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Unione bancaria: eppur si muove…

I recenti vertici europei hanno fatto qualche passo avanti verso l’unione bancaria. L’Europa sembra in grado di mettere in comune le regole e i controlli, ma non le risorse. Così il circolo vizioso banca-Stato è destinato a rimanere. Il ruolo dell’Esm e la supervisione della Bce.

IL NODO DELLE RISORSE
Un anno fa titolavamo: Unione bancaria: lontani dalla meta. Tre mesi dopo: Unione bancaria: la Commissione prova lo sprint. Fra un po’ non sapremo più che titolo inventare per questo tormentone, che mette in luce tutti i limiti della governance europea. Al di là del pendolo degli stop and go del processo decisionale, il problema è che l’Europa sembra in grado – seppure a fatica – di mettere in comune le regole i controlli sulle banche, ma non le risorse per gestire le crisi bancarie. Finché questo limite non verrà superato, l’Europa non riuscirà a spezzare il pericoloso legame, a livello nazionale, tra rischio dell’attività bancaria e bilanci pubblici. Il Consiglio europeo di un anno fa prese atto che questo è un obiettivo essenziale per uscire dalle secche della crisi del debito sovrano. Ma come ben sappiamo, quando si tratta di mettere in comune le risorse si incontrano le resistenze dei paesi che temono di perderci di più.
GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE
La proposta di direttiva avanzata ancora un anno fa dalla Commissione ha ottenuto un accordo politico dall’Ecofin, mentre la sua approvazione è prevista per la fine di quest’anno. Il principio fondamentale della direttiva è condivisibile: introdurre un quadro uniforme di gestione delle crisi bancarie, evitando che i costi dei salvataggi ricadano interamente sui contribuenti. I salvataggi bancari generano infatti non solo elevati costi per le casse dello Stato (si veda il caso irlandese per tutti), ma anche il noto problema dell’azzardo morale: chi gestisce le banche può essere indotto ad assumere elevati rischi, puntando sul salvataggio pubblico. Per questi motivi, la direttiva prevede uno specifico ordine di partecipazione alle perdite: prima gli azionisti e i creditori privati, tra cui saranno colpiti prima le obbligazioni subordinate e i depositi delle grandi imprese; poi le obbligazioni senior e i depositi delle piccole imprese e delle persone; solo dopo potrà intervenire il sostegno del settore pubblico nella fase di ristrutturazione di una banca in crisi. In ogni caso, non saranno colpiti i depositi fino a 100mila euro, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva sulla assicurazione dei depositi. Si chiarisce così che il principio del bail-in (la partecipazione dei privati alle perdite) fa pienamente parte delle regole di gestione delle crisi bancarie. Insomma, il metodo-Cipro non è stato eccezionale, anzi diventerà la regola. Tuttavia, si eviteranno in futuro l’improvvisazione e gli eccessi sperimentati nel caso cipriota (con il maldestro tentativo, poi rientrato, di coinvolgere anche i piccoli depositanti).
Vi sono ancora diversi dettagli da chiarire, ma il limite di fondo dell’accordo della settimana scorsa è che rimane nell’ambito della armonizzazione delle regole. La responsabilità della gestione delle crisi e soprattutto le risorse necessarie per gli interventi pubblici continueranno a essere nazionali: a carico dei fondi nazionali di risoluzione bancaria e, in ultima istanza, dei bilanci pubblici dei singoli Stati. Anche il meccanismo del bail-in, per quanto possa avere le sue ragioni, finisce per fare sì che l’impatto economico-finanziario dei fallimenti bancari ricada all’interno dei confini nazionali. Si noti che i prestiti interbancari, attraverso i quali potrebbe esserci una trasmissione internazionale delle perdite, saranno invece esentati dal bail-in. (1) Il salto verso un fondo unico europeo, gestito da un’autorità europea di risoluzione bancaria (Single Resolution Mechanism) rimane affidato a una nuova proposta di direttiva, che dovrebbe essere presentata a breve dalla Commissione, ma non sappiamo quando mai verrà approvata.
ASSICURAZIONE DEI DEPOSITI
Anche nel campo della assicurazione dei depositi siamo ancora in una fase di armonizzazione. La proposta di direttiva della Commissione, che peraltro è sul tavolo del Consiglio europeo da due anni, va nella giusta direzione di imporre a tutti gli Stati membri alcuni miglioramenti agli schemi nazionali, a cominciare dalla creazione di fondi finanziati ex ante dalle banche, cioè prima che si verifichi un dissesto. Tuttavia, il passaggio a una assicurazione europea non è neppure in vista.
INTERVENTO DIRETTO DELL’ESM NEL CAPITALE DELLE BANCHE
Il contributo del Fondo di stabilità europeo (European Stability Mechanism) per ricapitalizzare le banche sottoposte a ristrutturazione dovrebbe essere lo strumento attraverso cui l’Europa interviene direttamente e utilizza risorse comuni per risolvere le crisi bancarie. Ma l’accordo politico trovato nell’ultima riunione dell’Eurogruppo (che dovrà essere formalizzato insieme agli altri tasselli dell’unione bancaria) sembra fatto apposta per evitare che l’Esm spenda davvero parte delle sue risorse a questo scopo. Le condizioni perché ciò avvenga sono a dir poco severe: (i) lo Stato membro non è in grado di provvedere da solo alla ricapitalizzazione della banca oggetto di intervento; (ii) il contributo dell’Esm è indispensabile per salvaguardare la stabilità dell’area euro nel suo complesso o dei suoi stati membri; (iii) la banca ha rilevanza sistemica. Non solo, ma lo Stato membro deve contribuire alla ricapitalizzazione: deve fornire capitale per riportare il coefficiente patrimoniale (common equity) al 4,5 per cento, se la banca parte da un livello inferiore. Se invece questo limite è già raggiunto, lo Stato membro deve comunque fornire il 20 per cento delle risorse pubbliche necessarie alla ricapitalizzazione (10 per cento dopo i primi due anni). L’eventuale applicazione retroattiva di questo accordo – tanto attesa dalla Spagna – sarà decisa caso per caso all’unanimità; ogni governo dell’area euro avrà quindi potere di veto.
SUPERVISIONE ALLA BCE
Il trasferimento della vigilanza bancaria dalle autorità nazionali alla Bce, almeno per quanto riguarda le istituzioni di maggiore dimensione, è l’unico capitolo del progetto di unione bancaria in cui si sta superando la dimensione nazionale (seppure con ritardo rispetto ai tempi previsti all’inizio). Peraltro, nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo, l’unica cosa che si dice al riguardo è che, nella fase di transizione in cui saranno effettuati gli stress test sulle banche, ogni Stato membro dovrà predisporre le necessarie misure per mettere “in sicurezza” le sue banche (national backstops). Come dire: ognuno metta subito in ordine la sua casa, per non trovarsi poi nelle condizioni di dovere ricorrere alla solidarietà europea.
(1) Saranno esentati solo quelli con scadenza fino a una settimana, che però rappresentano la stragrande maggioranza dei prestiti interbancari.

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13 commenti

  1. Marco

    Mi piacerebbe avere alcuni chiarimenti:
    Riporto:
    “… la direttiva prevede uno specifico ordine di partecipazione alle perdite: prima gli azionisti e i creditori privati, tra cui saranno colpiti prima le obbligazioni subordinate e i depositi delle grandi imprese; poi le obbligazioni senior e i depositi delle piccole imprese e delle persone…”
    Dopo obbligazioni subordinate e depositi delle grandi imprese mette le obbligazioni senior.
    Non dovrebbero essere le junior ad essere colpite prima delle senior?
    Se alla ricapitalizzazione contribuisce, seppur in ultima analisi, lo Stato e l’ESM interverrà solo in casi talmente ristretti che a quel punto non credo che sarebbe solo una la banca fallita, non mi pare che il peso del fallimento non ricadrà sulla collettività.
    Intanto il bail-in lo pagano azionisti ed obbligazionisti che in un’economia contro “il troppo grande per fallire” ha un senso, ma poi interviene lo Stato comunque.
    E l’ESM, con quelle condizioni poste, interverebbe solo in caso di catastrofi.
    Sbaglio?
    Grazie.

    • Ras

      Con il bail-in s’introduce il concetto che una banca possa intaccare gli obbligazionisti senior senza fallire. Il problema è che le obbligazioni senior non sono solo in mano a sofisticati investitori ma ne sono pieni i portafogli dei clienti retail. E’ per questo che il legame con lo Stato almeno in Italia non si potrà spezzare

  2. Piero

    Ciò che manca in Europa e’ la politica, non vi è una politica europea, ma vi e’ un contratto tra gli stati, arriviamo all’unione bancaria senza risorse comuni (ad eccezione del fondo Esm, a mio avviso o lo chiedono tutti o nessuno per come e’ stato concepito), si pongono le regole come fu l’adozione con l’euro ma non si prevedono politiche di solidarietà necessarie, quindi vedo nell’Unione bancaria un’ulteriore laccio ai governi nazionali, ai quali dopo avere imbrigliato la loro politica monetaria e dopo avere imbrigliato la politica monetaria che può svolgere il sistema bancario, possiamo concludere che il cappio al collo degli stati è stato messo, basta tirare la corda.
    Il modello Cipro e’ giusto, solo se viene svolto a livello europeo, vi sono le regole per le banche, il modello Cipro distribuirà i costi, ma non devono essere i singoli paesi che ne subiscono il danno deve essere l’unione europea dove non occorre mettere un’altro regolatore, abbiamo la Bce che paga, infine dei conti alla Bce contribuiscono in % le singole banche centrali nazionali, se i danni superano i fondi della Bce, i singoli stati verranno chiamati alla contribuzione.
    In tale modo si vi sono le regole, vi sono le sanzioni, vi è chi paga, in ultimissima analisi e’ chiaro che ricade sul cittadino, ma in tale caso i singoli stati devono prevedere la nazionalizzazione della banca, se paga il cittadino deve essere i sua proprietà.
    Ciò è’ un ogni non avverrà mai, si crea solamente un mostro che serve a mettere i lacci alle banche per il controllo della creazione della moneta.

  3. Roberto

    A parte il discorso delle crisi bancarie, a me sembra che sia più importante il come viene gestita una banca, di qualsiasi dimensione.
    Lo spirito di gestione delle banche europee sarà quello del credito cooperativo o quello liberista infarcito di derivati per spostare soldi dai depositanti a “certa altra gente” ?

  4. Piero

    L’unione bancaria solo con le regole senza un fondo comune fa la fine dell’euro, non risolve il problema dell’intreccio debito pubblico/banche, anzi contribuisce al peggioramento della crisi finanziaria attuale; senza un fondo comune non si possono mettere regole comuni per le banche come senza un fondo comune non si poteva mettere ieri regole del cambio fisso tra i paesi euro, la situazione attuale e’ stata creata da tale miopia politica, oppure e’ stata voluta per fare l’impero economico tedesco.
    Naturalmente oggi si vuole l’unione bancaria solo con le regole senza un fondo comune perché oltre agli stati si vuole mettere la camicia di forza anche alle banche.
    Con un fondo comune gestito dalla Bce si possono mettere le regole comuni bancarie seguendo il modello Cipro, in ogni caso quando si chiede l’intervento dei cittadini la banca va nazionalizzata.

  5. Maurizio Cocucci

    Io condivido in pieno la direzione che si sta percorrendo. Non sono per nulla favorevole alla creazione di un fondo cumune europeo per salvare le banche. Non capisco perchè i riparmiatori italiani dovrebbero impiegare i propri risparmi (assieme a quelli di risparmiatori di altri paesi) per salvare banche straniere.

    • Piero

      Assolutamente d’accordo per non salvare le banche straniere, ma l’unione non prevede il loro salvataggio, il problema del fondo bancario a mio avviso deve essere gestito dalla Bce che non è altro che l’unione delle banche centrali dei singoli paesi euro, con le quote di sottoscrizione verrà ripartita la sofferenza, in ogni caso il problema del default di una banca, o pagano i risparmiatori che gli hanno affidato i soldi o tutti i cittadini se essa viene salvata dallo stato, quindi la scelta della politica e’ questa, il modello Cipro tutela i piccoli risparmiatori con lo stato, mentre i grandi subiscono il taglio, questa può essere una soluzione, tutto e discutibile.

      • Joda

        Singolare considerare grande risparmiatore chi possiede più di 100.000 € in titoli o contante, quasi tutte le case costano di più eppure non mi sembra che si possa definire i loro proprietari “grandi risparmiatori”. Si utilizzano criteri diversi sul piccolo o grande risparmiatore a seconda che si possieda mattoni o denaro contante ?
        Le azioni sono titoli di rischio, le obbligazioni, seppur non concepite come tali, pure; ma “trattenersi” parte della cifra eccedente 100.000 € depositata su un conto corrente, a mio avviso, si chiama in modo diverso.
        Cit. “…o pagano i risparmiatori che gli hanno affidato i soldi o tutti i cittadini…”. Quindi sig. Pietro, tanto per chiarire quello che successo recentemente a Cipro: se io parcheggio anche occasionalmente, la mia auto presso un autoparcheggio e questo fallisce, se vi ho parcheggiato un’auto di lusso, lei non ha nulla da obiettare se parte dell’auto viene “trattenuta” per saldare i debitori (l’importante, per essere nel giusto, che se è una Panda questa non si tocca !) . Il problema è come sia possibile che una banca, con tutti i controlli degli enti preposti, le riserve, i mille controlli interni ed esterni, la vigilanza possa trovarsi in tale situazione. Forse una banca non dovrebbe emettere titoli tossici, speculare con strumenti derivati o con leva finanziaria anche con il denaro dell’obbligazionista o del correntista. Se le cose vanno bene le retribuzioni e i premi per i dirigenti sono a 6 o 7 zeri, e se va male pagano anche, come a Cipro, chi detiene più di 100.000 € ? Se io gioco al casinò e mi tengo le vincite e chiedo ad altri di saldare le perdite per lei siamo nella direzione giusta ?

    • Mic

      Perche’ i risparmiatori non italiani potrebbero trovarsi ad impiegare i propri risparmi per salvare le banche italiane?

      • Maurizio Cocucci

        Esattamente. Si prenda il caso del MPS, non vedo perchè stranieri, se non azionisti o possessori di obbligazioni della banca, dovrebbero contribuire al suo salvataggio.

  6. Piero

    Oggi la Merkel, afferma che la vigilanza unica bancaria porterà nuovi investitori in Europa e contribuirà alla diminuzione della disoccupazione giovanile, abbiamo toccato il fondo, la voglia di imbrigliare le banche come sono stati imbrigliati gli stati da parte della Merkel e’ talmente forte al punto tale da raccontare delle “balle” come questa, il problema c’è, perché gli stati gli credono e fanno tutto quello che vuole, i paesi meridionali sono ricattati, oggi in Europa comanda chi ha più soldi, questa e’ la nuda e cruda realtà, l’Europa e’ unità dal ricatto e dalla paura e dalla debolezza dei politici che gestiscono gli stati, penso che questa situazione non durerà molto, i cittadini non credono più alle storielle che gli vengono raccontate.

    • Maurizio Cocucci

      Guardi che è proprio il contrario. A spingere sull’unione bancaria sono in particolare gli stati mediterranei e la Francia, mentre la Germania e altri stati del nord Europa sono stati coloro che hanno frenato. Non ho letto il commento della cancelliera Merkel che lei ha riportato, ma se detto così è in parte di senso opposto alla politica che ha tenuto, visto che la Germania ha sempre guardato con diffidenza ad una vigilanza bancaria trasferita alla BCE.

      • Piero

        TgCom24 “non ci deve essere una generazione perduta”, come soluzione alla crisi la cancelliera ha quindi indicato la vigilanza bancaria unica in modo da portare nuovi investitori in Europa.
        Non capisce la Merkel, ma forse gli fa comodo non capire, che gli investitori non si fidano della guida monetaria dell’euro, hanno fatto fallire la Grecia, Cipro ecc, parliamo di sciocchezze, gli investitori non ritengono una guida affidabile quella monetaria in Europa, non vi è una logica, siamo stato salvati in parte delle politiche monetarie espansive del resto del mondo principalmente Usa e Giappone, mentre la Bce in ottemperanza al diktat tedesco e’ immobile, se ha fatto interventi sono stati ampiamente sterilizzati.
        All’inizio del l’adozione dell’euro avvenne la stessa cosa, ma quando vi fu l’entrata dell’Italia la Germania ha brindato, si è tolta da dosso le continue svalutazioni della lira che di fatto bloccavano le esportazioni tedesche in Italia, i fatti parlano chiaro, oggi circolano in Italia più macchine tedesche che italiane.

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