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COME FUNZIONA IL “RIMBORSO” ELETTORALE

Nell’arco di una legislatura lo Stato elargisce ai partiti più di un miliardo a titolo di rimborso di spese elettorali . Come si arriva a questa cifra? Dopo l’abolizione per via referendaria del finanziamento ai partiti, varie leggi hanno continuato a gonfiare questo importo, fino a perdere ogni legame con la logica del rimborso. Per tornare allo spirito originario, non bastano le recenti riduzioni, ma occorre un nuovo meccanismo.

Nell’arco di una legislatura lo Stato elargisce ai partiti più di un miliardo a titolo di rimborso di spese elettorali . In che modo si arriva a questa cifra? Ogni volta che si tiene un’elezione viene istituito un fondo annuo, calcolato moltiplicando il numero degli elettori potenziali alla Camera (circa 50 milioni di persone) per un euro, arrivando a un totale di 50 milioni di euro. Questo meccanismo funziona per ciascuna delle elezioni alla Camera, al Senato, europee e regionali. Quindi la cifra di 50 milioni di euro va moltiplicata per quattro, portando l’esborso oltre i 200 milioni di euro l’anno. Questo avviene per cinque anni, portando la spesa dello Stato sull’arco di una legislatura canonica a 1 miliardo di euro. Ciascun fondo viene ripartito in modo proporzionale tra i partiti che hanno partecipato alle elezioni ottenendo almeno l’un per cento dei voti.

COME CI SIAMO ARRIVATI?

Dopo il referendum del 1993 che aboliva il finanziamento pubblico ai partiti, ci sono stati vari tentativi per non interrompere il flusso di soldi che a questi arrivano dallo Stato. Nel 1999 è stato istituito il meccanismo valido ancora oggi, a cui sono state apportate alcune modifiche successivamente.
Mentre la legge del 1999 istituiva un fondo attivo per un solo anno, il cui ammontare era stabilito moltiplicando gli elettori per 4.000 lire (cioè 2,07 euro) già nel 2002 veniva modificata “riducendo” il costo di un elettore a 1 euro, ma attivando la ripetizione annua per tutta la durata della legislatura, perciò aumentando potenzialmente il costo a 5 euro ad elettore.
E’ significativo che il numero di elettori non sia stato stabilito in base a quanti votino di fatto alle elezioni, ma guardando al numero di potenziali elettori, cioè anche a chi sceglie di non votare. La scelta di fare sempre riferimento all’elettorato della Camera è dovuta al fatto che si tratta dell’elettorato più numeroso.
Nel 2006, prima dell’inizio della successiva legislatura, c’è stata una piccola ma significativa modifica: il fondo sarebbe stato versato ai partiti per cinque anni, indipendentemente dalla durata della legislatura. Questo ha fatto sì che i rimborsi dovuti per elezioni politiche del 2006 si sommassero a quelli per le elezioni del 2008, aumentando il totale dei contributi annui di circa 100 milioni di euro all’anno per tre anni, dal 2008 al 2010.

I TAGLI

Nel 2007 le autorizzazioni di spesa vengono ridotte di 20 milioni (circa il 10 per cento), ma all’arrivo della crisi si capisce che altri interventii sono necessari. Così nel 2010 il fondo viene ridotto del 10 per cento. Di nuovo nel 2011 viene introdotta una nuova riduzione dei fondi del 10 per cento. Nonostante queste riduzioni, peraltro attive dalle elezioni successive, il conto rimane salatissimo: circa 140 milioni all’anno (salvo interruzioni di legislatura, nel qual caso i fondi si sommano tra loro, raddoppiando se non triplicando una cifra già altissima: così configurato il meccanismo sembra un incentivo alla caduta dei governi).
Non si dovrebbero chiamare questi costi “rimborsi per le spese elettorali” ai partiti, perché non si spiegherebbe come mai le spese dei partiti in occasione delle elezioni non superino il 20 per cento dei soldi ricevuti dallo Stato. Una proposta concreta sull’ammontare di giusti rimborsi per le spese elettorali, fatta su queste pagine, potrebbe consistere nella costituzione di un fondo ottenuto moltiplicando un costo realistico di spesa (ad esempio i 52 centesimi spesi in media dalla Lega) per il numero di voti effettivamente ricevuti.

Fonte: Rapporto della Corte dei Conti (2010)

Leggi di riferimento:
Legge 3 giugno 1999, n. 157, articolo 1, comma 5
Legge 26 luglio 2002, n. 156, articolo 2, comma 1 e 3
Legge 23 febbraio 2006, n. 51
Legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 275
Legge 30 luglio 2010, n. 122, capo II, articolo 5
Decreto Legislativo 6 luglio 2011, n. 98, articolo 6, comma 1

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RISPOSTA AI COMMENTI

10 commenti

  1. Molly Brown

    Quindi non votare potrebbe ridurre questa cifra spaventosa?

    • bruna

      NO, perchè fanno i calcoli su chi ha diritto di voto e non su chi effettivamente va a votare.

      • Giuseppa sepe

        Ritengo sia una cosa indegna di un paese civile.. Ecco perché vengono fuori come funghi partiti e partitini…

  2. Ermete Abboccato

    Il “rimborso” elettorale va abolito del tutto. Chi propone altre formulette è un ipocrita, come minimo, o un truffatore. I partiti costano? Tutto costa! Ma le mie spese le detraggo dalle mie disponibilità. Perché devo finanziare io la “pubblicità” di una associazione affinché possa raggiungere i suoi fini?

    • Giuseppe

      Giusto, lasciamo che a finanziare i Partiti anche durante le elezioni siano le lobbies bancarie, le multinazionali, e i vari tipi come Soros. Senz’altro noi popolo ci guadagneremo. Come abbiamo visto dal ’93 ad oggi, con interi Governi (Monti docet) che legiferano a favore dei cartelli industriali e finanziari e non per la popolazione. Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi di tutti: abolizione art 18, jobs Act, contratti con paghe da 3 euro l’ora, fine dei contratti a tempo indeterminato, miliardi regalati a banche destinate a fallire comunque (MPS, 16 miliardi buttati, titolo a-99%). Purtroppo non sempre ciò che riteniamo buono lo è davvero. Al di là delle varie grancasse mediatiche. Un esempio: dopo gli eventi di malasanità avremmo dovuto chiudere il S.S.N.?

  3. filippo aleati

    Piu’ in generale questo fiume di denaro facile spiega come alla ‘politica’ si siano dati negli ultimi 20 anni molti opportunisti di poco valore, mi domando ora come il parlamento possa tagliare questi fondi poiche’ c’e’ un forte conflitto di interessi, serve per forza una altra consultazione referendaria.

  4. giuliano malloggi

    In Italia, dal 1950 in poi avessimo avuto dei politici solo ladri, avremmo l’economia più fiorente del pianeta. Sono felice di essere nato in Itlia, e pure fortunato, sono orgoglioso di essere toscano, conoscete tutti la storia. ma da quella data, in cui avevo 2 anni, mi vergogno di essere italiano, siamo riusciti ad essere i cttadini di una nazione indegna della sua storia.

  5. by2001

    Avrei solo una domanda anche se credo di aver ben capito la risposta..ipotizzando un assenteismo di massa alle urne questo cambierebbe i valori in campo? Meno rimborsi ? O spartirebbero comunque per intero l’ intera torta?

  6. guinness

    no, non diminuirebbe ( se non si andasse a votare) cambierebbero solo le percentuali di distribuzione poiche’ il conteggio dei soldi si basa sulla potenzialita’ degli elettori e non sulla effettivita’; e poi sono sicuro che se anche non andasse NESSUNO ,a votare per protesta, almeno circa mille deputati e senatori voterebbero …ah dimenticavo. forse voterebbero anche i rappresentanti delle regioni e dei consigli regionali…. buona continuazione a tutti….Guinness.

  7. Luciano GENTILE

    nel caso di una supplettiva per il senato i rimborsi sono gli stessi o vengono distribuiti diversamente ???

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