“In un’epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l’abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto.” Italo Calvino, Palomar.
Nel loro articolo “Ignavia di Stato” Boeri e Guiso criticano apertamente la mia presunta intenzione di nascondere ai futuri pensionati la loro condizione contributiva per paura di essere travolto da una crisi di consenso. Per questo mi collocano, in assenza di un pentimento sincero e atti concreti di riparazione del male compiuto (cui immagino dovrebbe seguire l’assoluzione da parte degli autori), nel girone dantesco degli ignavi.
A parte le battute tra colleghi, il tema è rilevante e richiede serietà da parte di tutti, anche di chi esercita il diritto di critica. Perché c’è un peccato superiore all’ignavia, ed è quello commesso da chi agisce in modo superficiale, tanto più su un tema così delicato. E poiché, per rimanere in tema, “è nei dettagli che il diavolo nasconde la sua coda”, appena nominato Ministro ho messo all’opera un gruppo di lavoro proprio per definire la procedura destinata a comunicare agli italiani i dati relativi al loro futuro pensionistico.
Infatti, basta leggere i numerosi studi sull’argomento (1), nonché i documenti recentemente pubblicati dalla Commissione Europea (2), per capire che il problema dell’informazione riguardo al futuro trattamento pensionistico non si risolve mandando una lettera a milioni di persone, bensì con un insieme di strumenti che bilancino il dovere della trasparenza, la responsabilità legale di una tale comunicazione, la semplicità e la correttezza tecnica. Per non parlare del costo dell’operazione: inviare una lettera a tutti i milioni di potenziali destinatari si aggirerebbe sui 40 milioni di euro.
Mi sorprende poi l’accusa di non volere inviare ai lavoratori un riepilogo annuale dei contributi versati e una proiezione (a due, venti, trenta anni, in base all’età della persona in questione) dei futuri redditi pensionistici, su cui basare scelte molto importanti quali quelle di lavorare più a lungo, cambiare lavoro, smettere di lavorare, attivare una pensione integrativa, ecc.. Infatti, ad un quesito formulato nel corso di un’audizione parlamentare sulla presunta intenzione del Ministero di “bloccare” l’invio della “busta arancione” ho risposto che non solo ero a favore dell’operazione, ma che stavamo lavorando allo sviluppo di un software per consentire ai cittadini di simulare scenari pensionistici alternativi proprio per aiutarli a fare scelte migliori per il futuro.
Quindi, direi che l’accusa di ignavia dovrebbe cadere. Ma per rispetto dei lettori vorrei cogliere l’occasione per entrare nel merito di alcuni dei “dettagli” relativi a come conseguire questo importante obiettivo.
LA “BUSTA ARANCIONE” E LE RACCOMANDAZIONI INTERNAZIONALI
La versione 2013 della “busta arancione”, usata in Svezia da vari anni, si apre con una serie di avvertenze sul fatto che le informazioni in essa contenute non offrono un quadro completo della situazione pensionistica (non includendo per esempio le forme di previdenza complementare) e invita ad usare un apposito sito internet per fare una previsione “personalizzata” del futuro pensionistico. Un’impostazione simile a quella che stiamo sviluppando in Italia.
Successivamente, il documento svedese indica tre dati: quanto si è accumulato nell’anno a fini pensionistici, quanto si è accumulato nel corso dell’intera vita lavorativa e una previsione di quanto si percepirà come assegno mensile a partire dall’età di pensionamento. Dopo una dettagliata spiegazione di come i primi due valori sono stati determinati, la “busta arancione” mostra come la pensione (in termini reali) cresca in funzione della sola età di pensionamento, visto che si assume che il reddito attuale resti immutato (in termini reali) per tutta la vita. La busta arancione rinvia poi al sito internet per ottenere simulazioni più articolate.
Strumenti simili vengono usati negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei ed in tutti i casi il documento sottolinea molto i caveat associati alle cifre riportate. Negli Usa, i dati fondamentali sono contenuti in mezza pagina, mentre il resto del documento (quattro pagine in tutto) è dedicato alle “avvertenze”. Anche in questo caso si invita a consultare un simulatore disponibile su Internet.
Esistono poi diverse raccomandazioni internazionali (3) su come realizzare un tale servizio d’informazione. Le raccomandazioni, nel riaffermare l’importanza di una corretta comunicazione, segnalano anche la complessità e i rischi connessi a tale operazione, invitando a sperimentare il servizio facendo attenzione al tipo di informazione e al linguaggio utilizzato per veicolarla. L’estrema complessità del tema, associata alla difficoltà di comprensione delle informazioni di carattere finanziario, potrebbero infatti spingere le persone a compiere scelte non appropriate o ad esporsi al rischio di comportamenti “predatori” di soggetti che operano in questo campo nel libero mercato. Inoltre, l’esperienza di altri paesi dimostra la necessità di estrema cautela e di tempi congrui per testare le procedure.
La letteratura esistente, quindi, è concorde su due punti: 1) alla comunicazione va associato uno strumento di consultazione sul web per le simulazioni individuali; 2) prima di rendere operativo il sistema, lo si deve testare con attenzione, anche a causa delle possibili difficoltà di utilizzo e comprensione da parte dei cittadini.
EDUCAZIONE FINANZIARIA: APPROCCI RAZIONALISTICI E APPROCCI COMPORTAMENTALI
E veniamo al pretesto che avrei trovato per giustificare la prudenza raccomandata dagli esperti di tutto il mondo: la poca dimestichezza di molti italiani con la matematica. Non ho mai inteso dare un giudizio di valore, ma solo sottolineare l’importanza di fornire informazioni utili, e soprattutto comprensibili da chiunque, rispetto a un argomento molto complesso. D’altra parte anche Boeri e Guiso riconoscono di avere “un’idea molto vaga” della pensione che percepiranno.
In effetti, dalla rilevazione della Banca d’Italia sull’educazione finanziaria emerge che circa un terzo degli italiani ha problemi ad interpretare correttamente un estratto conto bancario e che circa il 50% delle famiglie italiane non possiede la conoscenza di base necessaria per prendere decisioni informate riguardanti le più comuni transazioni finanziarie (Visco, 2010) (4). Inoltre, le esperienze disponibili segnalano come l’uso di un simulatore possa contribuire a migliorare “l’educazione finanziaria”.
Potrebbe essere un problema di comunicazione sbagliata da parte degli istituti preposti, ma non possiamo negare, considerato l’avvertimento che emerge dall’indagine Piaac (Ocse) (5), che esista anche un problema di scarse competenze in tal senso della popolazione italiana. Dobbiamo, quindi, far finta che queste carenze non esistano? Certamente no, ed è per questo che, insieme al Ministro Carrozza abbiamo deciso di “guardare in faccia” la realtà nominando una commissione di esperti che esprimerà in tempi rapidi raccomandazioni per affrontare le carenze e rafforzare il lifelong learning.
L’APPROCCIO CHE STIAMO SVILUPPANDO
L’approccio che stiamo seguendo è pragmatico e in linea con le raccomandazioni e le migliori pratiche internazionali.
In termini concreti, vorrei far presente agli autori che ogni lavoratore iscritto ad una gestione Inps può, da vari anni, controllare il proprio estratto conto contributivo in maniera autonoma o attraverso i soggetti abilitati. Nei prossimi mesi la stessa possibilità sarà offerta anche ai lavoratori pubblici che erano precedentemente gestiti dall’Inpdap e ai lavoratori dello spettacolo iscritti dall’Enpals, enti recentemente confluiti nel SuperInps. Gli archivi riguardanti tali lavoratori stanno per essere sottoposti ad un’intensa opera di “pulizia”, indispensabile prima di poter essere utilizzati in questo contesto. Di conseguenza, scrivendo, come fanno gli autori, che “da un po’ di tempo l’Inps-Inpdap ha tutto pronto” si comunica un messaggio che alimenta l’idea che basti spingere un bottone e tutto avviene facilmente.
E veniamo al simulatore in fase di sviluppo da diversi mesi. Gli elementi su cui si basa sono: l’ammontare dei contributi finora pagati, il livello retributivo atteso per gli anni mancanti alla pensione, l’età al pensionamento. Per questo, stiamo lavorando per fornire ad ogni persona, in primo luogo, il tasso di sostituzione atteso (cioè la percentuale dell’ultima retribuzione che si riceverà in forma di assegno pensionistico mensile, tenuto conto della storia lavorativa di quel particolare lavoratore) alla prima data di pensionamento utile, assumendo una costanza dell’andamento retributivo (in termini reali) e un particolare profilo di crescita del Pil. A partire da questa prima informazione (basata su variabili costruite sulla base delle informazioni detenute dall’Inps), intendiamo fornire ulteriori elementi (da cui emerga, ad esempio, il vantaggio pensionistico derivante dalla scelta di lavorare più a lungo) e consentire di effettuare semplici simulazioni valutando percorsi retributivi alternativi.
Tengo a sottolineare che la presentazione di ipotesi alternative è fondamentale per educare le persone al rischio implicito in questo tipo di esercizi, il cui risultato dipende dal comportamento della persona stessa. Non a caso, Mervyn King, quando era il Governatore della Banca d’Inghilterra, trattando il tema delle previsioni che impattano sulle condizioni economiche, le aspettative e i comportamenti delle persone, sosteneva che il pubblico deve ricevere non un dato “secco”, ma essere abituato a vedere le grandezze del futuro rappresentate da una distribuzione di probabilità.
Al momento siamo nella fase conclusiva del processo di sviluppo dei software necessari e i diversi passaggi che devono guidare l’utente nelle simulazioni. A gennaio ci confronteremo con un gruppo di esperti per poi passare alle sperimentazioni. Solo dopo la conclusione di queste ultime il sistema verrà reso disponibile a tutti. Nel frattempo, verrà progettata una campagna di comunicazione destinata a coinvolgere anche i soggetti che già oggi assistono le persone che non possiedono un computer o le competenze necessarie per usare da soli il simulatore. Questo perché l’obiettivo dell’Inps, così come il mio, non è quello di “lavarsene le mani” come sostengono Boeri e Guiso, ma di realizzare lo strumento migliore per aiutare proprio quelle persone “più povere, meno informate, più bisognose di conoscere e di sapere” a cui loro stessi fanno riferimento. Infine, stiamo valutando come ridurre al massimo i costi dell’operazione, utilizzando al meglio canali alternativi a quello postale.
CONCLUSIONI
A questo punto, spero di aver chiarito non solo che il problema è ben più complesso di quanto ritenuto da molti, ma che questa complessità non scoraggia chi sta lavorando intensamente per realizzare l’obiettivo di un’informazione adeguata ai lavoratori di oggi e di domani. Peraltro, ricordando le critiche mosse a miei predecessori in alcune situazioni, mi scuserete se, da tecnico quale sono, non mi preoccupo più di tanto del consenso, ma di fare un lavoro serio e utile per i cittadini.
La risposta di Tito Boeri e Luigi Guiso: “Se non è ignavia, è inefficienza”
(1) Si vedano tra gli altri, Antolin P e Fuentes O. (2012), Communicating Pension Risk to DC Plan Members: The Chilean Case of Pension Risk Simulator, OECD Working Papers on Finance, n.28; Ceccarelli S. e Rinaldi A. (2012), Does Literacy Really Foster Pension Fund Participation?, mimeo.
(2) Commissione Europea (2013), The Right to Retirement Pension Information, Luglio.
(3) Cfr. Commissione Europea (2013), op. già cit.; OCSE (2008), Financial Education, OECD Journal: General Papers, v.3; Social Security Advisory Board (2009), Social Security Statement Report: How it can be improved, agosto.
(4) Visco I. (2010), Financial Education in the Aftermath of the Financial Crisis, giugno.
(5) Oecd, Skills Outlook 2013, Paris, 2013
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