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Pmi in ripresa, ma la produttività resta un problema

L’impatto della crisi è stato duro, ma già nel 2014 molte Pmi italiane hanno dato segnali di ripresa. I bilanci 2015 confermano il rafforzamento della crescita, anche nelle costruzioni. Il miglioramento congiunturale non risolve però il problema antico della bassa produttività.

Piccole imprese nei dati di bilancio 2014-2015

Esiste un nutrito numero di piccole e medie imprese che è ripartito e che già nel 2014 ha mostrato segnali positivi, confermati e rafforzati nel 2015. Il loro conto economico parla chiaro: i ricavi sono cresciuti a tassi tripli rispetto all’anno precedente (3,1 per cento contro 1,1 per cento), con ricadute positive sul valore aggiunto, aumentato a valori vicini al 4 per cento in termini nominali. I margini lordi, profondamente colpiti dalla crisi, sono in crescita per il secondo anno consecutivo a tassi di circa il 4 per cento, con una dinamica più favorevole per le piccole imprese rispetto alle medie.
Anche in termini di redditività il miglioramento è evidente: grazie a un costo del debito a livelli storicamente molto bassi, la redditività netta delle Pmi è tornata a livelli vicini a quelli del 2008. Il Roe, una misura del guadagno sul capitale investito, è aumentato dall’8 all’8,6 per cento, con risultati ancora migliori per le medie imprese (9,3 per cento), che pareggiano il livello delle grandi società.

Figura 1

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

L’aumento della redditività e il successo degli incentivi fiscali ha portato buone notizie anche sul fronte degli investimenti, che, dopo aver toccato il fondo nel 2013, sono tornati ad aumentare. Nell’ultimo biennio si evidenziano infatti segnali di inversione di tendenza, con una marcata accelerazione nel 2015, sia per le Pmi (dal 5,6 al 6,7 per cento) che per le grandi imprese (dal 4,9 al 6 per cento). Per le prime si tratta di un ritorno sui livelli del 2011, che per le seconde sono già stati ampiamente superati.

Miglioramenti finalmente anche nelle costruzioni

La ripresa è stata trainata da quasi tutti i settori dell’economia. L’industria, che aveva guidato l’inversione di tendenza nel 2014, continua nel trend positivo che viene agganciato dai servizi, con una crescita dei ricavi intorno al 4 per cento e del Mol di qualche decimale più alto. Per la prima volta dopo la lunga crisi, anche il settore delle costruzioni mostra segnali di miglioramento, con un ritorno alla crescita dei ricavi e, in misura maggiore, della redditività lorda. In controtendenza il comparto energetico, che risente della forte riduzione dei prezzi delle materie prime.

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Figura 2

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Ma la produttività continua a rimanere bassa

Nonostante la ripartenza, il “paziente Italia” continua a soffrire di un male sempre presente nel suo sistema economico e che la crisi ha contribuito ad acuire: la bassa produttività. Una questione che ha investito tutte le economie avanzate negli ultimi anni, ma che nel nostro paese è presente già da metà degli anni Novanta.
Complessivamente, tra 2007 e 2014, il valore aggiunto prodotto dalle Pmi si è ridotto del 10,2 per cento in termini reali, seguito dal costo del lavoro sceso del 6,7 per cento. Dal 2009 in poi è anche diminuito in misura significativa il numero di dipendenti impiegati dalle Pmi (da 4,2 milioni a 3,8 milioni), aiutato dall’esodo delle imprese dal perimetro delle Pmi (circa 14mila aziende in meno). Il risultato di tutto ciò è un costo unitario del lavoro che, in termini reali, è passato da circa 38mila euro nel 2007 a 37mila nel 2014. Calo che però non si è tradotto in un guadagno in termini di competitività, a causa dell’andamento molto deludente della produttività del lavoro. Il valore aggiunto per addetto si è infatti contratto fino al 2012, per poi riprendersi nel 2013 e nel 2014. Nel complesso, però, la produttività delle Pmi si è ridotta di 7,7 punti percentuali, passando da 56mila euro per addetto nel 2007 a 52mila euro nel 2014.

Figura 3

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Figura 4

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Fonte: Rapporto Cerved Pmi 2016

Anche analizzando altri indicatori, il risultato non cambia. Una misura di competitività molto utilizzata è il Clup, il rapporto tra costo del lavoro e valore aggiunto prodotto dal singolo lavoratore. Gli andamenti insufficienti delle due variabili che compongono l’indicatore hanno mantenuto il costo del lavoro per unità di prodotto delle Pmi stabile e su valori storicamente elevati tra 2009 e 2012, con una discesa graduale solo a partire dal 2013.

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Figura 5

Fonte: Rapporto Cervevd Pmi 2016

Fonte: Rapporto Cervevd Pmi 2016

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  1. Gabriele Serafini

    Buongiorno. Ringrazio gli Autori di aver nuovamente attirato attenzione sulla questione della produttività. Sarebbe utile integrare il lavoro con dati che riportino anche l’andamento della produttività del capitale, nello stesso periodo. Stante infatti l’impiego di più fattori produttivi, solo l’analisi congiunta della produttività di almeno questi due fattori è possibile valutare se, ad esempio, il calo del va/addetti sia da imputare magari anche al capitale e non solo al lavoro.
    Grazie davvero per il lavoro!

  2. Massimo Matteoli

    Da non economista pongo una domanda..
    Se la produttività continua ad essere così bassa com’è posssibile che le imprese italiane da anni non facciano che segnalare incrementi e successi proprio nell’export ?
    Come si conciliano i dati sulla scarsa competività con i risultati nei mercati esteri, dove la concorrenza è sicuramente la maggiore possibile ?
    Mi pare chiaro che solo una competività molto forte lo possa rendere possibile.
    E’ solo una mia impressione errata o c’è da chiarire qualcosa nella ordinaria narrazione che facciamo del sistema economico italiano ?

  3. Carlo P

    Io non sono un economista, ma vorrei dire il mio parere: e la realtà sulla produttività italiana è che quello che pesa è la pubblica amministrazione con moltissimi adempimenti in larga misura inutili, che aumentano continuamente, leggi e regolamenti fuori dalla realtà. Faccio solo un piccolo esempio: per la sicurezza sul lavoro (sacrosanta) un impiegato che non ha nessun vero pericolo deve fare un giorno di corso ogni anno….

  4. Interessante contributo a un tema cruciale. Sarebbe utile precisare che cos’è la produttività del lavoro, cioè quali fattori vi incidono, e quali sono quindi le cause della bassa produttività del lavoro in Italia e quali le possibili soluzioni (diverse da un aumento della durata già più lunga di altrove o da una riduzione delle rimunerazioni nette già più basse di altrove) per migliorarla. Un elemento è l’inefficienza dell’organizzazione aziendale, l’insufficiente automazione dei processi, che necessita troppi lavoratori o impiega quelli sbagliati (settore bancario per esempio con troppi sportelli e pochi servizi onine, o piccole imprese rispetto a quelle più grandi). Quali altre inefficienze incidono sulla produttività del lavoro? Come incidono fattori ‘esterni’ all’azienda (cioè non controllabili, a parte ….. attraverso la delocalizzazione) come la fiscalità, la burocrazia, la giustizia?

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