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Taser, un surrogato per l’Imu

La service tax è il miglior surrogato dell’Imu e della Tares sulla prima casa. Tuttavia, rispetto al modello a due tributi, la sola Taser non consente una precisa applicazione del principio del beneficio. Negativi anche gli effetti distributivi. Quali saranno gli oneri sulle seconde case.
I DIFETTI DELLA TASER
Il disincanto è arrivato presto dopo l’euforia per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Non sono da trascurare due elementi collaterali. Il primo è l’incertezza paralizzante per il governo locale, che non sa cosa esattamente l’aspetti e quindi rinvia i pagamenti e taglia gli investimenti e le spese sociali. Il secondo è l’indebolimento internazionale dell’Italia, che con questa mossa va contro il resto del mondo e diminuisce così la probabilità di eventuali deroghe ai vincoli di bilancio e di debito pubblico (par di vederli, i tedeschi, a farci la lezione: perché mai concedervi sforamenti del Fiscal Compact se vi consentite il lusso di abolire un’imposta che noi tutti qui paghiamo?). Ma restiamo qui sul fatto centrale: al posto dell’Imu, abbiamo ora la service tax o tassa sui servizi – Taser, appunto. Come surrogato, è il “meno peggio”. Salva infatti il coinvolgimento di tutti i cittadini al finanziamento del proprio municipio, condizione essenziale per un’autonomia locale responsabile. Ma sempre surrogato è, con risvolti negativi rispetto all’originale sia sul piano dell’equità tributaria sia rispetto al principio del beneficio che ovunque nel mondo ispira la finanza locale e chiama i beneficiari della spesa pubblica a finanziarla in proporzione a quanto ricevuto. La Taser non è ancora ben definita, ma si sa che riguarderà i residenti, proprietari o inquilini che siano, e che sarà divisa in due parti. La prima, chiamata Tari, finanzierà il servizio rifiuti e quindi sostituirà la Tares (uccisa in culla) senza l’attuale maggiorazione del 30 per cento per i servizi indivisibili. Si torna di fatto all’onere specifico sui rifiuti, o nella versione tributaria (ex Tarsu) o in quella tariffaria (ex Tia). La seconda parte, chiamata Tasi, dovrebbe invece finanziare tutti i restanti servizi comunali ed essere ancorata, a scelta del comune, alla superficie o alla rendita catastale. Se basata sulla superficie, magari anche con un peso attribuito al numero dei conviventi, potrebbe stabilire un accettabile nesso tra contribuenti e la parte di spesa comunale che va a vantaggio delle persone. Ma la parte di spesa che si traduce nel mantenimento o innalzamento del valore degli immobili resterebbe senza un correlato finanziamento tributario. Gli elettori municipali, in prevalenza proprietari, tenderebbero quindi a premiare i programmi di spesa a favore delle case e non delle persone, che essi potrebbero in parte scaricare sugli inquilini. Simmetricamente, se basata sul valore desunto dalla rendita catastale, indurrebbe gli elettori-inquilini a votare per programmi di espansione delle spese per le persone. Si tratta in ambedue i casi di distorsioni cui si potrà sopravvivere, tanto più se si considera che fino a oggi la distorsione pro-servizi alle persone e non alle case da parte dell’inquilino-elettore già si manifestava appieno con l’Imu sui proprietari. E tuttavia questo cenno alle teoria delle scelte collettive fa capire la superiorità dell’abolito modello tributario sulla prima casa basato su due strumenti – Imu e Tares – rispetto a quello della sola Taser. (1)
L’ONERE TRA INQUILINI E PROPRIETARI
Guardando agli effetti sull’equità fiscale, di cui va tenuto conto anche in una finanza locale che dia più peso al principio del beneficio, si spera che per l’imponibile della componente Tasi sia preferito il valore. Sostituire l’Imu basata sul valore catastale con una Taser interamente basata sulla superficie significherebbe ignorare ogni differenza di pregio e fare un regalo ai ricchi a spese dei poveri (e non rilevano qui i 76mila casi di abitazioni di lusso che continueranno a pagare l’Imu rispetto agli oltre 20 milioni di residenze proprie). (2) L’equità subirà comunque una ferita con il passaggio dell’onere dell’intera Taser, quindi anche della componente Tasi, dai proprietari agli inquilini nelle abitazioni locate, considerando che in media i secondi sono meno agiati dei primi. Nel lungo periodo, attraverso il rinnovo dei contratti di affitto, il mercato distribuirà l’onere sostanziale tra le due parti, in base alle leggi della domanda e dell’offerta, chiunque sia il contribuente formale. Ma per vari anni gli inquilini rischiano di avere danno e beffa. Ciò perché i canoni attuali, liberamente contrattati in regime di Ici o Imu, già risentono della traslazione della vecchia imposta sui proprietari operata dal mercato. (3) Ma questo non impedirà che, in forza di legge, gli inquilini siano chiamati a pagare interamente la nuova Taser, da cui sono invece esenti i locatori.
LA SORTE DELLE SECONDE CASE
E per i sei milioni di seconde case? La situazione potrebbe restare inalterata, perché l’Imu c’è e rimane e la Taser potrebbe essere resa equivalente all’attuale onere sui rifiuti. Ma è più probabile che si accentui l’onere complessivo, dato che premono le necessità della finanza pubblica, che ormai la seconda casa c’è e non può svanire e soprattutto che il suo proprietario, non essendo elettore in quel comune, è il perfetto agnello sacrificale. Si raccomanda tuttavia di non cedere troppo a questa tentazione: oltre che iniquo a fronte di un fenomeno che va oltre la classe veramente agiata, sarebbe miope, perché scoraggerebbe investimenti futuri. In effetti, già ora si nota una forte deviazione degli acquisti di seconde case dall’Italia all’estero. Insomma, come insegnava Milton Friedman, non esiste un pasto gratis per tutti, qualcuno lo deve ben pagare. Con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, che riguarda oltre l’80 per cento degli italiani, ci hanno fatto credere alla possibilità di un regalo per tutti. Ora cominciamo a renderci conto che in qualche modo dobbiamo pagarlo.
(1) Il modello a due imposte, una sui proprietari in quanto tali e l’altra sui residenti, era stata proposta dallo scrivente nel Libro Bianco sulla riforma tributaria del 1994. (2) Il dossier del Mef sull’Imu, Ipotesi di revisione del prelievo sugli immobili, 7 agosto 2013, fa propria la classica tesi di una maggiore concentrazione dei patrimoni rispetto al reddito e quindi di una crescita progressiva rispetto al reddito dell’Imu in quanto imposta proporzionale sul patrimonio ( p. 16). La tesi è in effetti supportata, anche per la componente specifica della prima abitazione, da uno studio precedente del Mef, secondo cui “l’indice di concentrazione risulta pari a 0,3921 per il reddito, a 0,4960 per la ricchezza immobiliare totale e a 0,5018 per le abitazioni principali (audizione alla Camera dei deputati del Dg delle Finanze Fabrizia Lapecorella, 18.9.2012). Si aggiunga che la detrazione fissa dall’Imu dovrebbe accentuarne la naturale progressività. Meraviglia quindi che di tale andamento non si vedano riflessi chiari nei dati della tab. a pag. 13 (Imu media per classi di reddito complessivo dei proprietari) e del grafico a pag. 14 (Imu media per reddito medio comunale). Nel grafico, peraltro, l’interpolante lineare sembra indicare  una leggerissima progressività, contrariamente alla relazione meno che proporzionale dichiarata nel commento. Con tale dossier il Mef ha offerto un supporto esemplare a un consapevole dibattito politico. Supporto purtroppo inutile, visto che la scelta è nata da diktat politici, impermeabili a ogni analisi  tecnica. Resta comunque un prezioso contributo alla ricerca, da recepire con gratitudine. In questo spirito si auspica che il Mef voglia approfondire il punto qui segnalato. (3) L’ipotesi di non traslazione in avanti, neppure parziale, richiederebbe un’offerta infinitamente rigida o una domanda infinitamente elastica. Pur non conoscendo studi empirici sull’argomento, si considera probabile l’ipotesi di traslazione parziale dell’imposta sul canone.

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Caroleo e Pastore rispondono su “Troppo educati per lavorare”

  1. AM

    Condivido pienamente quanto scrive l’Autore, soprattutto con riferimento alle seconde case (i loro proprietari talora non sono proprietari della casa dove risiedono). Ribadisco la mia idea secondo la quale dovrebbero avere qualche forma di voto amministrativo anche i proprietari delle seconde case, in particolare se si concederà il voto ai residenti stranieri. In molti comuni turistici i proprietari di seconde case, oltre che a coprire in gran parte le spese dei comuni (talora gonfiate con assunzioni non necessarie di elettori locali) sono esclusi da alcuni servizi, ad es. parcheggi gratuiti per i residenti (che votano) e solo a pagamento per i proprietari non residenti, trattati come turisti di passaggio.

    • Valter Martinelli

      Oppure più semplicemente vendere la seconda casa e con i soldi ricavati pagarsi bellissime vacanze nei migliori alberghi del posto, serviti e riveriti. Insomma, un po’ come succede nel resto del mondo.

  2. Fabio

    Buongiorno,
    mi limito a una sola puntualizzazione: in Italia, i media tendono a creare molta confusione tra prima casa e abitazione principale, due concetti molto diversi. E poi si è aggiunto, impropriamente l’espressione seconde case. La inviterei a contribuire a spiegare ai lettori che l’IMU è stata abolita sulle abitazioni principali non sulle prime case (se un cittadino ha una sola casa ma la affitta, paga l’IMU a meno di situazioni particolari). Parimenti, il discorso delle seconde case, immagino sia in realtà valido per gli immobili che non sono abitazioni principali purché in altro comune rispetto a quella principale. E’ corretto?
    Grazie mille.
    Distinti saluti.
    Fabio Pisi Vitagliano

    • AM

      Anche in diversi studi i termini di casa principale, casa di residenza e prima casa sono usati spesso con il medesimo significato. In altre parole se si possiede una sola casa e si risiede in città in una casa in affitto, la casa fuori città viene chiamata seconda casa anche se è l’unica di proprietà.

      • Alberto

        La differenza tra abitazione principale, casa di residenza e prima casa è palese come lo è una locazione da un affitto, ma spesso gli stessi comuni (quindi non solo i medium) facevano coincidere, del tutto arbitrariamente, abitazione principale con casa di residenza (dove sussiste l’obbligo formale di residenza anagrafica) per l’applicazione delle aliquote ICI agevolate nella fattispecie di contratti di locazione a canone concordato. C’è da chiedersi il perché di ulteriori complicazioni; forse perché nella complessità l’aumento degli errori è esponenziale e di conseguenza…

      • Fabio

        Ha ragione anche in altri studi si usano questi termini. Purtroppo rimane un uso improprio. Del resto anche le agevolazioni sulla prima casa possono essere diverse da quelle sulla abitazione principali. Le prime, ad esempio, si hanno in fase di acquisto indipendentemente dalla residenza. Le seconde sono fortemente legate alla residenza.
        La giurisprudenza distingue i concetti e troverei opportuno non mescolarli in modo incorretto.

  3. Salvatore Magrì

    Ma quel paragone con gli altri stati è improprio! Bisogna premettere: 1) negli altri stati la pressione fiscale sulle persone è di 10/15 punti inferiore alla pressione media italiana 2) negli altri stati i servizi non sono pessimi come i nostri 3) negli altri stati si taglia, taglia, taglia, mentre da noi invece di “affamare la bestia la si continua ad abbuffare con nuove tasse”. La verità è che la battaglia sull’Imu è diventata una battaglia ideologica anche fra gli studiosi della materia. Non posso credere (nemmeno se lo vedo!) che non si possa tagliare il mare magnum della nostra spesa pubblica di 4 miliardi di euro.

  4. Andrea

    Molto spesso, secondo me, non si tiene conto del fatto che l’Italia rappresenta un’anomalia in tema di tassazione delle abitazioni. Siamo stati nel passato un popolo che ha creduto fortemente investire nel mattone; la capacità di risparmiare dei nostri avi ha contribuito a creare un bacino di benessere per noi giovani, concedendoci il lusso di possedere una casa di proprietà. L’abolizione dell’Imu non è una battaglia ideologica, è una battaglia di buon senso! L’Europa dovrebbe capire che ogni Paese ha avuto una sua storia e che le tasse non si possono applicare in egual modo in tutti i Paesi.

  5. Antonino Di Lorenzo

    Finalmente si comincia a capire che l’abolizione dell’imu sulla prima casa,ancora non ufficiale visti gl’ ultimi ricatti,non é un regalo ma semplicemente una sostituzione con altre più care e redditizie mettendo fine a una tassa male impostata e poco utile.Lo stato fa solo confusione senza risolvere alcun problema:mancano le idee per trovare le soluzioni.Son due anni che sto cercando di attirare la loro attenzione su un mio lavoro risolutivo di tutti i problemi senza riuscirci.Forse studiano e non vogliono essere disturbati.
    Saluti e complimenti……

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