Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Silvio Berlusconi su povertà, disoccupazione e Neet. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.

Il 4 marzo è appena passato e così ci siamo lasciati le elezioni alle spalle. Ha influito non poco sul risultato del voto l’ancora flebile ripresa dell’economia italiana. E molti politici hanno infatti insistito su questo punto. Come Silvio Berlusconi, che, intervistato da Barbara D’Urso a Domenica Live sulla situazione economica di oggi rispetto a quella del 2011, anno della caduta del suo governo, ha dichiarato:

“Dalla situazione del 2011 ad oggi sono successe alcune cose molto spiacevoli. Punto primo, ci sono 3 milioni di poveri in più. Due, ci sono tre milioni di disoccupati in più. Tre, ci sono tre milioni e passa, tre milioni e 200 mila, giovani dai 15 ai 30 anni che non studiano più e non lavorano più, forse hanno cercato un lavoro e adesso non lo cercano più perché sono sfiduciati e non pensano di trovarlo. Ci sono 3 milioni di anziani che avrebbero bisogno di farsi curare ma non ce la fanno perché non hanno i soldi per pagarsi le cure”.

Per verificare questa dichiarazione si devono riprendere i dati sulla povertà, sul mercato del lavoro e sull’accesso ai servizi sanitari.

La povertà negli ultimi anni

Berlusconi afferma che ci sarebbero tre milioni di poveri in più rispetto al 2011. Senza però specificare quale misura di povertà stia prendendo in considerazione nella sua analisi: la povertà assoluta o quella relativa. Infatti, se la soglia di povertà assoluta corrisponde, secondo Istat, “alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile”, una famiglia è considerata povera in termini relativi se la sua spesa per consumi è inferiore alla linea di povertà, che per una famiglia di due componenti è equivalente a 1.061,50 euro nel 2016.

L’Istat presenta i dati di entrambe le misure di povertà, distinguendo tra numero di famiglie e individui.

Figura 1

Tuttavia, sia che si consideri l’aumento dei poveri assoluti tra il 2011 e il 2016, +2,1 milioni, sia che si consideri quello dei poveri relativi, +1,8 milioni, il dato citato da Berlusconi è comunque in contrasto con le ultime rilevazioni Istat.
In realtà, il punto su cui Berlusconi sbaglia non è tanto l’andamento del numero dei poveri, che effettivamente è in crescita rispetto al 2011, ma la cifra esatta della variazione.

Mercato del lavoro: disoccupati e Neet

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, Berlusconi afferma che ci sarebbero 3 milioni di disoccupati in più rispetto al 2011. Guardando la figura 2, emerge che l’aumento registrato tra il 2011 e il 2017 è di circa 800 mila persone. Se poi ci concentriamo sul periodo che va dal novembre 2011 al dicembre 2017, la variazione è di solo +487 mila unità. Ben lontano dai tre milioni da lui citati, il numero totale delle “persone in cerca di occupazione” cresce infatti solo fino al 2014, per poi diminuire gradualmente fino al 2017.

Figura 2

La terza affermazione riguarda, invece, i “3,2 milioni di giovani dai 15 ai 30 anni che non studiano più e non lavorano più”, che avrebbero cercato un lavoro ma “adesso non lo cercano più perché sono sfiduciati”. L’interpretazione di questo dato non è scontata. Berlusconi, infatti, sembrerebbe parlare dei Neet, acronimo inglese che si riferisce, secondo la definizione di Eurostat, a quei giovani che non lavorano né seguono un percorso formativo. Come già spiegato in un altro fact-checking, l’elemento caratteristico dei Neet non è tanto l’essere sfiduciati, nel senso di non essere più alla ricerca di un’occupazione, ma quello di non seguire alcun percorso lavorativo o educativo. Perciò, in questa definizione rientrano sia i disoccupati, ossia coloro che sono alla ricerca di un’occupazione, sia gli inattivi, ossia coloro che non hanno un lavoro e non lo stanno cercando. Al contrario della definizione Eurostat, quindi, Berlusconi sembrerebbe riferirsi a una categoria ancora più piccola dei Neet, ossia ai soli giovani inattivi.

Secondo Istat, il numero dei Neet nella fascia 15-29 anni nell’ultimo trimestre 2017 sarebbe uguale a 2,3 milioni. Se consideriamo solo gli inattivi, il numero è ancor più lontano da quello citato in diretta da Berlusconi, 1,4 e non 3 milioni, e comunque non tutti sarebbero disponibili a lavorare.

Quanti anziani rinunciano alle cure?

Berlusconi fa poi riferimento al numero degli anziani – 3 milioni secondo il leader di Forza Italia – che non riuscirebbero a curarsi per motivi economici. In realtà, secondo lo studio Censis, gli anziani che nel 2016 avrebbero rinunciato a prestazioni sanitarie almeno una volta durante l’anno per ragioni economiche sarebbero 2,4 milioni. Un numero ancora drammaticamente alto, ma inferiore del 20 per cento a quello citato da Berlusconi.  Bisogna poi ricordare che secondo lo stesso ministero della sanità, lo studio Censis tenderebbe a sovrastimare il numero complessivo di persone che non possono permettersi una cura. Infatti, se per Censis sarebbero 12,2 milioni, considerando tutte le fasce d’età, secondo il Rapporto Annuale Istat 2017 sarebbero meno di 4 milioni, circa un terzo del dato Censis.

Note: * per la povertà assoluta e relativa i dati si riferiscono al 2016

Il verdetto

Tutti i dati citati da Berlusconi sono sbagliati. Il numero di poveri assoluti è cresciuto di 2,1 milioni, quello dei poveri relativi di 1,8. I disoccupati sono aumentati di meno di 500 mila unità, mentre sia i Neet sia gli anziani che rinunciano a curarsi sono molto meno dei 3 milioni citati da Berlusconi. Tre milioni sembra il numero magico di Berlusconi per spiegare l’intera economia italiana. In realtà, come abbiamo visto, i numeri sono ben diversi. Per questo motivo, la dichiarazione di Silvio Berlusconi è FALSA.

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