La progressiva polarizzazione dei partiti porta all’immobilismo. Non succede solo in Italia, ma per noi la paralisi delle decisioni è pericolosa quasi quanto la crisi politica. Ecco perché è urgente la riforma della legge elettorale. I rischi del proporzionale e i vantaggi del maggioritario.
SE IL FILO CONDUTTORE È LA POLARIZZAZIONE
Tempi duri per le intese politiche. Il 1° ottobre la contrapposizione tra il Presidente democratico Barack Obama e il parlamento repubblicano ha imposto ai cittadini americani l’inizio della chiusura del governo – il government shutdown. Ci sono state per il momento solo cancellazioni di viaggi, matrimoni, visite ai musei, interruzioni temporanee di servizi pubblici, con disagi che hanno complicato la vita di milioni di persone. Ma il protrarsi del braccio di ferro e il mancato innalzamento del debt ceiling potrebbero provocare il default sul debito statunitense, un paradosso perché i titoli di Stato americani non faticano certo a trovare compratori. È un fallimento della politica che ha fatto parlare di “democrazia debole” (come scrive Martin Wolf). Noi abbiamo assistito a mesi di litigi furibondi tra le forze della “grande coalizione” che sostiene il Governo Letta, che ne hanno paralizzato l’attività, con ripetuti rischi di aprire una crisi politica al buio, nonostante il nostro paese sia in condizioni di emergenza economica e osservato speciale dai mercati. L’epilogo di queste poco singolar tenzoni, il voto di fiducia di mercoledì a Camera e Senato, è qualcosa di indefinibile: un misto tra tragedia e commedia delle larghe intese, con maggioranze scomposte e ricomposte e clamorosi voltafaccia nel giro di pochi minuti.
Il filo conduttore di questi episodi è la progressiva polarizzazione delle forze politiche. Non solo i partiti propongono visioni della società e ricette di politica economica diverse, ma anche la dialettica politica è diventata più estrema. In queste condizioni, trovare un’intesa – grande o piccola che sia – tra forze politiche è quasi impossibile. I partiti usano il loro potere di veto per bloccarsi a vicenda, e ciò che ne viene fuori è il più completo immobilismo. Si rinviano le decisioni nel corso del tempo, come nei primi cinque mesi del Governo Letta. Oppure ci si deve affidare, quando proprio non si può farne a meno, a garanti esterni cui delegare le decisioni più impegnative, come Mario Monti nel novembre 2011 quando l’Italia era sull’orlo del baratro.
I RISCHI DEL PROPORZIONALE…
Purtroppo per il nostro paese la paralisi delle decisioni è quasi altrettanto pericolosa della crisi politica. Difendere (ulteriormente) lo status quo sarebbe la rovina. È dunque necessario che il Governo Letta, rinvigorito dalla nuova fiducia, affronti questo problema. L’occasione è fornita dalla riforma della legge elettorale. È chiaramente legata alla riforma istituzionale, ma andrebbe attuata comunque, anche senza l’abbandono del bicameralismo perfetto. La riforma elettorale dovrebbe consentire al partito o alla coalizione che risulti vincitore alle prossime elezioni di poter governare in maniera efficace, senza la ricerca di ulteriori, paralizzanti intese.
Tra un paio di mesi, la sentenza della Corte Costituzionale potrebbe trasformare il pessimo Porcellum in un proporzionale (quasi) puro, ovvero senza premio di maggioranza. E le nuove forze apparse al centro dello schieramento politico, che possono condizionare fortemente la vita futura del Governo Letta, spingeranno proprio in quella direzione. Ma non è con il ritorno al proporzionale che si risolve il problema. Le recenti elezioni tedesche ci mostrano che un sistema proporzionale, seppur corretto da una soglia minima di sbarramento per i partiti minori, non è un buon viatico. Il 22 settembre Angela Merkel ha trionfato alle elezioni tedesche ottenendo il 41,5 per cento dei voti, contro il 32 per cento del 2009. Eppure il sistema elettorale non le ha garantito la maggioranza assoluta dei seggi (solo 311 seggi su 630), e dunque la Merkel sarà chiamata a guidare un nuovo governo di coalizione coi socialdemocratici. La precedente Grosse Koalition, nel 2005, richiese lunghe settimane di gestazione e, alla fine, partorì un programma di 300 pagine, rimasto quasi interamente inapplicato.
L’offerta politica italiana è in continuo divenire, ed è difficile prevedere quali saranno gli attori in campo e la loro forza relativa se si dovesse tornare alle urne nel 2015. Sappiamo però che una legge elettorale proporzionale incentiverebbe la frammentazione politica, con il rischio – anzi la certezza – che, come nella prima repubblica, la coalizione governativa venga definita dopo le elezioni. Questo scenario avrebbe almeno due grandi difetti. In primo luogo, gli elettori vedrebbero ulteriormente svuotato il loro potere di voto, poiché sarebbero costretti a dare ai propri rappresentanti un ampio mandato a formare un’alleanza governativa all’indomani dei risultati del voto e probabilmente con buona pace delle promesse elettorali. E poi si ritornerebbe a un governo di intese, più o meno larghe. Ovvero contemporaneamente instabile – politicamente – e immobile – nelle politiche economiche necessarie al paese.
…E I VANTAGGI DEL MAGGIORITARIO A DOPPIO TURNO
Per migliorare la governabilità è necessario che il partito o la coalizione che vince le elezioni sia effettivamente in grado di governare. Un sistema maggioritario a doppio turno potrebbe aiutare a raggiungere questo fondamentale obiettivo. La frammentazione politica verrebbe ridotta, poiché il maggioritario incentiverebbe le coalizioni pre-elettorali. Ciò avrebbe l’effetto di convogliare maggiormente i consensi elettorali verso i partiti (o le coalizioni) maggiori, aumentando anche la probabilità che un partito (o coalizione) esca finalmente come chiaro vincitore dalle elezioni. Il maggioritario avrebbe anche altri meriti. Il doppio turno ridurrebbe il potere negoziale dei partiti più estremi e contemporaneamente eserciterebbe una spinta centripeta sui partiti usciti vincitori dal primo turno al fine di attrarre i voti dei partiti “vicini” sconfitti. Studi empirici che analizzano le elezioni comunali in Italia mostrano infatti che il doppio turno rende le politiche (economiche) più moderate e stabili nel tempo. Un maggioritario che garantisca un buon livello di competizione elettorale – ovvero dove non ci siano troppi collegi sicuri – aumenterebbe anche la accountability politica degli eletti, che dovrebbero rispondere più direttamente ai propri elettori, migliorandone così anche la qualità. Si veda questo link.
Ovviamente, neanche il maggioritario può scongiurare il rischio che nasca un governo di larghe intese, soprattutto oggi che l’offerta politica è molto fluida ed è difficile prevedere quali forze politiche possano emergere alle prossime elezioni. Ma potrebbe garantire una maggiore competizione elettorale, che sortirebbe effetti positivi anche sul processo di creazione della nuova offerta politica. Sarebbe, in altre parole, un modo per ridurre i veri costi della politica, quelli legati a una classe politica troppe volte incompetente e, in casi purtroppo non rari, corrotta.
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