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Contro la rassegnazione del Sud

Non ci sono ricette miracolose per risolvere i problemi del Meridione. È possibile però evitare di ripetere gli errori del passato. Il piano presentato dal governo demanda le scelte operative concrete ai quindici patti per il Sud. Rischia così di ricreare una frammentazione di interventi già vista.

La rassegnazione del Meridione

In un suo editoriale Ernesto Galli della Loggia evidenziava l’indifferenza degli stessi meridionali rispetto alla drammatica condizione del Sud. È vero, molti meridionali hanno rinunciato ormai da tempo a pensare a come il Sud è e a come lo vorrebbero. Lo vivono ogni giorno, ma è come se non sapessero. La corruzione e il malaffare hanno prodotto i panorami terrificanti, gli ospedali malfunzionanti, la Salerno-Reggio Calabria ancora da completare, ma hanno soprattutto fatto piazza pulita di aspettative e ambizioni. Hanno impedito ai meridionali di essere orgogliosi della loro terra e di sognarne un futuro.
Più che di indifferenza, si tratta di rassegnazione. Quella descritta da Carlo Levi con il famoso “Io pensavo a quante volte, ogni giorno, usavo sentire questa continua parola (…). Che cosa hai mangiato? Niente. Che cosa speri? Niente. Che cosa si può fare? Niente”.
La sensazione di impotenza coinvolge anche molti intellettuali meridionali che nel denunciare le condizioni di arretratezza economica e sociale del Sud si scoprono nell’imbarazzo di non riuscire a individuare adeguate risposte. Chi vuole cambiare il Sud sa che fornirgli risorse non basta. Sa che sono del tutto inappropriati i paragoni con la Germania che nel suo Mezzogiorno (la ex Ddr) ha investito il 5 per cento del Pil. Il Sud, nel corso degli anni, ha ricevuto soldi che però non hanno innestato nessun processo di crescita (si vedano, ad esempio De Blasio e Accetturo, 2012, Ciani e De Blasio, 2015 e il volume della Banca d’Italia “Mezzogiorno e Politiche Regionali”, 2009).
Se il Sud avesse ricevuto più risorse le cose sarebbero andate diversamente? Difficile averne la certezza, è molto probabile però che non sarebbero comunque bastate. Il Sud ha sprecato denaro sia nazionale che europeo (ad esempio, per finanziare scadenti corsi di formazione o per creare imprese che non hanno funzionato neanche un giorno). È successo anche in altre parti d’Italia certo, ma maggiore è lo stato di bisogno, minore è l’ammissibilità degli sprechi.
C’è qualche segnale che ci lascia sperare che quanto accaduto in passato non accadrà in futuro? Bisogna ammettere che la classe dirigente del Sud, la società che la esprime e che dovrebbe controllarla, non hanno dato grandi segni di cambiamento.
E allora, nessuna politica per il Sud? Col tempo si è anche persa la speranza che lasciandolo da solo il Sud trovi il suo modo per avviarsi finalmente sulla strada dello sviluppo e del riscatto. Il federalismo fiscale doveva responsabilizzare le amministrazioni locali attraverso un più stretto controllo da parte dei cittadini e permettere una migliore selezione dei politici-amministratori. Invece, ha portato a un incremento della pressione fiscale e a poco altro.
Non ha funzionato neanche l’approccio bottom-up che affidava a livelli decentrati di governo la funzione di individuare progetti e programmi. L’intenzione di valorizzare le competenze locali si è scontrata con la tendenza dei politici a cercare consenso e quindi a frammentare gli interventi, oltretutto molto spesso realizzati senza neanche aver definito in maniera chiara gli obiettivi da raggiungere (il più delle volte è impossibile fare una pur grossolana analisi dei costi e dei benefici delle politiche).

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Priorità e strategie

Che fare dunque? Non ci sono ricette miracolose. È possibile però cercare di evitare di ripetere gli errori commessi in passato. Con il Masterplan per il Sud, presentato dal governo, in cui si demandano le scelte operative concrete ai quindici patti per il Sud si rischia la stessa frammentazione di interventi già vista. Il Sud rappresenta una risorsa cruciale per la crescita dell’intero paese ed è a livello nazionale che devono essere individuate le priorità e le strategie che lo aiutino a utilizzare a pieno le sue risorse, compreso un impegno a combattere la criminalità che con le sue attività nell’economia legale altera le regole di mercato. Dopodiché è necessario realizzare progetti strutturati in modo tale da poter essere opportunamente valutati. Le valutazioni sono di importanza vitale perché permettono di capire cosa funziona e cosa non funziona e gettano le basi per una efficiente spesa futura (nel documento del governo non se ne parla da nessuna parte).
Se si vuole intraprendere un’azione decisa a favore del Sud, le politiche nazionali devono tener conto delle differenze territoriali e garantire standard minimi uniformi nei servizi essenziali.
Ad esempio, non si può sperare che bastino le ore di formazione organizzate con i fondi comunitari a compensare la peggiore qualità complessiva delle scuole nel Mezzogiorno. Bisogna pensare a come migliorare la qualità dell’istruzione nelle aree a forte disagio sociale ed economico, a come incentivare buoni docenti e buoni dirigenti a lavorare in quelle scuole. Lo stesso vale per le università. Ben vengano i sistemi di valutazione, ma non ci sarebbe nulla di scandaloso nel premiare di più chi fa bene al Sud: servirebbe solo a compensare le maggiori condizioni di disagio. Sistemi di questo tipo aiuterebbero il Sud a non continuare a impoverirsi di capitale umano. Il Sud continua a perdere le sue risorse migliori, i più talentuosi e quelli che sono più dissonanti al sistema. È importante, quindi, contribuire a creare le condizioni che permettano loro di restare e che anzi attraggano forze nuove (anche non meridionali) che possano infondere nuova linfa al tessuto sociale e produttivo. Lo si può fare creando meccanismi automatici che non richiedono l’intermediazione dei politici e dei dirigenti locali.

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  1. dmrmassimo

    In fondo il Sud è lo specchio meno avanzato dell’Italia, motivo per cui non trovare una soluzione significa accettare che non esiste nemmeno per i mali italiani che affossano un paese ricchissimo di risorse umane. Se è vero che il successo della società occidentale fino al 900 rispetto a quelle orientali un tempo dominanti è dovuto a scienza, democrazia, medicina, concorrenza, consumismo ed etica lavorativa, mi pare altrettanto vero che nulla di tutto questo esiste al Sud, ed in misura minore nemmeno in Italia rispetto ad altri paesi. Combattere la criminalità (anche e soprattutto dei colletti bianchi) è al primo posto, senza garanzie sulla proprietà ed il risultato del proprio lavoro nulla verrà creato e quel poco distrutto da chi nulla ritorna.

    • Stefano Spada

      De Paola impeccabilmente centra il vero nodo dei problemi del Mezzogiorno e che di certo non si risolveranno “territorializzando” i problemi e soluzioni come la classe dirigente meridionale pretende di fare. D’altra parte mi domando se l’efficienza della spesa pubblica sia maggiore a Bruxelles o Roma o a Bari o Potenza?

      Il ritardo del meridione e’ in gran parte dovuta ai meridionali stessi e che si riflette in una classe dirigente penosa votata. Questa classe che adirittura mitizza l’eta’ dell’oro del meridione del Regno delle Due Sicilie sfoggiando la bandiera del “territorio” come panacea di tutti i mali. E non meravigliano i casi che riflettono per di piu’ l’avversita’ di questa classe alla moderinita’ come il caso TAP in Salento, il rigassificatore a Brindisi, ecc., Quanto sono ahime’ lontani i tempi di grandi meridionalisti come Fortunato, Salvemini e Saraceno.

      Perche’ non si rassegnino, i meridionali (lo sono anche io), dovrebbero farsi un enorme esame di coscienza e smettersela di piangersi addosso e di supplicare assistenzialismo. Semmai dovrebbero chiedere una forte presenza dello stato per combattere la criminalita’ e instaurare la legalita’. Ma questo dipende da una rivoluzione culturale che i meridionali stessi devono compiere.

      Certo che non mancano meridionali svegli e gran lavoratori. Ma piu’ che intervento statale, se non si sviluppa un ecosistema che incoraggia queste virtu’, l’emigrazione e la rassegnazione ahime’ continueranno a far da padrone.

      • bob

        ..quello che Lei sostiene vale per tutto il Paese ! I luoghi comuni e i pregiudizi sono cose che in qualsiasi seria analisi sarebbero da evitare…altrimenti che analisi è?

  2. Antonio Aquino

    Il meccanismo automatico più efficace per lo sviluppo del Mezzogiorno è rappresentato da sgravi fiscali che riducano il costo del lavoro impiegato in attività produttive a mercato non esclusivamente locale localizzate nel Mezzogiorno. Purtroppo questi sgravi non sono attualmente consentiti dalla Commissione europea. Più che sul grado di flessibilità della finanza pubblica, è su questo tema che sarebbe utile per l’Italia un confronto serrato con la Commissione europea.

    • Aldo Mariconda

      Durante un congresso a Berlino nel 1996 un assessore mi si dichiarava preoccupato perché gli investimenti dall’Ovest saltavano la ex parte Est e andavano allora nei Paesi ex satelliti. 20 anni dopo la caduta del Muro il gap Est/Ovest si era dimezzato. Il ns. Nord/Sud è rimasto lo stesso.
      Non sono un economista e mi domando:
      Come mai Napoli ai primi del ‘800 era la 3a città EU? E’ ineluttabile l’estensione del giudizio espresso da Salvemini su Il Ponte quanto a Giolitti “il ministro della malavita”? La formazione lottizzata dalla politica è anche al Nord e non spiega da sola il gap ineluttabile col Mezzogiorno!

      • bob

        ..Giolitti fu precursore, maestro per la classe politico-industriale del dopoguerra ( Cassa del Mezzogiorno docet) le risorse “mascherate” per un territorio e utilizzate da un altro

  3. Samuele

    Nel Sud i vizi del nostro paese si accentuano. Sono d’accordo che bisogna il più possibile affidarsi a meccanismi automatici e perseguire con convinzione il ritorno alla legalità. Il resto può essere infiocchettato in pompose analisi ma non serve a far fare qualche passo in avanti al sud.

  4. Luca

    Condivido quello che si dice nell’articolo. Il sud presenta gli stessi mali del Paese ma ancora più accentuati. Meglio fare affidamento a meccanismi automatici e dare poca discrezionalità ad una classe politica che è rimasta immutata.

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