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UN FINANZIAMENTO DA RIPENSARE

Gli scandali legati al finanziamenti dei partiti non ci sono solo in Italia. E d’altra parte anche un finanziamento solo privato comporta dei rischi, primo fra tutti la “cattura” del legislatore da parte di lobby potenti e danarose. E allora la soluzione migliore è pensare a un sistema fondato su un’Autorità indipendente dal mandato ampio, con meccanismi di controllo più rigidi di quelli attuali, che preveda il rimborso sul numero di voti effettivamente ottenuto da ciascun partito e incentivi le piccole donazioni private.

Gli scandali che ormai da diverso tempo occupano con regolarità le prime pagine dei giornali impongono un ripensamento complessivo in tema di finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali.

NOI E GLI ALTRI

Oggi il sistema si fonda sulla ripartizione di quattro fondi, rispettivamente per Camera, Senato, regionali ed europee. L’ammontare di ciascuno è di 1 euro per ogni anno di legislatura per ciascun cittadino iscritto nelle liste elettorali della Camera. Nel complesso parliamo di circa 200 milioni di euro l’anno da ripartire in misura proporzionale fra tutte le liste che superano una soglia minima di voti o di eletti. È un sistema simile a quello tedesco, ma in Germania il rimborso è di 0,7 euro per ogni voto effettivamente ricevuto, con un limite complessivo al monte rimborsi di 133 milioni di euro.
Fino a poco tempo fa era inoltre previsto che il rimborso continuasse per cinque anni anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Motivo per cui, fra il 2008 e il 2011, i partiti (comprese le formazioni non più esistenti o non più rappresentate in Parlamento) hanno ricevuto somme di molto superiori a quanto previsto da una già generosa legislazione. A partire dalla prossima legislatura la possibilità del “doppio rimborso” è stata abrogata e il monte complessivo da ripartire è stato ridotto del 10 per cento.
A chi pensa che l’Italia sia un caso patologico va subito detto che gli scandali legati al finanziamento delle campagne elettorali purtroppo esistono in tutti i paesi democratici. Solo negli ultimi 15 giorni: 1) nel Regno Unito il tesoriere del partito conservatore si è dimesso a seguito dello scandalo “cash for access”, ossia per avere offerto “accesso speciale” al primo ministro (e possibile influenza sulle politiche del governo) in cambio di donazioni di almeno 300mila euro; 2) in Francia Nicolas Sarkozy è stato accusato di avere finanziato illegalmente la sua campagna elettorale del 2007, forse anche con soldi ricevuti nientemeno che da Gheddafi; 3) la quantità di denaro spesa finora per le presidenziali americane (le prime dopo il giudizio della Corte Suprema che nel 2010 ha rimosso i limiti alla spesa elettorale delle corporations) ha indotto John McCain, il candidato repubblicano 2008 alla presidenza, a mettere in guardia sulla provenienza spesso oscura di quel denaro e sulla corruzione che vi è spesso associata. (1)

I RISCHI DEL FINANZIAMENTO PRIVATO

Quello che colpisce degli scandali nostrani è semmai l’uso privato dei fondi destinati ai partiti: se Tangentopoli poteva ancora rientrare entro gli schemi di una democrazia occidentale, pur con tutti i suoi problemi, la tesoropoli di questi giorni sembra più degna di una decadente satrapia. E tuttavia, sarebbe bene ragionare sui fatti ed evitare di cavalcare gli istinti di piazza. Ad esempio le proposte di abolizione del finanziamento pubblico non mi sembrano per niente utili: il finanziamento privato, come quello pubblico, non è immune da rischi. Volendo sintetizzare, sono soprattutto rischi di “cattura” del legislatore da parte di lobby potenti e danarose (vedi scandalo Cameron), con connessa disuguaglianza di rappresentanza politica fra chi può permettersi di finanziare un candidato e chi no. Non è nemmeno da sottovalutare, come sottolineato da molti legislatori americani, il fatto che, con i costi crescenti dell’attività politica, un ammontare crescente di tempo (fino al 50 per cento, dicono alcuni) debba essere dedicato al fundrising, a detrimento delle attività parlamentari in senso proprio. D’altro canto, i sistemi puramente pubblici, che finanziano i partiti sulla base dei risultati elettorali, possono essere più proni a sprechi di vario genere e hanno il difetto di “fotografare” l’esistente e dunque di favorire l’immobilismo dei partiti e delle classi dirigenti.
Un sistema misto come il nostro è probabilmente preferibile ma, nel momento in cui ci si accinge a rivedere le regole, occorre tenere presenti questi rischi.

TETTI E TRASPARENZA

Sul fronte del finanziamento pubblico è meglio basare il finanziamento sul numero di voti effettivamente ricevuto da ciascun partito piuttosto che sul numero degli aventi diritto. Oltre a ridurre l’onere per le casse dello Stato (di almeno il 20 per cento), si introdurrebbe un incentivo per i partiti a favorire il coinvolgimento dei cittadini e la partecipazione elettorale, anche in casi in cui l’esito elettorale sia scontato.
Sul finanziamento privato occorrono precisi limiti e trasparenza. Oggi non ci sono limiti all’ammontare ricevibile e l’obbligo di pubblicazione scatta solo per donazioni che superano i 50mila euro. Uno studio recente, basato su dati americani, mostra che la qualità dell’attività parlamentare non ha nessuna correlazione con l’ammontare totale di finanziamento privato ricevuto, ma è molto ben correlato con il numero di piccole donazioni. (2) Al contrario, ha una correlazione negativa con l’ammontare ricevuto in grandi donazioni. Ha senso dunque, anche tenendo conto dei problemi di “cattura”, porre dei limiti alle donazioni private. In Francia, ad esempio, solo le persone fisiche possono contribuire fino a un massimo di 4.600 euro. Occorre inoltre molta più trasparenza. In Francia nessuna donazione in contanti può eccedere i 150 euro. Negli Stati Uniti, tutte le donazioni superiori a 200 dollari sono online sul sito della Federal Election Commission, con tanto di nome, cognome e indirizzo del donatore. (3) Perché allora noi ci dovremmo accontentare di rendere pubbliche solo le donazioni oltre 5mila euro, come sembrano suggerire alcune ipotesi?
Occorrerebbe inoltre uno sforzo serio per incentivare le piccole donazioni, diciamo fino a 100-150 euro, con un adeguato sistema di detrazioni d’imposta (ora solo il 19 per cento) e magari con un sistema di “matching” da parte dello Stato (in vigore ad esempio in Germania e per le presidenziali americane). Si tratta di una possibilità completamente assente dal panorama delle ipotesi su cui si è fin qui discusso, forse perché è molto più comodo ingraziarsi qualche grande elettore che rivolgersi a milioni di potenziali piccoli finanziatori. Un solido sistema di piccoli finanziamenti peraltro favorirebbe la selezione di candidati migliori.
Per concludere, è evidente a tutti che occorrono meccanismi di controllo migliori di quelli in vigore oggi. Se i partiti fossero aziende (e qualcuno magari pensa che sia così) basterebbe sottoporne il bilancio a rigorosi processi di revisione e certificazione. Iniziativa lodevole e condizione certamente necessaria per un cambiamento di rotta, ma non sufficiente. In Italia, come in tutti i paesi europei, sui partiti si incardina il sistema democratico. Occorrono allora riforme più profonde perché si dia finalmente attuazione all’articolo 49 della Costituzione, dando ai partiti personalità giuridica e regolamentandone il funzionamento, soprattutto usando criteri precisi e stringenti di democrazia interna. (chi si ricorda quand’è stato l’ultimo congresso della Lega Nord?). Il problema di come creare le condizioni per un maggiore controllo senza interferire con l’autonomia politica dei partiti non è di facile soluzione. Una possibilità è quella di creare un’Authority indipendente e autorevole, con un mandato ampio e che riguardi non solo i bilanci e il finanziamento ma il più generale funzionamento del sistema partitico rispetto agli obiettivi a cui dovrebbe assolvere. Soluzioni più snelle potrebbero essere altrettanto efficaci, e forse meno costose, purchè si riconosca che la regolamentazione e il controllo debbano andare oltre le mere questioni di bilancio. Evitando moralismi e facili tentazioni populiste, bene sarebbe fare in fretta, prima che lo “spread morale” ci conduca al default della democrazia.      

(1) Ecco le parole di John McCain: “I promise you, there will be huge scandals, because there’s too much money washing around, too much of it we don’t know who’s behind it and too much corruption associated with that kind of money.”
(2) Andrea Prat, Riccardo Puglisi and James Snyder (2010): “Is Private Campaign Finance a Good Thing? Estimates of the Potential Informational Benefits”, Quarterly Journal of Political Science, vol 10, 291-318.
(3)
Se una stessa persona effettua donazioni multiple nel corso di un ciclo elettorale, si computa la somma.

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LA RIPRESA DEGLI ALTRI

  1. serlio

    l’equazione partiti = parassiti della spesa sociale si è finalmente manifestata in tutta la sua evidenza e nemmeno ora che il contribuente è sottoposto ad una pressione fiscale asfissiante questi avvertono la necessità di ridurre quanto ricevono dallo Stato. I partiti-parassiti stanno ora parlando solo di aggiungere regole e controlli, ma non certo di ridurre quanto indebitamente ricevono a titolo di rimborso delle spese elettorali. Purtroppo tra Lusi e “collusi” hanno già ampiamente dimostrato di quali nefandezze a carico del contribuente sono capaci, in nome ovviamente di altissimi ideali. per cui ben venga qualsiasi modalità di controllo purchè sia accompagnata da una drastica riduzione di quanto ricevono e sopratutto hanno ricevuto. Infine non sarebbe certo una ferita alla democrazia imporre a questi partiti-parassiti il pagamento dell’IMU, considerato che possono spendere e spandere in lungo e in largo nei modi più fantasiosi. basta favoritismi!

  2. Marco S.

    Tutto condivisibile ciò che si dice sui piccoli contributi. Il punto dovrebbe essere capire bene il problema, prima di fare modifiche affrettate alla legge, sotto l’impulso degli scandali. Se i dati pubblicati sulla stampa ieri fossero validi, la Lega avrebbe speso pochissimo i suoi contributi pubblici; e tutti i maggiori partiti sembrano avere troppi soldi: ne spendono molto meno di quelli che ricevono. Non solo la scarsa trasparenza favorisce il cattivo uso delle risorse, ma anche denari in eccesso rispetto al bisogno. Ai politici non conviene dire questo. Ma chi ha qualcosa di autentico da dire, valori o ideali da difendere, lo fa per bisogno, e non per profitto economico. Questo è un buon principio democratico. Tutto ciò che è eccesso di professionalizzazione in politica ha come conseguenza negativa l’idea che dalla politica ci si possa arricchire, guadagnando privatamente molto di più di quanto si otterrebbe “senza”. E questa idea è invece un male per la democrazia, che va combattuto. Meglio quindi un finanziamento pubblico eguale per tutti, invece di incentivi tipo “più voti=>più danari”.

  3. marco

    I partiti sono associazioni private e non vedo perchè debbano ricevere soldi pubblici- Gli italiani si sono già espressi sulla materia con un referendum puntualmente disatteso- Perchè dobbiamo fare un’autorithi che poi dobbiamo mantenere quando lo Stato rischia il fallimento? Con gli stipendi che hanno i politici che si autofinanzino come faccio io con la mia squadra di calcetto da 10 anni; in alternativa vanno bene le donazioni private, ma solo se si stabilisce un tetto massimo per ogni persona che dona (100-150 euro ad esempio) e se le liste dei donatori vengono rese pubbliche; in alternativa si potrebbero destinare ai partiti i soldi dell’8 per mille-L’esperienza del Movimento 5 stelle, l’unica forza politica che non accetta i rimborsi, ha ampiamente dimostrato del resto che si può sopravvivere e prosperare senza rimborsi nonostante il duopolio televisivo e la partigianeria di molta carta stampata- Perchè sprecare soldi in privilegi quando il paese richia il fallimento e il numero dei poveri è in continuo aumento? Poi ha ragione la Fornero a dire che non si trova la paccata di miliardi per non far morire di fame la gente!Ci credo! Se si tolgono i soldi si toglie il marcio…

  4. Pietro Vannoni

    Credo che un finanziamento solo privato non comporterebbe più rischi di quanti ne comporterebbe un finanziamento statale limitato e controllato auspicato dall’autore. Questo perchè se il politico è onesto non accetterà denari in cambio di favori in nessun caso. Se il politico è invece disonesto, andrà a cercarsi una tangente in entrambi i casi, in quanto il rimborso elettorale sarebbe o nullo o controllato e limitato. Si può obbiettare che nel caso di assenza di finanziamento pubblico il politico non dovrebbe andare a cercarsi i soldi necessari alla campagna elettorale e quindi sarebbe meno avvicinabile dalle lobby potenti e danarose e quindi meno tentato di fare favori a chi l’ha finanziato. E’ però pensabile che tali lobby non tenterebbero comunque di avvicinare un politico eletto con finanziamento pubblico? Infine, attualmente con un finanziamento molto più ampio degli effettivi costi sostenuti e quindi molto più ampio e incontrollato di quello prospettato dall’autore, qualcuno si azzarderebbe a dire che i politici attuali sono incorruttibili e difendono solo gli interessi del cittadino comune? Azzeriamo i finanziamenti pubblici: almeno risparmiamo!

  5. nello

    E’ pacifico che la politica se finanziata dal privato prima o poi deve rendere conto, ma visto come vanno le cose adesso in Italia, non vedo tanta differenza di realtà nonostante i miliardi che ricevono i partiti, oltretutto sfacciatamente di gran lunga Superiori alle spese sostenute, tant’è vero che molti milioni di questi denari spariscono non si sa dove?, addirittura senza controllo alcuno. Ma stiamo scherzando o siamo davvero un popolo di pazzi, se rimborso deve essere, che almeno sia documentato, perdipiù non vedo dove verranno trovati tutti i Milioni che pretendono i partiti, visto che la Nazione (il Popolo) quello che paga è alla fame. Questi politicanti non si rendono conto che spesso le masse sociali giunte all’esasperazione sono portate di conseguenza anche a rivalse non contenibili.

  6. giulio gullo

    Segnalo che a regime il rapporto voto/contributo è di 0,7 euro e non 1 euro..

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