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Non c’è Rosatellum senza spine

Formare un governo con i numeri del Parlamento uscito dal voto del 4 marzo è veramente difficile. La responsabilità è anche della legge elettorale. Che andrebbe rivista. Con un doppio turno che segua le linee indicate dalla Corte costituzionale.

Numeri di un governo impossibile

Ora che le fanfare e i lamenti del day after vanno spegnendosi è opportuno dare uno sguardo un po’ più analitico alla situazione che si è creata con la prima applicazione della legge elettorale detta “Rosatellum”.
In termini numerici, il quadro è quello riportato nella tabella 1, che va letta con due avvertenze: a) le percentuali di voto riportate sono quelle della Camera, ma al Senato sono del tutto analoghe; b) i seggi mancanti per la formazione del governo (ultima colonna) sono calcolati sul numero minimo necessario – valer a dire 316 alla Camera e 158 al Senato – ma occorre ricordare che, per assicurare un governo stabile, sarebbero necessari almeno 20 seggi in più alla Camera e 10 al Senato.

Tabella 1

Dati i numeri, le opzioni per formare un governo sono solo tre: 1) sostanzialmente tutti i deputati del Cds appoggiano un governo del M5s; 2) almeno la metà dei deputati del Cds appoggiano un governo di Cdx; 3) una parte del Cdx (la Lega?) converge su un governo con M5s. Sennonché, tradotti in termini politici, questi scenari vogliono dire che, al fine di contribuire a una maggioranza di governo, a una lista – nello specifico il Cds – si chiede di modificare le sue idee politiche, sociali ed economiche in maniera assai significativa, nonché di “traghettare” i voti dei suoi elettori in una direzione molto diversa da quella per la quale è stata scelta. Ad esempio, è più che lecito dubitare che gli elettori del Pd siano favorevoli al fatto che l’intero contingente di parlamentari che hanno eletto abbracci la visione dell’Europa propugnata dal M5s. L’ipotesi poi che almeno la metà di questi stessi parlamentari voti per le politiche decise da un governo guidato da Matteo Salvini è probabilmente ancora più difficile da digerire. Ma forse, data la diversità di vedute su tanti temi cruciali, anche gran parte degli elettori della Lega e di M5s non approverebbero un governo formato da queste forze politiche.
Dunque, “nel nome del Rosatellum” si sono prodotte due strampalate alternative: o il governo si forma su una maggioranza eterogenea che disattende le aspettative e la volontà espressa da un numero minoritario ma comunque molto alto di elettori, oppure non si forma nessun governo.

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L’alternativa non è il modello francese

In Francia, invece, grazie a un sistema elettorale che prevede un doppio turno al quale accedono solo le due liste più votate al primo, Emmanuel Macron è riuscito a ottenere un’ampia e solida maggioranza governativa partendo da una base elettorale pari solo al 24 per cento.
Importare il sistema francese in Italia non è tuttavia possibile. Infatti, nella sentenza n. 35/2017, la Corte costituzionale ha dichiarato incompatibile con la nostra Carta la legge elettorale cosiddetta Italicum, tra l’altro, perché prevedeva che al turno di ballottaggio accedessero le sole due liste più votate al primo turno, senza che fossero consentite, tra i due turni, “forme di collegamento o apparentamento fra liste”. Ciò comporta, secondo la Corte, un’eccessiva compressione del carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e del principio di eguaglianza del voto. Va anche detto che, in tempi di populismo imperante, il fatto che una lista sia in grado di ottenere, da sola, una maggioranza parlamentare capace di formare un governo non è una prospettiva a cui mirare. Saremmo ora a studiare il sistema francese se avesse vinto Marine Le Pen, che al primo turno aveva una base elettorale del 21,3 per cento?
È forse allora il caso di esplorare la possibilità di modificare il Rosatellum prevedendo un secondo turno, ma non sul modello francese, bensì secondo le linee indicate dalla Corte costituzionale, ossia consentendo a tutte le liste che si sono presentate al primo turno di accedere al secondo, previa però la possibilità di apparentamenti con le due liste uscite vincitrici dal primo.
La soluzione, accennata qui in linea di massima e tutta da approfondire, avrebbe i seguenti vantaggi:

  1. gli apparentamenti tra liste avverrebbero prima del secondo turno e dunque gli elettori sarebbero in grado di esprimere il loro assenso o dissenso;
  2. immediatamente dopo il secondo turno elettorale (che avviene in genere 15 giorni dopo il primo) vi sarebbe una maggioranza parlamentare certa e dunque il governo potrebbe essere subito formato, senza vuoti di potere;
  3. il governo sarebbe più forte e autorevole perché la maggioranza che lo sostiene sarebbe stata legittimata dal voto espresso nel secondo turno;
  4. un governo solido dal punto di vista della sua legittimazione politica e sicuro della sua maggioranza parlamentare è molto più efficace nelle istanze europee, dove pertanto gli interessi italiani sarebbero meglio tutelati.
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12 commenti

  1. Henri Schmit

    Il doppio turno francese è uninominale, quello dell’Italicum era di lista. La differenza è abissale. La Corte per fortuna l’ha capito e ha censurato. In gioco è la libertà di scelta individuale degli eletti da parte degli elettori e indirettamente la libertà di mandato dei rappresentati. L’autore sembra temere soprattutto che un doppio turno di lista boccata possa far vincere “i populisti”. Non è un buon argomento. La Corte ha concesso che il ballottaggio di lista potrebbe essere accettabile se fossero permessi apparentamenti fra i due turni. L’ipotesi non è solo impraticabile, è pure assurda: non si capisce come formare una coalizione di liste fa i due turni; e comunque se le liste insieme raggiungessero il 40% otterrebbero le maggioranza assoluta dei seggi, senza necessità di ballottaggio. Il vero problema è la maggioranza di lista bloccata che presuppone che i singoli eletti votino poi compatti come lista anche nel Parlamento. Non per caso tutti fanno come se ci fosse un vincolo di mandato, cioè un mandato di partito. Di più: due forze politiche, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, chiedono formalmente nel loro programma elettorale la soppressione del libero mandato e la sostituzione con un mandato di partito. Tutta questa dottrina è la negazione dei principi liberal-democratici.

  2. Vincenzo Bafunno

    Egregio Professore,
    mi sembra un’ottima proposta!
    Vorrei peraltro evidenziare che il Rosatellum ha almeno avuto due pregi:
    – assicurare una ripartizione dei seggi non molto diversa dalla % dei votanti
    – ha realizzato una composizione della Camera molto simile con quella del Senato.

  3. Guido Ortona

    La correzione del principio di proporzionalità onde ottenere una maggioranza stabile implica un paradosso. Tanto più l’elettorato è frammentato, tanto maggiore deve essere questa correzione. Ma l’elettorato è tanto più frammentato quanto più ampie sono le divisioni economiche, sociali e culturali all’interno della società. Quindi la correzione alla proporzionalità, che implica un diverso peso del voto e quindi del potere per i diversi strati di elettori, deve essere particolarmente forte proprio quando invece sarebbe necessario cercare di propiziare il compromesso e la concordia. Suggerisco che la soluzione deve essere cercata non a livello di sistema elettorale ma a livello di procedure parlamentari (per esempio sostituendo la scelta a maggioranza assoluta con altri criteri). Nel mio dipartimento presso l’Università del Piemonte Orientale sono state effettuate interessanti simulazioni in materia.

  4. Massimo Negri

    Attenzione: nel sistema francese non accedono al secondo turno le due liste più votate al primo, ma le liste che al primo hanno superato la soglia del 12,5%.

  5. Michele Lalla

    Si può osservare che “la possibilità di apparentamenti con le due liste uscite vincitrici dal primo turno” risente molto dell’attuale panorama tripolare e ha una rigidità che fa pensare a un rosatellum bis. Allora, tanto vale, che la legge obblighi a presentare súbito al primo due coalizioni all’inizio e non trenta liste, obbligando a un turno unico. Sarebbe opportuno, dunque, lasciare maggiore libertà alle forze in campo, magari delimitandole a quelle che hanno superato il 3%, ma è già una restrizione discutibile; ossia, i partiti in gioco si riaggregano formando due gruppi. In teoria, se vi fossero cinque gruppi (in ordine di voti presi: A, B, C, D, E), si potrebbero formare due coalizioni: C1= A+B, C2=C+D+E. Perché no? Una legge elettorale deve essere abbastanza generale da durare un po’; non deve essere cambiata a ogni legislatura.

  6. Federico Leva

    I vantaggi del doppio turno con apparentamento sono evidenti, ma è naturale che tutti i gruppi parlamentari abbiano preferito una soluzione che massimizzasse il trasformismo.

  7. Massimo Negri

    Attenzione: se non erro, il sistema elettorale francese, alle politiche, non prevede il passaggio al secondo turno delle due liste più votate al primo, ma il passaggio al secondo turno delle liste che hanno ottenuto almeno il 12,5% dei voti al primo.
    Cordiali saluti

  8. enzo

    Non sono d’accordo sull’esempio francese. Il ballottaggio previsto per le legislative è completamente diverso da quello delle presidenziali. In Italia, stante in vigore l’attuale costituzione, gli elettori votano per il parlamento non per il governo. La corte ha bocciato il ballottaggio dell’italicum perché era a livello nazionale , quindi un voto per il governo non per l’assemblea. Il ballottaggio di collegio non è mai stato dichiarato incostituzionale

  9. Gianfranco Pasquino

    La descrizione del sistema elettorale francese è sbagliata alla radice. Il doppio turno non si svolge fra liste, ma fra candidati/e nei collegi uninominali. Al secondo turno hanno facoltà di passare candidati/e che abbiano ottenuto almeno il 12,5 % dei voti. Spesso sono tre, qualche volta quattro. Alcuni rinunciano nell’ottica di dare vita a coalizioni di governo. Questo doppio turno, usato con ottimi risultati dal 1958 con poche variazioni, è radicalmente diverso da quello previsto nell’Italicum (che stravolgeva una legge elettorale proprozionale. Non sarebbe in nessun modo bocciato dalla Corte Costituzionale.

  10. Henri Schmit

    Ci voleva il prof. GF Pasquino per raddrizzare la barra. Ma attenzione: la differenza non consiste nelle diverse condizioni di accesso al secondo turno, ma nell’oggetto stesso del voto, candidati individuali in un caso, liste per lo più bloccate nell’altro. L’Italicum non era ovviamente un sistema proporzionale ma super-maggioritario, cioè maggioritario a favore della lista minoritaria bloccata più votata. Nonostante le differenze fra i modelli e le censure pronunciate dalla Consulta, la maggior parte dei politologi e peggio ancora quasi tutti i costituzionalisti continuano a confondere rendendo la ricerca di una soluzione razionale, conforme e efficace sempre più difficile.

  11. Pietro Manzini

    Chiedo venia: è vero al secondo turno in Francia possono accedere più liste se superano il 12,5%. Il mio articolo tuttavia non voleva presentare un modello preciso di legge elettorale, ma solo indicare una direzione da esplorare che fosse conforme ai rilievi della Corte costituzionale (ho usato appositamente il verbo ‘esplorare’ nel testo). Ritenere però che “il doppio turno alla francese non sarebbe in alcun modo bocciato dalla Corte” mi sembra un po’ avventuroso.

  12. Henri Schmit

    Ecco quello che dice la Corte nella sentenza 35/2017: “Il turno di voto qui scrutinato – con premio assegnato all’esito di un ballottaggio in un collegio unico nazionale CON VOTO DI LISTA non può essere accostato alle esperienze, proprie di altri ordinamenti, ove al ballottaggio si ricorre, nell’ambito di sistemi elettorali maggioritari, per l’elezione di singoli rappresentanti in collegi uninominali di ridotte dimensioni. In casi del genere, trattandosi di eleggere un solo rappresentante, il secondo turno è funzionale all’obbiettivo di ridurre la pluralità di candidature, fino ad ottenere la maggioranza per una di esse, ed è dunque finalizzato, oltre che alla elezione di un solo candidato, anche a garantirne l’ampia rappresentatività nel singolo collegio.” Il ragionamento non è perfetto, la sentenza non precisa che la rappresentatività è rispettata attraverso il GRANDE NUMERO di collegi “di piccola dimensione”, ma la conclusione è chiara: la soluzione sarebbe conforme ai principi costituzionali. I costituenti stessi intendevano lasciare libertà di scelta al legislatore ordinario fra un sistema proporzionale nazionale e un sistema con collegi piccoli; hanno solo stabilito alcuni principi irrinunciabili: art. 48, 49, 51, 56 e 58. L’uninominale rispetta tutti questi articoli, liste bloccate (in un sistema proporzionale o super-maggioritario, poco importa), no.

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