L’università italiana è destinata a ricevere meno fondi pubblici, mentre la nostra economia è caratterizzata da una scarsa mobilità sociale e da un tessuto produttivo che non premia la formazione e la ricerca. Un circolo vizioso da risolvere. Ma come ? Se la banca anticipa le tasse universitarie.
I PROBLEMI DELL’UNIVERSITÀ ITALIANA
L’università italiana è destinata a ricevere meno fondi pubblici, allo stesso tempo la nostra economia è caratterizzata da una scarsa mobilità sociale e da un tessuto produttivo che non premia in maniera adeguata la formazione e la ricerca. Si tratta di un circolo vizioso perché la mancanza del riconoscimento del merito e la difficoltà a reperire risorse ha conseguenze anche in termini di competitività internazionale delle università italiane. È infatti aumentato il numero degli studenti che si iscrive direttamente a un “college” all’estero già dalla scuola secondaria. Per favorire la valorizzazione del merito occorre permettere l’accesso all’università dei giovani più bravi e meritevoli indipendentemente dalla situazione familiare e reddituale di partenza e potenziare le risorse destinate alla ricerca e alla formazione. L’istruzione deve essere percepita non come un costo, ma come un investimento redditizio da parte dei ragazzi e delle loro famiglie.
Andrea Ichino e Daniele Terlizzese hanno recentemente proposto un nuovo modello del sistema universitario italiano basato su concorrenza ed eccellenza. Secondo la loro proposta, per accrescere la competitività delle nostre università sia al livello nazionale che internazionale, bisogna da un lato dare agli atenei ampi spazi di autonomia nel reclutamento dei docenti e relative retribuzioni e dall’altro offrire ai giovani meritevoli l’opportunità di finanziare lo studio attraverso un sistema di prestiti da rimborsare successivamente alla laurea. Non si tratta però dei tradizionali prestiti d’onore, ma di un meccanismo di responsabilizzazione dello studente. In tal modo, l’università verrebbe pagata solo da chi ne beneficia direttamente e il sistema del finanziamento diventerebbe più equo e progressivo innescando un circolo virtuoso. Si dovrebbe immaginare un processo graduale che parta da un limitato numero di atenei e si estenda poi a un numero elevato di università.
Daniele Checchi e Marco Leonardi ritengono tuttavia che ci sarebbero problemi di applicazione: (i) perché gli studenti hanno un diverso grado di avversione al rischio che può influire sulla propensione a indebitarsi, anche alla luce di una crescente incertezza sui redditi futuri e (ii) perché in Italia l’istruzione non è remunerata dal mercato (la differenza tra il salario medio percepito da un diplomato e da un laureato è piccola). In altre parole, gli studenti avversi al rischio (maggiormente quelli provenienti dalle famiglie più povere e poco istruite) difficilmente decideranno di prendere a prestito per poter finanziare tasse che non possono permettersi e che potrebbero facilmente aumentare nel tempo.
Il quadro in Italia è complesso se si considera che alcuni atenei operano più a contatto con il settore privato e altri invece sono finanziati quasi interamente dalle risorse pubbliche: questa variabilità anche territoriale rende difficile un cambiamento del sistema di finanziamento delle università in tempi brevi perché non tutte sarebbero in grado di adottare modelli alternativi di finanziamento. Ma non intervenire rischia di rendere sempre più ampio il divario tra il sistema universitario italiano e quello di altri paesi, con conseguenze nefaste.
UN’ALLEANZA TRA ATENEO E BANCA
Forse la strada da intraprendere è quella della “prova del budino”, come sostiene il proverbio. Un ateneo italiano ha lanciato la sperimentazione in questa direzione siglando una convenzione con un importante istituto bancario. L’accordo permette alle matricole o a studenti già iscritti di ottenere l’anticipo da parte della banca dei costi di iscrizione. L’anticipo può essere restituito entro il mese di settembre successivo al conseguimento della laurea senza interesse, o nei cinque anni successivi a rate e con un tasso agevolato. In questo caso, il tasso di interesse applicato è fisso e pari al 5,70 per cento, ridotto al 5,30 per cento se la laurea o laurea magistrale è conseguita in corso e con il massimo dei voti.
La possibilità di ricevere l’anticipo delle tasse viene legata al possesso di requisiti di merito: il requisito minimo di ingresso alla laurea triennale è di 90/100 all’esame di Stato, quello per la laurea magistrale di 95/110 all’esame di laurea triennale. I requisiti di mantenimento, per gli anni successivi al primo, è una media dei voti conseguiti pari a 26. Nel caso in cui lo studente perda i requisiti di accesso, avrà tempo un anno per riacquistarli. Se lo studente non ultima il percorso di studi in corso, oltre il quinto anno, e con un periodo di pre-ammortamento di dodici mesi, è tenuto a restituire quanto anticipato a rate di importo costante nell’arco di massimo cinque anni.
Se confrontata con le proposte già discusse, occorre sottolineare che ci sono alcune differenze: (i) si evitano costi di transazione (lo studente non deve neanche trattare con la banca, perché c’è un filo diretto tra università e banca), (ii) l’università è il garante ultimo nel caso di mancata restituzione, (iii) l’iniziativa non è legata a un automatico aumento delle tasse di iscrizione. Questo modello dovrebbe anche ridurre i potenziali effetti negativi dovuti all’incertezza sul conseguimento del titolo e sui redditi futuri perché i tassi di interesse sono decisamente modesti (nell’ipotesi migliore sono addirittura pari a zero).
Ovviamente la “scommessa” è che studenti meritevoli che utilizzano lo strumento trovino effettivamente lavoro in tempi brevi dopo la laurea. Se il modello funzionerà, entrambe le parti risulteranno vincenti: l’università potrà attirare i migliori studenti che ora sono esclusi dalla formazione universitaria e potrà accresce la propria competitività al livello nazionale e internazionale; gli studenti meritevoli che non abbiano mezzi sufficienti potranno investire sul proprio futuro. Anche la banca (il sistema bancario) avrebbe ricadute positive sia in termini di acquisizione di clientela sia in termini di investimento sulla futura classe dirigente.
Se un numero crescente di università e di istituti bancari potesse adottare questo modello si innescherebbe anche un meccanismo virtuoso di competizione tra le università (e tra le banche); e gli studenti, le imprese e il sistema economico potrebbero più facilmente apprezzare il valore della laurea.
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