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Mercato del lavoro: problemi che vengono da lontano

Il mercato del lavoro italiano ha imboccato la direzione giusta, ma la strada per la creazione sostenuta di posti di lavoro di qualità è ancora lontana. Perché restano alcuni problemi strutturali. Come la produttività che non cresce da quindici anni. Importanti passi avanti con il Jobs act.

Il lavoro senza qualità

Un’indagine Ocse permette di delineare un quadro della qualità del lavoro nei vari paesi. L’Italia è vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle condizioni dell’ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro. Miglioramenti possibili.

Il lavoro delle donne nell’era Renzi

Il governo ha adottato una chiave di lettura corretta degli ostacoli al lavoro femminile e di come superarli. E dunque è intervenuto con gli incentivi sul lato delle imprese e con l’estensione del congedo parentale su quello delle famiglie. Ma ci sono ancora elementi critici, dal fisco ai servizi.

Meno precari, ma la crescita è ancora un problema

Uno degli obiettivi del governo era ridurre la precarietà. E i dati dell’Inps ci dicono che nel 2015 è in effetti diminuita. In ogni caso, un aumento dell’occupazione dello 0,5 per cento con una crescita economica dello 0,7 non è da buttare. Perché il male italiano resta sempre la ripresa debole.

Jobs act: quanto conta la decontribuzione?

Il grafico mostra l’andamento mensile delle assunzioni a tempo indeterminato secondo l’Osservatorio sul precariato Inps. La linea blu indica il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato, tra assunzioni e trasformazioni (nota bene, il trend non tiene conto delle cessazioni), mentre la linea rossa rappresenta la fetta di questi nuovi contratti che usufruiscono dell’esonero contributivo, in vigore dal Gennaio 2015.

Come è cambiato il mercato del lavoro dopo il Jobs act

Col Jobs act i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti in modo netto, senza però un analogo aumento dei posti di lavoro. Questo dovrebbe comportare benefici su produttività e crescita. L’incognita è il comportamento dei datori di lavoro alla scadenza dei tre anni di decontribuzione.

Se il pubblico impiego ha regole uguali al privato

Si estendono ai dipendenti pubblici gli effetti della riforma Fornero sull’articolo 18. Allora non resta che adottare una legge che modifichi il testo unico sul pubblico impiego. La questione si ripropone per le previsioni del Jobs act. Eventuali norme ad hoc e legittimità costituzionale.

Effetto Jobs act sul mercato del lavoro?

grafico inps rifatto immagine

Fonte: INPS – elaborazione al 10 Dicembre 2015

Campo di osservazione: archivi Uniemens dei lavoratori dipendenti privati esclusi lavoratori domestici e operai agricoli. Sono compresi i lavoratori degli enti pubblici economici.

Nel grafico sono evidenziati i cambiamenti tendenziali annualizzati nel numero di posti di lavoro negli ultimi due anni, per tipo di contratto. Prendiamo la linea blu quella dei contratti a tempo indeterminato. Come si evince, a partire da gennaio 2015 i posti di lavoro a tempo indeterminato sono iniziati ad aumentare rispetto allo stesso periodo del 2014. A ottobre 2015, vi sono circa 400mila posti a tempo indeterminato in più rispetto a a ottobre 2014.
Cosa possiamo imparare, rispetto al Jobs act, da questo grafico? E’ difficile trarre conclusioni. Dal mese di gennaio di quest’anno è operativa la decontribuzione per nuovi assunti a tempo indeterminato mentre da fine marzo è operativo il nuovo contratto. Certamente hanno avuto un ruolo importante entrambe le politiche, anche se dal grafico si evicne un boom già a partire dei primi mesi del 2015, quando solo la decontribuzione era operativa.
A partire da gennaio, la decontribuzione sarà notevolmente ridotta, mentre il nuovo contratto a tutele crescenti sarà ancora operativo. Nei prossimi mesi continueremo a monitorare questi dati per avere maggiori certezze.

Il libro dei sogni dei servizi ai disoccupati

I decreti attuativi del Jobs act delineano molto bene i servizi da destinare ai disoccupati. Ma tutto ciò rischia di rivelarsi solo un libro dei sogni. Perché le risorse pubbliche in termini di personale e finanziamenti restano scarse. Per realizzare gli obiettivi servirebbero 4,5 miliardi in più.

Ma per le donne l’Italia non è ancora arancione

L’Onu ha ammonito l’Italia per non avere fatto abbastanza per ridurre la violenza di genere. I dati sono impressionanti. Bene le leggi per contrastare il fenomeno, per prevenirlo ci vogliono investimenti, a partire dall’educazione di genere nelle scuole. E più uguaglianza nel mercato del lavoro.

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