La Cop22 di Marrakech non ha preso decisioni storiche e si è limitata a ribadire gli impegni sottoscritti lo scorso anno con l’Accordo di Parigi. Però, ha fatto emergere il ruolo crescente dei governi sub-nazionali e dei soggetti privati nel perseguire le azioni di mitigazione e adattamento.

I risultati di Cop22

La ventiduesima conferenza delle parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite – più sinteticamente Cop 22 – che si è svolta a Marrakech dal 7 al 18 novembre ha rappresentato un momento di transizione nello sviluppo dell’impegno globale per il clima, senza portare sostanziali novità. Il documento politico conclusivo, il Marrakech Action Proclamation si limita a ribadire la validità degli impegni già assunti.
Si è deciso infatti che quasi tutte le decisioni attuative dell’Accordo di Parigi e il relativo programma di lavoro saranno assunte nel 2018. È lo stesso anno in cui è previsto un “dialogo facilitativo” per valutare il complesso degli impegni presi attraverso i “National Determined Contributions” (Ndcs) e per aggiornarli in vista del 2020, il momento da cui il nuovo accordo decorre, ben sapendo che quelli assunti finora non sono in linea con l’obiettivo di contenere entro 2°C (e tantomeno 1,5°) l’aumento delle temperature globali a fine secolo.
L’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi il 4 novembre, a meno di un anno dalla firma, ha costituito un chiaro segnale della volontà internazionale di considerare irrevocabili gli impegni assunti per contrastare il cambiamento climatico (e le recenti dichiarazioni di Donald Trump sembrano confermarlo), ma non ha consentito lo svolgimento di un insieme di momenti negoziali necessari per attuare i nuovi meccanismi, pur essendosi riunito per la prima volta il Meeting of the Parties to the Paris Agreement (Cma1), l’organo di governo dell’Accordo. Ciò ha suscitato una certa delusione da parte degli operatori sui mercati del carbonio che vedono così perdurare l’incertezza sullo sviluppo dei nuovi strumenti flessibili che succederanno a Cdm (Clean Development Mechanism) e JI (Joint Implementation).
È stato però fugato il timore che l’Adaptation Fund, che era stato istituito sotto il regime del Protocollo di Kyoto, potesse seguirne le sorti. Il fondo, che ha già approvato 358 milioni di dollari di finanziamenti in progetti e programmi a partire dal 2010, è stato posto a servizio dell’Accordo di Parigi e ha ricevuto nuovi impegni di contribuzione per 81 milioni di dollari. L’anno prossimo sarà approfondito il suo legame con gli altri strumenti di finanza internazionale per il clima, compreso il Green Climate Fund, che ha già approvato finanziamenti per 1.170 milioni di dollari, in vista della mobilitazione dei 100 miliardi di dollari garantiti da parte dei paesi sviluppati a partire dal 2020.

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La forza dei sindaci

A Marrakech è emerso con forza il crescente ruolo degli enti sub-nazionali e dei soggetti privati (non state actors) nel perseguire le azioni di mitigazione e adattamento prefigurate dagli Ndcs, attraverso la Marrakech Partnership for Global Climate Action. L’iniziativa, lanciata dalle Nazioni Unite nell’ambito della High Level Climate Champions, si propone di costituire la base per l’impegno delle parti e di altri soggetti interessati (Parties e non-Parties stakeholders) a favore del clima fino al 2020. Gli impegni degli enti diversi dagli stati (non state actors), così come il loro stato realizzazione, devono essere registrati sulla piattaforma Nazca (Non-State Actor Zone for Climate Action). Fino a oggi la piattaforma conta la partecipazione di 2.508 città, 209 regioni, 2.138 aziende, 479 investitori privati e 238 associazioni. In totale, gli impegni sottoscritti sono 12.549 e coprono diversi ambiti di azione.
In particolare, il ruolo dei governi locali risulta sempre più rilevante nel contribuire agli obiettivi nazionali e globali, come confermato dai Sustainable Development Goals (Sdgs) approvati nell’ottobre del 2015 dall’assemblea generale delle Nazione Unite a New York e dalla nuova Global Urban Agenda adottata a ottobre 2016 a Quito nel corso della terza conferenza di Un-Habitat.
Tra le numerose iniziative volontarie, promosse da istituzioni e reti di governi sub-nazionali, che coinvolgono le città, figura il Compact of Mayors, una piattaforma globale comune per misurare il contributo agli Ndcs e per condividere i piani di mitigazione e adattamento climatici. L’iniziativa con più adesioni è il Covenant of Mayors, promosso dalla Commissione europea per contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020 e al 2030 con il nuovo pacchetto clima ed energia, attraverso piani d’azione urbani. Il primo rapporto di monitoraggio, presentato proprio in occasione della Cop 22, mostra che le emissioni degli enti locali partecipanti si sono già ridotte del 26 per cento rispetto all’anno base (di norma il 1990).
A conferma della rilevanza dell’impegno dei governi sub-nazionali per il clima, è stato deciso che l’Ipcc (International Panel on Climate Change) pubblicherà nel 2022 un report speciale sulle città e il cambiamento climatico, per approfondire gli aspetti di governance, le politiche e i finanziamenti relativi alle azioni di mitigazione e di adattamento nelle aree urbane.

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