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CHI PAGA IL TAGLIO DELLE AGEVOLAZIONI FISCALI

La nuova versione della manovra correttiva dei conti pubblici prevede che numerosi regimi di esclusione, esenzione e favore fiscale siano automaticamente ridotti del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento complessivo nel 2014 se il governo non riuscirà a recuperare almeno 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014 dal riordino della spesa sociale e dalla riforma del fisco. Le simulazioni mostrano che l’impatto complessivo sarebbe chiaramente regressivo sia per quanto riguarda l’Irpef sia per l’Iva. Pesano in particolare le minori detrazioni dell’imposta sul reddito.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio Andrea Torricelli che, nel sostenere una tassa che colpisca anche l’ingombro dell’auto, ricorda che un veicolo largo fa saltare lo standard urbanistico del posto auto tipico. I casi in cui un largo Suv rende inutilizzabile il posto auto contiguo fanno effettivamente parte dell’esperienza quotidiana. Analogamente ringrazio Paolo Manasse che ricorda come sia dimostrata la molta maggiore pericolosità dei veicoli pesanti in caso d’incidente. La proposta degli autori che egli cita, che invocano una tassa basata su peso e chilometraggio, presenta già applicazione nei pedaggi autostradali. A generalizzarla, tuttavia, sorgono difficoltà applicative (rischia di essere una norma "criminogena", inducendo a manipolare il chilometraggio nel momento in cui questo diventasse ex post una parte dell’imponibile fiscale). Meglio quindi accontentarsi della proxy da me proposta che aggiunge all’accisa sulla benzina una tassa fissa annua correlata anche al peso. Non codivido, invece, le tesi di chi (Bruno e Paolo) auspica l’abolizione del bollo auto, compensata sotto il profilo del gettito dall’aumento dell’accisa, con forti risparmi nei costi di esazione e controllo. Rispetto all’obiettivo della semplificazione che le ispira, ritengo prevalente lo stimolo alla riduzione dei costi esterni.
Più problematico il tema della vetustà sollevato nei commenti di Fradetti e Paolo. L’età dell’auto ne fa indubbiamente diminuire il valore e quindi richiederebbe una riduzione della componente fiscale legata alla capacità contributiva, ossia al valore stesso o alla potenza come sua proxy, con la benefica conseguenza di ridurre la frequenza del rinnovo e le spese di rottamazione. E la tesi risulta ancora più convincente per chi ritiene, come nel commento di Progitto, che il tempo non faccia diminuire il livello di protezione contro l’inquinamento quale risulta certificato all’inizio e confermato nelle revisioni periodiche. La mia proposta, che non considera il tempo, ipotizzava una quasi compensazione tra i due aspetti del tempo stesso – caduta di valore e aumento di potere inquinante e pericolosità – e apprezzava la semplificazione connessa con il tener conto solo delle caratteristiche costruttive. Benvenuti comunque approfondimenti che consentano di essere più precisi nella definizione dell’imponibile, senza dimenticare, peraltro, che nell’imposizione di massa il meglio può essere nemico del bene.

UN FISCO DA RIPENSARE

In allegato la presentazione tenutasi, il 4 luglio 2011, al convegno a porte chiuse per i sostenitori de lavoce.info

L’IMPOSTA DI BOLLO SUI CONTI TITOLI

Il grafico mostra il gettito derivante dall’aumento dell’imposta di bollo sui conti titoli, portata a 120 euro per i depositi sotto i 50 mila euro ed a 380 euro sopra i 50 mila.
Nel 2011 e nel 2012 sosterrà da sola quasi l’intero onere della manovra e nel 2013 vi contribuirà per oltre un sesto raccogliendo la cifra record di oltre 3,6 miliardi. Si tratta di una vera e propria tassa patrimoniale sulla ricchezza mobiliare.
Secondo l’Abi il numero di conti correnti è circa 40 milioni e il 26 per cento dei correntisti, secondo l’Eurisko, ha un conto titoli.

NELLE TASCHE NO. NEL PORTAFOGLIO (TITOLI) SÌ

L’avevano detto, l’avevano giurato, anche a Pontida: non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani! Così è stato. Nelle tasche degli italiani le mani no, ma nel portafoglio si: più precisamente nel portafoglio titoli. Forse quella promessa “nelle tasche mai” nascondeva un trucco: la potevano fare perché l’avrebbero mantenuta e l’avrebbero mantenuta perché nelle tasche degli italiani – eccezion fatta per il portachiavi, l’accendisigari e un fazzoletto di carta  e qualche spicciolo – non c’è niente di attraente.  Oggi possono sostenere di non aver mai parlato di portafogli, solo di tasche e quindi di essere stati, come si conviene a un buon politico, di parola. E il mantenimento della parola e la coerenza in politica pagano sempre.

SE IL BOLLO-AUTO FOSSE DAVVERO EQUO

Il superbollo sulle auto di elevata potenza previsto dalla riforma tributaria è solo un’operazione cosmetica. E un’occasione persa per ripensare seriamente la tassa di circolazione. Che dovrebbe basarsi su quattro fattori: il valore del veicolo, il suo potere inquinante, l’uso di spazio pubblico e l’impatto usurante sul manto stradale. Sarebbe un incentivo alla costruzione di auto che comportano minori costi sociali. E se anche si continuassero a produrre veicoli inquinanti, il prelievo tra gli automobilisti sarebbe ridistribuito in modo socialmente più corretto.

IL DESOLANTE COPIA-INCOLLA DELLA DELEGA FISCALE

Il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale. Un documento costruito molto in fretta, con pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti. Per rimpolparlo si è allora ricorsi al più classico “copia e incolla” dalla legge delega presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 e poi largamente non esercitata. Come se nulla, nel frattempo, fosse cambiato nel sistema fiscale erariale, regionale e locale. Il tema del fisco è delicato. Di improvvisazione e pressappochismo non c’è proprio bisogno.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per i numerosi commenti, che sollecitano alcune precisazioni sulla proposta avanzata nel nostro articolo.
Senza dubbio il problema dell’insufficiente domanda di lavoro e della creazione di nuovo impiego non può essere risolto con la riforma proposta nell’articolo, ma la riduzione della pressione fiscale sui salari più bassi non può che favorire l’occupazione di chi partecipa al mercato del lavoro in condizioni di maggiori difficoltà e quindi con basse retribuzioni. Ricordiamo che, stante le condizioni della finanza pubblica, abbiamo formulato una proposta  a parità di risorse, che riduce l’effetto distorsivo delle imposte aumentando potenzialmente l’occupazione.
L’effetto sull’occupazione è infatti tanto maggiore quanto più alta è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario orario e come già evidenziato in altre occasioni su questo sito (cf Colombino) esiste una netta relazione inversa tra livello di reddito e elasticità. Gli individui con reddito più basso, beneficiari del nuovo credito di imposta, sono quelli che rispondono maggiormente anche a riduzioni contenute della pressione fiscale.
Come evidenziato nell’articolo e sottolineato da numerosi lettori, un’obiezione alla proposta riguarda il sostegno economico che verrebbe a mancare a famiglie e a individui disoccupati o pensionati: questi dovrebbero essere tutelati da un sistema organico di ammortizzatori sociali che condizionino il sostegno alla ricerca attiva di un impiego e da un sostegno specifico alle responsabilità di cura di bambini e anziani. Non è offrendo detrazioni fiscali in modo indiscriminato (e dunque per importi limitati) per i famigliari a carico che si risolve il problema della povertà fra chi ha perso il lavoro.
Le simulazioni proposte riguardano esclusivamente la popolazione attiva non intaccando quindi le risorse oggi destinate ai pensionati. Generalizzando l’abolizione della detrazione per familiari a carico a tutta la popolazione, si libererebbero ulteriori risorse che potrebbero essere utilizzate per assistenza sociale a beneficio di tutti i poveri, compresi quelli che hanno superato l’età di pensionamento.
Il nuovo credito di imposta, a differenza delle attuali detrazioni, non creerebbe un problema di incapienza, in quanto si configurerebbe come un trasferimento netto per coloro i quali non possono beneficiare direttamente del credito di imposta come riduzione dell’imposta pagata.
La concreta implementazione del credito di imposta, ovviamente, dovrebbe idealmente accompagnarsi ad altre misure, come quelle vigenti in altri paesi europei che hanno incentivi condizionati all’impiego. Bisognerebbe, ad esempio, introdurre un salario minimo  per evitare che gli incentivi si traducano unicamente in un ribasso delle retribuzioni lorde da parte dei datori di lavoro. Inoltre è fondamentale potenziare la lotta all’evasione fiscale che preclude il corretto funzionamento di qualsiasi strumento fiscale basato sul reddito del contribuente. Come evidenziato da un lettore, anche l’attuale detrazione per familiari a carico può essere concessa a fronte dell’evasione del reddito da parte di un familiare. Il nuovo credito di imposta, condizionato all’impiego regolare, potrebbe peraltro fornire un incentivo per far emergere lavoro sommerso.

UN PEZZO DI RIFORMA FISCALE PER INCENTIVARE IL LAVORO

La riforma fiscale prossima ventura deve riuscire a rilanciare la crescita senza ridurre le entrate dello Stato. Ecco una piccola riforma che ha queste caratteristiche. Si tratta di abolire la detrazione fiscale per coniuge e altri familiari a carico, figli esclusi, con la contestuale introduzione di un credito di imposta per le retribuzioni più basse. L’obiettivo è sostenere il reddito delle famiglie incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, delle donne in particolare. Ridurrebbe la povertà soprattutto fra le madri sole.

IMPOSTA DI SUCCESSIONE

 

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