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La leggenda dei 200mila nuovi posti di lavoro

Il pacchetto di misure per il lavoro varato martedì dal governo prevede una riduzione del 33 per cento del costo del lavoro per le assunzioni di persone con meno di 30 anni fino all’esaurimento delle risorse disponibili.
Gli sgravi possono avere una durata massima di 18 mesi (nel caso di nuove assunzioni) oppure 12 mesi (nel caso di trasformazioni di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato). L’esperienza passata è eloquente circa l’inefficacia di incentivi temporanei alle assunzioni. Analisi ospitate a più riprese su questo sito dimostrano che i posti aggiuntivi sono pochissimi e che gli sgravi vanno per lo più a imprese che avrebbero comunque fatto le assunzioni. Il rischio è ancora più alto se i fondi finiscono e bisogna introdurre lotterie (i cosiddetti rubinetti) per razionare i potenziali beneficiari. (1) Difficile, infatti, che un datore di lavoro decida di creare posti di lavoro a tempo indeterminato davvero aggiuntivi in virtù di un contributo pubblico che poi, alla prova dei fatti, potrebbe non essere erogato.
Ma anche ipotizzando che tutti i fondi disponibili andassero alla creazione di posti aggiuntivi, si è ben lontani dalla cifra di 200 mila nuovi posti di lavoro cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio Letta (che per la verità si riferiva all’impatto complessivo del provvedimento, compresa la “manutenzione” della legge 92) o anche dai 100 mila attribuiti dal ministro Giovannini a questo specifico provvedimento. Gli stanziamenti sin qui previsti sono, infatti, di circa 100 milioni nel 2013, 150 nel 2014 e 2015 e 100 nel 2016 per le regioni del Mezzogiorno. A questi fondi dovrebbero aggiungersi altri 300 milioni per le regioni del Nord (il condizionale è d’obbligo perché in attesa di avere il testo licenziato dal Consiglio dei ministri non è chiaro quali siano le coperture), da spalmare su quattro anni, quindi -poniamo- 75 milioni all’anno all’anno per i prossimi quattro anni. Ogni anno sarebbero cosi disponibili al massimo 225 milioni di euro. I salari medi lordi di giovani con meno di 30 anni sono di 19.768 euro. In termini di costo del lavoro per il datore del lavoro, questo significa 24 mila euro. Il 33 per cento di tale importo è pari a 8 mila euro (oppure a 674 euro per 12 mensilità). La legge prevede però che lo sgravio non possa essere più di 650 euro mensili. Quindi il vincolo è stringente. Dunque, dividendo i 225 milioni per 7.800 (650 x 12) si ottengono 28.846 posti di lavoro. Siamo ben lontani dai 100 mila e ancor più dai 200 mila.
(1) Si veda Anastasia, Boeri e Cipollone

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Il Punto

18 commenti

  1. Condivido quanto sostenuto dal Prof. Beoeri .
    La misura è troppo timida e non capace di generare incrementi di occupazione sia per motivi tecnicoeconomici che psicologici .
    Michele Regina
    cdl e direttore generale agenzia per il lavoro

    • Nadia Lanzetta

      ma e’ possibile fare decreti senza aver fatto i conti PRIMA?

  2. Patrizio Di Nicola

    Pienamente d’accordo. Tra l’altro secondo l’audizione di ieri in Parlamento dell’Istat, i potenziali beneficiari (che rispondono ad almeno uno dei criteri dati all’art. 2 del decreto) sono 1,453 milioni. Creare 30 mila posti significa ridurre la disoccupazione al massimo di 2% nello specifico gruppo, e 0,1% in totale. Vale la cifra stanziata?

  3. Lucio Sepede

    Concordo con il Prof. Boeri e aggiungo che è da escludere che le
    imprese possano assumere nuovo personale visto che la domanda resta stagnante o
    addirittura è in diminuzione. Pertanto i fondi stanziati verranno spesi
    esclusivamente per le assunzioni già programmate. Se non si trovano il coraggio
    e la forza per allargare la domanda attraverso progetti nei beni culturali,
    nella formazione e nel turismo, penso che saremo condannati a rimanere per anni
    in questa dannata situazione di stallo.

  4. giulioPolemico

    So di non aggiungere molto a quanto più che giustamente scritto dal Prof. Boeri, ma ampliando un po’, neanche troppo, il discorso posso far notare che una ripresa dell’occupazione vi sarà unicamente quando avremo investito in ricerca scientifica. Se non inizieremo a coltivare il pensiero razionale, attribuendo a scienza e tecnologia il valore che si meritano, i nostri prodotti non potranno mai essere interessanti e competitivi, non saranno mai richiesti, e noi non avremo mai occupazione. Nella migliore delle ipotesi avremo sotto-occupazione, in lavori e attività da Paese in via di sviluppo, e non da Paese sviluppato e moderno (in compenso subiremo la competizione sempre crescente dei Paesi emergenti la cui capacità tecnologica aumenta di anno in anno (Cina, Brasile)).
    L’unico problema è che per un popolo arretrato come il nostro tale cambiamento di mentalità richiede almeno una generazione (ma che vada bene davvero).
    Pertanto, almeno per il prossimo mezzo secolo, sarebbe già una grandissima fortuna che la situazione non peggiori.

  5. Nicola_FRE

    La legge prevede però che lo sgravio non possa essere più di 650 euro mensili. Dunque, dividendo i 225 milioni per 7.800 (650 x 12) si ottengono 28.846 posti di lavoro. Siamo ben lontani dai 100 mila e ancor più dai 200 mila.
    Poche righe per smontare una manovra.. ma si possono ancora leggere altri giornali di pagine e pagine di discorsi e chiamarlo giornalismo?

  6. Fabrizio Dei

    Condivido. Piano a dire che le imprese non hanno più alibi. Ora c’è o dovrebbe esserci la seconda parte del lavoro, quella dedicata ai territori, alle loro risorse, all’accesso e agli strumenti dell’impresa e alla definizione dei nuovi soggetti. Nell’età della rete, diritto al lavoro e diritto all’impresa coincidono. La riflessione da fare è urgente.

  7. Jun Jie

    Sembra quasi che si divertano a far le pulci ai professori che assumono incarichi di governo.
    Si fa presto a criticare…Monti,Grilli, Fornero, Letta, Saccomanni operano con i limiti e i cinocli di una coalizione difficile e litigiosa.
    Nei giorni scorsi si è saputo che una modifica che la Fornero ha fatto per allungare il tempo che intercorre fra un contratto a tempo determinato e un altro era stato caldeggiato molto dal sindacato. Allungando i tempi, le imprese hanno ridotto le assunzioni….e giù critiche a Fornero.
    Voi cosa avreste fatto alle prese con sindacati, partiti, crisi economica?
    Nessuno come Monti aveva l’autorità intellettuale e il prestigio per farsi ascoltare e guarda che calvario ha passato, quanta fatica, quante mediazioni.

  8. Piero

    Naturalmente in Italia e’ difficile fare un provvedimento serio ed efficacie, si è fatto un provvedimento che è servito solo al marketing del governo.
    Cosa si doveva fare?
    Tutti gli assunti, a prescindere giovani o non, per tre anni non pagano i contributi previdenziali e si deve prevedere una tassazione fiscale ridotta, i lavoratori che al momento godono di ammortizzatori sociali ( sono iscritti nelle liste di mobilità) nel caso rifiutano il posto di lavoro nella provincia di residenza perdono il trattamento pubblico.
    Per i giovani che escono dalla scuola si deve riformare l’apprendistato, deve essere chiamato “agevolazioni ingresso lavoro alla conclusione del periodo formativo”, mi spiego, l’obiettivo e’ fare lavorare subito il ragazzo che esce dalla scuola di qualunque tipo o secondaria o universitaria, entro due anni il ragazzo può andare nelle imprese con un compenso del 50% di quello contrattuale e senza pagamento di qualsiasi onere per la ditta che lo assume, sono tutti contratti prova sia per il lavoratore che per l’azienda possono essere sciolti da entrambi con un minimo preavviso, entro questo periodo di due anni se vi è l’incontro tra il lavoratore e l’azienda dal contratto prova si passa al contratto a tempo indeterminato che godrà di un’agevolazione contributiva per 5 anni.
    Naturalmente per la diminuzione della disoccupazione giovanile si deve intervenire sulla scuola, ma questo non deve essere l’intervento sul lavoro.
    La riforma che ho delineato non ha impatto sul bilancio, perché in questo modo lavorano i disoccupati, il provvedimento e di facile attuazione.
    Il governo attuale al contrario di Monti che faceva trasparire solo momenti difficili, ha dato una speranza, ma nei fatti ad eccezione del coraggio sull’imu e sul l’iva, sul decreto del fare ha deluso molto, sia nel campo del lavoro che nel campo del credito alle imprese, che alla fine e’ la causa della disoccupazione.

  9. Fabrizio de Luca

    Penso che l’immissione di incentivi per la creazione di posti di lavoro abbia solo un effetto panacea. Sarebbe auspicabile una riduzione del costo del lavoro, ma dovrebbe anche esserlo, una politica di riforma industriale, l’imprenditoria italiana è quella dell’arraffa e scappa, non si investe in ricerca ed innovazione non si può vivere di rendita parlando solo di “made in italy”!!

  10. Antonio Carlo Scacco

    In una situazione di generale depressione della domanda interna è evidente che assumeranno solo coloro che producono essenzialmente per l’esportazione (in prevalenza grandi industrie). Questa circostanza, peraltro passata sotto il silenzio generale, spiegherebbe gli entusiasmi (sia pure parziali) di Squinzi.

  11. Alberto

    Ipotizzare che diminuendo il costo del lavoro questo generi occupazione è come ipotizzare che un motore torni a funzionare diminuendo il costo del carburante.
    In prevalenza il motore dell’economia italiana era basata sulla politica Keynesiana (che a forza di scavare buche e riempirle ha provocato l’attuale debito) e sul consumo (le famiglie si sono indebitate). Gli stati non vogliono più indebitarsi, i consumi personali crollano da anni e i mutui sempre più rari. Ora qualcuno riesce a spiegarmi come un’attività economica, quale ad esempio una libreria, dovrebbe assumere in virtù del minore costo del denaro se il numero di clienti che acquistano libri è in continua diminuzione ? Si certi piuttosto di limitare l’importazione di merce prodotta in paesi emergenti nei quali il costo della mano d’opera è una risicata frazione di quello dei paesi europei.

  12. Alessandro

    credo che il Prof. Boeri ed il governo stiano dicendo esattamente la stessa cosa. Secondo l’autore del post, si avrebbero a disposizione 225 milioni di euro l’anno, capaci di attivare circa 28mila posti l’anno. Il decreto ha però un orizzonte di 4 anni, per cui 28mila*4=112 mila posti di laovoro attivati in 4 anni, così come dichiarato dal governo…

  13. Maurizio Cocucci

    Io sono molto scettico sull’efficacia di queste misure, perchè una azienda assume se ha lavoro e non perchè gli costa meno il dipendente. Noi poi continuiamo a reputare alto il nostro costo del lavoro quando non è così. I nostri imprenditori, ma anche qualche economista, danno questa falsa informazione basandosi sull’incidenza del cuneo fiscale in termini percentuali, che in effetti è tra i più alti, ma se il salario netto percepito dal lavoratore è inferiore (e spesso di molto) rispetto ad omologhi di altri paesi, alla fine anche con un cuneo fiscale elevato il costo complessivo del lavoro non è detto che sia il più alto. Eurostat ad esempio, nella newsrelease 54/2013 del 10 Aprile 2013, fornisce i seguenti dati riguardo il costo orario del lavoro per l’anno 2012 (media aziende con più di 10 dipendenti) nei vari paesi dell’Unione Europea (ne cito solo alcuni): Germania 30,4 (euro); Francia 34,2; Danimarca 38,1; Paesi Bassi 32; Austria 30,5; Spagna 21; Italia 27,4. Se poi si prosegue nei dettagli dei vari settori economici la classifica non cambia di molto e noi rimaniamo sempre con un costo inferiore a quei paesi che guarda caso soffrono meno la crisi. Segno che il costo del lavoro non ha una influenza negativa sull’andamento economico. D’altronde l’incidenza del costo del lavoro sul costo complessivo di prodotto, per una azienda manifatturiera, quanto incide, il 15-20%? Per cui anche riducendo ad esempio del 5% il costo del lavoro quale sarà il vantaggio per l’azienda sul costo complessivo del prodotto, l’1% circa (-5% sul 20%)? Parlo di una riduzione ipotetica del 5% perchè poi occorre vedere l’incidenza degli incentivi per i neoassunti sul costo totale del personale e inoltre a medio-lungo termine. A mio avviso gli sforzi devono essere concentrati per ridurre la tassazione generale e quella delle fasce più basse, non sprecare risorse per incentivi quasi inutili.

    • Cosimo Martella

      Il lavoro da fare per creare lavoro
      Concordo sul fatto che non saranno gli sgravi contributivi o le agevolazioni sulle assunzioni ( che senz’altro avranno un loro peso) a creare nuovi posti di lavoro. Se manca la materia prima “il lavoro” nessun imprenditore procederà a nuove assunzioni perché è stato emanato un provvedimento legislativo che agevola l’assunzione in quel particolare momento. Non condivido la tua analisi sul reale costo del lavoro in Italia che a mio modesto parere era e rimane alto. Per non parlare poi di quanto resta in tasca al lavoratore (una miseria). Se dobbiamo fare un’analisi sul costo complessivo del prodotto, l’analisi va fatta a parità di condizioni. Può anche essere che il costo del lavoro non ha un’influenza negativa sull’andamento economico ma, laddove la disoccupazione è stagnante, il costo del lavoro ha un’influenza negativa sui consumi. Quindi anche se indirettamente, abbassando il costo del lavoro si potrebbero creare nuove opportunità occupazionali. Nuovi posti di lavoro significano mettere dei soldi in tasca ai nuovi assunti che potrebbero acquistare prodotti, rilanciando i consumi. Un disoccupato, senza soldi da spendere non acquista prodotti anche se questi hanno un basso costo. Al contrario, se ha soldi da spendere, acquisterà beni e/o servizi anche se hanno un prezzo alto.
      Come ho già scritto in un mio commento postato su: http://www.lavoce.info/lettera-imprenditore/, urge indagare per capire il perché le nostre aziende stiano morendo con conseguente sparizione di migliaia di posti di lavoro………).
      Nel suddetto commento esprimo un mio pensiero con la speranza che qualche economista metta su un algoritmo per la soluzione del problema lavoro magari utilizzando i seguenti dati:
      Importazione=disoccupazione; esportazione=occupazione; occupazione=consumo; consumo=produzione;produzione=occupazione;occupazione=lavoro;basso costo del lavoro=occupazione;alto costo del lavoro=disoccupazione;lavoro=ricchezza reale e non fittizia; ricchezza reale=moneta; moneta=carburante per il motore dell’economia.

      • Maurizio Cocucci

        Io non dico che gli incentivi sul costo del lavoro non siano utili, è che se ho risorse limitate cercherò di avere il massimo beneficio da ogni euro speso (o investito). Un imprenditore che si trova nella necessità di assumere uno o più dipendenti sarà certamente felice di avere uno sconto, ma non è quella la motivazione per cui assume. Condivido la parte in cui con più lavoro si ha un aumento dei consumi e difatti è anche questo un problema italiano. Noi siamo circa 60 milioni e gli occupati ufficiali sono poco meno di 23 milioni, mentre in Germania che conta una popolazione di 82 milioni di persone, gli occupati sono 43 milioni. Avere una percentuale di occupati in più conta molto in termini di ricchezza prodotta e da quello che ha scritto sarà sicuramente d’accordo. Noi dobbiamo aumentare il numero degli occupati, creando lavoro e facendo emergere il lavoro nero, perchè diciamolo, molti di quelli che risultano non occupati in realtà lavorano ma non lo dichiarano (spesso non per loro volontà). Sulla questione del costo del lavoro se sapesse i valori circa il cuneo fiscale negli altri paesi sviluppati e li confrontasse con il nostro vedrebbe che c’è una contraddizione già in quello che ha scritto, cioè che noi percepiamo spesso salari netti bassi (corretto) ma che il costo del lavoro è uno dei più alti. Ebbene non è così, il cuneo fiscale italiano è indubbiamente alto ma lo è ancora di più ad esempio in Germania, in Francia e in Austria. In alcuni altri Paesi è inferiore ma i salari netti sono ben superiori per cui se calcola il costo lordo scoprirà che ad una impresa italiana il dipendente medio non costa di più che nella maggior parte dei paesi ad economia più sviluppata. Fanno eccezione Giappone, GB e USA, ma li c’è anche un sistema diverso da quello europeo. Quello ad essere alto, e forse anche tra i più alti, è il costo del lavoro per unità di prodotto, ma qui entrano in gioco anche fattori come la produttività.

        • Cosimo Martella

          E’ indiscutibile che non sia solo il costo del lavoro a creare così tanti disoccupati. Sono molteplici i fattori che ci hanno portato alla situazione attuale cos’ì come sono tanti gli errori fatti nel corso degli anni. La globalizzazione e la delocalizzazione delle attività produttive hanno senz’altro inciso in maniera importante nel contesto economico Italiano.
          Un altro problema è che ormai sempre più marchi italiani stanno finendo nelle mani di holding straniere, con il solo scopo di accaparrarsi la quota di mercato e produrre non certo sul territorio Italiano ma, laddove il costo del lavoro è più basso.
          Credo che la politica dei piccoli passi rimane sempre una carta vincente in tutti i campi e quindi anche nel mercato del lavoro. Sono tanti i piccoli passi che non sono stati fatti nel passato per cui oggi resta difficile rimediare. Non si può raggiungere un grande obiettivo dall’oggi al domani.
          Bisogna pensare in grande e agire in piccolo e non viceversa. E’ illusorio pensare che, in una logica di libero mercato, si possano creare posti di lavoro tramite provvedimenti legislativi a maggior ragione se tali provvedimenti sono restrittivi anziché permissivi.
          Si parla tanto di riforma del MDL e poco della riforma del sistema della formazione. Mercato del lavoro e formazione devono iniziare a parlare la stessa lingua.
          E’ auspicabile che il dialogo tra il mondo dell’Istruzione/formazione (soggetto pubblico) e il mondo del lavoro (parti sociali) sia permanente e costruttivo se vogliamo dare ai nostri giovani le competenze che il MDL oggi richiede.
          Il mercato del lavoro lo si può paragonare ad una locomotiva che non solo viaggia veloce ma che sbanda di continuo.
          È difficile sia salirci sopra sia restarci. Per salirci occorre avere le giuste competenze e per restarci bisogna che le stesse siano continuamente aggiornate se non vogliamo che ci facciano scendere. E’ tempo di applicare a pieno la formazione continua cos’ì com’è stato fatto in altre Nazioni. In Francia, la formazione continua è una realtà che esiste dal 1970. In Svizzera, per i giovani, sono previsti momenti di alternanza tra scuola e aziende durante l’anno scolastico.
          Ho trovato interessante la proposta dell’Ancl per la modernizzazione del mercato del lavoro postata
          su: http://t.contactlab.it/c/2001165/4678/8874882/101962

  14. Walter La Motta

    Se i nostri politici avessero un po più di coraggio, dovrebbero abbassare le tasse (tutte) al 30% e farle pagare a tutti. I contratti di lavoro dovrebbero essere solo 3 e non 3000: formazione e inserimento al primo lavoro, determinato, e indeterminato con un ulteriore sgravio fiscale rispetto agli altri 2. Fatto questo si potrebbe parlare anche di flessibilità. A mio modesto parere solo così potrebbe ripartire l’economia.

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