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Riforma Fornero: il monitoraggio alla cieca

Sulla valutazione della riforma Fornero si sono concentrate, giustamente, molte aspettative da parte dell’opinione pubblica, dei policy maker e della comunità scientifica. I motivi sono molti.
Si tratta di una delle riforme più controverse del nostro passato recente. È stata promossa e implementata da un’economista molto conosciuta, che nella legge di attuazione ha voluto che si introducesse formalmente e per la prima volta in Italia un esercizio di valutazione.
Tale valutazione è stata poi organizzata dal suo successore, anch’egli economista di fama ed ex direttore dell’Istat, con l’ausilio di un comitato di esperti di indubbia competenza.
Nonostante tutte queste premesse, il primo documento che esce da questo processo è sorprendentemente poco informativo. I pochi risultati riportati sono solo indicativi e non è possibile sapere in che misura le dinamiche di assunzioni e licenziamenti osservate prima e dopo l’entrata in vigore della legge 92 siano effettivamente da attribuirsi alla riforma piuttosto che ad altri fattori, come la recessione. Riccardo Del Punta e Marco Leonardi, membri del comitato scientifico della valutazione, ci spiegano con onestà intellettuale quali siano state le difficoltà incontrate. Colpisce il fatto che le difficoltà siano legate alla disponibilità dei dati, visto soprattutto che gli enti che li detengono, Inps, Istat e ministero del Lavoro, sono parte integrante del processo di valutazione. Per chi, facendo ricerca in Italia, si è spesso scontrato con queste difficoltà, si tratta della conferma che il problema è grave, gravissimo e non è più da considerarsi il capriccio di qualche accademico che vuole soddisfare le proprie ambizioni scientifiche. Se è questo il “sistema permanente di monitoraggio delle politiche del lavoro”, dobbiamo rassegnarci a non avere una qualsiasi obiettiva analisi degli effetti delle politiche economiche in Italia. L’introduzione del ministro Giovannini è del resto indicativa di questo clima: si tratta di un’autovalutazione di quanto svolto sotto il suo ministero.
Ma a che serve creare un gruppo di valutazione se non ha i dati per lavorare? Meglio farne a meno senza sprecare risorse e tempo per viaggi. Inps, Istat e ministeri interessati hanno il compito istituzionale di permettere l’accesso ai dati che permettono la valutazione delle politiche. Questi dati dovrebbero essere messi online a disposizione di chiunque volesse condurre proprie valutazioni, replicare i risultati di altri o studiare altri potenziali effetti delle politiche. [tweetability]Più valutazioni indipendenti ci saranno, più sapremo degli effetti di queste politiche [/tweetability]. Perché nessuno ha la verità in tasca. E non ci si trinceri dietro la favola della protezione della privacy dei dati! Esiste una normativa che consente di fare tutto questo nel rispetto della privacy di chiunque. Si tratta quindi esclusivamente di mancanza di volontà politica, della quale ci si deve assumere la responsabilità.

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Il Punto

  1. Enrico

    Senza dati e quindi senza analisi, non si va lontano.

  2. Mara

    se anche i dati diventano sempre più “immaginari” e finalizzati al marketing allora significa che siamo davvero in un regime che con la democrazia ha sempre meno in comune. Dobbiamo prenderne atto.

  3. Cinzia Viale

    Senza scomodare Melchiorre Gioia che l’aveva affermato nell’Ottocento, che la statistica ufficiale, i dati e le informazioni statistiche siano un bene pubblico lo si trova in tutti i documenti e legislazioni internazionali (vedi i «Principi fondamentali della statistica ufficiale», adottati dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite), europei (vari regolamenti della Cee e il Code of practice) e italiani (in primis il d.lgs. n. 322/1989 e il Codice Italiano della Statistica Ufficiale). Nonostante tutto questo, nonostante il Cad e gli open data, siamo a quanto pare bloccati dal solito problema dell’indisponibilità dei dati, ed è veramente inaccettabile. Devono esserne rese note con chiarezza le motivazioni.

  4. mariannabonina

    Intanto la gente sconosce anche l’uso del regime agevolato per la partita Iva e molti lavoretti saltuari che avvengono o in nero o con contratti atipici potrebbero essere svolti così e con il versamento dei contributi (per quello che servono).

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