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Lo spreco di incentivi troppo generosi

Una politica folle

Ringraziamo i lettori per i molti commenti al nostro articolo “Primi nelle energie rinnovabili. Ma a che prezzo?”

Uno dei lettori scrive “oggi si potrebbero istallare altri 15 GWp di fotovoltaico senza incentivi”. Forse è ottimista, ma sottolinea quanto folle sia stata la politica di incentivi nel fotovoltaico: se si fosse ridotto il sostegno mentre crollava il costo dei pannelli e si fossero diluiti gli investimenti su alcuni anni avremmo potuto raggiungere la stessa potenza istallata alla metà del costo totale per sussidi. Dà fastidio che in Italia non si identifichi mai il responsabile politico degli sperperi di denaro pubblico.

Rinnovabili ed emissioni

Quanto ai benefici delle rinnovabili: come già indicato in un nostro articolo del 2014, l’incentivo medio per il fotovoltaico in Italia risultava nel 2011 pari a 367,2 euro/MWh equivalente a trentasei volte il valore delle esternalità evitate. Con la stessa cifra sarebbe stato possibile ottenere una riduzione di emissioni di gran lunga superiore a quella ottenuta intervenendo laddove il costo marginale di abbattimento è minimo. Peraltro, a livello planetario la riduzione di emissioni conseguita finora grazie alla incentivazione delle rinnovabili è del tutto irrilevante: la quota di energia prodotta da fonti non fossili è aumentata negli ultimi quindici anni di un solo punto percentuale dal 13 al 14 per cento; quella del solare nel 2015 ha rappresentato meno dello 0,5 per cento del fabbisogno mondiale.

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Il Punto

  1. Rick

    Le energie rinnovabili non servono solo a ridurre le emissioni di CO2. Qualcuno ha provato a fare una analisi strutturale, tenendo conto delle esternalità ambientali, dell’effetto sulla nostra economia di una diminuzione nell’importazione dei combustibili fossili e della creazione di una base industriale nel fotovoltaico?
    Sia chiaro, mi aspetto che il risultato rimanga negativo, ma non così negativo come appare guardando solo alle esternalità ambientali.

  2. Gianluca Fioroni

    Anche per questi (primi?) due “contro-commenti” mi sarei aspettato una maggiore documentazione delle asserzioni e un maggiore approfondimento sui dati presentati; il tutto, magari, a partire dal rapporto CEER attorno a cui ruota tutto l’articolo originale nonchè le tesi degli autori.
    Peccato.

  3. Alessandro Pagliara

    Perchè gli USA possono fare adesso più di prima quello che vogliono, e l’OPEC non riesce a far risalire il prezzo del petrolio? Semplice: gli USA non importano più! Per un paese come l’Italia qual è il beneficio di riduzione delle importazioni?? Non si è creata una catena del valore sulle rinnovabili….ma siamo ancora in tempo!

  4. Matteo Carrozza

    L’ affermazione che “la quota di energia prodotta da fonti non fossili è aumentata negli ultimi quindici anni di un solo punto percentuale dal 13 al 14 per cento”, e’ sia incorretta, che tendenziosa. Incorretta perche’ e’ aumentata da circa l’ 8% nell’ anno 2000 ai valori citati (causa mancanza tempo, non ho scaricato direttamente i dati primari, ma invito a vedere la presentazione dell’ US Energy Information Administration, slide 7, https://www.eia.gov/pressroom/presentations/sieminski_05112016.pdf).
    Ma soprattutto parlare di percentuale di energia rinnovabile, piuttosto che di energia elettrica rinnovabile e’ un paragone fuorviante. Prima di tutto perche’ gli incentivi riguardano il rinnovabile per la produzione di energia elettrica. Secondo, perche’ la produzione dell’ energia rinnovabile secondo la definizione qui sopra (i.e. per energia si intende oltre che l’elettricita’ sia il riscaldamento che l’energia usata per i trasporti) e’ aumentata molto di meno dell’ energia elettrica rinnovabile (dato che non vi sono state ancora innovazioni tecnologiche sostanziali nei trasporti, che rimangono dipendenti da combustibili fossili). Per esempio, nell’ UE (28 paesi dell’ UE), la percentuale di energia rinnovabile e’ stimata al 16.0 % nel 2014, ma questo rappresenta ben il 27.5% dell’ energia elettrica (fonte: Eurostat Renewable Energy in Europe 2017).
    Queste mie precisazioni non invalidano necessariamente l’analisi sull’efficacia o meno, e la “cost-effectiveness” degli incentivi in Italia (materia su cui conosco di meno), ma mi sembra un grave errore da parte di esperti in materia.

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