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Autore: Francesco Manaresi

Manaresi

É economista presso il Direttorato per la Scienza, la Tecnologia e l’Innovazione (STI) dell’OCSE, dove guida il team che si occupa di Produttività di impresa e coordina i database DynEmp e MultiProd. É senior economist (in aspettativa) presso il Dipartimento di economia e statistica della Banca d'Italia. Francesco ha conseguito un PhD in economia presso l'Università di Bologna. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la produttività, la dinamica d'impresa, l’innovazione e la finanza.

Serve un manager per internazionalizzare le imprese

Per rendere competitive le imprese sui mercati internazionali sono necessarie competenze manageriali. Le politiche pubbliche possono aiutare le imprese ad acquisirle? L’analisi dei risultati del “Voucher per l’internazionalizzazione” dà una risposta.

La digitalizzazione delle imprese passa dal capitale umano*

Le imprese italiane sono poco digitalizzate. Pur quando sono presenti, le tecnologie producono bassi rendimenti. Molto dipende dalla scarsa qualità del capitale umano di lavoratori e manager. E ciò influenza anche l’efficacia degli incentivi pubblici.

Così il Covid ha contagiato l’imprenditorialità*

Coronavirus e lockdown hanno colpito le imprese, anche se non tutte allo stesso modo. In particolare, sono crollate le nascite di aziende. Per dare fiato al segmento più dinamico del sistema produttivo si potrebbero rafforzare misure già in vigore.

Startup act, un primo passo di successo*

Lo Startup act ha avuto un impatto positivo sull’attività delle imprese che ne hanno beneficiato. Si tratta di un primo tassello a cui si devono aggiungere altre misure per rendere l’ecosistema imprenditoriale ancor più favorevole a queste attività.

Imprese e produttività: quanto conta l’evasione fiscale*

Cosa frena lo sviluppo dell’economia italiana? Tra le tante cause, ce n’è una spesso sottovalutata: l’alta evasione fiscale. Il suo effetto principale è sulla dimensione delle aziende. Perché restare piccoli può essere più conveniente che innovare.

AIUTO ITALIANO: QUANDO PIOVE SUL BAGNATO*

Il 2010 ha segnato uno dei punti più bassi per la cooperazione allo sviluppo italiana: il nostro paese vi ha destinato appena lo 0,15 per cento del Pil, meno di quanto fatto da tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale. Si tratta di un record negativo che non è giustificabile con la crisi: nello stesso anno gli aiuti degli altri donatori hanno raggiunto i massimi storici. (1) Ma guardare alla sola quantità dell’aiuto non basta. Negli ultimi anni, la comunità internazionale ha prestato una rinnovata attenzione al tema della qualità, inteso come efficacia ed efficienza dell’aiuto per la lotta alla povertà e per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio.

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