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Autore: Antonino Gentile

L’ALLEANZA ANTIEVASIONE FISCO-COMUNI

Il dibattito sul federalismo fiscale si è concentrato su quante risorse sono necessarie per coprire a costi efficienti i compiti attribuiti a ogni livello di governo e su quali devono essere le fonti di finanziamento. Poca attenzione si è prestata alla capacità di risposta della macchina amministrativa che dovrà gestire il cambiamento.

COMUNI IN CAMPO CONTRO L’EVASIONE

Il recupero di competitività amministrativa è, invece, il tema centrale. In assenza di strutture capaci di assecondare l’applicazione dell’autonomia tributaria, si corre il rischio che la leva fiscale si riduca alla manovra delle aliquote e non si ampli la base imponibile, con sofferenza degli equilibri e della flessibilità di bilancio. Una delle principali fonti di finanziamento deve essere il recupero dell’evasione. Va letta in questa direzione la disposizione dell’articolo 1 del decreto legge n. 203/05 che incentiva la partecipazione dei comuni all’azione di contrasto all’evasione dei tributi erariali diretti e indiretti, con il riconoscimento di una quota pari al 33 per cento delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo a seguito di segnalazioni qualificate di elementi evasivi ed elusivi all’Agenzia delle entrate. Peraltro, va sottolineato che l’incentivo del 33 per cento si aggiunge al maggior recupero di addizionali e compartecipazioni come risultato degli accertamenti e di una più alta autoliquidazione da effetto deterrenza.
L’importanza della capacità di governance del territorio fiscale e della collaborazione fra istituzioni è tale che l’incentivo del 33 per cento diventa 50 per cento nel decreto sul federalismo municipale ed è esteso, con lo schema di decreto sui meccanismi sanzionatori e premiali, alle Regioni e alle province che con le loro segnalazioni qualificate consentono il recupero di tributi erariali. Il premio ai comportamenti antievasione si completa con la previsione che i risultati conseguiti in termini di maggior gettito derivante dall’azione di contrasto all’evasione non diminuiscono l’accesso al fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale.

L’ESEMPIO DELL’EMILIA ROMAGNA

Per poter vincere la scommessa dell’alleanza antievasione, l’Agenzia delle entrate dell’Emilia-Romagna e l’Anci regionale hanno messo in atto sinergie operative fra i diversi attori coinvolti:
– sottoscrizione di un accordo quadro Agenzia ed Anci dell’Emilia Romagna per individuare modalità e strumenti in grado di favorire, nel più breve tempo possibile, la concreta partecipazione dei comuni al recupero dell’evasione dei tributi erariali;
– creazione di una task force congiunta con l’Anci con lo scopo di individuare programmi locali di recupero dell’evasione, fornire istruzioni operative ai comuni, elaborare check list per la raccolta dei dati e la predisposizione delle segnalazioni da inviare all’Agenzia delle entrate, aggiornare e standardizzare le metodologie di intervento dei funzionari comunali;
– diffusione di chiari e ben individuati percorsi investigativi,utili a produrre segnalazioni direttamente utilizzabili ai fini di un accertamento;
– attuazione di una specifica attività formativa congiunta;
– organizzazione di una rete di funzionari presso ogni direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, allo scopo di seguire lo sviluppo delle attività accertative, monitorare i risultati, tenere i collegamenti con i capiufficio tributi dei comuni, segnalare o risolvere le problematiche tecniche e operative, evidenziare le pratiche migliori per la diffusione.

Di seguito alcuni dati al 31 dicembre 2010.

Fattispecie accertate

“Fabbricati fantasma”

Imponibile
€ 1.100.000

I comuni hanno segnalato centinaia di immobili non dichiarati, comprese ville di lusso mascherate da fabbricati rurali. Tra gli altri, è stato scoperto un evasore totale possessore di oltre 40 immobili non dichiarati, molti dei quali affittati in nero.

Cessioni di aree fabbricabili mascherate

Imponibile
€ 29.900.000

È frequente che il trasferimento di terreni a scopo edificatorio – la cui cessione realizza in capo al cedente redditi/plusvalenze tassabili – sia mascherato da cessione di fabbricato (tipicamente ruderi da demolire) o di terreno agricolo, oppure come cessione di quote societarie. La collaborazione con i comuni e in particolare con l’Ufficio tecnico e la polizia municipale ha consentito di evidenziare numerose cessioni di questo tipo.

 Finti enti non commerciali

 

Imponibile
€ 1.400.000

Esempi
a)    L’Ufficio commercio di un comune del bolognese ha riscontrato che un’associazione sportiva dilettantistica svolgeva, senza le necessarie autorizzazioni, attività ristorative/agrituristiche e organizzava ricevimenti per cerimonie associando all’Asd unicamente il cliente che richiedeva il servizio. A fronte di tali attività, né l’Asd né le persone che la gestivano hanno mai presentato una dichiarazione fiscale.
b)   Durante le ordinarie attività di presidio del territorio, i vigili urbani di un comune della provincia di Ferrara hanno scoperto che un circolo culturale svolgeva l’attività di un vero e proprio ristorante.
c)    Un baby parking, sotto le mentite spoglie di associazione senza scopo di lucro, forniva i servizi di un vero asilo nido, senza le necessarie autorizzazioni e totalmente in nero. Con la quota di 700 euro al mese i “soci” del circolo (bambini di età compresa tra 1 e 3 anni) avevano assicurata la permanenza giornaliera, con la cifra supplementare di 6 euro al giorno pranzavano e con l’aggiunta di qualche centinaio di euro potevano anche organizzare le feste di compleanno.
d)   Un’associazione per la promozione del gusto era in realtà una scuola di cucina a pagamento e svolgeva anche attività di catering.

Molti lussi poche imposte

Imponibile
€ 2.300.000

Molti i soggetti segnalati per l’incoerenza fra i redditi dichiarati e la capacità di spesa manifestata (acquisti di immobili, autovetture, esercizi commerciali, conferimenti in denaro, ecc..)

OBBLIGO DI PREMIARE IL MERITO

Anche nella Pa si va finalmente verso l’adozione di un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale. I settori che raggiungono standard più alti dovranno beneficiare di maggiori risorse per premiare la produttività individuale. Come riconoscimento della capacità di cambiamento e di propensione all’innovazione. Per esempio, usufruendo di una parte più consistente di fondi, collegata a un percorso di diminuzione della percentuale fissa di retribuzione a favore della parte variabile.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

I commenti al mio intervento del 18.01.2008 "Premiare il merito è possibile"sono il segnale di una voglia di cambiamento, di un’attesa che anche nella P.A. i meriti e le capacità professionali abbiano il giusto riconoscimento. Occorre, quindi, andare oltre le affermazioni di principi ed individuare percorsi che portano a soluzioni concrete e realistiche.
Sono convinto che per diffondere e radicare la valutazione a livello di sistema e, quindi, applicarla a tutto il personale, e non soltanto a coloro che ricoprono posizioni organizzative di vertice od intermedie, è necessario individuare criteri di misurazione delle prestazioni trasparenti ed oggettivi, indicatori ben definiti. Solo così è possibile superare gli ostacoli frapposti da coloro che lamentano rischi di eccessi di discrezionalità, di errori e di inadeguatezza delle valutazioni e che, in tal modo, a parole sono per il merito, ma poi con tale scusa sfuggono alle scelte ed all’assunzione di responsabilità.
Certamente, gli indicatori che misurano la produttività ma anche la qualità della prestazione ( il riferimento nell’accordo trentino, alla maggiore imposta accertata ed alla maggiore imposta definita degli accertamenti è, in tal senso, significativo), pur fondamentali, non esauriscono l’ampio spettro dei profili da valutare( mi riferisco a quelli di natura organizzativa e comportamentale che, peraltro, vanno diversificati, circoscritti o esclusi a secondo dei destinatari del processo valutativo), ma, in un’amministrazione pubblica- dove il valore della cosiddetta equità organizzativa procedurale- è imprescindibile, quello degli indicatori di sistema è, a mio avviso, un passaggio fondamentale ed ineludibile. Se l’esigenza dell’oggettività delle valutazioni non sarà mantenuta non si riuscirà a fare molta strada.
I dati rappresentati nell’esperimento trentino evidenziano esemplificativamente come già oggi è possibile in Agenzia delle Entrate ottenere report significativi nel rappresentare l’apporto di ciascuno alla realizzazione dei risultati. Ancor di più, creando nuovi collegamenti con dati già conosciuti dal sistema informativo. Si deve, cioè, stimolare la costruzione di report che siano pensati, oltre che per il controllo gestionale ed operativo e per la verifica dei risultati dell’ufficio, anche per rilevare e misurare il merito e l’apporto individuale.
L’obiettivo è quello di favorire, in tal modo: a) lo sviluppo di percorsi formativi mirati, b) la costruzione di progressioni di carriera che premino le capacità ed il rendimento individuale (all’interno di un percorso che deve essere graduale e predeterminato che consenta, quindi, di programmare la propria carriera), c) il maggiore apprezzamento della parte di retribuzione variabile collegata ai risultati a fronte del raggiungimento di standard produttivi e di qualità realmente misurabili.
L’innovazione tecnologica che permea tutti i processi lavorativi dell’Agenzia, oltre che migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi richiesti, può diventare così strumento visibile di nuove politiche di gestione delle risorse umane fino a consentire di sperimentare l’eliminazione della registrazione degli orari di lavoro, laddove la condivisa temporalizzazione dei tempi medi di lavorazione consente di privilegiare, per individuate unità organizzative(ad esempio i team legali), logiche di organizzazione professionale degli adempimenti disancorate da spazi temporali formalmente predeterminati. L’immagine di un’Istituzione Pubblica che si libera dai vincoli dell’orario di lavoro e pone al centro le prestazioni di lavoro dei singoli, certamente ne trarrà grande evidenza, ponendosi come battistrada di nuove articolazioni del rapporto di lavoro. L’instaurazione di un rapporto lavorativo collegato al raggiungimento dei risultati e la previsione di premianti meccanismi di crescita professionale garantiranno, in ogni caso, un’elevata propensione all’impegno lavorativo, con l’ulteriore vantaggio di privare i dipendenti che si sottraggono al proprio lavoro (scaricandolo nei fatti ai propri colleghi) della copertura della presenza formale in ufficio.

PREMIARE IL MERITO E’ POSSIBILE

Per incentivare davvero il merito e l’impegno nella Pa servono strumenti di misurazione dei risultati oggettivi e trasparenti. E la volontà di applicarli. Un accordo fra Agenzia delle Entrate della provincia di Trento e sindacati stabilisce che per avere diritto ai premi di produttività, occorre dimostrare di aver lavorato di più e meglio, attraverso un particolare meccanismo meritocratico destinato a remunerare la produttività individuale per tutte le attività dell’area controllo dell’ufficio. E i dipendenti più attivi ottengono fino a duemila euro in più.

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