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Perché l’Italia ha bisogno di un Governo *

Le scelte del Governo nelle prossime settimane sono decisive per consolidare i segnali positivi registrati dalla nostra economia. Va spezzato il circolo vizioso di stretta creditizia e sofferenze bancarie. E in Europa si deve puntare sul negoziato per la revisione del ruolo dei fondi strutturali.

UNA SENTENZA TEMUTA DA MOLTI
Erano in molti ad augurarsi che la Corte di Cassazione avrebbe disattivato per tempo la bomba a orologeria della sentenza Mediaset, e tra di loro c’erano diversi commentatori certamente non sospettabili di simpatie nei confronti di Silvio Berlusconi. Si temeva, infatti, una crisi di Governo in un momento molto delicato. Il rischio di una destabilizzazione del quadro politico dopo la condanna definitiva dell’ex premier c’è stato ed è tuttora presente. Ma cosa sarebbe avvenuto se la Corte avesse trovato un escamotage per rinviare la condanna e renderla così ineseguibile? Si sarebbe dato un nuovo segnale di impunità in reati economici molto gravi: Berlusconi è stato ritenuto colpevole di frode fiscale mediante il trasferimento di profitti da una società quotata in Borsa (Mediaset) a società in paradisi fiscali possedute al 100 per cento dall’azionista di maggioranza. Questo comportamento illecito è costato più di 7 milioni di entrate allo Stato italiano e ha indebitamente impedito a migliaia di piccoli azionisti di partecipare agli utili della società di cui avevano sottoscritto il capitale di rischio. Grave peraltro che Confindustria, organizzazione dei datori di lavoro, non avesse apertamente condannato questa pratica che ha danneggiato una delle società aderenti all’organizzazione e che, più in generale, scoraggia lo sviluppo di un mercato dei capitali in Italia in un momento in cui le imprese italiane fronteggiano un pesantissimo credit crunch.
COGLIERE L’OCCASIONE
I veri interrogativi per l’andamento dell’economia italiana nei prossimi mesi non riguardano peraltro la sopravvivenza o meno del Governo Letta, quanto ciò che il Governo riuscirà a fare. L’emergenza economica ci impone non solo di avere un esecutivo, ma anche e soprattutto di avere un governo in grado di agire subito. Potremmo, infatti, essere a un punto di svolta nella crisi e dobbiamo cogliere l’occasione. Decisive le scelte che si compiranno nelle prossime settimane, quelle che ci separano dalla presentazione della legge di Stabilità, che determina il bilancio delle amministrazioni pubbliche nel 2014.
Ci sono alcuni segnali positivi sull’economia italiana. Gli ordinativi nell’industria sono in crescita da marzo, la produzione industriale ha smesso di cadere e altri indicatori che in genere anticipano l’andamento dell’economia (come il cosiddetto superindice Ocse) indicano bel tempo in arrivo. Migliora anche il clima di fiducia di consumatori e imprese, anche rispetto agli altri paesi della zona euro. Ma i segnali positivi sono destinati a rivelarsi effimeri e la fine della recessione una semplice pausa, se non si riesce a spezzare il circolo vizioso che va dalla stretta creditizia alle sofferenze bancarie. Le banche tagliano il credito mettendo in difficoltà imprese che non riescono a ripagare i loro debiti, spingendo a loro volta le banche a ridurre ulteriormente gli impieghi.
Per spezzare il circolo vizioso ci vuole una maggiore patrimonializzazione delle imprese italiane. Nel 2012 è cresciuta di circa il 3 per cento. Troppo poco. Bisogna che molti proprietari di piccole aziende, tradizionalmente restii a metterci soldi di tasca propria, impegnino i loro patrimoni personali nell’impresa cui hanno dedicato una vita. Bisognerebbe incentivarli a farlo, con opportuni sgravi fiscali. Importante anche aiutarli a trovare fonti di finanziamento alternative al canale bancario per gli investimenti di cui le loro imprese hanno bisogno per reggere la competizione internazionale. Dato il volume delle sofferenze bancarie, il fondo di garanzia pubblico per le piccole imprese oggi esistente ha una leva molto bassa e deve essere sistematicamente rifinanziato. Soprattutto ora che abbiamo appreso che la Bce farà poco e nulla per favorire la creazione, come negli Stati Uniti, di un mercato di titoli strutturati che contengano obbligazioni emesse da piccole imprese. Una parte consistente dei fondi di garanzia per le piccole imprese potrebbe venire da un diverso utilizzo di quei 40 miliardi di fondi strutturali ancora non spesi nell’esercizio 2007-2013.
Questa della riprogrammazione dei fondi strutturali è un’altra ragione per cui oggi ci vuole un Governo in Italia. A livello europeo è in atto un ripensamento su come è stata esercitata la condizionalità nell’imporre un aggiustamento fiscale molto pesante a Grecia e Italia e agli altri paesi della cosiddetta “periferia”. Assieme ai tagli di spesa e alle tasse, l’Europa non è infatti riuscita a far progredire l’agenda delle cosiddette riforme strutturali, quelle che aumentano il tasso di crescita potenziale di un’economia e dell’Unione nel suo complesso. C’è un grande senso di frustrazione per i pochi progressi compiuti su questo fronte e consapevolezza del fatto che rimane ancora tantissimo da fare. Un dato sopra tutti ce lo conferma: oggi i servizi contano per più di due terzi del reddito dell’Unione, ma solo un quarto del commercio all’interno della UE è in questi settori perché sono ancora fortissime le barriere erette alla concorrenza nei diversi paesi. Ed è proprio rilanciando le liberalizzazioni che si potrà tenere la Gran Bretagna dentro all’Unione, dato che una più forte integrazione nei mercati comuni aumenta i costi per chi sta fuori.
Ci sono così le premesse per un negoziato che riveda alla radice il funzionamento dei fondi strutturali, trasformandoli in fondi per le riforme strutturali. Anziché rimanere non spesi o andare a finanziare tanti piccoli progetti di dubbia efficacia, dovrebbero servire a sostenere le riforme strutturali soprattutto nei paesi che hanno maggiori vincoli di bilancio. Perché le riforme più utili sono ancora più difficili se non si trova un modo di compensare i perdenti. Ad esempio, i fondi strutturali potrebbero essere utilizzati per cominciare a detassare il lavoro per chi ha redditi più bassi mentre si conduce una lotta senza quartiere all’evasione fiscale e si riformano gli ammortizzatori sociali come dieci anni fa in Germania.
Una revisione del ruolo dei fondi strutturali rafforzerebbe la legittimazione delle autorità europee, riducendo gli sprechi nella gestione del bilancio comunitario. Bisogna mettere i vari paesi dell’Unione in condizione di utilizzare davvero queste risorse (anche in Germania non si va oltre il 60 per cento di utilizzo dei fondi strutturali), e soprattutto di farlo stimolando quelle riforme strutturali che hanno permesso a paesi come la Germania di uscire rapidamente dalla grande recessione.
* Una versione di questo articolo è uscita su Handelsblatt (scarica l’articolo completo)

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10 commenti

  1. mariannabonina

    Cosa si intende per “detassare il lavoro per chi ha redditi più bassi”?

  2. mlaura62

    Per quanto possa occorrere, segnalo che in ambito comunitario un negoziato sui meccanismi di finanziamento delle riforme strutturali è già in corso: con la comunicazione “COM (2013) 165 final” del 20/3/2013 la Commissione Europea ha proposto la creazione di uno strumento di convergenza e competitività che, volendo incentivare la correzione degli squilibri macroeconomici potenzialmente dannosi per l’Eurozona, riconosce ai Paesi disponibili ad attuare le politiche di riforma concordate un contributo destinato a ridurre i costi dell’aggiustamento (la misura mostra evidenti complementarietà con i fondi strutturali). La Banca d’Italia ha già fornito in proposito il proprio parere alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati nell’audizione del 25 giugno scorso. Forse sarebbe sufficiente monitorare da vicino l’operato del MEF, che partecipa al negoziato per conto del nostro Paese.

    • Piero

      La comunicazione della Commissione europea non è altro che il fallimento dell’Unione monetaria, si vuole introdurre un principio di solidarietà, non si dice nulla in termini di risorse, quindi è un documento inutile, si è vero accomuna il probabile intervento ai fondi strutturali.
      Tali interventi di solidarietà non saranno mai di un importo necessario per salvare l’area euro, il documento e’ ancora ispirato dalla politica della Merkel “ogni paese deve fare i compiti a casa propria”.

  3. Diego Maicu

    Sicuro che i fondi strutturali possano essere usati a garanzia dei debiti delle PMI?

  4. Piero

    Divido l’articolo in due parti:
    La parte politica, in Italia abbiamo due pesi e due misure, la punizione i Berlusconi per una evasione i 7 milioni, danno allo stato e agli azionisti, l’impunita per la governance di Intesa che nel mese di giugno 2013 ha salvato i partecipanti del patto di RCS, acquistando da loro i diritti di opzione ad un prezzo cento volte superiore al valore di mercato, naturalmente la minusvalenza verrà pagati dai correntisti di Intesa e dai piccoli azionisti.
    La parte economica, già si esalta per la ripresa, si vuole esaltare la politica del rigore della Germania, aspetterei prima di fare questi proclami, nulla e’ cambiato rispetto a tre mesi fa.
    Il vero problema in questo momento in itala e’ la mancanza di credito alle imprese, impedisce loro il normale svolgimento dell’attività, abbiamo fallimenti e aumento della disoccupazione, basta vedere il contatore del giornale Il sole 24 ore.
    L’unica soluzione, considerata la situazione delle banche italiane e il fondo di garanzia, il governo deve come lo ha fatto per le banche nel provvedimento salva Italia concedere la garanzia statale sugli affidamenti chiesti al sistema bancario, oggi abbiamo si la garanzia, ma con un limite di 2,5 milioni, deve essere estesa al 20/30 % del fatturato dell’impresa

  5. Piero

    Per un utilizzo del 100% dei fondi strutturali la cosa più semplice e’ l’eliminazione di tutta la burocrazia necessaria, per una pratica di 50.000 euro occorrono spese professionali per oltre il 10% e tempi per la riscossione di oltre un anno, ciò è’ un disincentivo per la loro utilizzazione.
    Si deve aumentare l’utilizzo dll’autocertificazione e si deve prevedere che le risorse non utilizzate dalla regione vadano allo stato che potrà utilizzarle per i finanziamenti delle infrastrutture nazionali, non è’ possibile il loro utilizzo per de tassare il lavoro o per ridurre le tasse ( occorre cambiare il trattato europeo).
    La due tassazione del lavoro sia quello dipendente che autonomo che quello delle imprese deve avvenire necessariamente con la riduzione degli sprechi pubblici e con la diminuzione delle remunerazioni degli stipendi della pubblica amministrazione, abbiamo in Italia la pubblica amministrazione più improduttiva dell’Europa con gli stipendi più elevati, se andiamo presso le amministrazioni locali, abbiamo stipendi di oltre 3/4 mila euro mese per i dirigenti su comuni inferiori ai 10.000 abitanti.
    Il governo deve accelerare l’utilizzo dei costi standard sulla pubblica amministrazione, tutti i calcoli sono stati fatti, basta la volontà politica di applicarli, si vedrà che un letto in ospedale non può costare il doppio da una regione ad un altra, il dirigente dovrà avere uno stipendio uguale su tutti i comuni con gli stessi abitanti ecc.
    I risparmi della pubblica amministrazione devono ridurre la tassazione del lavoro e delle imprese.
    Tassare gli immobili per diminuire le tasse sul lavoro e’ una espropriazione di uno stato incapace di amministrare, oltre il fatto di azzoppare definitivamente il mercato edilizio che dovrebbe essere il traino della ripresa.

  6. Vittorio

    Beh, invece di utilizzare i fondi strutturali per finanziare la riduzione delle tasse faremmo prima ad evitare di creare i fondi risparmiando così il loro controvalore in tasse.

  7. NewDeal

    Mi pare sarebbe piu’ utile che le ‘piccole’ imprese si AGGREGASSERO, nel contesto di vere riforme del contesto imprenditoriale. Occorrerebbe aiutarle ad internazionalizzarsi, valorizzando i distretti di eccellenza, per farli tornare a competere. Piu’ che mero capitale di rischio, serve CAPITALE TECNOLOGICO, ed un contesto imprenditoriale business friendly. Tra le priorita’, allora, direi:1) semplificazione fiscal, normative 2) vera razionalizzazione della spesa inefficiente per 3) tagliare le tasse (IRAP) ed il costo del lavoro. Il capitale di rischio, e’ un mero ‘cushion’, in simile contesto (vedere FIAT).
    Saluti

    • lavoceinfo

      Approe
      Inviato da iPhone
      Il giorno 24/ago/2013, alle ore 12:19 PM, “Disqus” ha scritto:

  8. Alessio Calcagno

    Cose sensate. Domanda: ma le lobby? Quelle che si nascondo negli uffici statali, quelle che girano come spettri per l’Italia senza più un soldo, quelle che siamo noi ma che facciamo finta che non lo sappiamo. Tito, come fare?

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