Il microcredito si dimostra un valido strumento di sostegno economico delle popolazioni colpite dalle sempre più frequenti calamità naturali. Va accompagnato da programmi obbligatori di microassicurazione per evitare fenomeni di contagio e insolvenza strategica. Un piano utile anche per l’Italia.
CALAMITÀ NATURALI E MICROCREDITO
Calamità naturali come uragani, inondazioni, terremoti e maremoti causano gravi danni alle economie dei paesi colpiti e a soffrirne le conseguenze maggiori sono quelli a medio e basso reddito. Ciò è dovuto a un insieme di fattori sfavorevoli che vanno dalle condizioni climatiche avverse all’elevata densità di popolazione, dalla scarsa qualità degli edifici e delle infrastrutture ai bassi livelli di copertura assicurativa fino alle limitate risorse finanziarie disponibili per affrontare situazioni di grave emergenza.
In questi casi, gli aiuti della comunità internazionale sono orientati, nel breve periodo, a fornire assistenza, mentre nel medio periodo lo sforzo è incentrato sulla ricostruzione delle infrastrutture e sul sostegno alla ripresa delle attività economiche. Negli ultimi anni, una parte di questo supporto è andato anche alla ricapitalizzazione di istituzioni di microcredito il cui portafoglio clienti era stato danneggiato dalle calamità naturali. Le catastrofi di questo tipo, infatti, sono simili a un attacco cardiaco: paralizzano il sistema economico impedendo la circolazione del denaro e per riavviare i flussi economici e finanziari è necessaria una terapia shock che ristabilisca subito la liquidità del sistema.
LEZIONI DALLO SRI LANKA
Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha analizzato il contributo del microcredito in favore delle popolazioni vittime di calamità naturali. In un nostro lavoro del 2011, ad esempio, abbiamo misurato l’effetto dello tsunami del 2004 su vari indicatori di benessere economico di un campione di clienti di un’istituzione di microfinanza – Agro Micro Finance – ricapitalizzata con fondi provenienti da soggetti internazionali (ad esempio Undp) e donatori stranieri. (1)
L’indagine si basa su dati provenienti da questionari somministrati nell’aprile del 2007 nello Sri Lanka sud-occidentale a un campione casuale di clienti, metà dei quali colpiti dal maremoto. I risultati dell’analisi econometrica mostrano che i finanziamenti erogati dall’istituzione di microcredito hanno contribuito in maniera significativa alla sopravvivenza e al recupero delle attività economiche dei soggetti danneggiati. Gli aiuti del Governo e dei donatori stranieri, al contrario, non hanno mostrato alcun effetto positivo. Inoltre, e per certi versi sorprendentemente, i clienti danneggiati hanno recuperato i livelli di benessere economico di quelli non danneggiati dopo appena due anni e mezzo dallo tsunami. La ricapitalizzazione dell’istituzione di microfinanza è stata dunque un successo in quanto ha prevenuto la bancarotta dell’istituto e aiutato centinaia di famiglie a superare un periodo di grande difficoltà economica.
Nel dicembre del 2011 abbiamo somministrato un secondo questionario agli stessi individui intervistati nel 2007 e unito questi dati ai tracciati bancari dei correntisti. (2)
Il secondo studio dimostra che dopo lo tsunami il tasso d’insolvenza di chi ne è stato danneggiato è stato del tutto simile a quello di chi non ha subito alcuna conseguenza. Un risultato del genere è da imputare al contagio tra membri di uno stesso gruppo o al fenomeno dell’insolvenza strategica: i donatori e le organizzazioni che hanno ricapitalizzato l’istituzione di microfinanza hanno infatti imposto che fossero richiesti tassi d’interesse calmierati ai clienti vittime della calamità, generando un fenomeno di azzardo morale (incentivo a dichiarare insolvenza per ottenere credito agevolato).
In totale, i paesi colpiti dallo tsunami del 2004 hanno ricevuto più di dieci miliardi di dollari di aiuti . Solo dall’Italia sono arrivati 120 milioni, cinque dei quali destinati in via sperimentale alla ricapitalizzazione di istituzioni di microcredito. Si può prevedere che in caso di future catastrofi naturali questa modalità d’intervento verrà potenziata. Ma proprio per questo sarebbe auspicabile che si tenesse conto delle lezioni apprese in Sri Lanka.
In primo luogo, vanno perfezionate le modalità di intervento post-calamità: è opportuno che i soggetti coinvolti nell’erogazione degli aiuti migliorino i criteri di selezione dei beneficiari del sussidio. I parametri devono essere molto chiari, definiti in modo da ridurre al minimo il rischio di comportamenti opportunistici, nonché di facile e rapida verifica. Il sostegno dei donatori in un contesto post-emergenza deve, inoltre, essere limitato nel tempo.
In secondo luogo, è necessario favorire la realizzazione di programmi di microassicurazione collegati ai finanziamenti erogati dalle istituzioni di microcredito. (3) Se ogni prestito fosse assicurato contro il rischio di eventi naturali di portata eccezionale, in caso di calamità i clienti otterrebbero un rapido risarcimento contribuendo così a prevenire sia il fenomeno del contagio che quello dell’insolvenza strategica.
È, però, fondamentale che il programma di microassicurazione sia (i) obbligatorio per tutti i prestiti, (ii) obbligatorio per tutti gli istituti di credito e (iii) sovvenzionato.
Obbligatorio per tutti i prestiti perché è molto probabile che gli individui più poveri dei Paesi in via di sviluppo (teoricamente i clienti “tipo” delle istituzioni di microfinanza) rinuncerebbero ad acquistare una costosa – e certa – copertura contro future possibili – ma incerte – calamità naturali per non sacrificare nell’immediato consumi legati a bisogni primari incomprimibili. Obbligatorio per tutti gli istituti di credito perché si potrebbe verificare una “migrazione” dei clienti verso le istituzioni che offrono crediti a tassi più vantaggiosi, ma senza copertura assicurativa, vanificando in tal modo l’operato delle banche impegnate nella causa. Sovvenzionato perché il costo dell’assicurazione rischia di scoraggiare la richiesta di finanziamenti o di orientare i clienti verso prestatori non convenzionali (ad esempio gli usurai). Il costo potrebbe essere sostenuto da un’istituzione nazionale, internazionale o anche da un donatore straniero per evitare il rischio di crisi sistemica: in caso di calamità naturale, le insolvenze sono fortemente correlate ed esiste un concreto rischio di contagio, soprattutto se si tratta di prestito collettivo. (4)
Alla luce dei risultati positivi sul benessere delle vittime e sulla sopravvivenza delle loro imprese è auspicabile procedere al rafforzamento o alla creazione di programmi di microcredito anche nei paesi sviluppati che, come l’Italia, hanno vissuto di recente le esperienze drammatiche di alluvioni e terremoti. Sempre tenendo conto di quanto abbiamo appreso dal caso dello Sri Lanka.
(1) Becchetti, L. e Castriota, S. (2011), “Does Microfinance Work as a Recovery Tool After Disasters? Evidence from the 2004 Tsunami”, World Development, Vol. 39, No. 6, pp. 898-912. Tra i donatori stranieri rientrano ad esempio le donazioni di privati raccolte dal dipartimento Protezione civile e girate a Etimos come donazione finalizzata ad Agro Micro Finance.
(2) Becchetti, L., Castriota, S. e Conzo, P. (2012), “Bank Strategies in Catastrophe Settings: Empirical Evidence and Policy Suggestions”, CSEF Working Paper No. 324.
(3) I dati in nostro possesso non consentono di scoprire se a determinare i risultati riscontrati sia il contagio o l’insolvenza strategica, probabilmente entrambi.
(4) Si veda ad esempio il Turkish Catastrophe Insurance Pool, realizzato dal Governo turco dopo il devastante terremoto del 1999 nei pressi del Mar di Marmara in cui morirono quasi 20mila persone. Il programma di assicurazione, obbligatorio per tutti gli edifici e sostenuto dalla Banca Mondiale, ha portato a un significativo incremento nella copertura da rischi sismici. E ha indotto la Banca Mondiale a ripensare il proprio ruolo da soggetto che fornisce sostegno e donazioni ex-post a istituzione che favorisce la gestione del rischio ex-ante. Gurenko, E., Lester, R., Mahul, O. e Oguz, S. (2006), Earthquake Insurance in Turkey. History of the Turkish Catastrophe Insurance Pool, World Bank, Washington, D.C.
 
 

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