Lavoce.info

Categoria: Banche e finanza Pagina 97 di 112

Queste norme sono una Babele

Nell’ordinamento italiano dei mercati finanziari sembra non solo necessaria una riscrittura di molte norme, ma anche qualche modifica delle scelte a suo tempo effettuate. E’ forse opportuno abbandonare la soglia del 30 per cento come presupposto per l’Opa totalitaria, prevedendone l’obbligo ogni qualvolta muti il controllo. Il governo dovrebbe assumere un’iniziativa di coordinamento delle leggi esistenti e di un loro aggiornamento per evitare che i vizi della normativa incidano sull’efficienza della industria finanziaria italiana.

E con la direttiva arriva la competizione tra sedi

Dal 1° novembre 2007 entra in vigore la direttiva Mifid. Per gli Stati membri significa l’abolizione dell’obbligo di concentrazione delle negoziazioni sui mercati regolamentati. Prima conseguenza è la potenziale frammentazione degli scambi su più sedi di esecuzione. Comporta vantaggi e svantaggi e molto dipenderà dal grado di competizione che si genererà tra le diverse sedi. E’ perciò fondamentale che gli operatori dispongano delle informazioni necessarie per poterne valutare la convenienza relativa.

Meglio il mercato della “prudenza”

Il settore bancario è per tradizione fortemente regolamentato. E i criteri di Basilea 2 mirano a evitare comportamenti eccessivamente rischiosi da parte dei banchieri. Al di là di costi di applicazione elevati, i primi riscontri empirici contestano l’efficacia della regolamentazione prudenziale per il buon funzionamento del sistema. Esaltano invece l’utilità di una maggiore trasparenza e disciplina di mercato. Se i risultati dovessero essere confermati in futuro, la comunità regolamentare internazionale dovrà tenerne conto.

Ma non tutti i risparmiatori sono uguali

Con le nuove regole gli intermediari finanziari dovranno agire in modo onesto, equo e professionale. E per farlo la miglior arma è l’informazione. Che dovrà essere calibrata sui risparmiatori meno “sofisticati”. Molte norme di trasparenza non si applicano invece nelle operazioni con clienti considerati capaci di valutare la rischiosità degli investimenti. All’investitore si richiede comunque una certa capacità critica che lo guidi nelle scelte. Da promuovere dunque una maggiore “scolarizzazione finanziaria”.

Come la Mifid cambia i mercati finanziari

Con la direttiva Mifid (Markets In Financial Instruments Directive) si compie un passo importante nel costruire un mercato integrato europeo dei servizi finanziari. Ma l’armonizzazione delle regolamentazioni a livello comunitario richiede tutele più forti contro i conflitti di interesse, maggiore scolarizzazione finanziaria e informazione sulle sedi di esecuzione degli scambi per evitare una loro eccessiva frammentazione. Occorre poi da noi coordinare le nuove disposizioni con le norme del Testo unico della Finanza e verificare il loro impatto sulla operatività degli intermediari.

All’ombra delle piramidi

Il problema delle piramidi societarie torna di attualità con la vicenda Telecom. Rappresenta indubbiamente un freno alla crescita e allo sviluppo dei mercati finanziari, perciò è stato più volte affrontato in sede comunitaria ed è tuttora oggetto di discussioni. Alcuni interventi sono stati realizzati, anche nel nostro paese. Ma è l’autoregolamentazione che può fare di più, in attesa di un ripensamento complessivo della disciplina degli assetti proprietari.

Partecipazioni bancarie, un segnale per il mercato

Varata all’ultimo Ecofin, la direttiva comunitaria sulle acquisizioni del capitale delle banche introduce criteri più oggettivi. Le nuove regole sono una integrazione e specificazione della “sana e prudente gestione”. E cercano di impedire alle Autorità nazionali di utilizzare i poteri di autorizzazione in modo illegittimo, come è spesso accaduto finora. Senza però abbassare la guardia di fronte alle sacrosante esigenze di tutela della qualità dei partecipanti al capitale delle banche. Ripercussioni anche sul nostro ordinamento.

Tre “capitoli” per il dissesto

Negli Stati Uniti le procedure fallimentari sono regolate dall’Us Bankruptcy Code. Tre i capitoli rilevanti. Il problema sostanziale nasce dal fatto che i comuni non possono essere liquidati sotto il Chapter 7. E se il piano di ristrutturazione non viene votato dai creditori la procedura è ambigua: il giudice fallimentare può, in teoria, imporre un aumento delle imposte, la vendita delle attività e dei cespiti, il taglio delle spese. Ma non è mai successo. La migliore garanzia per il creditore sembra essere il potere del governo locale di gestire alcune imposte.

Se il mercato non ha notizie

Le sanzioni della Consob alla Ifil, alla Giovanni Agnelli & C e ai loro vertici per manipolazione del mercato hanno provocato una reazione del gruppo torinese che suona pressappoco così: senza le operazioni incriminate non ci sarebbe la Fiat risanata e in ripresa. La maggior parte dell’informazione italiana si è allineata a questo giudizio. Ma davvero la mancata comunicazione al mercato di notizie rilevanti è servita al salvataggio? Per farsi un’opinione può servire una ricostruzione della complessa vicenda (sulla quale lavoce.info era già intervenuta), dalla stipula di un contratto derivato nel 2005 alla scoperta di un misterioso documento.

La class action all’italiana non aumenta la responsabilità dei produttori

Negli Stati Uniti le azioni collettive svolgono un ruolo molto importante per il risarcimento di danni causati da prodotti difettosi e fondate sulla responsabilità civile dei produttori. Basterà una legge sulle class action per diffondere anche in Italia una simile tradizione? Probabilmente no. Perché il regime di responsabilità oggettiva è stato introdotto in Europa nel 1985, ma raramente vi si è fatto ricorso. E restano notevoli le differenze con gli Usa nelle garanzie offerte dallo Stato sociale e nel costo di accesso alla giustizia.

Pagina 97 di 112

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén