Lavoce.info

Equitalia addio. E poi?

I crediti inesigibili dell’appena abolita Equitalia raggiungono cifre astronomiche. Anche perché negli ultimi dieci anni i suoi poteri coercitivi si sono ridotti mentre si sono allungati i tempi di riscossione. Pagare dopo conviene e si rischia poco. La riforma dovrebbe occuparsi del problema.

Perché tanti crediti inesigibili

La discussione su Equitalia è povera di contenuti, ma ricca di numeri stupefacenti e misteriosi. I suoi crediti ammontano alla mostruosa cifra di 1.058 miliardi di euro; ma quelli riscuotibili valgono 51 miliardi (cioè il 5 per cento), mentre sono sostanzialmente irrecuperabili circa mille miliardi (il 95 per cento). Possibile? La spiegazione sta nelle procedure di cancellazione dei crediti inesigibili che si verificano in tutto il mondo ma che da noi, evidentemente, faticano di più.
Nel 2015 il ministero dell’Economia e delle Finanze ha commissionato a Ocse e Fondo monetario un’analisi sullo stato dell’amministrazione finanziaria. Entrambi i rapporti indicano che i debitori insolventi (perché falliti, deceduti o comunque irreperibili) rappresentano circa il 35 per cento del totale. Vanno poi aggiunti i crediti per i quali sono state tentate azioni esecutive e adottate misure cautelari, ma senza successo, che valgono un ulteriore 45 per cento del totale. Insomma, oltre l’80 per cento del credito complessivo presenta caratteristiche tali da renderne davvero inadeguato il mantenimento fra i crediti dello stato. Tanto che sia Ocse che Fmi indicano, a chiare lettere, che manca un’opera di costante pulizia nei conti dell’agente di riscossione.
Le ragioni di tali carenze sono assai diverse. Equitalia riscuote, infatti, crediti vantati non solo dall’Agenzia delle entrate ma anche quelli che fanno capo all’Agenzia delle dogane, all’Inps, alle regioni, province e comuni convenzionati e ad alcuni ordini professionali. Ciascuno di questi soggetti ha norme di riscossione proprie, mentre le attività di Equitalia sono caratterizzate dall’obbligatorietà dell’azione esecutiva. Non può, quindi, adottare indirizzi che tengano conto delle probabilità di successo delle proprie azioni e deve (o quantomeno dovrebbe) impegnare le medesime energie (e mezzi) per perseguire il grande come il piccolo debitore. Considerato che la mostruosa cifra di 1.058 miliardi è fatta di più di 20 milioni di debitori, si può ben comprendere come questa modalità operativa comporti un’assurda dispersione di risorse. La cifra, peraltro, è ulteriormente aggravata – nella sua significatività – dal fatto che, una volta accertata l’inesigibilità del credito, Equitalia non può procedere alla relativa cancellazione, ma deve prima informare l’ente creditore e riceverne le indicazioni. Sennonché la rendicontazione negli ultimi 15 anni semplicemente non è stata fatta (si è iniziato ora, per il 2014).

Leggi anche:  Assistenza agli anziani: la riforma c'è, va messa in pratica

I poteri del riscossore

Equitalia, peraltro, opera nell’ambito di misure e procedure previste dalla legge. Le sanzioni, gli interessi, gli aggi e i poteri cautelari sono, cioè, stabiliti per legge. Interviene, perlopiù, in situazioni patologiche visto che la grande maggioranza dei tributi in questione deve essere versata direttamente dal contribuente o dal sostituto d’imposta. Riscuotere forzosamente i tributi comporta, in ogni caso, forme di conflitto fra il rappresentante della collettività (quella dei contribuenti che il tributo lo ha pagato) e il contribuente specifico che al suo dovere fiscale sembrerebbe (salvo errori, purtroppo frequenti) essersi sottratto. Tant’è che in tutti i paesi Ocse il riscossore è dotato di poteri invasivi sia per quanto attiene alla conoscenza del debitore sia per i mezzi coercitivi di cui dispone.
Negli ultimi dieci anni Equitalia ha visto, invece, ridursi progressivamente i suoi poteri coercitivi e, per converso, allungare sistematicamente i tempi di riscossione delle somme dovute. Si va dall’impossibilità di iscrivere garanzie su immobili per crediti inferiori a 120mila euro – e comunque sull’impignorabilità della prima casa – alla possibilità di aggredire solo una modesta quota della pensione o dello stipendio. Tutti i paesi Ocse prevedono tali limitazioni, ma sono concesse con eccessiva generosità dalle leggi nostrane.
Colpisce, poi, la davvero stupefacente disponibilità del sistema italiano (di cui Equitalia è mero esecutore) a concedere dilazioni di pagamento. Se il contribuente non paga, infatti, può aspettare che gli venga notificato – in un periodo dell’ordine di due anni dal mancato versamento – un “avviso bonario” aderendo al quale avrà diritto, se solo la chiede, a una dilazione di pagamento di sessanta mesi. Così chi, a causa della crisi, non ha più credito bancario si finanzia – senza alcuna valutazione di merito di credito – non pagando le tasse. Si chiama “evasione da riscossione”. Questo comportamento non esonerava il debitore, fino al 2015, da rischi di ordine penale. Se infatti il debito superava le soglie quantitative all’epoca previste (50mila euro) per Iva o ritenute si applicava una sanzione penale e l’eventuale successivo versamento integrale dava luogo solo a una mitigazione della pena. La nuova versione dell’articolo 13 della disciplina penal-tributaria (varata col decreto legislativo 158/2015) trasforma, oggi, il versamento integrale di quanto dovuto – se eseguito prima dell’apertura del dibattimento – in causa di non punibilità. Insomma, pagare dopo conviene e si rischia poco. Forse di questo si dovrà occupare la riforma di Equitalia.

Leggi anche:  C'è qualcosa da salvare nel Superbonus*

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Taglio del cuneo fiscale tra sgravi contributivi e revisione dell'Irpef

Precedente

Il Punto

Successivo

Tagli alla paga dei politici: non è tutto oro quello che luccica

  1. Dario

    I suoi argomenti non fanno una piega tuttavia in un paese con i piu’ bassi livelli di retribuzione in Europa (a parte quelli dei parlamentari) e con una tassazione che tocca quasi il 60% secondo lei gli individui “normali”magari in difficoltá economica cosa preferiscono fare? Pagare le esose tasse (caricate da altrettanti interessi e sanzioni grazie ad Equitalia appunto ) o sostentare la famiglia? Lei non ha citato quella che venne definita da un politico (Fassina) come “evasione da necessitá”. Inoltre anche lo stato (che esige dai cittadini pagamenti a scadenze fisse ed anticipi) mi pare abbia tanti di quei debiti nei confronti di aziende spesso fallite perché la pubblica amministrazione non ha onorato per anni fatture ed ordinativi e in quel caso esiste un’ EQUITALIA a favore dei cittadini e delle aziende o lo stato paga invece quando e come vuole? Forse sarebbe opportuno vedere anche l’altro “lato della bilancia”.

    • Se un sistema fiscale è ingiusto o sbagliato lo è per tutti. Ma questo non ha nulla a che spartire col sistema di riscossione. Chi paga le imposte perché a ciò forzato (via ritenute alla fonte) subisce già un trattamento istituzionalmente peggiore rispetto a chi paga le medesime imposte (ad es. IRPEF) mediante autotassazione. Il primo subisce la decurtazione anche se non può sfamare i suoi figli; il secondo può trasgredire le regole con modeste penalizzazioni. Ma se vengono meno anche queste il sistema – già squilibrato – cade definitivamente. Insomma l’intervento di Equitalia serve solo a riequilibrare – e neppure del tutto – un sistema che altrimenti verrebbe sostenuto solo da chi subisce il prelievo all’origine. In questo senso l’espressione “evasione da necessità” è puro artificio mediatico.

      • Caro Professore lei sbaglia e pure tanto, le ritenute alla fonte li paga il datore di lavoro. La sua è una opinione la matematica no. La matematica dice espressamente che è dalla tasca del datore di lavoro che devono uscire tutti gli oneri fiscali e previdenziali nonché ferie tredicesima e accantonamento per il trattamento di fine rapporto, quello che al dipendente viene sottratto qualcosa qualcosa alla fonte è una storiella che è meglio che non venga più raccontata, se no finisce che ci credono anche le persone intelligenti come lei. Se in tempi passati durante le contrattazioni per gli adeguamenti retributivi si è adottato quella formula è stata solo qualcosa di formale, perché era ed è matematico nonche elementare che la tasca che deve pagare tutto è sempre la stessa. Il sistema fiscale non è solo sbagliato ma è anticostituzionale, nella parte sulle imposte indirette. Oltre che incostituzionale è anche insensato e ingiusto. Chi ha un reddito mille euro al mese o anche meno non può pagare la stessa imposta che paga lei su un chilo di pasta o su un litro di benzina, o lo stesso importo sul canone tv o per una multa. Equitalia è come le SS anche loro eseguivano i dettami della legge non facevano distinzioni tra bambini donne vecchi o uomini loro li infornavano tutti , chi infrangeva quelle leggi era un criminale, oggi un evasore che ha sulla propria coscienza la debacle dello stato, un po come gli immigranti che sono additati come la vera causa di tanta disoccupazione. Saluti

      • Ettore

        Ieri sera questo interessante articolo e’stato citato nella trasmissione 8/mezzo della Gruber,peccato che gli ospiti in studio,Travaglio in testa, abbiano fatto finta di niente e continuato ad azzuffarsi sul Referendum Cotituzionale. L’articolo,partendo da Equitalia,e dalle problematiche di Riscossione, mette il dita sulla piaga sollevando il problema della del carico fiscale,della Riscossione,e leggendo i post,sui debiti impagati della P.A versus i fornitori che inducono questi ultimi a finanziarsi non pagando le tasse,o,pagandole in ritardo!Dal Fisco agli altri, hanno ragione un po’tutti,ma il punto e’proprio questo. Il Fisco in Italia e’un problema centrale collegato a doppio filo a tutto il resto,in primis all’enorme Debito Pubblico che rende necessario,per coprire il peso degli interessi annuali sul Debito(80 miliardi circa),tenere alte le aliquote fiscali; le aliquote alte minano la competitivita’delle imprese,e riducono il potere d’acquisto delle famiglie deprimendo la domanda interna e la crescita del Pil. Le aliquote,pero’,sono alte anche perche’in Italia l”evasione fiscale e’enorme per cui molti pagano tante tasse perche’altri non le pagano affatto! E’un cane che si morde la coda,un circolo vizioso che occorre spezzare,bisogna prima o poi cominciare ad aggredire il problema! Forse il Governo,per motivi elettorali,non lo sta facendo efficacemente! Ma non vedo,neanche nelle proposte delle opposizioni,alcuna proposta concreta per aggredire questi nodi strutturali! Forse questo e’il vero problema dell’Italia!

  2. Roberto Convenevole

    Bravo Di Tanno, commercialista democratico, per il contributo conoscitivo. Vedremo come la complessa questione finirà. Di sicuro l’evasione da riscossione è destinata a crescere. La situazione ante-Equitalia era sicuramente peggiore in termini relativi. Il concetto di evasione di necessità non può essere accettato in via di principio perché potrebbe portare ad esiti paradossali. Se si fanno i calcoli per bene la tassazione è più vicina al 70% che non al 60%. I debiti della PA non onorati sono una piaga miserabile che va eliminata. Ne vedremo delle belle.

  3. Antonio Carbone

    Scopro di essere solo un artificio mediatico! Ho il privilegio di pagare a rate le mie cartelle Equitalia su tasse regolarmente dichiarate e che alla scadenza non ero in grado di versare.
    Esiste una cosa chiamata “flusso di cassa” (l’autore può insegnarmelo) che per un professionista che lavora con il settore pubblico e’ una chimera! Fatture saldate a distanza di anni con l’ansia costante di non farle prescrivere. Ovviamente senza un soldo di interessi o sanzioni.
    Riguardo ai famosi (e vergognosi) debiti della PA, vi do’ una notizia (vissuta sulla mia pelle): la famosa certificazione dei crediti vale solo nei confronti degli enti pubblici! Quindi, dato che la quasi totalità delle attività che possono richiedere servizi esterni, gli enti pubblici le svolgono mediante consorzi, aziende speciali, società totalmente partecipate ecc… scopro di non poter certificare i cospicui crediti che vanto. Risultato? Non posso usarli per compensare i miei “debiti fiscali”. Quindi suggerisco a voi economisti di moltiplicare almeno per 2 le fantasiose cifre sul debito delle PA. E di frequentare maggiormente il mondo reale (come forse ha fatto Fassina).
    Ps. Sottoscriverei totalmente i contenuti dell’articolo se vivessimo in uno stato degno di questo nome.
    Con stima

  4. antonello

    A proposito, cosa succede se Equitalia non ha fatto bene il suo lavoro e ha provocato un danno erariale ? Adesso Agenzia Entrate e Agenzia Dogane fanno denuncia alla Corte dei Conti. Cosa succederà in futuro ? Non immagino che l’AdE possa denunciare se stessa.
    Non è un evidente conflitto d’interessi ?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén