La proposta di legge elettorale uscita dall’incontro Renzi-Berlusconi si discosta dal modello spagnolo e si dirige verso un proporzionale con premio di maggioranza o doppio turno di coalizione. Ma rimangono tre punti delicati.
VIA DAL MODELLO SPAGNOLO
L’incontro Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale ha chiarito molto, ma non tutto; e anche su alcune delle cose concordate è da prevedere battaglia con il resto della schieramento politico.
Qualche commentatore parla ancora di modello spagnolo , ma il richiamo è diventato ingannevole, perché le differenze sono forti. Il modello spagnolo è pseudo-proporzionale: ha infatti forma di proporzionale, con più eletti in ogni circoscrizione in proporzione ai voti ricevuti, a differenza dell’uninominale dove ogni piccolo collegio ha un unico rappresentante; ma poi altera “di fatto” le proporzioni tra gli eletti a livello nazionale perché non consente di recuperare i resti non utilizzati nel collegio. Esempio: collegio con 200 elettori, tre partiti e tre eletti. Il partito A ha 100 voti, B ha 51 e C ha 49. Allora due posti vanno ad A e 1 a B, com’è giusto. Ma i 49 voti di C vanno persi perché, a differenza di quanto avviene nei sistemi veramente proporzionali, non c’è un recupero dei resti a livello nazionale. Se così fosse in tutti i collegi, sparirebbe dal Parlamento un partito con circa il 25 per cento di elettori. Il modello spagnolo punisce quindi i partiti minori, non solo quelli minimi già eliminati dalla regola dello sbarramento, ma anche quelli di media consistenza, come avviene nell’uninominale. In altri termini, contiene un implicito “premio di dimensione”, però non codificato e dagli esiti imprevedibili. In Spagna c’è il bipartitismo, ma perché così si è posto dall’inizio il confronto politico nella rinata democrazia. E il modello elettorale ha assicurato la governabilità, dando al Partito popolare il 53 per cento dei posti contro il 44 per cento dei voti, ma non è un esito sicuro. Senza contare che il sommo principio della sovranità popolare chiede di privilegiare la rappresentatività del Parlamento, ponendole solo i limiti necessari a garantire la governabilità, mentre i sistemi non proporzionali contengono nascostamente “premi di dimensione” per i partiti maggiori e correlate punizioni per i partiti minori che possono essere insufficienti o eccessivi.
I PUNTI DEBOLI
Da questo punto di vista, è con soddisfazione che si osserva come l’accordo Renzi-Berlusconi abbia adottato l’impostazione da noi più volte invocata su queste colonne, anche quando si parlava solo del maggioritario: un sistema con sbarramento, ma per il resto davvero proporzionale, e quindi con recupero dei resti a livello nazionale; sistema che poi subisce, in termini espliciti e calibrati, la correzione maggioritaria necessaria per la governabilità. Dopo il passaggio nella Direzione del P.D. , lo schema, inizialmente basato solo sul premio, si è positivamente dotato di un meccanismo di sicurezza che assicura in ogni caso la governabilità.: premio di maggioranza alla coalizione con più del 35% dei voti oppure doppio turno tra le due coalizioni maggiori se la soglia non viene raggiunta.
Cosa non convince in questa costruzione, che pure giudichiamo ben fondata?
[tweetability]Non convince la soglia troppo bassa (meglio sarebbe non inferiore al 40%) [/tweetability]. Soprattutto non convince il premio di maggioranza fisso, sempre che sia rimasto tale, il che non sappiamo con sicurezza in questo momento; mentre rileva poco che sia del 20%, come previsto nell’incontro tra i due leader , o del 18%, come ipotizzato dopo la Direzione del P.D. Il premio fisso rischia infatti di intaccare le garanzie costituzionali, lasciando alla coalizione con il 46 o il 48 %per cento dei voti, dunque pur sempre minoritaria nel paese, il potere di cambiare da sola la Costituzione. Sotto tale profilo, continuiamo a predicare le virtù della legge elettorale veneta che prevede un premio variabile, tale da assicurare la maggioranza, ma anche di garantire le minoranze.
Altrettanto discutibile è il mantenimento della liste bloccate, dove l’italico Porcellum si sposa con il modello spagnolo. A differenza del caso italiano, in quello spagnolo la ridotta dimensione dei numerosi collegi consente liste corte di candidati. E questa ipotesi si è sottratta al recente giudizio di incostituzionalità, dato che il ristretto ambito territoriale e il piccolo numero di candidati assicurerebbero comunque la conoscibilità degli aspiranti parlamentari agli occhi degli elettori, che sarebbero così in grado di scegliere tra partiti anche sulla scorta delle proprie preferenze sulle persone. È il passaggio della sentenza della Corte Costituzionale meno convincente, un’autentica acrobazia giuridica, di quelle che creano il distacco tra giudizio paludato e senso comune. Ma la legittimità conta poco di fronte a una forte domanda politica di base che rivendica la facoltà per l’elettore di esprimere una preferenza tra più candidati all’interno del proprio partito.
E che dire dello stesso sbarramento contro i partiti minimi, che sembra un punto pacifico? A parte il livello della soglia, c’è da decidere se applicarlo a dimensione nazionale, alla tedesca, o nel singolo collegio, alla spagnola. Per l’Italia fa gran differenza, perché le minoranze concentrate in alcune parti del territorio – la Svp, gli altri partiti delle minoranza linguistiche e forse la stessa Lega – scompaiono nel primo caso, mentre restano nel secondo. Personalmente siamo per la doppia soglia, il che significa che i partiti che non hanno raggiunto la soglia a livello nazionale potrebbero comunque essere rappresentati in Parlamento da alcuni loro candidati che avessero ottenuto in sede locale una significativa quota dei voti del collegio (almeno il 20 per cento?).
[tweetability]Rimangono dunque punti delicati da discutere. Ma è innegabile che si siano fatti progressi [/tweetability].
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
3 Commenti