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Si scrive stabilizzazione, si legge sanatoria

La stabilizzazione dei 150mila precari della pubblica amministrazione è un pessimo segnale per il futuro. Non impedirà alle amministrazioni di ricorrere a contratti a tempo determinato anche quando non ce ne sono i presupposti. E viola i diritti costituzionali dei lavoratori che non vi rientrano.
L’ENNESIMA STABILIZZAZIONE
La stabilizzazione dei “precari” della pubblica amministrazione avviata dal Governo Letta è tutt’altro che una bella pagina e ancor meno una spinta alla modernizzazione.
Al contrario, è una misura che sa di antico perché è una replica di un fenomeno periodico, già risalente al tempo della “legge sul lavoro giovanile” di fine anni Settanta: si creano “ad arte” centinaia di migliaia di posti di lavoro a termine, per poi urlare all’assoluta necessità di introdurre definitivamente nei ruoli pubblici i dipendenti assunti. Per altro, solo pochissimi anni fa, tra il 2007 e il 2008, il Governo del centro-sinistra aveva attivato un’altra ondata di stabilizzazioni, giurando – esattamente come oggi il ministro D’Alia – che “mai più” nella pubblica amministrazione si sarebbe potuto assumere con contratti flessibili, per esigenze stabili.
Visti i risultati dei provvedimenti precedenti e della riforma all’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001 (il testo unico del pubblico impiego), che avrebbe dovuto impedire assunzioni flessibili ingiustificate, non si può essere ottimisti sugli esiti di questa ennesima stabilizzazione.
Il pericolo che l’intervento del Governo, lungi dall’impedire alle amministrazioni pubbliche di assumere a termine senza presupposti, incentivi indirettamente gestioni allegre è molto forte.
I DANNI DEL PERCORSO PRIVILEGIATO
Di fatto, la stabilizzazione finisce per essere una sanatoria per comportamenti illegittimi. Se, come affermano i sindacati, i circa 150mila precari sono impiegati nell’erogazione di servizi pubblici essenziali, sicché la loro stabilizzazione risulta indispensabile, allora le amministrazioni che li hanno assunti con contratti a termine hanno violato proprio le disposizioni già vigenti, che vietano appunto l’utilizzo improprio di forme di lavoro a termine per fare fronte a esigenze durature nel tempo. I contratti si dovrebbero considerare nulli e i dirigenti che hanno effettuato le assunzioni dovrebbero risponderne come danno all’erario.
La stabilizzazione, invece, mette una pietra tombale sopra tutto. Lanciando un pessimo segnale per il futuro.
Non solo. Le misure di stabilizzazione sono in evidente contrasto con i principi di parità, libertà di accesso agli impieghi pubblici e concorso pubblico aperto a tutti, posti dagli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.
Il percorso privilegiato di assunzione a tempo indeterminato dei precari, che avverrà prevalentemente mediante concorso pubblico con riserva, falsa le regole del gioco. Così, infatti, si limitano i posti disponibili nei ruoli della Pa, creando una finta concorrenza solo tra i precari con almeno tre anni di anzianità di servizio nella stessa amministrazione negli ultimi cinque anni, lasciando agli altri concorrenti i restanti posti, in aperta contraddizione col principio del concorso aperto a tutti.
Il decreto 78/2009, convertito in legge 102/2009, aveva disegnato un’uscita dal problema delle stabilizzazioni, prevedendo un principio diverso: concorsi aperti a tutti, senza alcuna riserva, ma con la possibilità di riconoscere a chi avesse svolto servizi con contratti flessibili nella pubblica amministrazione maggiori punteggi nell’ambito della valutazione dei titoli.
Non si capisce la ragione dell’abbandono di questa strada, che appare la più corretta per contemperare gli interessi dei lavoratori con i principi tutelati dalla Costituzione. O, forse, la stabilizzazione è offerta dal Governo ai sindacati come moneta di scambio, tendente a evitare scontri e dissapori, dopo il prolungamento del congelamento delle retribuzioni e dei contratti collettivi fino al 31 dicembre 2014.
Resta, tuttavia, la forte discriminazione tra cittadini. I “precari” che usufruiranno della stabilizzazione vengono avvantaggiati dalle illegittimità commesse dai datori pubblici. Essi avevano partecipato (e probabilmente non tutti) a concorsi per lavori a tempo determinato; se le selezioni fossero state sin dall’origine finalizzate a contratti a tempo indeterminato è chiaro che il numero dei concorrenti sarebbe stato maggiore, con alte probabilità di esiti differenti.
Non solo: la stabilizzazione come disegnata dal Governo non assicura nemmeno l’integrale assorbimento di tutti i 150mila potenziali interessati, creando disparità di posizione anche tra loro. Infatti, restano in piedi tutti i vincoli vigenti alle assunzioni, composti da tetti complessivi alla spesa del personale e da limiti percentuali al turn over. Il che conferma la sensazione che la sanatoria, pardon, stabilizzazione attivata dal Governo difficilmente sarà l’ultima. Anche perché la “stretta” sulle assunzioni a tempo determinato, immancabilmente operata quando si decide di stabilizzare, potrebbe (come la precedente) non avere alcun esito, se perdurerà il gravissimo problema causato nella gestione amministrativa dalle riforme Bassanini di fine anni Novanta: l’assenza totale di controlli preventivi di legittimità da parte di organi terzi, esterni alle amministrazioni procedenti.
 
 

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Leggi anche:  Riforma del Patto di stabilità e crescita: un'occasione persa*

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Il Punto

35 commenti

  1. silvano zauli

    Vorrei aggiungere alcune considerazioni a quelle, come sempre puntuali, del dott. Oliveri.
    1) E’ vero che al pubblico impiego si accede per concorso, ma è altrettanto vero che al datore di lavoro privato che viola le norme, utilizzando in modo improprio le varie forme di lavoro flessibili, viene normalmente imposto di assumere poi il dipendente a tempo indeterminato; è ugualmente vero che la norma costituzionale prevale sulla legge ordinaria, ma questo è a mio avviso uno di quei tipici casi in cui si finisce in un cul de sac, producendo una sostanziale ingiustizia.
    2) Il fatto che le pubbliche amministrazioni, e non i privati, siano quelle che in Italia abusano in modo massiccio di forme di lavoro variamente flessibili senza pagare dazio, è esattamente la ragione per cui ne abusano: è forse troppo facile “privatizzare” il lavoro pubblico mantenendo poi delle corpose eccezioni, come la sostanziale mancanza di sanzioni di fronte a inadempienze e violazioni.
    3) Lei dice che i contratti erano nulli, e che i dirigenti che li hanno firmati dovrebbero rispondere di danno erariale: verissimo, ma una volta che abbiamo consumato il patrimonio del dirigente, che cosa facciamo? passiamo alle pene corporali?
    4) Sono sicuro che lei conosce benissimo la capillare diffusione del fenomeno nella PA, sa anche che il danno erariale non è uno strumento utilizzabile di fronte a comportamenti diffusi, e sa infine che non sono molto frequenti i casi di dirigenti che rischiano il conflitto con il proprio ente per non utilizzare le varie forme di lavoro flessibile, normalmente richieste a gran voce dai politici; ciò non di meno, da molti anni il numero dei servizi essenziali che sono assicurati solo grazie ai precari è aumentato in modo esponenziale: suonerebbe così strano considerare il debito che la società ha nei confronti di queste persone, anche in relazione all’incapacità che la PA ha dimostrato nel gestirsi correttamente?
    a scanso di equivoci, non sono un precario in cerca di stabilizzazione, ma un funzionario pubblico che si reca abitualmente in tribunale, contro l’ente per cui lavora, perchè non ha mai condiviso l’uso e l’abuso di forme contrattuali illegittime.

  2. silvano zauli

    Vorrei aggiungere alcune considerazioni a quelle, come sempre puntuali, del dott. Oliveri.
    1) E’ vero che al pubblico impiego si accede per concorso, ma è altrettanto vero che al datore di lavoro privato che viola le norme, utilizzando in modo improprio le varie forme di lavoro flessibili, viene normalmente imposto di assumere poi il dipendente a tempo indeterminato; è ugualmente vero che la norma costituzionale prevale sulla legge ordinaria, ma questo è a mio avviso uno di quei tipici casi in cui si finisce in un cul de sac, producendo una sostanziale ingiustizia.
    2) Il fatto che le pubbliche amministrazioni, e non i privati, siano quelle che in Italia abusano in modo massiccio di forme di lavoro variamente flessibili senza pagare dazio, è esattamente la ragione per cui ne abusano: è forse troppo facile “privatizzare” il lavoro pubblico mantenendo poi delle corpose eccezioni, come la sostanziale mancanza di sanzioni di fronte a inadempienze e violazioni.
    3) Lei dice che i contratti erano nulli, e che i dirigenti che li hanno firmati dovrebbero rispondere di danno erariale: verissimo, ma una volta che abbiamo consumato il patrimonio del dirigente, che cosa facciamo? passiamo alle pene corporali?
    4) Sono sicuro che lei conosce benissimo la capillare diffusione del fenomeno nella PA, sa anche che il danno erariale non è uno strumento utilizzabile di fronte a comportamenti diffusi, e sa infine che non sono molto frequenti i casi di dirigenti che rischiano il conflitto con il proprio ente per non utilizzare le varie forme di lavoro flessibile, normalmente richieste a gran voce dai politici; ciò non di meno, da molti anni i servizi essenziali che sono assicurati solo grazie ai precari è aumentato in modo esponenziale: suonerebbe così strano considerare il debito che la società ha nei confronti di queste persone, anche in relazione all’incapacità che la PA ha dimostrato nel gestirsi correttamente?
    a scanso di equivoci, non sono un precario in cerca di stabilizzazione, ma un funzionario pubblico che si reca abitualmente in tribunale, contro l’ente per cui lavora, perchè non ha mai condiviso l’uso e l’abuso di forme contrattuali illegittime.

  3. Roberto DV

    Gentile dott. Olivieri,
    i termini stabilizzazione e sanatoria non sono contrapposti. La stabilizzazione dei lavoratori che la PA ha utilizzato per anni attraverso contratti di lavoro a tempo determinato sana una procedura, un atto amministrativo illegittimo: l’assunzione di risorse umane necessarie al funzionamento della PA attraverso contratti legittimi solo per motivi eccezionali e/o temporanei. Il problema non sta nella stabilizzazione che sana un comportamento scorretto ma nei motivi che, da molti anni, giustificano tale comportamento.
    Il blocco del turn over, la riduzione delle piante organiche, la mancanza di una riorganizzazione e ridefinizione dei compiti e delle finalità dei vari soggetti che formano la PA e la ridistribuzione delle risorse umane in base a tali finalità sono i veri elementi su cui intervenire. Senza questo la stabilizzazione sarà l’unica possibile risposta (civile) per sanare l’incapacità della classe dirigente italiana.

  4. Claudia Villante

    Gentilissimo dott Oliveri. Capisco che un Dirigente Coordinatore dell’Area Funzionale Servizi alla Persona e alla Comunità si stupisca di un provvedimento che ricorda la 285 degli anni ’70 o le successive “sanatorie” da Lei citate, che molto ha danneggiato il nostro Paese in termini di crescita e di qualità dei servizi erogati dalla PA. Ma è stato proprio l’uso sfrenato e sfrontato quelle sanatorie da Lei giustamente evocate che ha condotto al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nella PA di nuove forze di lavoro e di giovani professionisti, che oggi prestano le attività con determinazione e senza neppure troppe rivendicazioni sindacali (come invece è avvenuto negli anni gloriosi dei “diritti sindacali”), I precari della PA da Lei descritti con qualche nota di sufficienza non solo hanno superato regolari concorsi pubblici (e forse anche più di uno, ogni volta che il contratto si rinnovava) ma sono giovani laureati e specializzati che si sono trasformati in adulti, costruendo con le proprie forze un percorso professionale (auto-finanziandosi la formazione e l’aggiornamento) e dovendo ogni volta sperare nel rinnovo e nel prolungamento di un contratto per un regolare lavoro, rinunciando ovviamente ad effimere bramosie di avanzamento professionale o scatti di anzianità (mamma mia addirittura!). Non si tratta di una sanatoria, gentile Dirigente, ma di un doveroso riconoscimento a chi in questi anni ha pazientemente atteso e silenziosamente accettato palesi iniquità sul faticato posto di lavoro, iniquità subite da chi allegramente ha in passato utilizzato la PA come bacino di impiego per fannulloni e nullapensanti che oggi fanno lavorare i precari al posto loro e che li pensano come i nuovi parassiti.
    E’ un bene che non tutti siano stabilizzati, forse non ce ne è affatto bisogno. E, osservando le dinamiche dei concorsi pubblici nel nostro Paese, non sono certa che i migliori verranno selezionati, ma almeno il governo Letta ha provato a dare una risposta ad un disagio reale di una “generazione negata”!

  5. Lorenzo

    La sanatoria del 2007/2008 ha stabilizzato solo una minima parte dei 350mila precari dell’epoca, qualche decina di migliaia. Quindi la maggior parte dei famosi “150mila” sono gli stessi che esistevano già nel 2007/2008, sottratti gli stabilizzati, i licenziati e quelli che – fortuna loro – hanno trovato un altro impiego, magari all’estero. E con questo decreto si sanerà ancora meno, visto che utilizza solo il 50% del turnover che è ridotto all’osso (al 20%, parliamo quindi del 10% del turnover!!!). Sui 150mila (ma sono di più, contando co.co.co. e altre forme di contratto, o magari precari a tempo determinato che ci sono arrivati solo recentemente, dopo 10-15 anni di altri contratti “atipici”) precari della P.A. se ne “sanerà” una parte infima. E nel 2016 ci troveremo ancora con gli stessi precari, ormai vecchi. La prima soluzione starebbe nello sblocco del turnover per qualche anno: tot pensionati, tot ingressi. E’ tanto difficile?

  6. Giunio Luzzatto

    D’accordo su tutto, ma vedo appena sfiorato il tema che dovrebbe essere centrale, cioè il blocco del turn-over. In presenza di esso, è inevitabile che vengano escogitati espedienti per assumere persone che occorrono per il lavoro che è da svolgere. Di fatto, non sono bloccate le assunzioni, ma solo quelle “regolari”, per concorsi come richiesti dalla copertura dell’organico. Se esso è stato inflazionato immotivatamente, lo si riduca con una oculata, e ben mirata, “spending review”. Se invece corrisponde a effetive esigenze dell’amministrazione, lo si copra con le procedure corrette. Tutto qui, . sembra banale ma è ignorato da anni.
    Giunio Luzzatto

    • Donatella Chiostri

      Sono vere ambedue le obiezioni, per cui ne deduco, non ora, ma da tempo che con una classe politica così incapace e presuntuosa che poi nomina altrettanti funzionari altrettanto incapaci, che la divisione dell’italia in regioni, prima che ci fosse uno Stato vero, non cartaceo, è stato un errore madornale

    • Daniela Miniucchi

      L’uomo di Colombo sarebbe stato, con il blocco del turn over dal 1999 ad oggi, l’introduzione da parte del Governo dell’obbligo per le PA di utilizzare le graduatorie concorsuali in essere a tempo indeterminato, anche per le assunzioni a tempo determinato (come d’altro canto è stato fatto in diversi enti), senza che ciò facesse decadere il diritto all’assunzione definitiva. Ciò avrebbe consentito di rispettare l’art. 97 della Costituzione e il TU sul pubblico impiego, garantendo la trasparenza delle selezioni dei flessibili. Ancora, avrebbe consentito alle PA di risparmiare non poco per il maggiore costo del lavoro a somministrazione (la PA spende un 30% in più rispetto al contratto a t.d., per la provvigione all’agenzia interinale). Inoltre, non si sarebbero lesi i diritti dei vincitori e degli idonei di concorso creando un doppio canale come invece è avvenuto. Ebbi l’ardire di chiedere all’on. Damiano, in occasione di una riunione di vincitori e idonei di concorso, come mai non si era pensato a imporre questa regola alle PA in presenza di graduatorie a tempo indeterminato. Mi rispose che la soluzione che proponevo era impensabile. Non ho mai capito la risposta di Damiano. Forse la mia soluzione era impensabile perchè i politici non sarebbero riusciti agevolmente a collocare i loro protetti (come hanno fatto finora) tra le file dei precari-raccomandati. Sì in effetti capisco che era impensabile per il prolifelare indisturbato della logica nepotistica e clientelare. Povera Italia.

  7. diana

    Articolo davvero molto interessante. Su nessun quotidiano, incluso Il Sole 24 Ore, ho trovato un articolo sul problema stabilizzazioni che sfiori minimamente il livello di completezza dell’analisi di Oliveri. Troppi giornalisti dovrebbero cambiare mestiere o recuperare in obiettività. Osservo che è anche a causa di mass media che si prestano agli interessi dei gruppi di maggiore potere che processi nefandi e anticostituzionali come le stabilizzazioni continuano a essere reiterati.

  8. Giuseppe Palermo

    Condivido in pieno. Meriterebbe allargare il discorso ai disastri avvenuti e in atto nelle regioni a statuto speciale (ho presente la Sicilia). Mi pare incredibile poi come provvedimenti del genere superino il vaglio della costituzionalità. Per altro, una soluzione certo più equa dei problemi dei precari – che nessuno sottovaluta – potrebbe essere bandire sì i
    concorsi, ma non col trucco della riserva dei posti (iniqua e discriminatoria nei confronti dei più
    giovani e più meritevoli e, appunto, incostituzionale) ma semplicemente
    attribuendo un qualche limitato punteggio agli anni trascorsi nella p.a., che gli interessati potrebbero far valere nei concorsi assieme agli altri titoli analoghi (tipo corsi e stage sostenuti), e vincano i migliori.

  9. Enzo Edb de Biasi

    Certamente la soluzione del 2009 era più rispettosa delle prerogative d’accesso alla pubblica amministrazione sancite dalla carta costituzionale, cosi come il punto “centrale” è quello di riprendere a fare concorsi pubblici per titoli ed esami, senza riserva per gli “interni” verificata unicamente la compatibilità e sostenibilità -nel tempo- della spesa per il personale e previa radicale ristrutturazione e riorganizzazione delle dotazioni organiche.
    Come ognun sa, la questione del pubblico impiego è naturaliter connessa a quella delle istituzioni, laddove si dovrebbe privilegiare una secca riduzione e del numero ed del costo di funzionamento, optando la scelta di dismissioni reali -non fittizie- di funzioni e servizi.
    Il governo delle “larghe intese” ( da me ribattezzato delle larghe disattese) continua a produrre soluzioni di breve-brevissimo termine, rivedo un film già visto negli anni ottanta quando gli allora governi di pentapartito -sul pubblico impiego-partorivano le medesime “innovazioni” con l’inevitabile appoggio del maggior partito d’opposizione……. è questo che ci serve ?

  10. Jeriko

    Sarebbe interessante capire il rapporto di turn-over: questa sanatoria come inciderà sul numero di dipendenti statali? Saranno incrementati, rimarranno invariati oppure diminuiranno (cioè rapporto inferiore ad 1)?
    Mi aspetto la terza ipotesi; nel caso fosse la prima sarebbe stupefacente, per non dire indecente ed azzardato; nel caso della seconda….beh è un segnale che si sta andando ad elezioni, avvicendamento ordinario sottilmente camuffato da assunzioni “aggiuntive”.

  11. Carla

    Moneta di scambio ” stabilizzazione” vs ” blocco contratto”?
    Il blocco del contratto penalizza chi, come me e tanti altri, e’ entrato con un regolare concorso, aspettando i tempi di una regolare graduatoria…e qua si “regala” un posto con concorsi ” ad hoc”???
    I concorsi devono essere regolari e aperti a tutti…va contro tutti i discorsi sulla meritocrazia etc!
    Ho sempre pensato che i sindacati fossero superati e ora concordo con chi dice che oltre a non servire a nulla si fanno anche ” le pezze per se stessi “.
    Che schifo!

  12. Gabriele Sperini

    Purtroppo concordo che si tratta di un pessimo messaggio, da un lato manda a benedire i “finti” buoni propositi di riduzione della spesa pubblica (che fine ha fatto la tanto sbandierata “spending review”??), spesa che rappresenta il vero fardello che vanifica la competitività della nazione, dall’altro, senza voler generalizzare, si vanno a premiare tanti furbetti che grazie alle solite conoscenze hanno avuto l’opportunità di lavorare con contratti a progetto nella P.A. e adesso vengono premiati a danno dei tanti giovani disoccupati la cui colpa è quella di non aver santi in paradiso, complimenti!!.
    Gabriele Sperini

  13. Marco

    CONCORDO in pieno. La solita legge per chi entra nella PA senza concorso. Una discriminazione per tutti coloro che hanno studiato e sognano di entrare nella PA…in maniera onesta attraverso un concorso pubblico e trasparente

  14. Roberto

    chi, come me, è idoneo a molti concorsi a tempo Indeterminato, sarà ora doppiamente discriminato: la prima volta perché non ho avuto l’accesso alla PA senza concorso; la seconda perché ci saranno meno posti per gli scorrimenti

  15. Duilio Spalletti

    Analisi congrua ed adeguata. Nei vigili del fuoco ,ad esempio, chi ha vinto od è idoneo nell’ultimo concorso pubblico con visita medica già effettuata sarà penalizzato dagli ” stabilizzati” , che avranno una riserva di posti e con una visita medica ancora da effettuare . Non stiamo andando avanti !

  16. hoder

    Ottimo articolo, ma si parla poco del fatto che i rimandati sono i vincitori e idonei dei concorsi!

  17. Dario Quintavalle

    D’accordo su tutta la linea: ancora una volta il lavoro pubblico viene considerato regalo del potente, anziché diritto guadagnato con il concorso. Aggiungiamo a questa
    storia quella ancora più incredibile degli idonei nei concorsi: si bandisce un
    concorso per un numero ridicolo di posti, si dichiarano idonei tutti gli altri
    partecipanti, e così si crea una lista di scorrimento lunghissima, cui
    attingere con la scusa che fare un altro concorso è troppo costoso. In tal modo
    l’accesso alla PA viene precluso a intere classi generazionali, mentre si
    creano persone che hanno aspettative e lobby di pressione da ricompensare con
    il ‘posto’. Ricordo che ancora pochi giorni fa si parlava di ‘esuberi’ nella
    PA: da dove salta fuori tutta questa necessità di altri lavoratori?? La verità
    è che non esiste nessun serio sistema per determinare quanti lavoratori ci
    vogliono per svolgere in modo efficiente la missione delle amministrazioni. Così
    le piante organiche diventano delle fisarmoniche: soggette ad allargamenti o
    restrizioni a partire dai tanti, troppi apriori, che costellano il mondo del
    lavoro pubblico. Unica consolazione: stanno iniziando ad aprire gli occhi i
    tanti che fino a ieri sparavano nel mucchio. Segno che comincia a farsi strada,
    lentamente, la coscienza che una PA professionale e prestigiosa è necessaria.

    • Daniela Miniucchi

      Non sempre le graduatorie concorsuali sono lunghissime… Vi sono non pochi concorsi ministeriali con oltre 2.000 candidati, costi sottesi alla procedura superiori ai 400.000 € (affitto enormi locali per le prove, indennità commissari, etc.) che si sono conclusi con graduatorie con meno di 30 iscritti per 10-15 posti.
      Mi pare che in graduatorie del genere anche l’idoneo abbia dimostrato di essere un potenziale buon funzionario, tanto più che spesso può avere riportato nelle prove lo stesso punteggio di un vincitore (magari vi sono 7 idonei con stesso punteggio..come nella mia graduatoria) ma essersi classificato dopo semplicemente perchè è più vecchio di pochi mesi.

  18. NewDeal

    Grazie.
    Una regolarizzazione, o validazione – ex post – di modelli (si legge: dogmi) irrazionali ex ante. Non meravigliarsi se l’esito – consueto – sia l’inefficienza complessiva.
    ‘I “precari” che usufruiranno della stabilizzazione vengono avvantaggiati dalle illegittimità commesse dai datori pubblici’; nota personale mia, i cui criteri di assunzione non sono peraltro neppure trasparenti, e suscettibile di ‘cattura’ varia.
    Tema annoso, ed irrisolto. Cfr. es. ‘La Sicilia assume 20mila precari senza concorso’, Il Sole 24Ore, Nino Amadore, 15 giugno 2012. Ricalca ‘stilemi’ gia’ letti ne ‘Il castello’, di Kafka.

  19. Francesco

    Mi pare di aver capito – mi corregga l’autore se sbaglio – che queste stabilizzazioni siano come quelle del DL 78/09 di Brunetta, vale a dire un concorso aperto a tutti ma con una quota di riserva del 50% dei posti per chi ha almeno 3 anni di servizio a t.d. con l’Amministrazione che bandirà il concorso. Ricordo che la quota del DL 78/09 era del 40%. Mi pare ingeneroso paragonarle a quelle dell’era Prodi o alla 285/77, che erano completamente riservate ai precari, sopratutto alle seconde che hanno interessato una platea ben più vasta. Inoltre resteranno fuori tutti quei titolari di rapporti di collaborazione che molto spesso, anche nella PA, occultano dei rapporti di lavoro dipendente. Si tace poi un altro problema. Nel mercato del lavoro privato chi supera i 36 di rapporto a termine ha diritto alla conversione a t.i., nel pubblico impiego ciò non avviene, ed infatti l’Italia viola la direttiva comunitaria sul lavoro a termine discriminando i lavoratori del pubblico impiego, che devono – qualora abbiano i mezzi per farlo – ricorrere in giudizio per vedere riconosciuti i propri diritti. Mi preme ricordare all’autore, che stimo per la competenza e la chiarezza, che l’art. 97 della Costituzione prevede che la legge possa disciplinare altri strumenti rispetto al concorso pubblico per l’accesso alla PA. Sul concorso pubblico credo che sia un procedimento datato per misurare le capacità del lavoratore, oltreché eludibile in termini di garanzia per i candidati che vi partecipano.

    • Luigi Oliveri

      Si tratta di concorsi interamente riservati. Il 50% riguarda le risorse destinabili, non i posti. Se fosse la stessa procedura del d.l. 78/2009 non si sarebbero scomodati ad approvare il nuovo decreto legge.
      Ciò che l’articolo 97 della Costituzione è in via eccezionale, ma solo se richiesto da una conclamata utilità pubblica, la possibilità di assumere anche con procedure diverse da quelle di concorso. Moltissime leggi regionali hanno provato a disciplinare stabilizzazioni di varia natura, dando una lettura piuttosto disinvolta dell’articolo 97 e puntualmente sono state stroncate dalla Corte costituzionale.
      Nel caso di specie, è oggettivo, comunque, che il decreto legge utilizza lo strumento del concorso e non uno diverso ed altrettanto oggettivo è che non si tratta di concorso pubblico, ma riservato. La compatibilità con l’articolo 97 della Costituzione, dunque, è più che dubbia.

  20. ivan beltramba

    Condivido parola per parola. Forse bisognerebbe chiamarla LEGALIZZAZIONE. Costruire una P.A. efficiente ed efficace a tutti i livelli non è facile. Non sono mai stato un precario, il primo concorso da funzionario specifico per la mia competenza lo ho vinto (dopo che un paio non gli ho potuti fare perchè c’era nel bando il nome e cognome del vincitore, un precario da sistemare…). Anche il mio era una stabilizzazione camuffata, ma la maggior parte dei t.d e cococo candidati non ha superato la prova preselettiva. Un caso? Troppe volte ho visto precari assunti perchè “amiche o amici” del dirigente competente. Sui concorsi pilotati dall’alto senza quote riservate avrei molto da raccontare. ma ancora più preoccupante, vista la attribuzione delle competenze e responsabilità, è la assunzione senza concorso di dirigenti e direttori (spesso bocciati ai concorsi da funzionario o da dirigente fatti apposta per stabilizzarli). Ed i dirigenti che restano in servizio nonostante condanne definitve per danno erariale. consiglio anche questa lettura: http://www.lavoce.info/la-carriera-europea/, nelle istituzioni UE (e soprattutto nelle Agenzie) vi sono molti Temporay Agent che fanno servizio con contratti di 4 anni, rinnovabili per una sola volta. con opportune motivazioni un secondo rinnovo è possibile ma diventa di fatto un tempo indeterminato, anche se con carriera limitata.
    Non criminalizzerei Regioni, Province e Comuni, non dimentichiamoci che abbiamo i politici che ci meritiamo, visto che (ancora) andiamo a votare.

  21. Luigi Oliveri

    Si tratta di accettare o meno il “fatto compiuto” discendente dalla violazione di norme.
    Il numero stimato dei precari, 150.000, su circa 3.200.000 dipendenti pubblici di ruolo, rappresenta il 4,68%. Che i servizi pubblici essenziali siano gestiti dal 4,68% di dipendenti precari non è, ovviamente, credibile.
    D’altra parte, nel privato il lavoro flessibile è un canale di ingresso alla trasformazione in lavoro a tempo indeterminato: in quel caso, l’aspirazione (non la pretesa, ovviamente) ad un lavoro stabile è comprensibile e connaturata.
    Chi instaura con la pubblica amministrazione un lavoro a tempo determinato deve sapere che esso non può avere sbocco diretto in una trasformazione in lavoro a tempo indeterminato e, dunque, non può avere una pretesa.
    Che si studi una strada per valorizzare l’esperienza di chi ha prestato lavoro nelle pubbliche amministrazioni appare corretto. Ma il concorso interamente riservato è certamente una scorciatoia e un vulnus.

  22. Luigi Oliveri

    I precari sono il 4,68% dell’intero comparto pubblico. Non è facile sostenere che non vi siano strumenti di riorganizzazione volti a far sì che il restante 95% del personale svolga i servizi essenziali.

  23. Luigi Oliveri

    E’ proprio il “dover sperare nel rinnovo e nel prolungamento di un contratto per un regolare lavoro” il gravissimo danno prodotto dalla gestione non certo lineare del lavoro flessibile nel pubblico impiego.
    Chi entra nella pubblica amministrazione con contratti flessibili finisce per restare intrappolato in un sistema di precariato seriale, perchè sa di poter contare su violazioni diffuse delle condizioni di utilizzo del lavoro flessibile da parte delle amministrazioni, e di poter puntare su successive sanatorie.
    Non c’è alcuna sufficienza nei riguardi dei precari, che sono vittime di questo sistema perverso (al netto dei moltissimi che non sono affatto entrati per concorso, come le stesse dichiarazioni del premier e del Ministro D’Alia confermano). La critica si rivolge allo strumento della sanatoria, che non sanziona nessuno e vulnera principi costituzionali.

  24. Luigi Oliveri

    E’ corretta l’ipotesi della diminuzione, perchè comunque le stabilizzazioni potranno farsi entro i limiti di spesa e turn over vigenti.

    • Jeriko

      Grazie.
      In questo caso, quindi, c’è un razionale “numerico” in queste assunzioni, in accordo con le politiche sulla PA (almeno per quel che posso apprendere dai media).
      A questo punto diventa ancora più importante il discorso sulla modalità di selezione: se il personale si riduce in un’ottica di aumento dell’efficienza, vien da sè che il personale in servizio deve avere standard più elevati per garantire maggiore efficienza.

  25. Claudia Villante

    Gentilissmo dott.OIiveri, La ringrazio per la Sua replica ma di fatto non intravedo soluzioni alternative a quelle proposte dal Governo. Il problema della stabilizzazione, che, ad una attenta lettura del documento può comportare un’ulteriore modifica nella sua conversione in legge, non può assolutamente configurarsi come “sanatoria” per diversi motivi. Ne cito per brevità solo una: deve prevedere un passaggio autorizzativo da parte della PA sulla base dei fabbisogni della pianta organica: Occorre quindi aspettare molto a lungo, almeno i prossimi scaglioni di pensionamento che, come Lei insegna, sono stati ancora più allungati con le recenti riforme.

    • Luigi Oliveri

      Certo, ma quello che rende criticabile l’intervento del Governo è proprio la ricerca della soluzione al problema. Cioè, la soluzione ricercata con moduli (concorsi interamente riservati) di dubbia costituzionalità e nemmeno utili a stabilizzare tutti.
      Il problema dell’assorbimento del precariato si risolve sanzionando non i precari, ma gli enti che abusano dei contratti flessibili e inducendo gli enti ad assumere, ovviamente per concorsi, ma pubblici ed aperti a tutti, valorizzando i punteggi delle esperienze precorse.
      Ogni altro sistema è una scorciatoia discriminatoria.

  26. Dario Di Maria

    Il sistema della stabilizzazione, a parte i profili di dubbia legittimità costituzionale, è eticamente scorretta in quanto rappresenta una mortificazione per le centinaia di migliaia di giovani disoccupati, che non hanno mai ricevuto alcun aiuto economico dalla Pubblica Amministrazione, semplicemente perché ignorati a beneficio di soggetti che senza concorso sono stati selezionati non per maggior merito o intelligenza, ma solo in ossequio a logiche spesso clientelari che hanno avuto di mira “le prossime elezioni”, anziché “le prossime generazioni”.
    La stabilizzazione pura e semplice toglierebbe definitivamente a tutte le centinaia di migliaia di giovani disoccupati anche la speranza, almeno per i prossimi trenta anni, di un futuro nella Pubblica Amministrazione ….
    Requisitoria del Procuratore Generale d’Appello presso la Corte dei Conti, Giovanni Coppola, in occasione Giudizio di Parificazione del Rendiconto Generale della Regione Siciliana – Esercizio finanziario 2009

  27. Ezio

    Oltre a quanto evidenziato nell’articolo, decisamente condivisibile, c’è da notare un’altra contraddizione: questa imponente manovra di stabilizzazione è parallela a quella di allegerimento della PA che lo stesso governo sta mandando avanti con la soppressione delle Province! Da una parte si assume e dall’altra, con adeguata sordina, ci si prepara per gli esuberi!
    La mobilità intercompartimentale rimane un concetto teorico, lasciato a singoli sporadici episodi. Lo spezzettamento dello Stato evidenzia una volta di più le sue infinite inefficienze ed i governi trattano gli enti locali come degli “altri da sè” con cui sembra impossibile pensare sinergie! I frutti avvelenati di un pessimo decentramento e federalismo.
    Mai come ora ci vorrebbe il coraggio di introdurre il contratto unico del pubblico impiego: una riforma da costruire su un orizzonte decennale per assorbire gli incredibili differenziali stipendiali tra comparti della PA e che sola potrebbe scongiurare in futuro le evidenti inefficienze cui stiamo assistendo. Certo è una riforma tanto banale quanto impossibile perchè farebbe saltare infinite nicchie di potere datoriale e sindacale.
    Il buon andamento della PA di costituzionale memoria resta un sogno…

  28. Dario

    Ma vogliamo parlare della MOBILITÀ dei dipendenti delle società pubbliche?
    Sono 7.000 società, diciamo (a dir poco) 700.000 persone che beneficiano di una tutela che non esiste nel privato…. e che nasce da un’assunzione con criteri spesso molto discutibili.
    Ma lo sappiamo, le sanatorie hanno un alto ROV (Return On Votes) !

  29. VINCENZO

    Si scrive precariato e si legge SFRUTTAMENTO…io voglio che i nostri ragazzi, siano stabilizzati e tranquilli: sì alla sanatoria, no allo sfruttamento.

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