motivato) con retribuzioni al di sotto della media, favorire un ricambio generazionale e superare le tante forme di precariato diffuse anche in ambiti così delicati e gravosi.

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Il malus nel bonus

  1. Massimo Matteoli

    Ottimo articolo che fa giustizia di molti luoghi comuni sulla sanità e che spero trovi un seguito su la Voce anche per altri settori. Troppo spesso confondiamo l’ inefficienza della spesa pubblica italiana con l’eccesso di spesa. Più che spendere meno penso che la vera emergenza italiana sia di riuscire a spendere bene. Far funzionare molto meglio di ora la burocrazia pubblica è un imperativo ineludibile se vogliamo mantenere una società, ma pure un sistema economico all’altezza dei paesi più sviluppati, ma per fare questo una politica di tagli ciechi e generalizzati è peggio del male che vorrebbe curare.

    • Franco

      La spesa sanitaria è già “sostenibile” ma lo sarebbe di più se si facessero veramente (magari con un campione più rappresentativo di quello che immagino sia l’ attuale) i controlli sulle esenzioni: sono sicuro che gli eventuali extra costi si ripagherebbero abbondantemente. Inoltre, i nomi di coloro vengono individuati non dovrebbero essere coperti dall’anonimato; credo che questo sarebbe un forte deterrente.

    • Aldo

      Infatti mia moglie lavorava in un ospedale convenzionato, per i tagli ha chiuso nonostante i costi fossero inferiori all’Asl, è andata quindi in una Residenza Sanitaria Assistita (Rsa) gestita da cooperativa dove ora si vede arrivare gli stessi malati che avrebbero bisogno del medico 24h al giorno e invece solo 2h al giorno. Non vi posso spiegare l’amarezza di mia moglie per questi malati!

  2. Andrea Rossi Zadra

    Un articolo di dati confortanti. Per due ragioni: la prima, lo sforzo di comprimere una voce di spesa elevata ha dato effetti validi, alla luce della contingenza storica di contrazione del Pil; la seconda, di sollievo per sperare di non dover più attendersi tagli alle prestazioni. Immaginiamo poco realistico ipotizzare che la riduzione del finanziamento alla Sanità non porti un taglio ai servizi ai cittadini, in quanto già ora le prestazioni sono ridotte in quantità, qualità e tempistica di attesa: il servizio sanitario è oggi in crisi. Ogni ulteriore macro-dato conforta la sostenibilità della spesa tendenziale: rispetto all’Europa abbiamo in Sanità la minore spesa pro capite, la minore spesa rispetto al Pil, e pure la minore spesa rispetto al Pil pro capite. La spesa pubblica per ogni cittadino è di 2340 dollari, contro i 4000 dei Paesi Bassi e i 3200 della Francia (valori Istat). Le previsioni di ulteriori risparmi non sembrano giustificati da esigenze contabili, e la reiterata “sostenibilità” insiste sul fatto che un sistema pubblico, gratuito e universale non sia alla portata di questa nazione. La comunità scientifica è al corrente dei riflessi in termini di salute dei tagli imposti con l’Austerity. La rivista Lancet ha pubblicato i dati degli effetti drammatici sulla vita dei malati greci, e ogni operatore sanitario in Italia può confermare che le prestazioni sono ridotte. Attendiamo in un futuro prossimo gli indicatori di salute con verosimili discontinuità importanti tra il prima e il dopo austerità. La scelta di ulteriori sofferenze non sembra più dovuta a ragioni tecniche, ma squisitamente di indirizzo ideologico. Cui prodest?

  3. Arnaldo Campese

    Perché sarebbe preoccupante la “riduzione dell’offerta di servizi”? Poiché, come dicono gli autori, “il contenimento della spesa sanitaria continua a essere ascrivibile principalmente alla riduzione dei costi del personale (ormai soggetto a una pluralità di vincoli, a rischio di effetti perversi) e ai risparmi sulla farmaceutica convenzionata”, è proprio la riduzione dei servizi la frontiera da passare per rendere più efficiente la spesa sanitaria. Insomma, per esser rozzi appunto:
    – smettiamola di prescrivere esamini a pensionati novantenni in modo da occupargli la mattinata (e intasare le strutture)
    – riformiamo gli accessi ai pronto soccorso ripensando strutture di primo intervento e “triage”
    – accorpiamo strutture inefficienti
    – verifichiamo il lavoro di alcuni Irccs inefficienti ma politicamente forti.
    Insomma va ripensato l’equilibrio fra la Sanità per tutti sempre e comunque e la sua sostenibilità, poiché perseguire la prima non penalizza il consenso elettorale la seconda sì.

  4. A me pare che l’affermazione che la spesa sanitaria sia “sostenibile” sia una petitio principii. E un taglio, per essere chiamato tale, deve essere una riduzione rispetto alla spesa effettiva dell’anno precedente, e non rispetto a una spesa tendenziale messa a budget apposta per essere “tagliata”. Da questo punto di vista, mi pare che una riduzione di 3 miliardi in 3 anni in una fase di recessione non si possa chiamare “taglio”.
    E’ sconfortante che nella discussione sulla spesa sanitaria si sia persa ogni traccia dei “costi standard” e della determinazione della spesa sulla base di servizi e costi commisurati a un benchmark e non alle prassi locali.

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