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La crisi pagata dai trentenni

teoldi giovani
Fonte: Banca d’Italia. Elaborazione dati a cura di Filippo Teoldi


Gli ultimi dati Istat (settembre 2013) ci dicono che il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40,4 per cento certificando ancora una volta la drammaticità della condizione dei giovani nel mercato del lavoro italiano. Si sente spesso ripetere che questa è la prima generazione di figli che starà peggio dei propri padri ma è poi difficile supportare tali affermazioni con dati puntuali. In linea di principio si dovrebbe osservare l’intera sequenza dei redditi percepiti dalla persone nel corso della propria vita ma dati di questa natura che contengano informazioni su individui di diverse generazioni, quindi nati in anni molto distanti tra loro, sono estremamente difficili da raccogliere.
Sappiamo però che le condizioni di ingresso nel mercato del lavoro hanno una forte influenza sul futuro percorso di carriera. Chi entra sul mercato con salari bassi farà molta fatica a rimontare. Per questo motivo i dati riportati nel grafico qui sopra sono particolarmente interessanti perché mostrano il reddito medio dei trentenni (1) rispetto alla media dell’intera popolazione in anni diversi. Chi è nato nel 1947, e quindi ha trent’anni nel 1977, guadagnava circa il 10 per cento in più del salario medio dell’intera popolazione. Questo premio si assottiglia notevolmente già per i trentenni nel 1984, i quali guadagnavano poco meno del 3 per cento in più della media, e si azzera quasi completamente per i trentenni nel 1991. Dopodiché crolla. Chi nasce nel 1980 arriva ai trenta anni guadagnando il 12 per cento in meno del reddito medio dell’intera popolazione. E, fortunatamente, non abbiamo ancora a disposizione dati più recenti…
(1) Per trentenni si intendono persone di età compresa tra i 30 e i 39 anni. Non è certamente la definizione più adeguata di “giovani” ma purtroppo i dati non consentono di confrontare in modo omogeneo gruppi di età differenti su un periodo di tempo sufficientemente lungo

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21 commenti

  1. Enrico

    Ottimo contributo: questi dati fotografano perfettamente la situazione

  2. pargolo

    Eccezioni che confermano le regole: 46 anni, chiusa da 4 anni l’azienda di software con 40 persone (e un socio parapubblico di rilievo nazionale) di cui ero amministratore delegato. Sono sul lastrico.

  3. Pasquale

    Sarebbe interessante vedere lo stesso grafico per gli altri paesi europei, se fosse possibile.

  4. Daniela

    Interessante.
    Tanto più che io sono in quella fascia di età e lo vivo sulla mia pelle – e su quella dei miei amici.
    Ma non è un po’ fuorviante paragonare la stessa fascia di età, senza tener conto dell’esperienza?
    Cioè, la maggior parte di chi aveva 30 anni nel 1977, aveva 10 anni o più di esperienza alle spalle. Per quanto riguarda quelli che hanno 30 anni oggi, molti (rispetto al ’77) si sono laureati (poco meno del 20%), e quindi possiamo dire che abbiano 3 o 4 anni di esperienza alle spalle…

  5. Ebenezer Scrooge

    Sarebbe interessante e abbastanza veloce (presumo) valutare il reddito relativo dei trentenni rispetto ai parlamentari…(magari incrociando i dati di Perotti).

  6. wpsamux

    l’articolo e’ chiarissimo e lodevole, mi permetto una critica sul 40.4 sulla disoccupazione giovanile: si tratta di persone tra i 15 e i 24 che non lavorano E non studiano.
    Si tratta di un gruppo molto piccolo (quindi poche assunzioni o pochi licenziamenti fanno cambiare molto la percentuale) e poco qualificato, quindi debole per quanto concerne le offerte (lavori che oggi sono per lo piu’ automatizzati o soggetti all’estinzione).
    A mio avviso, parlare dei problemi dei giovani usando questa cifra e’ in se’ sbagliato in quanto sono una minoranza rispetto al resto dei giovani; sono invece significative per quanti si chiedono se serva o meno andare a scuola oggi. Purtroppo non abbiamo altri dati a disposizione (es. occupazione laureati, occupazione 24-39) per poter fare qualche considerazione generale, ma se guardiamo l’andamento direttamente sul sito dell’istat si vede chiaramente come questa cifra oscilli troppo per essere significativa
    http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_TAXDISOCCUMENS&Lang=it

  7. S

    aggiungerei una nota sulle pensioni, su quanto pagherà (innalzamento dell’età, pensioni sempre più basse) la nostra generazione, senza alcun sacrificio da parte di chi ha usufruito di grandi benefici (baby pensioni per esempio)

    • Enrico

      Concordo.
      Il sacrificio in sè potrebbe anche essere sopportato, ma a patto di distribuirlo il più equamente possibile; invece ci si trova di fronte a generazioni che sostengono di avere “diritti acquisiti”, utopia per i trentenni di oggi, che non sono disposti a dare nulla (zero) senza neanche rendersi conto del privilegio che hanno.
      Stendiamo poi un velo pietoso sui sindacati che hanno permesso tutto ciò e non sollevano neanche un sopracciglio davanti a questa situazione.

  8. Andrea Capocci

    Teoldi, una domanda un po’ tecnica.
    Se in una fascia d’età (i trentenni, ad esempio) il reddito fosse distribuito secondo una legge di Pareto (tanti guadagnano poco, pochi guadagnano tanto), il valore medio della distribuzione sarebbe fortemente influenzato dalla grandezza del campione, cioè dal numero dei trentenni.
    Dunque, se il reddito fosse distribuito à la Pareto, questa curva descriverebbe solo il calante peso demografico dei trentenni. Siamo sicuri che non sia così?

    • filippo teoldi

      Ottima osservazione. Per evitare che l’invecchiamento della popolazioni influenzi i risultati, non son stati considerati i trasferimenti pensionistici all’interno del calcolo (il reddito considerato è la somma di Reddito da lavoro dipendente e Reddito netto da lavoro autonomo. I redditi principali della fascia d’età considerata). Sono comunque andato a vedere quanto pesavano i trentenni sul numero totale delle osservazioni, la percentuale decresce (quasi di 1 punto percentuale tra il 77-84-91-10).

  9. unit

    Non sono nè un economista nè uno statistico, ma la curva mi sembra poco significativa. Banalmente può essere dovuta all’aumentare dell’aspettativa di vita: più persone anziane = più persone al massimo del loro salario.

    • spes

      SI parla di valori medi. La media e’ pesata per la numerosita’ della popolazione

      • unit

        Sì, certo. Però se in proporzione ci sono più anziani, che presumibilmente hanno una salario medio X maggiore della media di tutta la popolazione, il salario medio complessivo è spostato più verso X, quindi si alza. In pratica cambia il peso del salario degli anziani nella media complessiva. Considerato come si è spostata la piramide delle età negli ultimi decenni sicuramente il grafico qua sopra è influenzato in questo senso. Va rinormalizzato rispetto a questo effetto, così non ha senso.

  10. Alessandro

    L’analisi è interessante e conduce a numerose riflessioni, tuttavia sarebbero da approfondire secondo me:
    1 Impatto della scolarizzazione, come variabile che allontana il momento di ingresso nel mondo del lavoro. A questo proposito, sarei curioso di vedere come cambia l’età media di ingresso nel mondo del lavoro (o al limite l’età media di conseguimento della laurea) con la riforma dei cicli, e conseguentemente l’effetto sullo stipendio dei trentenni (anche se l’effetto crisi potrebbe sporcare molto i dati). Ribaltando la questione: se l’università è un investimento (tempo e denaro), quanto rende questo investimento? Conviene un sistema “leggero” ma veloce o più approfondito ma lungo? La valutazione dipende anche dagli effetti dei diversi sistemi sulla curva di crescita salariale e sulla facilità di ingresso nel mondo del lavoro
    2 Forse ho letto troppo in fretta, ma il reddito medio è al netto dei disoccupati sia a denominatore che numeratore? Perchè nel caso è chiaro che in periodo di crisi la disoccupazione abbatterebbe il reddito medio, ma nel caso si perderebbe di vista l’obiettivo di analisi. E altri effetti, ad esempio la Cig?
    3 Sarebbe interessante confrontare le curve nel pubblico e del privato, e nel caso siano molto diverse, guardare come evolve il mix di occupati trentenni pubblico/privato. Lo stesso secondo me andrebbe fatto confrontando Pmi e grandi imprese (se non sbaglio l’impatto delle grandi imprese è piuttosto calato sul totale degli occupati, ma lo dico senza dati davanti, potrebbe essere che le grandi imprese offrano percorsi di crescita salariale più ripidi rispetto alle pmi per un mix di sindacalizzazione, valorizzazione risorse, capacità economiche etc)

  11. ELena Katzen

    quale è il reddito medio ?

    • filippo teoldi

      Come reddito medio è stata considerata la somma di Reddito da lavoro dipendente e Reddito netto da lavoro autonomo sul numero delle osservazioni.

  12. Luca

    Purtroppo, non essendoci più un valido tasso di ‘industrializzazione’ in Italia nei vari settori, il titolo di studio (laurea o superiore) poco serve, basti vedere gli annunci di lavoro nel settore informatico dove spesso è riportato ‘richiesta laurea o esperienza equivalente’.

  13. Oppenheimer_ia

    Due appunti:
    -http://www3.istat.it/dati/catalogo/20120118_00/cap_7.pdf (pag 11 del pdf); il ritardato ingresso nel mondo del lavoro causa maggiore formazione é considerato? Il fatto che i 30enni del 1971 avessero in proporzione molti piú diplomati (anche solo di scuola primaria) rispetto ai genitori di quanto succeda in seguito ha un’influenza?
    -4 punti e abbiamo una linea curva che li unisce?

  14. Emilio Roncoroni

    I trentenni guadagnano meno già a partire dal 1984. Il divario con il reddito medio non può essere influenzato dal compimento di un ciclo economico ed occupazionale inizaito alla fine degli anni 60 con un significativo aumento del tasso di scolarità, con l’esplodere di alcuni comparti dei servizi con mercati inizialmente molto promettenti?

  15. marno

    sono un totale ignorante ma a giudicare dagli stili di vita (redditi goduti) dei miei amici e coetanei (36) mi pare che la vera differenza la facciano i genitori.
    Di fatto chi ha un patrimonio familiare alle spalle se la cava, gli altri se lo prendono in saccoccia.
    Alcuni di questi patrimoni, però, hanno chiaramente avuto origine dal fatto che i genitori che hanno goduto/godono dei privilegi che oggi puniscono i figli, mentre altri no.
    sarebbe bello capire quale parte del paese gode di questi perché altrimenti – a parte asimmetri informative o pura reattività – non mi spiego le scelte di voto o la mancata discesa in piazza del paese.
    la mia idea è che alla maggioranza vada ancora comunque bene così perché all’interno della discedenza godranno degli effetti delle rendite anteriori (ovvero lo pensano).
    (a tale proposito, poi, mi domando, se la vera riforma non sarebbe quella eliminare la successione legittima lasciando ciascuno libero di testare come vuole; ci vedo grossi incentivi al miglioramento della nazione).
    il reddito indicato è già netto? perché anche se non lo fosse lo diventerebbe: il mio quest’anno per il 60% svanisce in tasse e contributi (43% di irpef + 21% di contributi, circa). e poi dice che non spende…ma spendo cosa?

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