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Minoranze in consiglio

Il disegno di legge sulla tutela del risparmio impone alle società quotate di prevedere negli statuti un voto di lista per l’elezione di un consigliere di minoranza. E’ una novità molto criticata. Forse perché l’obiettivo è evitare una qualsiasi rappresentanza delle minoranze, anche se limitata e meglio disciplinata. L’alternativa di prevedere un numero minimo di amministratori indipendenti non sembra valida. Perché la conferma di ogni amministratore che soddisfa i requisiti formali di indipendenza dipende comunque dall’azionista di controllo.

Di padre in figlio, un passaggio problematico

Il passaggio generazionale è in tutta Europa un momento difficile per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese. Ma il problema è particolarmente rilevante in Italia. Il nuovo diritto societario delinea una governance per la Srl familiare in grado di amalgamare flessibilità e certezza delle regole. Prevede però anche la possibilità di ampliare per via statutaria le cause inderogabili di recesso. Un’opzione che potrebbe trasformarsi in un incentivo per azioni pretestuose del singolo socio. E aprire così la strada a lunghe e costose dispute giudiziarie.

Meno regole, più investimenti

L’eccessiva regolamentazione del mercato dei beni può causare un rallentamento dell’economia, scoraggiando gli investimenti. Se tra il 1994 e il 1998 l’Italia avesse avuto lo stesso livello di regolamentazione degli Stati Uniti, il suo tasso di investimento sarebbe stato superiore dello 0,9 per cento rispetto a quello Usa. Liberalizzazione del mercato e privatizzazioni sono uno strumento per aumentare gli investimenti e dunque stimolare la crescita. Hanno ricadute positive su occupazione e produttività. Ma anche effetti redistributivi non trascurabili.

Proteggere il creditore fa bene all’impresa

L’effetto del sistema legale sull’intermediazione finanziaria è notevole e profondo. Lo dimostrano alcuni studi empirici. Dove la protezione legale del creditore è più alta, le banche concedono prestiti con scadenza più lunga e con costo minore. I venture capitalist si impegnano di più nella ricerca di dirigenti e di nuove fonti di finanziamento. E la struttura delle società di intermediazione più solida. I governi possono migliorare la qualità del sistema finanziario attraverso riforme delle norme legali, ma i risultati arrivano necessariamente in tempi lunghi.

Molte sanzioni per troppi soggetti

L’attuale disciplina delle sanzioni amministrative previste dal Testo unico della finanza, ma anche dal Testo unico bancario, è al tempo stesso iniqua e inefficiente, come del resto è stato riconosciuto in più occasioni dalla stessa Consob. E’ lodevole quindi che il progetto di riforma della tutela del risparmio affronti la questione. Tuttavia, le innovazioni risolvono solo alcuni dei problemi, mentre per certi aspetti ne aggravano altri. La materia merita un ampio e organico ripensamento, cui si potrebbe provvedere con apposita delega al Governo.

Il fantasma del cda

Pur tra innegabili contraddizioni, il disegno di legge sulla tutela del risparmio ha il merito di introdurre alcune importanti novità nella corporate governance delle società quotate. La più coraggiosa è l’introduzione della figura dell’amministratore di minoranza. Una scelta che ha subito risvegliato l’antico timore sui pericoli di una degenerazione dei conflitti societari che potrebbe derivare da un eccessivo spazio riconosciuto alle minoranze. Al contrario, potrebbe invece incoraggiare gli investitori istituzionali a organizzarsi e essere presenti nei consigli.

Fallimenti, riforma a piccoli passi

Perduta la speranza di approvare in questa legislatura una riforma complessiva della legge fallimentare, il Governo ne ha approvato tre importanti modifiche. Si tratta solo di un ritocco per decreto della legge fallimentare del 1942, ma le novità sono importanti e devono nel complesso essere viste con favore. Prevedono una riduzione dell’azione revocatoria, una revisione del concordato preventivo e una disciplina degli accordi privati fra debitore e creditori. Resta il rimpianto di non essere riusciti ad approvare una riforma che avrebbe consentito una vera svolta.

L’Aran “usa e getta”

Doveva essere la Confindustria dei datori di lavoro pubblici. Invece l’Aran è stata relegata a un ruolo solo esecutivo. Perché per il pubblico impiego la responsabilità di fatto del negoziato si è spostata sul Governo che è diventato il vero interlocutore negoziale su tutto il contratto e non solo sulle risorse complessive da destinare alla contrattazione. Anche i sindacati sono in difficoltà. Il sistema disegnato nel 1993 appare indebolito. Serve ora maggiore chiarezza sui diversi ruoli istituzionali. E meccanismi idonei per indurre a rispettarli. Guido Fantoni, attuale Presidente ARAN, risponde all’articolo.

Sul risparmio, messaggi preoccupanti

La tutela del risparmio si realizza con regole efficaci e severe. Ma soprattutto generando fiducia in un funzionamento trasparente e competitivo dei mercati finanziari. La legge approvata alla Camera non raggiunge questo obiettivo. La trasparenza come “bene pubblico” non è adeguatamente valorizzata. Si rinuncia a una seria riorganizzazione delle competenze di vigilanza. E per prevenire il conflitto di interessi tra banca e industria, si impongono vincoli di finanziamento agli imprenditori che partecipano al capitale degli intermediari.

L’offerta di giustizia in Europa e l’offerta di giustizia in Italia

Un’ indagine del Consiglio d’Europa, pubblicata in questi giorni ha per la prima volta raccolto statistiche omogenee su alcuni aspetti dei sistemi giudiziari di 40 paesi europei. Il risultato che ne emerge è che in Italia spesa pubblica per giustizia e numero di magistrati non sono affatto bassi, se confrontati con quelli degli altri paesi europei, che pure hanno performance in termini di lunghezza dei processi molto migliori. Le cause di inefficienza della giustizia italiana, dunque , non si può ritenere risiedano in uno stanziamento di risorse troppo limitato.

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