Il Def contiene un allegato in cui sono elencate le spese dello stato nelle regioni e nelle province autonome. Così come proposto oggi, il documento non dà molte informazioni. Basterebbero però alcune modifiche per renderlo più utile e chiaro.  

Pagamenti alle regioni e agli enti locali

La legge di contabilità e finanza pubblica 196/2009 illustra, all’art. 10, i contenuti obbligatori del Documento di economia e finanza. In particolare, il comma 10 prevede che: “In apposito allegato al Def, in relazione alla spesa del bilancio dello Stato, sono esposte, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, distinte tra spese correnti e spese in conto capitale, le risorse destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali, e alle province autonome di Trento e di Bolzano”. Queste spese non riguardano quindi semplicemente i trasferimenti che lo stato attribuisce alle singole regioni, bensì ogni flusso che affluisce a vario titolo alle stesse. Beninteso, è esclusivamente spesa statale, regionalizzata ove possibile secondo il luogo fisico in cui avvengono i pagamenti, escludendo quindi quella delle regioni e degli enti locali stessi. Ne emerge un quadro da un lato molto variegato e dall’altro ancora molto poco esplicativo, mentre sarebbe utile conoscerne qualche dettaglio in più.
Le tabelle contenute nel Def sono tre e operano diverse distinzioni. Innanzitutto, vengono presentati i flussi totali per ogni singola regione e provincia autonoma; viene anche riportato il totale dei pagamenti attribuiti alle regioni, ma di cui è impossibile una esatta allocazione territoriale (cosiddetta spesa non regionalizzata; ad esempio, pagamenti destinati all’estero e quote di ammortamenti, nonché le risorse non attribuite direttamente dallo stato ma versate in fondi del bilancio o attribuite a enti “intermedi” e poi riallocate). Infine, i flussi sono distinti per categoria economica, distinguendo parte corrente e parte in conto capitale.

Una grande variabilità

La spesa totale risulta in aumento, da 482 miliardi di euro nel 2014 a 526 miliardi nel 2015. In sé, il dato non è troppo indicativo: l’aumento di spesa statale potrebbe aver compensato la diminuzione di quella regionale o locale, quindi la spesa in una singola regione potrebbe essere addirittura diminuita. Limitandoci comunque all’osservazione della spesa statale, l’aumento riguarda solo la parte corrente (per quasi 60 miliardi), mentre quella in conto capitale è diminuita di quasi 15 miliardi.
Ben oltre la metà delle risorse (ad esempio, per il 2015, 311 miliardi sui 526) non sono attribuibili nello specifico alle singole regioni. Si tratta di una somma probabilmente giustificata dalla natura dei pagamenti, ma che certamente rende i dati presentati poco utili dal punto di vista analitico e informativo. Per quanto riguarda la sola spesa regionalizzata corrente, appare in diminuzione in Friuli Venezia Giulia, in Liguria, in Toscana e nelle province autonome di Trento e Bolzano; le spese regionalizzate in conto capitale, invece, diminuiscono in Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Tuttavia, vale la pena di notare come le spese in conto capitale siano per loro natura soggette a grande variabilità di anno in anno; sarebbe dunque un po’ azzardato trarre troppe conclusioni da questo andamento. In totale, dal 2014 al 2015 guidano la classifica delle regioni con maggiore aumento dei pagamenti la Lombardia e il Piemonte (+2 miliardi circa), mentre al contrario il Lazio subisce il più ampio taglio di risorse (-2,2 miliardi circa).
Di nuovo, bisogna sottolineare come questi confronti siano molto parziali, in quanto avvengono esclusivamente sulla base di soli flussi regionalizzati (meno della metà del totale).
Le tabelle che distinguono per categorie economiche permettono di avere qualche dettaglio in più sulla funzione dei flussi. In particolare, per quanto riguarda le spese correnti (480 miliardi nel 2015), oltre la metà erano costituite da trasferimenti ad amministrazioni pubbliche (254 miliardi) e quasi 87 miliardi riguardavano la spesa per il personale. Tra le regioni con maggiori attribuzioni per la spesa di personale emergono il Lazio (8,7 miliardi) e la Lombardia (5,6 miliardi); curiosamente poco più sotto in classifica si trovano la Campania (5,4 miliardi) e la Puglia (4,2 miliardi). Il Lazio surclassa tutte la altre regioni per quanto riguarda i consumi intermedi: 5,4 miliardi nel 2015. Ciò non sorprende, in quanto la spesa analizzata comprende anche quella per i ministeri, che si trovano in Lazio ma poi “servono” il resto del paese. La Campania, seconda in classifica, si ferma a meno di 700 milioni.
I dati presentati dalle tabelle allegate al Def permettono di trarre davvero poche conclusioni. Alcuni accorgimenti potrebbero migliorare la qualità delle informazioni presentate. Si potrebbe cercare di aumentare la quota di spese regionalizzate; sarebbe meglio poi presentare i dati anche in versione pro capite e non solo in termini assoluti, nonché ove possibile proporre anche la classificazione funzionale delle spese stesse (per esempio, spesa per assistenza, spesa per istruzione, e così via). Infine, per avere un quadro dinamico più completo, potrebbe essere molto utile la presentazione dell’andamento triennale – e non solo biennale – delle spese.

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