Il nostro sistema fiscale è solo blandamente progressivo sulla distribuzione dei redditi. Anzi, è regressivo per il 5 per cento più ricco dei contribuenti, che pagano aliquote inferiori rispetto al 95 per cento della popolazione. I risultati di uno studio.
Autore: Alessandro Santoro Pagina 2 di 5
Ha conseguito il MSc. in Economics presso l’Università di York nel 1997 e il dottorato in economia politica presso l’Università Cattolica nel 2001. È attualmente professore ordinario di scienza delle finanze presso il Dems dell’Università di Milano-Bicocca, ed è affiliato dei centri CEFES, Datalab e Dondena . È stato esperto tributario presso il Secit (Ministero delle finanze) dal 1999 al 2004, consigliere del vice-ministro all’economia e alle finanze dal 2006 al 2008, consigliere economico del Presidente del consiglio dei ministri dal settembre 2014 al dicembre 2016 e consigliere del Ministro dell'Economia da febbraio 2020 a ottobre 2022. Da luglio 2021 è presidente della Commissione per la redazione della relazione sull'economia non osservata e l'evasione fiscale. Le sue principali pubblicazioni riguardano l’impatto delle misure di contrasto dell’evasione fiscale, gli studi di settore, i diversi modelli di tassazione familiare e la misura della disuguaglianza.
Le disuguaglianze di reddito in Italia sono più elevate di quanto si pensasse e con un trend in crescita a partire dal 2008. Il fenomeno è multi-dimensionale. A essere maggiormente colpiti dall’aumento delle disparità sono giovani, donne e Meridione.
Sull’evasione la manovra del governo Conte bis è in netta discontinuità con quella del Conte 1. Ma restano i dubbi sulla possibilità concreta di realizzare gli obiettivi previsti. Tutto ruota ancora attorno alla questione dell’utilizzo effettivo dei dati.
L’evasione fiscale e contributiva vale mediamente poco meno di 110 miliardi annui. La buona notizia è che la Nadef prevede un uso più proattivo della mole di dati garantiti da fatturazione elettronica e, dal 2020, trasmissione telematica dei corrispettivi.
Premiare i pagamenti elettronici serve a poco, perché l’utilizzo di questi dati per contrastare l’evasione è molto limitato. La possibilità di usare l’anagrafe dei rapporti per l’analisi del rischio evasione è stata bloccata dal Garante della privacy.
Sull’evasione fiscale, il programma del nuovo governo è generico. Si dovrebbero invece intensificare le azioni già avviate dall’Agenzia delle entrate: puntano ad aumentare il gettito non attraverso controlli e sanzioni, ma con la spinta gentile all’adempimento.
Sono quasi 13 milioni le cartelle interessate da rottamazione-ter e “saldo e stralcio”: molte di più rispetto al passato, anche perché le condizioni di pagamento erano decisamente favorevoli. Però, alle casse dello stato arriveranno ben poche risorse in più rispetto a quelle già previste.
Sul contrasto all’evasione fiscale, il “governo del cambiamento” ha scelto una linea di continuità con le politiche precedenti. In alcuni casi è una decisione positiva, ma in altri no. Perché così non si affrontano i nodi che oggi limitano l’efficienza dell’amministrazione.
Il ministro dell’Economia sostiene che aumentare l’Iva per finanziare una riduzione dell’Irpef potrebbe essere una buona idea. Il ragionamento non considera però la possibile crescita dell’evasione Iva. Mentre non si avrebbero effetti sul costo del lavoro.
Per contrastare l’evasione fiscale, l’Agenzia delle entrate dovrebbe poter utilizzare tutte le informazioni a sua disposizione. Ma è necessario trovare il giusto equilibrio tra tutela della privacy e i potenziali benefici dell’uso massiccio dei dati.