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Se i tassi diventano negativi

Si torna a parlare di taglio del tasso di interesse sui depositi delle banche presso la Bce al di sotto dello zero. Servirebbe a rendere più morbida la transizione dal periodo pre-Omt a quello post-Omt, con riserve molto più contenute. Gli effetti su tassi, euro e crescita non sarebbero rilevanti.

L’IPOTESI TASSI NEGATIVI

In un’intervista a Thomson-Reuters, Benoît Cœuré (Bce) ha definito l’opzione tassi negativi come “assai probabile”. Le voci si rincorrono da tempo. Mario Draghi aveva più volte dichiarato che la Bce è tecnicamente pronta, ma mai confermato di volervi fare ricorso. Joerg Asmussen (Bce) aveva manifestato tempo fa le proprie riserve sull’efficacia dello strumento. E, su lavoce.info, Angelo Baglioni aveva definito la misura controproducente.
Altri banchieri centrali dell’Eurozona restano prudenti sull’argomento. Bostjan Jazbec ha persino ammesso di trovare difficile il concetto stesso di “tassi negativi”, e qualcuno parla di “terreno inesplorato”.
Ora, una voce ufficiale afferma che [tweetable]la Bce sta prendendo in seria considerazione la possibilità di tagliare il tasso di interesse sui depositi delle banche presso la banca centrale al di sotto dello zero[/tweetable], alimentando così le aspettative che ciò possa avvenire a marzo. Nelle ore successive alla notizia, l’euro ha registrato un calo dello 0,5 per cento sul dollaro, subito riassorbito nei giorni successivi. Lo stesso Cœuré ha peraltro avvertito che dai tassi negativi non c’è molto da aspettarsi.
Le voci a favore al di fuori della Bce sono più numerose. Per José Viñals (Fmi) sarebbe un “segnale di responsabilità”. Alan Blinder (Princeton) li vorrebbe alla Fed e ne spiega l’efficacia sulla base di un modello che, ancorché condiviso da keynesiani e monetaristi, è stato più volte ritenuto inapplicabile. Secondo Blinder, imporre tassi negativi sulle riserve bancarie “in eccesso” stimola le banche a disfarsene acquistando titoli o facendo prestiti alle imprese.
Chi ha ragione?

BANCHE E CONTI DI RISERVA

Dal punto di vista della tecnica monetaria, non è indispensabile che le banche a fine giornata trattengano della liquidità sul proprio conto di riserva. Né il fatto di disporne o meno può condizionare la concessione di prestiti. Se le banche tengono liquidità è perché sono soggette a un regime di riserva obbligatoria. È bene anche ricordare che tutte le riserve bancarie sono prese in prestito dalla banca centrale, e per questo le banche preferiscono restituirle, se possono, oppure prestarle ad altre banche, se si fidano.
Con la crisi, alcune banche (soprattutto tedesche) hanno accumulato riserve solo perché non volevano disfarsene  prestandole a quelle dei paesi a rischio. Ciò ha obbligato la Bce a immettere riserve aggiuntive per mantenere fluido il sistema dei pagamenti. Un po’ come aggiungere olio a un motore che rischia di fondere.
Le riserve complessivamente in eccesso nell’Eurozona hanno toccato gli 850 miliardi nel 2012, soprattutto come effetto delle operazioni di rifinanziamento a tre anni (Ltro) di dicembre 2011 e febbraio 2012. Poi, dopo l’introduzione delle Omt (che con buona pace della Corte costituzionale tedesca restano il perno che regge la stabilità della moneta unica), le riserve in eccesso si sono più che dimezzate.

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GLI EFFETTI DELLA MISURA

Un provvedimento che impone alle banche di pagare un interesse sulle riserve è assimilabile in tutto e per tutto a una tassa che diminuisce l’utile ed erode il capitale delle banche. A riscuotere la “tassa” è la Bce. Il denaro viene contabilizzato negli utili della Banca centrale per essere poi distribuito alle banche centrali nazionali. Anche nell’ipotesi che l’Eurosistema ne accantoni solo una parte e che il resto sia poi distribuito e speso dai governi nazionali, la manovra è assimilabile a un prelievo netto dal settore privato (le banche si rifarebbero in parte sui clienti), ovvero a una forma di “austerità” sui generis.
La soluzione che appare più probabile è quella di portare al di sotto dello zero il tasso sui depositi Bce (vincolati a ventiquattr’ore), dove le banche spostano di propria iniziativa i fondi in eccesso sul conto riserve. Il rendimento su questi ultimi rimarrebbe invece a zero.
Prima della crisi, i depositi Bce rendevano di più del conto riserve e le banche vi versavano piccole somme residuali (meno di un miliardo di euro in tutta l’Eurozona) che, a fine giornata, risultavano in eccesso rispetto alla stime del fabbisogno di riserva obbligatoria e che non era stato possibile eliminare altrimenti.
Con la crisi (e le Ltro), il saldo dei depositi Bce ha toccato quasi 800 miliardi. Ma da quando la Bce ha azzerato il rendimento sui depositi Bce (luglio 2012), le banche sono indifferenti tra i due impieghi. Oggi, sui depositi Bce sono rimasti circa 40 miliardi. Le altre riserve in eccesso si trovano sul conto riserve, oppure sono stati impegnate nei depositi a tempo determinato. Se la Bce assoggetterà le banche a un prelievo dello 0,1 per cento sui soli depositi Bce, l’operazione costerà alle banche complessivamente attorno ai 40 milioni di euro l’anno.
Ridurre sotto zero l’interesse sui depositi Bce in una situazione di riserve in eccesso significa schiacciare il tasso d’interesse sul mercato interbancario e sul mercato monetario in senso lato in territorio negativo. Quando una banca dovrà ricevere riserve da un’altra banca preferirà offrire di pagare un tasso (negativo) alla controparte perché se le tenga. Le incasserà soltanto se ha un debito da rimborsare alla Bce.
La decisione delle banche di concedere credito si basa sulla qualità del debitore e sul margine di utile atteso. Dipende inoltre dall’esposizione in essere della banca rispetto al capitale. I tassi negativi non hanno alcun effetto favorevole su questi fattori e non possono perciò incidere positivamente sull’afflusso del credito all’economia.
Difficilmente i tassi negativi saranno un fattore sufficiente a indebolire l’euro. Infliggeranno certamente perdite a chi, come ad esempio la Svizzera, è “lungo” sull’euro. [tweetable]La moneta europea potrebbe deprezzarsi momentaneamente ma, in tempi di deflazione e austerità, incontrerebbe presto un livello di resistenza.[/tweetable]
Dunque, effetti su credito, domanda e occupazione non se ne vedono.
L’impressione, anche a leggere le considerazioni sul Bollettino di gennaio (“Gli andamenti recenti della liquidità in eccesso e dei tassi del mercato monetario”) è che la Bce potrebbe ricorrere a un tasso negativo sui depositi Bce al solo scopo di rendere più morbida la transizione tra un periodo di riserve in eccesso eccezionalmente grandi (pre-Omt) a uno di riserve molto più contenute (post-Omt). Abbassare sotto lo zero il più basso dei tassi ufficiali potrebbe servire a restaurare il funzionamento del corridoio dei tassi contenendo la volatilità. Come dice Cœuré, “non c’è da aspettarsi molto”.

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Il punto

  1. Il tasso non deve essere mai negativo, tuttalpiù può arrivare allo zero, scendere oltre crea aspettative deflazionistiche.

  2. Davide Gionco

    La questione centrale è che l’errore sta nel volere utilizzare un unico tasso di sconto del denaro per un sistema economico estremamente variegato come quello europeo.

    • Con una sola moneta un solo tasso, certo che se vi sarà la divisione dell’area euro in due, avremmo l’euro2, vi sarà un nuovo tasso, non riesco a vedere come sia possibile avere diversi tassi con la stessa moneta.
      La Bce dovrebbe applicare alle banche dei paesi meridionali un tasso e a quelle del nord un tasso diverso?

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