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Decreto del Fare

Qualche aspetto positivo, molte misure modeste in questo primo provvedimento a largo raggio del Governo Letta. Più che un decreto “del fare” sembra un classico milleproroghe. Con una trovata di marketing: si enfatizzano separatamente i piccoli aspetti positivi ed eventualmente si concentreranno quelli negativi in una botta sola, come un solo grosso costo. Alcune valutazioni divise per materia

Giustizia civile di Daniela Marchesi
IL PROBLEMA DELLA LUNGHEZZA DEI PROCESSI
Il decreto “del fare” dedica molto spazio al tema della giustizia e introduce svariate misure improntate a ridurre la lunghezza dei processi civili. Il fatto che si esprima un’intenzione chiara di affrontare il problema è importante ed è già cosa positiva in sé. Ma, anche per la penuria di risorse messe a disposizione, non possiamo attenderci una elevata efficacia degli interventi. Il cuore dell’architettura delle disposizioni del decreto mira a deflazionare l’arretrato e per farlo sarebbero necessari fondi che il paese in questo momento non ha. Si aggiungono poi altri interventi volti a ridurre il numero di nuovi processi: non richiedono risorse, ma non appaiono introdurre, per chi si trovi in contesa, efficaci incentivi a scegliere transazioni stragiudiziali anziché processi civili in tribunale.
DISPOSIZIONI PER RIDURRE L’ARRETRATO
A supporto dell’attività delle Corti di appello, si procede a reclutare fino a 400 giudici ausiliari che supportino l’attività dei magistrati nei processi civili e che restino in carica cinque anni, rinnovabili una sola volta. Anche se le categorie di provenienza tra cui si possono reclutare sono diverse (giudici e avvocati dello Stato in pensione, docenti universitari, eccetera), di fatto il combinato delle regole situate in vari punti dell’articolato fa sì che il bacino sarà quasi esclusivamente quello degli avvocati non in pensione, cioè nel pieno esercizio delle loro attività. Vi è una esplicita e stretta limitazione nel numero degli accessi per magistrati e avvocati dello Stato in pensione, che invece rappresenterebbero personale già esperto non solo nella materia, ma anche nella pratica attività da svolgere.L’intervento è riservato alle sole Corti d’appello: se è vero che queste mostrano una crescita dei tassi di accumulo dei processi pendenti, un intervento straordinario per smaltire il vecchio arretrato nei tribunali avrebbe effetti decisamente più consistenti per migliorare l’efficienza generale del sistema. Il primo grado è la porta d’accesso al sistema giustizia: se non si regola correttamente il traffico qui, tutto il resto del sistema ne è travolto. E mentre per il primo grado negli ultimi anni sono stati introdotti molti (pur migliorabili) interventi necessari a contenere la litigiosità e aumentare l’efficienza dei processi (la crescita dei processi pendenti si è praticamente arrestata a partire da primi anni Duemila), la lunghezza dei processi rimane ancora uno dei principali incentivi ad andare in giudizio per ragioni opportunistiche: se i tempi sono lunghi, rivolgersi al tribunale conviene a chi ha torto, per ritardare il pagamento dovuto o stancare la controparte fino a rinunciare.
All’ingresso di personale “di emergenza” presso le Corti di appello, fa da contraltare lo spostamento temporaneo alla Corte di Cassazione (sezioni civili) di trenta magistrati attualmente nel pieno della loro attività, non per svolgere funzione giudicante, ma per fare da supporto di studio a quelli effettivamente operativi. Supporto utile senz’altro all’attività della Cassazione, ma al contempo foriero di inefficienze e ritardi in quegli uffici giudiziari dove quei giudici operavano. I magistrati che possono essere interessati dallo spostamento devono infatti essere in “effettivo esercizio delle funzioni di merito” da almeno cinque anni.
Infine, per giovani laureati meritevoli vengono previsti incentivi a effettuare un tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, di diciotto mesi non rinnovabili, dove verrebbero impiegati in attività di staff al magistrato, con il duplice obiettivo sia di formare in modo qualificato all’attività di giudice o avvocato i giovani appena usciti dagli studi, sia di immettere rapidamente e con modestissima spesa personale di supporto all’attività dei magistrati. Si tratta senz’altro di un intervento utile sotto diversi profili, ma dal quale non ci si può attendere grandi miglioramenti per la macchina giudiziaria. Questi stage, infatti, pur con modalità variegate sono già largamente diffusi presso molti uffici giudiziari e dunque, anche se migliorati negli incentivi di accesso e nelle modalità di svolgimento, difficilmente produrranno un sensibile scatto di efficienza nella macchina giudiziaria.
DISINCENTIVI PER IL RICORSO AL TRIBUNALE
Per deflazionare la domanda di giustizia si ricorre alle Adr – forme alternative di risoluzione delle controversie. In particolare, per una serie di materie del contendere viene reinserita la mediazione obbligatoria presso un organismo autorizzato, da pagare a spese delle parti e propedeutica ad avviare un processo davanti a un giudice vero e proprio. Reinserita perché la Corte costituzionale l’aveva dichiarata illegittima per eccesso di delega e quindi eliminata. Obbligatoria poiché l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione necessaria e preliminare per la “procedibilità della domanda giudiziale”, cioè per iniziare un processo di fronte a un giudice.
Rispetto al passato, però, quando pure non aveva prodotto grandi risultati perché sostanzialmente disapplicata dai giudici, ci sono tre differenze importanti: a) non è più prevista l’applicazione alle controversie che interessano incidenti stradali, che sarebbero invece proprio tra le tipologie più adatte a essere risolte con la mediazione; b) gli avvocati iscritti all’albo diventano di diritto mediatori riconosciuti dalla legge; c) si fissanotariffe estremamente contenute nel caso in cui non si arrivi all’accordo (dai 60 euro per la cause di valore più basso a un massimo di 200 euro per quelle di valore superiore ai 50mila euro), che certo non scoraggiano dall’andare avanti col processo e che, anzi, permettono di inserire nuovi passaggi utili a dilatare i tempi per la parte che vuole tirare in lungo.
La combinazione di questi elementi non rende molto efficace l’intervento: se già lo era stato poco in passato, non ci si può aspettare molto ora, visto che ne è stato ridotto l’ambito e depotenziato l’eventuale effetto disincentivante nell’andare in causa.

Credito e Pmi di Raffaele Lungarella e Francesco Vella
Le misure del decreto legge “sul fare” per facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese intendono ridurre il rischio delle banche nella concessione dei finanziamenti e, direttamente o indirettamente, il costo del danaro per le aziende. Bisogna subito dire, però, che una loro valutazione complessiva sarà possibile soltanto dopo l’emanazione dei decreti ministeriali con i quali si definiranno criteri e modalità per la selezione dei beneficiari.
Il primo provvedimento attuativo sarà del ministero dello Sviluppo economico (di concerto con quello delle Finanze) per rendere operativo il rafforzamento del fondo di garanzia per le Pmi, previsto dall’articolo 1 del Dl. Il beneficio consiste nell’ampliamento del ventaglio delle operazioni di finanziamento per le quali si può chiedere la copertura del fondo. Sarà, così, più agevole ottenere anticipazioni bancarie per i crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche.
Il decreto legge prevede “l’aggiornamento, in funzione del ciclo economico e dell’andamento del mercato finanziario e creditizio, dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell’accesso alla garanzia del fondo e della misura dell’accantonamento a titolo di coefficiente di rischio” (articolo 1, lettera a, punto 1). Se l’obiettivo della norma è di utilizzare anche lo strumento della garanzia in funzione di contrasto al ciclo economico, i criteri di selezione delle imprese da ammettere al fondo potrebbero essere meno rigorosi di quelli applicati ordinariamente, accrescendo il rischio di perdite (in ogni caso, anche se la percentuale delle perdite non aumentasse, l’ammontare dei finanziamenti garantiti dovrebbe contrarsi, dovendo aumentare la misura dell’accantonamento).
L’estensione delle garanzie dovrebbe indurre le banche a contenere i tassi di interesse applicati ai finanziamenti.
RIDUZIONE DEL COSTO DEI FINANZIAMENTI
 Con una seconda misura, il decreto mira direttamente a un abbattimento del costo dei finanziamenti alle Pmi e a fornire alle banche i capitali necessari per concederli. Presso la Cassa depositi e prestiti viene costituito un plafond per la provvista di 2,5 miliardi di euro, eventualmente raddoppiabili, al quale possono attingere le banche per concedere – entro il 31 dicembre 2016 – finanziamenti di durata massima quinquennali, coperti dalla fideiussione del fondo per l’80 per cento del loro importo.
A partire dal 2009, la Cdp ha già messo a disposizione delle banche due plafond, per complessivi 18 miliardi di euro, da utilizzare per il finanziamento delle Pmi. Anche con questo nuovo, più contenuto, plafond, il funding sarà a condizioni di mercato, ma vengono introdotte rilevanti novità nella concessione dei finanziamenti. Con i due precedenti plafond, le banche potevano concedere finanziamenti per iniziative di investimento, per le esigenze di capitale circolante e per scontare i crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche.
La nuova provvista, invece, deve essere impiegata solo per operazioni di finanziamento alle Pmi che si propongono di acquistare, anche con operazioni di leasing, macchinari, impianti e attrezzature nuove di fabbrica da destinare a un uso produttivo. L’esclusione dai finanziamenti di beni usati dovrebbe contribuire a sostenere la domanda – e l’occupazione – delle imprese che producono beni di investimento (che essendo nuovi dovrebbero essere anche tecnicamente avanzati).
La misura potrebbe risultare particolarmente gradita alle imprese: riceveranno un contributo per il pagamento degli interessi. Il livello dell’agevolazione sarà definito per via amministrativa, ma la relazione tecnica al decreto prevede che “l’importo massimo del contributo è pari alla somma degli interessi calcolati sui finanziamenti applicando un tasso convenzionale (…) stimato nella misura del 2,7 per cento annuo”. La distribuzione temporale delle autorizzazioni di spesa previste per far fronte agli oneri derivanti per la concessione dei contributi alle imprese non sembra, però, in grado di assicurare l’erogazione di 1 miliardo di euro di crediti nel 2014 (primo anno previsto per l’operatività della misura) e di 750 milioni nel 2015 (per i restanti 750 milioni l’erogazione è prevista nel 2016). Dato il vincolo dell’autorizzazione di spesa, se sarà confermato il livello dell’agevolazione indicato nella relazione tecnica, il flusso dei finanziamenti che potrà essere garantito nel 2014 potrebbe essere notevolmente più basso del miliardo di euro previsto. Una criticità, questa, che indebolirebbe molto gli effetti attesi dalla misura e che induce ancora una volta a chiedersi, vista la oggettiva ristrettezza delle risorse disponibili, se non sia ormai necessario un ambizioso e coraggioso piano di ripensamento di tutto il sistema degli incentivi pubblici, magari a partire dal Rapporto Giavazzi del 2012, “Analisi e raccomandazioni sui contributi pubblici alle imprese”.

Università di Daniele Checchi
Niente di rilevante sull’ università. Si sblocca un pezzo delle assunzioni, senza che sia chiaro se gravando sui bilanci autonomi degli atenei o con risorse aggiuntive (in questo secondo caso bisognerà vedere come saranno distribuite tra gli atenei).
Le risorse per le borse di mobilità intraregionale sono poca cosa: immaginando una cifra di almeno 5 mila euro per studente (sempre che sia possibile sopravvivere in una regione diversa da quella della proprioa famiglia con 500 al mese) arriviamo a 1000 borse all’anno, 50 borse per regione. Forse sarebbe stato meglio costruire un pensionato presso una buona università.

Tariffe energetiche di Carlo Scarpa
Commentare il tentativo del Governo di abbassare le bollette dell’energia pone gli stessi rischi che corre chi voglia fare una fotografia a una Formula 1 in piena gara. I cambiamenti sono così repentini e drastici che è facile dare un’immagine imprecisa. La versione che era entrata in Consiglio dei Ministri pare fosse stata profondamente modificata all’inizio, ma ora pare sia sostanzialmente tornata “di moda”.
Il grosso della manovra compresa dall’art. 5 del decreto riguarda l’abbattimento di una delle voci (la cosiddetta A2) della tariffa che oggi va a coprire i costi per lo smantellamento delle centrali nucleari. Trattandosi di denaro che in sostanza ora va nelle tasse dell’erario, si tratta di coprire questa minore entrata e lo stesso articolo prevede un allargamento della platea dei soggetti che oggi pagano la cosiddetta Robin tax, introdotta dal ministro Tremonti e che già avevo avuto modo di criticare.
Quale è il problema? Che le imprese che pagheranno questo onere hanno modo di ribaltarlo sui consumatori. E probabilmente lo hanno già fatto centinaia di volte, come ci dice l’Autorità per l’energia, la quale però non ha modo di bloccare la cosa: dimostrare che un certo aumento dei prezzi è legato a questa imposta e non ad altro è sostanzialmente impossibile. Quindi, le imprese che pagheranno questa imposta spesso riusciranno a ribaltarla sui consumatori finali, così che i consumatori pagheranno meno per la componente A2, ma pagheranno di più di margine sulla materia prima. Il timore che il provvedimento si rivelerà poco efficace è fortissimo.
Può sembrare paradossale che proprio adesso il Ministro Zanonato annunci un allentamento dei controlli circa la traslazione di questi aumenti sui prezzi, che è vietata dalla legge e soggetta a controlli e sanzioni (teoriche) da parte dell’Autorità per l’energia. E invece secondo me la posizione del Ministro è del tutto ragionevole. Inutile insistere in controlli del tutto inutili e solo di facciata.
Ma resta vero che i casi sono due. O le imprese riescono a rivalersi sui consumatori, e allora il provvedimento è inefficace. Oppure i consumatori ci guadagnano, ma le imprese vedono aumentare ulteriormente la pressione fiscale.  È questo il “fare”?
 

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  1. Federico B

    Buongiorno, oltre all’aberratio dell’art. 5 (imposta evidentemente distorsiva, e bisogna ribadirlo), si vedono solo iura singularia, come da (mala) gestio Italica. Vorrei inoltre segnalare un editoriale molto incisivo di Reuters (Uk edition) di lunedì scorso, dal più che eloquente titolo: “Italy’s Letta makes best of bad job”. In tale editoriale, oltre alla poco stimolante analogia con il governo tecnico del Prof. Monti, ed alla stigmatizzazione del “pressing” sull’EU fatta da Letta, si segnala la necessità di riforme strutturali, in primis in materia di giustizia, e tasse sul lavoro/costo del lavoro. Perchè non si parla nè di razionalizzazione della spesa pubblica/nè di taglio del cuneo fiscale, che, viceversa, dovrebbero rivestire carattere di assoluta urgenza? soprattutto visti gli eclatanti disallineamenti all’esito di un benchmarking con la Germania? grazie

  2. Alessandro Ela Oyana

    A me sembra che l’unica cosa buona in tema di giustizia sia l’affiancamento di neolaureati ai Giudici, ma solo in un’ottica formativa. Per il resto i problemi della giustizia sono ben altri. La mediazione poi è inutile è dannosa: se i tempi della giustizia sono una manna per chi ha torto e chi ha torto non media proprio nulla, allora la mediazione ha il solo effetto di allungare i tempi a tutto vantaggio di chi ha torto. Geniale. Mediazione che poi rimane incostituzionale (si paga per avere accesso alla giustizia). Detto questo chiunque abbia partecipato ad un procedimento di mediazione (non Letta evidentemente) avrà potuto apprezzarne l’inutilità . Se le lobby e i politici avessero un minimo di cervello la soluzione sarebbe a portata di mano: la condanna alle spese di lite per gli avvocati che patrocinano cause palesemente infondate, nulli i contratti di assicurazione e reato recuperarle dal cliente (chi scrive è un avvocato). Tre effetti a catena: 1) riduzione del numero delle controversie (gli avvocati sarebbero il primo filtro); giudici con più tempo per fare sentenze decorose; espulsione dal mercato degli avvocati incapaci e disonesnti. Problema giustizia risolto con riforma a costo zero e tutti contenti (tranne gli avvocati incapaci e i loro clienti che hanno torto…altro che mediazione).

  3. Piero

    Non ci siamo, mi aspettavo più coraggio, in ogni caso il problema deve essere risolto a livello europeo, quindi il dialogo deve avvenire in quella sede, non vedo Letta molto battagliero, ad oggi non ha riportato nulla, solo briciole.

  4. Piero

    Per essere efficacie il provvedimento:
    – devono essere emessi i decreti ministeriali per il fondo di garanzia entro 7/8 giorni e non dopo due anni come nel decreto salva Italia di Monti, il credito alle imprese serviva ieri e quindi chi deve redigere il decreto ministeriale lo faccia subito;
    – nozione di giovane “meritevole” mi auguro che sia solo legata al titolo di studio e non ad una discrezione dl magistrato, ho seri dubbi su tale manovra che alla fine non sia per creare ancora una casta sempre più chiusa della magistratura;
    – intervento della cassa depositi e prestiti per le imprese e’ limitato agli acquisti i beni di investimento nuovi, ciò ha un senso in un momento di espansione economica, in un momento recessivo abbiamo un utilizzo degli impianti sotto la media, tuttalpiù gli impianti vengono venduti e non comperati, le poche aziende che devono crescere ri allocheranno gli impianti in esubero delle rimanenti, l’intervento della cdp deve avvenire sul circolante delle imprese e sul sostegno per l’internazionalizzazione (partecipazione fiere estere, ecc), questa agevolazione normativa sembra essere stata fatta da un cieco.

  5. Federico B

    In materia di giustizia le misure sono largamente inadeguate. Segnalo il lavoro di Leonardo D’Urso.’Un’agenda di politica economica per la giustizia civile’, da ultimo pubblicato su NoisefromAmerika, (già su codesto sito) .Inter alia, non occorre essere rocket scientists per avvedersi della surreale assurdità di un tasso legale di interessi (attualmente al 2,5%!) costantemente inferiore al Consumer Price Index, senza alcun tipo di meccanismo automatico di indicizzazione. Occorre ridimensionare l’eccesso di accesso alla giustizia, reprimere il moral hazard, e fare pagare il costo effettivo di una causa per lo Stato, più che intervenire ex post (come da decenni si tenta di fare).

  6. Piero

    Il successo proclamato oggi e’ una semplice operazione di marketing, dobbiamo rispettare il 3%, il fiscal combact sul rientro del debito in 20 anni, gli investimenti pubblici devono rientrare nel 3%, e’ stata concessa temporaneamente la deroga alla misura del pareggio del bilancio nel 2014, questa e’ una regola che non verrà rispettata da nessuno, nemmeno dalla Germania, quindi è’ stata la vittoria di Pirro.
    A livello di marketing il successo e’ stato ottenuto, quindi gli italiani potranno avere la speranza di un futuro migliore (speranza che con il governo Monti era venuta a mancare), tale atmosfera sicuramente comporterà la diminuzione dei suicidi per motivi economici, però il problema resta, non è stato risolto e quindi Letta deve ritornare in Europa a combattere la vera battaglia e riportare a casa il vero successo che non è altro che un cambiamento della politica monetaria nel breve e nel medio lungo, golden rule, euro bond ecc.

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