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Per una riforma federalista dell’Imu: l’opinione di alcuni assessori al bilancio

In vista di una riforma dell’imposta sulla casa,  pubblichiamo un intervento di alcuni assessori-colleghi di scienza delle finanze.

Poco prima di Ferragosto è stato reso noto il documento del Mef contenente diverse ipotesi di  riforma dell’Imu, su cui il governo dovrà assumere una decisione entro la fine del mese. Le ipotesi su cui presumibilmente si concentrerà maggiormente il dibattito sono: l’Ipotesi 1, che prevede la totale abolizione dell’Imu prima abitazione, come chiesto dal Pdl; l’Ipotesi 8, che prevede di affiancare all’Imu una Service Tax, lasciando ai Comuni la possibilità di abolire completamente l’Imu prima abitazione, e che sembra anche quella maggiormente gradita al Tesoro; l’Ipotesi 9, che potrebbe emergere come fase transitoria per il 2013 e che prevede che l’acconto Imu di giugno, per ora solo rinviato, sia definitivamente abolito.
Da uno scambio di idee, fra noi, colleghi economisti pro-tempore assessori ai bilanci dei Comuni di Bologna, Firenze e Ferrara, è nato una sorta di “appello” che è stato successivamente sottoscritto dagli assessori di altri Comuni e che speriamo possa influire positivamente alla soluzione che il Governo deciderà di adottare e presentare al Parlamento.
IPOTESI 1: COMPLETA ABOLIZIONE DELL’IMU PRIMA ABITAZIONE
La totale abolizione della tassazione sulla abitazione principale di proprietà sarebbe un errore gravissimo: oltre al costo di 4 miliardi avrebbe effetti molto negativi dal punto di vista distributivo e sull’applicazione del principio fondamentale di responsabilità finanziaria a livello comunale. Quest’ultimo, dovrebbe legare il costo sostenuto da ogni cittadino per la fiscalità generale comunale (Imu, addizionale Irpef e imposta di soggiorno) al valore pro-capite dei servizi pubblici comunali, per la parte non finanziata da proventi dei servizi e trasferimenti statali. Tale corrispondenza di valore, in proporzione crescente con le possibilità economiche del contribuente, è un presupposto della democrazia locale (accountability) ed è anche una condizione di equità.
Un esempio può essere utile. Se dal bilancio di un Comune come Firenze o Bologna togliamo dal totale delle spese correnti le entrate da tariffa rifiuti, tributi speciali, trasferimenti correnti ed entrate extratributarie, abbiamo un “valore” dei servizi finanziati dalla fiscalità comunale pari a circa 700-800 euro pro capite. Consideriamo una famiglia di due coniugi più un figlio piccolo, con un reddito imponibile complessivo da lavoro dipendente di 75.000 euro ed un’abitazione principale con un’elevata rendita catastale. Nel 2012, questa famiglia, a fronte di circa 2.100 euro di servizi ricevuti, pagava approssimativamente da 600 a 700 euro di Imu (ad aliquota 0.4) e da 150 a 300 euro (ad aliquota da 0.2 a 0.4) di addizionale Irpef (naturalmente niente di imposta di soggiorno, visto che grava sui turisti). Contribuiva quindi al 40-50 per cento del valore di quanto ricevuto, non l’intero ma una quota congrua, viste le proprie possibilità economiche. Con l’esenzione totale dell’Imu prima casa, finanziata non si sa da quali risorse, il contributo andrebbe intorno al 7 per cento. Quindi, con l’Ipotesi 1, il 93 per cento del valore dei servizi ricevuti dalla nostra famiglia, non proprio indigente, sarebbe pagato da altri contribuenti (imprese, famiglie con seconde case, utilizzatori di alberghi, ecc.) che potrebbero peraltro ricevere anche meno, in termini di servizi. Sinceramente è difficile comprendere la ratio di questa redistribuzione del carico fiscale comunale.
IPOTESI 8: UNA RIFORMA IN SENSO FEDERALISTA
L’ipotesi 8,  prevede che il Governo attribuisca nuove risorse ai Comuni sul Fondo di Solidarietà Comunale per 2 miliardi, in modo da ridurre l’imposizione sulla prima abitazione e lasci ai Comuni la libertà di prevedere o meno l’introduzione di una Service Tax per il finanziamento della quota residua dell’originario gettito dell’Imu sull’abitazione principale. Ciascun Comune, nella sua autonomia, potrebbe decidere di utilizzare le nuove risorse e graduare il livello di prelievo della Service Tax in funzione della riduzione dell’Imu sulla prima casa, fino alla sua eventuale abolizione. I margini di discrezionalità consentiti ai Comuni potrebbero prevedere anche l’adozione di una sola delle due leve fiscali, così come di un sistema misto, alla francese. Questa Ipotesi di riforma è quella ampiamente preferibile, in quanto è l’unica che combina la priorità politica sopra enunciata (ridefinizione dell’imposizione sulla prima casa, fino alla sua possibile completa abolizione) con una complessiva riforma, dal sapore federale,  dell’assetto della finanza pubblica locale. Tuttavia la nuova Service Tax dovrebbe rispettare alcuni criteri, che la differenziano dall’attuale Tares, il nuovo tributo che ha sostituito dal 2013 Tarsu e Tia e che comprende una componente sui servizi indivisibili (ad esempio l’illuminazione pubblica), oltre alla componente volta alla copertura dei costi di smaltimento dei rifiuti. In sintesi, la nuova Service Tax:

  1. deve avere come soggetto passivo il conduttore di tutti gli immobili, sia esso proprietario o meno,  in modo che tutti coloro che usufruiscono dei servizi indivisibili offerti dai Comuni concorrano al finanziamento degli stessi;
  2. deve avere una base imponibile più adeguata dell’attuale Tares-servizi indivisibili (0,30 euro al metro quadro) ed essere, piuttosto, commisurata alla rendita o al valore dell’immobile, tenendo conto dei componenti del nucleo familiare;
  3. non deve includere la componente Tares-rifiuti, che risponde a logiche e presupposti diversi, anche in relazione ad obblighi comunitari;
  4. deve lasciare ampia economia regolamentare ai Comuni (necessaria anche per la Tares-rifiuti).

Nel complesso, il gettito potenziale che può derivare ai Comuni dall’utilizzo delle due imposte (Imu prima abitazione e Service Tax), deve essere in linea con quello attuale. Ciò vorrebbe dire, stando ai dati forniti dal Ministero, una leva complessiva potenziale di 3,9 miliardi di euro, essendo il gettito Imu prima abitazione potenziale pari a 5,9 miliardi, di cui 2 sarebbero compensati dai trasferimenti del Fondo di solidarietà da parte dello Stato. Per la ripartizione fra i Comuni di questi 2 miliardi il meccanismo più coerente con la finalità della norma (detassare la prima abitazione di proprietà) è quello che assume a riferimento il gettito IMU 2012, calcolato ad aliquota base.
Infine, un altro aspetto apprezzabile della riforma prevista nell’ Ipotesi 8 è quello di  riportare a tassazione Irpef il reddito figurativo degli immobili sfitti a disposizione, eliminando una discriminazione con gli immobili locati, e di destinare le risorse a finanziare la deducibilità almeno parziale dell’Imu dal reddito di impresa e di lavoro autonomo.
IL 2013:LA FASE TRANSITORIA
E’ probabile che per il 2013 si percorra una soluzione transitoria, come da Ipotesi 9: l’acconto di giungo verrebbe annullato e ai proprietari di prima abitazione verrebbe richiesto di corrispondere solo il saldo di dicembre. Anche in questo caso, però, è importante che  il riparto di risorse fra i Comuni avvenga sulla base del gettito IMU 2012 calcolato ad aliquota base (4 per mille) e non, come previsto nel documento ministeriale, ad aliquota effettiva 2012, in quanto ciò premierebbe i Comuni che già dal 2012 hanno fatto ricorso ad inasprimenti della tassazione della prima abitazione e creerebbe una disparità di trattamento poco giustificabile, secondo i principi di equità orizzontale, più volte giustamente richiamati dal documento ministeriale, tra i Comuni, discriminando quelli che non hanno aumentato l’aliquota o che l’hanno fatto nel 2013. Ripartendo invece il beneficio concesso dallo Stato secondo l’aliquota base del 4 per mille si fornirebbe a tutti lo stesso sgravio (metà del prelievo ad aliquota base), garantendo al contempo l’equilibrio di bilancio degli enti.  A dicembre i contribuenti sarebbero chiamati a pagare l’Imu calcolata su base annua, in base alle aliquote 2013 deliberate da ciascun Comune, al netto dell’acconto non pagato a giungo, calcolato ad aliquota base e rimborsato dallo Stato ai Comuni.
Se alla proposta delineata di modifica dell’Imu-Tares si affiancasse al più presto la riforma del catasto – requisito essenziale per rendere più equa l’Imu e la nuova Service Tax – e una riforma del Patto di Stabilità che lasci perdere inutili demagogie e invece costruisca un vincolo di finanza pubblica coerente e omogeneo da Bruxelles fino al più piccolo Comune, questa nuova ennesima difficile fase del rapporto tra finanza pubblica centrale e locale potrebbe essere trasformata in un’occasione per iniettare nel nostro sistema almeno un po’ di quel federalismo che ci è stato promesso da vent’anni e che invece si risolve soltanto in successive, e confuse, ondate di nuovo centralismo.
 

Silvia Giannini (Univeristà di Bologna e Assessore al Bilancio, Comune di Bologna)

Luigi Marattin (Università di Bologna e Assessore al Bilancio, Comune di Ferrara)

Alessandro Petretto (Univeristà di Firenze e Assessore al Bilancio, Comune di Firenze)

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  1. Carmine Finelli

    Non ho compreso una cosa. Nella prima ipotesi si parla di un gettito IMU prima casa pari a 4 miliardi, mentre nell’ipotesi 8 gli autori sostengono che il gettito IMU prima casa potenziale sia pari a 5,9 miliardi. In questa ipotesi 3,9 miliardi sarebbero pagati dai cittadini, mentre 2 miliardi sarebbero risorse aggiuntive al fondo di solidarietà comunale. Mi chiedo: ma che senso ha l’ipotesi 8, tanto incensata dagli autori dell’articolo? Se l’abolizione totale dell’IMU ha “…un costo di 4 milardi” (citando direttamente gli autori), un gettito di 3,9 miliardi come da proposta sarebbe del tutto uguale e quindi, a rigor di logica, la Service Tax sarebbe uno strumento di tassazione aggiuntiva fornito ai comuni che andranno sicuramente a massimizzare le entrate. Dunque, si possono avere maggiori chiarimenti soprattutto in merito alle determinazioni dei conteggi?
    Grazie.

    • Luigi Marattin

      Salve, grazie per il suo commento. Si tratta semplicemente di mantenere lo stesso gettito potenziale attuale. Al momento l’IMU sull’abitazione principale ha un gettito aggregato potenziale di 5,9 miliardi (tutti i dati che forniamo sono tratti dal documento del Governo), di cui “solo” 4 effettivi e 3,4 derivanti dal gettito ad aliquota base del 4 per mille. Come lei sa, tuttavia, i Comuni hanno facoltà di elevare l’aliquota fino ad un massimo del 6 per mille: finora lo hanno fatto solo per una magnitudine tale da elevare il gettito dai 3,4 “base” ai 4 effettivi. Ma lo spazio potenziale arriva a 5,9. Questa e’ la situazione oggi. Con una riforma, noi chiediamo che sia mantenuta la stessa potenzialità complessiva, senza quindi un innalzamento della capacità di pressione fiscale locale. In quest’ottica la Service Tax non sarebbe tanto da considerarsi come strumento di tassazione aggiuntiva, quanto alternativa all’IMU sull’abitazione principale. Per arrivare al gettito di 4 miliardi (che sostituirebbe il gettito attuale), il Comune rappresentativo

      • Carmine Finelli

        Grazie molte per la sua risposta. Ora il concetto espresso mi è più chiaro. Grazie!

    • Luigi Marattin

      CONT. Il Comune rappresentativo avrebbe a disposizione i 2 miliardi garantiti dal Fondo di Solidarietà Comunale e, dello spazio finanziario totale residuo complessivo (3,9 miliardi) dovrebbe garantirne solo 2, scegliendo l’adeguato mix tra IMU prima casa (fino ad eventuale abolizione, se vuole) e Service Tax. In linea puramente teorica – facendo l’Assessore ci si accorge della distanza tra i modelli teorici che insegniamo e la realtà – questo accende anche una competition fiscale tra i territori: ogni cittadino potrà osservare le scelte fiscali di ogni Comune in relazione al mix che sceglie, e valutare di conseguenza.

  2. Luigi

    Ma per quale motivo, oltre ad uno sconto per i proprietari, ora bisogna prevedere anche un’aggravio fiscale per gli inquilini? é vero che usufruiscono dei servizi indivisibili, ma è pure vero che su di loro già è traslata di fatto l’Imu sulle seconde case e che non possiedono immobili il cui prezzo può variare in relazione al livello dei servizi indivisibili resi dal comune. no?

  3. Luigi Marattin

    Personalmente sono d’accordo con lei. Ma – considerata data l’introduzione della Service Tax e considerata la non- opportunità di includere in essa la componente Tares-rifiuti – la determinazione dei soggetti passivi fatta in questo modo e’ pressoché inevitabile per poter distinguere, di fatto, la Service Tax dall’Imu. Per quanto riguarda il considerare “dati” volontà di abolizione Imu e quindi Service Tax, nelle prime righe del nostro appello specifichiamo che non ci esprimiamo sull’opportunità politica di voler – in the first piace – mettere mano all’impalcatura fiscale di questo Paese partendo dall’Imu sull’abitazione principale. A livello personale (opinione che so essere condivisa dai due colleghi firmatari dell’articolo di cui sopra) non ho problemi a dire che, come la totalità degli economisti di ogni ordine, grado e approccio – considero profondamente sbagliato un intervento teso ad abolire una forma di imposizione patrimoniale presente in tutto il mondo e al contempo lasciare inalterata quella che di fatto e’ la pressione fiscale sui redditi da lavoro e d’impresa più alta nel mondo.

    • Stefano

      Dott Marattin c’è un piccolo difetto nell’IMU come tassazione patrimoniale. Se lo fosse dovrebbe colpire la ricchezza netta non quella lorda. Se io ho ipotecato l’80% dell’immobile l’imposta patrimoniale dovrebbe andare sul 20%, ma dato che è formalmente un imposta sui servizi comunali prendo il valore lordo dell’immobile come riferimento del beneficio avuto dal comune. Tra l’altro se l’IMU fosse una reale patrimoniale dovrebbe colpire anche i beni mobili ed i beni finanziari, come in Francia, invece colpendo solo le proprietà immobiliare crea una discriminazione di trattamento fiscale che favorisce altri utilizzi della ricchezza (invece che acquistare compro quote di un fondo immobiliare). E questo potrò solo peggiorare con la riforma del catasto che porterà a pagare sul valore di mercato anche se questo è influenzato dagli interessi finanziari a mantenere valori elevati gli asset bancari Il problema che nel 2011 non avevamo i mezzi (e la volontà) per applicare una reale patrimoniale ed abbiamo utilizzato l’IMU ibrida per fare cassa. Ora abbiamo una tassazione sui consumi, sui redditi e sugli immobili elevati e non sappiamo come far ripartire la domanda interna.

      • Luigi

        Gli altri utilizzi di ricchezza sono già tassati. Se investi in Bot per esempio paghi le tasse sulla rendita .No?
        Gli interessi sui mutui ipotecari sono già deducibili in Irpef. Vogliamo incentivare un altro po’ l’acquisto e la costruzione di case?

  4. Tommaso

    Reddito da lavoro dipendente complessivo di 75000 € mi sembra un tantino alto, non rispecchia la realtà di oggi…

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