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Se un incendio mette a nudo tutti i mali di Fiumicino*

Le informazioni ufficiali sui due eventi eccezionali avvenuti nell’aeroporto di Fiumicino a luglio non sono mancate, ma hanno detto ben poco di concreto. Ciononostante, dai comunicati Enac traspaiono indicazioni sulla scarsa funzionalità dello scalo. Le responsabilità di una regolazione distratta.
Che cosa è successo a Fiumicino. E che cosa se ne è saputo
Che cosa è successo all’aeroporto di Fiumicino quest’estate? Si parte da due eventi eccezionali: il 29 luglio un incendio, scoppiato poco dopo le 14 in una zona prossima all’aeroporto, ha prodotto fumi e richiesto interventi di aerei ed elicotteri antincendio, che a loro volta, combinandosi anche con condizioni di forte vento, hanno dato luogo a cinque ore di interruzioni e limitazioni dell’agibilità delle piste. Il 30 luglio, un blackout ha di nuovo interrotto, per una ventina di minuti, l’operatività dell’aeroporto. Ne sono seguiti disservizi e disagi, e poi proteste, disordini e intervento dei carabinieri. Mentre questi ultimi sono stati documentati abbondantemente da stampa e televisione, ciò che li ha provocati è rimasto invece largamente imprecisato negli aspetti concreti e quantitativi. Areoporti di Roma, che gestisce Fiumicino, è rimasta silenziosa, invece il regolatore Enac ha pubblicato in rapida successione vari comunicati stampa. Tutti si dilungano in questioni secondarie (riunioni tenute, analisi svolte, sopralluoghi effettuati; investimenti fatti e da farsi; crescita del traffico e impegno profuso, per dire) rispetto a quella centrale, ovvero spiegare quel che è successo.
Come funziona l’aeroporto?
Dai comunicati stampa dell’Enac traspaiono però anche questioni più rilevanti e preoccupanti sull’insufficienza degli investimenti e della manutenzione, e dunque sulla qualità dei servizi resi dall’aeroporto.
Nella parte aperta al pubblico appare subito evidente che l’aeroporto è carente negli spazi, nell’attrezzatura (dai posti a sedere alle indicazioni di direzione) e, nella zona arrivi, perfino nell’illuminazione. Non aiuta, inoltre, che gli spazi disponibili siano invasi da attività commerciali di vario genere e che vi siano zone spesso, e disordinatamente, congestionate.
Del resto, Fiumicino non figura molto bene negli esercizi di valutazione comparativa internazionale della qualità degli aeroporti. In quello condotto da Airports Council International, secondo Adr, ottiene un punteggio “di 3,74, in una scala da uno a cinque, avvicinandosi alla valutazione media che caratterizza i grandi aeroporti europei”. Nell’esercizio realizzato dalla società di consulenza Skytrax per il 2014-15 riceve invece un punteggio di 3/10, collocandosi approssimativamente a metà classifica; in quello della Guide for Sleeping in Airports per il 2014 finisce addirittura tra i dieci peggiori scali europei (per altro, tra questi, ottiene la posizione migliore).
Di recente, poi, due vettori hanno espresso il loro malcontento per i servizi dell’aeroporto. Easyjet ha scelto – nella terminologia introdotta da Albert O. Hirschman – la strada dell’exit, talché chiuderà, dall’aprile 2016, la propria base nell’aeroporto, giudicato troppo costoso e di insufficiente qualità. Alitalia ha invece scelto la strada della voice, mediante una presa di posizione del proprio amministratore delegato, che ha criticato la gestione dell’aeroporto e ha minacciato di trasferire altrove la propria base operativa in mancanza di misure correttive.
Ma come si è potuti arrivare a una simile situazione – tra l’altro, non solo da ora?
Il gestore sembra impegnato nella utilizzazione intensiva di una infrastruttura sottodimensionata, puntando a ottenere il massimo dei profitti (e del valore per gli azionisti) nel breve periodo, in virtù dello sfruttamento di un significativo potere di mercato che deriva dal pregio della collocazione geografica e dalla sostanziale mancanza di alternative. Parte della spiegazione potrebbe stare nell’intenzione della proprietà, annunciata da tempo e ribadita in varie occasioni, di voler procedere alla cessione di una quota importante del capitale della società, ancorché solo “a un prezzo adeguato” (qualunque cosa questo voglia dire).
Ma poiché la gestione dell’aeroporto è un’attività regolata, lo sfruttamento del potere di mercato necessita di condizioni che lo permettano. Dunque, un’altra parte della spiegazione sembra essere in una regolazione distratta o accomodante. A sostegno di questa ipotesi possono essere portati indizi sostanziosi, dalla generosità del contratto di programma sottoscritto tra Enac e Adr (evidente, ad esempio, quando si confronti questo contratto con quello tra Enac e Sea), alla mancanza di qualunque resoconto fornito da Enac sull’attività di controllo svolta, e, per quanto riguarda i due incidenti estivi, in quel parlare d’altro che a questo punto è difficilmente interpretabile se non come una cortina fumogena alzata a scopo di diversivo e difesa.

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Nel 2004-05 gli autori hanno partecipato, presso il Nars-ministero dell’Economia, a un tentativo, poi non andato in porto, di preparazione del contratto di programma 2005-09 per Adr; nel 2013 hanno prestato, su incarico della società AF-Mercados e committenza di Assaereo e Ibar, una consulenza tecnica sul contratto di programma 2012-44 per la stessa società. Una versione più ampia di questo articolo, nella quale l’attività di comunicazione svolta da Enac è analiticamente documentata, può essere richiesta agli autori.

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  1. francesca

    si scopre l’ovvio in Italia. Ricordiamoci che Fiumicino e’ lo stesso aeroporto da cui sparirono in piu’ occasione viaggiatori provenienti dall’Algeria che non arrivarono mai ai controlli doganali ma fuggiti appena scesi dall’aereo. Alla faccia della sicurezza aeroportuale e del controllo delle frontiere. Fossi americano considererei fiumicino come un aeroporto da zona ad alto rischio intrusioni

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