Lavoce.info

Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 65 di 80

Poste e mercato

L’assenza di un confronto con il mercato rischia di vanificare il risanamento di Poste italiane, proprio quando la liberalizzazione diviene ineludibile e la concorrenza inizia a essere efficacemente tutelata. Dalla riorganizzazione dei servizi postali non sono derivati guadagni di efficienza, che avrebbero potuto essere trasferiti almeno al contribuente, riducendo l’onere sulla finanza pubblica. Una seria riforma del mercato e della regolazione è indispensabile e non può essere ulteriormente subordinata alle esigenze dello Stato-proprietario.

Liberalizzazione e concorrenza viste dai Poli

Il programma dell’Unione è abbastanza vago sulla riforma del commercio, peraltro mai menzionata dalla Casa delle libertà. Estrema prudenza di entrambi gli schieramenti sugli ordini professionali. Quanto al governo dei settori, l’Unione batte molto sul tema delle Autorità indipendenti, da potenziare. Ma lascia perplessi il riferimento alle clausole sociali (scusa tradizionale per svuotare le liberalizzazioni) e l’affermazione che la proprietà delle reti deve rimanere pubblica. Mentre la Cdl elenca obiettivi senza indicare le azioni da intraprendere.

Mentre a Bruxelles si chiacchiera, Sagunto brucia

Italia e Francia litigano sulla vicenda Enel-Suez. C’è invece assoluta necessità di riprendere l’iniziativa a livello continentale sui temi dell’energia. Perché l’Europa ha un pesante deficit in campo petrolifero e per quanto concerne il gas. Mentre l’Unione Europea potrebbe essere un negoziatore potente e gestire molto meglio i rischi. Rinunciare alle potenzialità di tale asset è semplicemente irrazionale. E proseguire su strade nazionali o al massimo di contrattazione bilaterale ci condanna a inefficienze che poi sono pagate dai consumatori.

Il protezionismo dei francesi. E il nostro

La vicenda Enel-Gdf-Suez ha scatenato le critiche contro il protezionismo francese. Ma anche i nostri politici, di maggioranza e di opposizione, non hanno mai perso l’occasione di difendere l’italianità di questa o quella impresa. Basta guardare al caso Edf-Edison o all’ingresso delle banche straniere. Eppure, i più importanti studi sul grado di apertura dei sistemi economici nazionali dimostrano inequivocabilmente che ogni volta che si proteggono dalla concorrenza internazionale i mercati interni, sono le imprese locali, oltre che i cittadini, a perderci.

Perché non deve essere una guerra civile europea

Le concentrazioni dei gruppi energetici potrebbero essere negoziate e gestite a livello europeo. Invece, si preferiscono le soluzioni nazionali. Accade perché l’Europa ha fallito. Il suo modello di liberalizzazione puntava a rompere i monopoli nazionali verticalmente integrati, ma non a costituire una piattaforma europea integrata per sviluppare interconnessioni al di là delle frontiere. Si può però ripartire con una diversa politica, che concili l’intensificarsi della concorrenza, la sicurezza energetica e l’uscita graduale dall’economia del carbone.

Un argine agli affidamenti in house

In Italia il fenomeno della costituzione di società controllate dalle Regioni e dagli enti locali si è allargato a macchia d’olio, con il rischio di creare nicchie protette dalla concorrenza. Il fenomeno dell’affidamento in house va invece circoscritto entro stretti limiti, seguendo i criteri già indicati dalla Corte di giustizia europea. Non a caso il diritto comunitario lo caratterizza come una modalità eccezionale di acquisizione di forniture, servizi e lavori da parte delle amministrazioni, in deroga alle regole generali di trasparenza e concorrenza.

La direttiva Frankenstein

Con l’accordo per annacquare la direttiva sui servizi, l’Europa ha perso un’altra occasione per svegliarsi dal torpore determinato dalla sclerosi burocratica e fiscale che attanaglia molti paesi. E sembra impiegare le maggiori energie a contrastare, invece che a favorire, le liberalizzazioni. La “nuova” Bolkestein è una norma monstre, dove le eccezioni sono più numerose delle regole. Scomparso il principio del paese di origine, gli Stati nazionali avranno in mano armi potenti per depotenziare anche le poche libertà previste.

Una nuova faccia per la Bolkestein

Alcuni dei rischi paventati dagli oppositori alla direttiva sono reali. Però, negli emendamenti proposti il principio del paese di origine è depotenziato radicalmente, privandolo di qualsiasi capacità di liberalizzazione dei mercati nazionali dei servizi. Mentre l’accordo tra popolari e socialisti europei addirittura lo cancella, sostituendolo con una nuova formulazione che si presta a due letture opposte. L’effettiva portata di una direttiva di tale rilevanza sarebbe alla fine affidata alla incensurabile interpretazione della Corte di giustizia.

Un disservizio all’Europa

Senza un mercato integrato dei servizi l’Europa non potrà mai ambire a essere un’economia dinamica e competitiva come quella degli Stati Uniti. La direttiva Bolkestein cercava di far sì che le legislazioni dei paesi membri in questo campo diventassero rapidamente compatibili con le norme dei trattati europei. Ora, il compromesso raggiunto è il risultato di cedimenti progressivi agli interessi particolari di singoli paesi e categorie. E già si levano le voci in favore dell’esplicita introduzione del principio del “paese di destinazione”. Condannandoci a un lento declino.

Bolkestein: qualcosa è cambiato

La “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno”, comunemente conosciuta come “Direttiva Bolkestein”, non si applica a tutti i servizi. Alcuni di questi sono espressamente esclusi, altri invece vengono inclusi solo nel campo di applicazione delle previsioni della Direttiva relativa alla sola libera circolazione dei servizi e vengono esclusi al diritto di stabilimento. Successivamente sono state proposte sostanziali modifiche nel numero e nella tipologia di questi servizi.

Pagina 65 di 80

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén