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Autore: Giuseppe Pisauro Pagina 7 di 8

pisauro Si è laureato in Scienze Statistiche all'Università "La Sapienza" di Roma e ha proseguito gli studi di Economia presso la London School of Economics. Professore di Scienza delle Finanze presso l'Università "La Sapienza" di Roma (in precedenza ha insegnato all'Università di Campobasso, alla LUISS di Roma, alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e all'Università di Perugia). Si occupa prevalentemente di temi di finanza pubblica. Ha svolto attività di consulenza per istituzioni italiane e internazionali (IMF, Camera dei Deputati, Presidenza della Repubblica). Ha fatto parte della Commissione tecnica per la spesa pubblica (Ministero del Tesoro) dal 1991 fino al suo scioglimento nel 2003. Dal luglio 2006 dirige la Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze. Redattore de lavoce.info.
È stato Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio dal 2014 al 2022.

Esercizi di stile

Doveva essere la Finanziaria dell’inversione di rotta rispetto a scelte passate che hanno portato al crollo delle entrate ordinarie. E capace di convincere i mercati che i tagli alla spesa sono permanenti. Ma il cambiamento è avvenuto solo a parole. Nella sostanza siamo lontani dai ventiquattro miliardi indicati come necessari dal Dpef per rimanere sotto la soglia del 3 per cento. La parte più convincente della manovra è quella sulle entrate.  Ma rischia di essere neutralizzata dalla riforma fiscale.  Che non può essere discussa separatamente dalla Finanziaria.

Gordon Brown all’italiana

Metodo inglese per la prossima Finanziaria italiana. In realtà, in Gran Bretagna si lavora con un’ottica pluriennale, e i piani di spesa non sono fatti sulla base di percentuali di crescita uniformi, che rischiano di essere inapplicabili, come invece avviene in Italia. La discussione se utilizzare come base di riferimento il bilancio tendenziale o il pre-consuntivo è poi un falso problema. Servirebbe piuttosto un approccio integrato che tenga conto di tutte le informazioni disponibili, sul passato e sul futuro.

Verso la Finanziaria

L’unico elemento finora noto della prossima Finanziaria è che una parte della manovra sarà costituita dall’applicazione di un tetto uniforme del 2 per cento alla crescita della spesa nel 2005 rispetto al pre-consuntivo 2004. Congelare così la composizione della spesa segna una rinuncia a definire priorità e scelte allocative e riduce la politica di bilancio a un fatto puramente finanziario. E comunque non basta per raggiungere gli obiettivi indicati nel Dpef.

Sono stati anni difficili?

Con la ripresa dovrebbe migliorare la situazione dei conti pubblici in Europa: rischia di essere un ragionamento troppo ottimista. La riduzione dei tassi di interesse conseguente al rallentamento del ciclo può avere un effetto particolarmente favorevole per i paesi altamente indebitati, come il nostro. Paradossalmente, è del tutto possibile che l’Italia non tragga grande beneficio dalla modesta ripresa, ma ne soffra le conseguenze in termini di più alti tassi di interesse europei. Il nuovo Dpef dovrebbe tener conto di questi fattori.

Un bilancio ad interim

E’ stato il ministro delle una tantum e ha giocato d’azzardo sperando in una ripresa del ciclo e in un allentamento dei vincoli europei. Ha perso e lascia i conti pubblici in una situazione preoccupante. Eppure, rischiamo di rimpiangere Giulio Tremonti. Di fronte a un prevedibile rialzo dei tassi, dovremmo ridurre la spesa primaria che ha ripreso a crescere. Invece per il prossimo ministro delle Finanze varranno le leggi del ciclo politico, che comportano un aumento del deficit pubblico di circa mezzo punto di Pil in occasione di ogni tornata elettorale.

Quanto costa aspettare Godot

La politica di bilancio degli ultimi anni è stata all’insegna dell’acquistare tempo, affidandosi a condoni e cartolarizzazioni, in attesa di una ripresa del ciclo. Ma già si vedono gli effetti negativi della scarsa credibilità di una politica fatta di una tantum. Ora si pensa anche di “guadagnare spazio” nel bilancio pubblico con misure di copertura del taglio delle imposte che gli operatori economici non percepiranno come durature. Se tutto ciò si ripercuoterà sui tassi di interesse, il costo potrà essere molto salato.

Il dividendo dell’euro

Si riaccende la polemica sui vantaggi e svantaggi della moneta unica. Ma un confronto con quello che sarebbe potuto accadere se non avessimo aderito all’Unione monetaria, mostra come il miglioramento dei conti pubblici italiani sia interamente dovuto alla caduta dei tassi di interesse sul debito pubblico indotta dall’euro. Nell’ultimo triennio, però, questo dividendo è stato usato in misura crescente per finanziare maggiori spese e non ulteriori riduzioni dell’indebitamento. Proseguire su questa strada, ci espone al rischio che il dividendo stesso svanisca.

Sono davvero aumentate le entrate?

L’indebitamento netto 2003 resta ben al di sotto della soglia massima del 3 per cento. Cambia però la sua composizione e le entrate ordinarie sembrano sempre meno in grado di far fronte strutturalmente alle spese ordinarie. Il Governo conferma tuttavia la volontà di ridurre le imposte. Senza peraltro chiarire come intende raggiungere questo obiettivo. E l’opposizione preferisce criticare l’esecutivo per aver aumentato le tasse, invece di interrogarsi sui perché e sugli effetti del calo tendenziale della pressione fiscale ordinaria.

Scip2 strikes back

L’operazione Scip ha vantaggi presunti, ma finora non provati. Infatti, i risultati del 2003 sono largamente al di sotto delle aspettative. Né sembra vero che la cartolarizzazione acceleri il processo di vendita degli immobili. Di sicuro, consente di far cassa subito e di migliorare l’aspetto dei conti pubblici. Ma altrettanto sicuri sono i costi di cui occorre rendere nota la dimensione. Senza dimenticare i futuri costi della politica delle entrate straordinarie perseguita in questi anni.

Quando blindare vuol dire appannare: i conti pubblici nel 2003

La chiamano nettizzazione. Significa che di soldi nelle casse del Tesoro non ne arrivano, ma che si scambiano debito e patrimonio. I primi risultati sull’andamento dei conti pubblici nel 2003 indicano che il rapporto tra debito pubblico e Pil migliora, ma a costo della trasparenza dei conti pubblici. Mentre la sessione di bilancio per il 2004, appena conclusa, sembra aver segnato una profonda modifica dell’equilibrio dei poteri tra Governo e Parlamento. Si sta andando verso la non emendabilità della manovra di finanza pubblica? Non sembra una strada promettente per migliorare la qualità delle decisioni di bilancio e dell’informazione disponibile per l’opinione pubblica.

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