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MA LA DISCIPLINA (TEDESCA) NON È TUTTO

 Le conclusioni del Consiglio europeo, fatte proprie dai paesi dell’Unione con l’eccezione della Gran Bretagna, rappresentano la vittoria delle posizioni tedesche e segnano una linea di continuità rispetto al rafforzamento del Patto di stabilità e crescita, sancito nel cosiddetto patto EuroPlus. Il presupposto è che la crisi europea del debito nasca dalla mancanza di disciplina fiscale e che per uscirne sia necessario prevenire i disavanzi e rafforzare le sanzioni contro i paesi indisciplinati. Si tratta di un’analisi grossolana che avrà effetti recessivi sulla zona dell’euro.

Le conclusioni del Consiglio europeo del 9 dicembre, fatte proprie dai paesi dell’Unione con l’eccezione della Gran Bretagna, rappresentano la vittoria delle posizioni tedesche e segnano una linea di continuità rispetto al rafforzamento del Patto di stabilità e crescita, sancito nel cosiddetto patto EuroPlus. Presupposto è l’idea che la crisi europea del debito nasca dalla mancanza di disciplina fiscale e che per uscirne sia dunque necessario prevenire i disavanzi e rafforzare le sanzioni contro i paesi indisciplinati. Si tratta di un’analisi piuttosto grossolana che avrà effetti recessivi sulla zona dell’euro. Vediamo in sintesi le principali novità introdotte.

RAFFORZAMENTO DELLA DISCIPLINA DI BILANCIO

Cattiva idea il rafforzamento della disciplina di bilancio con abbassamento della soglia per i deficit eccessivi dal 3 allo 0,5 per cento del Pil. I problemi europei, Grecia a parte, non nascono da deficit eccessivi, ma dalla persistente asimmetria dei tassi di crescita della produttività e dai conseguenti divari di competitività tra “nord” e “sud”. I disavanzi eccessivi sono il risultato della recessione internazionale, come i casi di Spagna e Irlanda, campioni del rigore fino al 2006-7,  illustrano chiaramente. È vero che i vincoli europei si sono rivelati inefficaci, ma questo non dipende dal fatto che il limite del rapporto deficit-Pil al 3 per cento sia troppo elevato. Sarebbe come voler ridurre a 100 km/h il limite di velocità in autostrada perché quello di 130 km/h viene sistematicamente ignorato dagli automobilisti. Ridurre il limite del deficit consentito a tutti provocherà un bias deflazionistico molto pericoloso a livello europeo, proprio perché, come sta avvenendo in Grecia, i tagli di bilancio innescano la spirale recessione-deficit-nuovi tagli-recessione, soprattutto se venissero realizzati simultaneamente da tutti i paesi. Il problema invece è come far sì che paesi diversi per la situazione dei conti e del ciclo economico abbiano politiche di bilancio differenziate, in modo da accelerarne la convergenza e salvaguardando la sostenibilità del debito.
In particolare, mancano nelle nuove proposte i necessari incentivi affinché durante le fasi di espansione vengano messe in atto politiche di riduzione del debito che compensino la possibilità di fare disavanzi nelle fasi recessive, senza produrre una crescita del rapporto debito-Pil nel medio termine. Una proposta che va in questa direzione (e che ho discusso al Parlamento europeo l’anno scorso) è quella dei “punti della patente”: si guadagnano punti con avanzi di bilancio, che i paesi dovrebbero accumulare durante le fasi di espansione, e si perdono punti “spendendoli” con disavanzi (si veda qui e qui ). Quando si finiscono i punti, scattano le sanzioni.

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IL CRITERIO DEL DEBITO

Cattiva idea. La proposta della Commissione Europea è quella di inserire tra i parametri di disciplina anche il rapporto debito-Pil, in modo che le politiche di bilancio lo facciano convergere all’obiettivo del 60 per cento. I tagli di bilancio dovrebbero essere proporzionali alla distanza del rapporto dall’obiettivo. La proposta soffre del solito difetto di volere risolvere problemi diversi con la stessa medicina per tutti, seppur in diversi dosi. Solo Lussemburgo, Slovacchia e Slovenia hanno debito al disotto della soglia del 60 per cento del Pil, e dunque la zona euro sarà condannata a tagli in contemporanea (vedi qui).

SANZIONI AUTOMATICHE

Buona idea, si potrebbe pensare a penalità automatiche sia di tipo economico, quale la riduzione di fondi europei proporzionate allo sfondamento, sia di tipo politico, quale la sospensione del diritto di voto in diverse sedi. La cosa importante però è che le penalità si applichino a regole cosiddette state contingent, cioè graduate in base alla situazione ciclica (ad esempio riferite alla nozione di bilancio aggiustato per il ciclo, si veda il punto precedente)

INTRODUZIONE DEL VINCOLO DI BILANCIO IN PAREGGIO NELLA COSTITUZIONE

Cattiva idea. Lo scopo è anche qui rafforzare la disciplina di bilancio. Eppure, la condizione del bilancio in pareggio non è necessaria né sufficiente a garantire la sostenibilità del debito (vedi qui ). Non è sufficiente perché, ad esempio, pur con un debito invariato, il rapporto debito-Pil cresce quando il Pil nominale si riduce (com’è accaduto ai paesi industrializzati nella recente recessione). Non è una condizione necessaria, perché anche se lo stock di debito cresce, ma meno velocemente del Pil nominale, il rapporto debito-Pil cala e dunque il debito è sostenibile. D’altro canto, l’esperienza internazionale con le regole fiscali suggerisce un certo scetticismo sulla loro efficacia: in generale sono i paesi virtuosi che inseriscono tali regole nella propria Costituzione, non sono le regole a rendere virtuosi i paesi (v. qui).

LEGGI FINANZIARIE NAZIONALI IMPUGNATE DALLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

Cattiva idea la possibilità per la Corte di giustizia europea di impugnare le leggi finanziarie nazionali. Si tratta di un modo surrettizio per costringere i paesi della zona euro a rinunciare a parte di sovranità nazionale. Rischia di essere inefficace e di produrre estenuanti corsi e ricorsi legali. Non vi sono scorciatoie: è necessaria una modifica dei trattati che porti nel tempo a un bilancio federale europeo. Si tratterebbe di trovare il modo di delegare parte della sovranità fiscale degli Stati nazionali evitando però di svuotare e svilire il ruolo dei Parlamenti nazionali. Una proposta in tale senso è quella di adottare un processo di bilancio a due stadi: in sede europea, su proposta della Commissione, si decide la crescita dell’indebitamento della zona euro nel medio termine, e la sua distribuzione tra i paesi membri. I Parlamenti nazionali scelgono il livello e la composizione delle entrate e delle spese pubbliche nazionali sotto il vincolo del saldo determinato a livello europeo. In questo ambito avrebbe senso la proposta degli Eurobonds (ne discuto in questa intervista a Voxeu).

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ANTICIPARE L’ENTRATA IN VIGORE DELL’ESM

Non risolve i problemi. L’European Stability Mechanism (Esm), che è il successore del fondo salva stati Efsf, presenta una serie di difetti che la proposta non risolve, se non in parte (si veda qui). a) L’entità della sua dotazione è insufficiente, nonostante la proposte di dotare l’Efsf della capacità di fornire assicurazione parziale alle nuovi emissioni, o di introdurre la possibilità di cartolarizzazioni. La proposta di assimilare l’Efsf/Esm a una banca permetterebbe invece al fondo salva stati di indebitarsi presso la Bce aggirando la no bail-out clause che impedisce alla Banca centrale di monetizzare le emissioni primarie del debito. Ma proprio per questo la proposta è stata rifiutata dalla Germania. Effetto simile, ma insufficiente, avranno i 200 milioni di euro che l’Unione verserà all’Fmi, e che verosimilmente saranno usati per comprare debito europeo. b) Il meccanismo di finanziamento dell’Esm potrebbe propagare la crisi ai paesi in difficoltà. c) Le prerogative di voto rendono l’Esm ostaggio di minoranze locali, anche se viene ora prevista una procedura di emergenza che non richiede l’unanimità, ma solo una maggioranza dell’85 per cento dei voti. d) Si modificano anche le modalità di partecipazione alle perdite del settore privato (Psi) nel caso di ristrutturazione del debito. Nella versione originale, la Psi veniva considerata obbligatoria, con l’ovvia conseguenza di ridurre immediatamente la domanda di titoli dei paesi a rischio. Ora si dice che tale partecipazione seguirà non meglio identificate “prassi consolidate” del Fondo monetario internazionale.

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13 commenti

  1. Piero

    In questo articolo si chiarisce che l’euro non e’ altro che il marco camuffato, gestito dalla Germania, che non vuole svalutarlo, non vuole fare una politica monetaria espansiva se ria non ha ucciso tutte le altre economie, in sintesi la ger. ANIA vuole vincere la guerra economica dopo avere perso quella militare, tutto cio’ per tenere in piedi una moneta come l’euro che sta rovi andò l’unione europea, di cio’ si tratta se si abbandona l’euro. Non dobbiamo drammatizzare l’eventuale uscita dall’euro come non abbiamo drammatizzato l’uscita dallo SME nel 1992. L’euro in fin dei conti non e’ che una moneta legale e si puo’ cambiare, basta vedere costi e benefici del cambio.

    • La redazione

      Grazie. Il parallelo tra la Germania nazista e quella di oggi mi sembra azzardato. Anche se i benefici dell’Euro (tassi bassi) sono stati dilapidati in meno di decennio, temo che  costi di un break up sarebbero considerevoli, anche se difficili da quantificare 

  2. Alessandro

    Caro Manasse, che dire? Sono completamente d`accordo. E dire che osservazioni simili erano state formulate in passato da piu`di un autorevole economista. Il vertice di Bruxelles, come i precedenti, ha prodotto delle non-decisioni, mentre il difetto originario dell`intera costruzione dell`area euro rimane li`, grande come una casa. Non sono le sanzioni (peraltro mai applicate e/o inutili) ai paesi in deficit eccessivo la soluzione, ma piuttosto politiche economiche adattate alle esigenze cicliche e, soprattutto, sufficiente crescita economica (anche con politiche neokeynesiane: sembra un bestemmia!) che rendano sostenibili e ripagabili i servizi del debito sovrano. Come non possano pervenire a simili conclusioni anche i leader dell`Ue si spiega solo con la mancanza coraggio e di volonta`politica per invertire la rotta. L`unica strada sarebbe dotare l`Ue di un vero fondo europeo come quello da lei suggerito, oltre ad una vera integrazione politica (per il momento, utopia) e una BCE che abbia facolta` di monetizzare il debito pubblico e di agire da lender of last resort. Non certo quella di uscire dall`euro (peraltro impossibile), scorciatoia demagogica e disastrosa.

    • La redazione

      Il problema è che l’Euro richiede un architettura molto più sofisticata ed una perdità di sovranità nazionale in materia fiscale che sia però uguale per tutti

  3. Marco Giovanniello

    Bell’ articolo, peccato non poterne discutere con qualche talebano della Bundesbank. Dietro la disciplina forzata c’ è la pur condivisibile paura tedesca di dover pagare per tutti, ma l’ ossessione che porta ad una politica prociclica è perniciosa, il meccanismo adottato la scorsa settimana dalla UE, come è spiegato, è veramente troppo rozzo e i politici vi si adeguano senza ragionare. Se non sbaglio è stato il Ministro svedese a dire che “Quando l’ economia va bene si deve ridurre il debito pubblico, per poter avere un deficit nelle crisi”, davvero si merita il riconoscimento del FT, ma gli altri hanno sottoscritto solo un patto per la deflazione.

  4. Piero

    L’uscita dall’euro non è demagogia, ma una scelta obbligata se la Merkel insiste su tale politica monetaria, ormai tutti anche i non addetti, vedono nella monetizzazione di parte del debito Conegliano UNICA via d’uscita dalla crisi.

    • La redazione

      Certo è che, per quanto siano comprensibili, le reticenze tedesche ad un ruolo di prestatore di ultima istanza per la BCE rendono lo scenario del break-up della zona Euro più vicino. Temo però che da sola la BCE non possa risolvere i problemi istituzionali della zona Euro.

  5. Supporter

    Gentile Manasse: questo si che è parlare chiaro! Io sono un europeista convinto e, prima che sia troppo tardi, ossia che l’Europa si cinga del cappio impostole da una corsa al rigore effettuata in condizioni ideologiche ed insensate, è necessario che voci come la sua o come altre che criticamente si sono levate in questi tempi a commentare le scelte europee, siano rese note all’opinione pubblica italiana, tedesca, francese ed oltre. Per favore, spedisca questo articolo ai principali giornali, lo traduca e lo mandi in Germania ed in Francia. E’ necessario fare un tam-tam che ci permetta di ridare la parola alla ragionevolezza ed alla democrazia prima di fare scelte irreparabili. Dobbiamo parlare chiaro alla Merkel (che del resto comincia ad essere criticata anche in patria) e chiedere cose in cambio: sì al rigore ma in cambio di piu’ integrazione, piu’ potrere al parlamento europeo, piu’ strumenti europei di salvaguardia e di crescita.

  6. Umberto Giacalone

    Grande richiesta all’asta della BCE di prestito interbancario all’ 1% per le banche della zona Euro che aumentano così la loro liquidità. Ma non per comprare titoli di Stato dei Paesi deboli, come sperava Draghi. Bensì per ricapitalizzarsi come richiede l’EBA per avere istituti più solidi. Risultato: le banche non comprano Bond, gli spread rimangono alti e il rischio di non erogare credito a famiglie e imprese rimane. Alla fine gli investitori non si fideranno della BCE finchè questa non diventerà ufficialmente prestatore di ultima istanza “mettendoci la faccia” in prima persona: poi potrà sperare che questo giro di prestiti a basso tasso d’interesse venga accolto con favore dai mercati. L’asta di oggi, Il “bazooka” di Draghi insomma è un ‘idea geniale, quello che lo fa diventare una pistola giocattolo è il non voler decidere tutti, Germania in primis che la Bce diventi la banca garante di ultima istanza dell’ Eurozona Questa riforma è da farsi necessariamente insieme alle altre per non rendere vani gli sforzi, le manovre “lacrime e sangue” dei singoli Stati, la ricapitalizzazione delle banche, i vincoli di bilancio come cessione di sovranità che dovrà legare tutti i Paesi Euro.

  7. Francesco Lavezzi

    Gentile Paolo Menasse, approfitto delle sue giuste considerazioni ed analisi per farle una domanda. Autorevoli giornalisti come Belpietro e Feltri, sostengono ripetutamente che il problema di fondo sia quello di essere entrati nell’euro e con un rapporto di cambio un euro = 1926,27 vecchie lire. Mi sembrano opinioni anacronistiche, sostenute anche da esponenti del precedente governo. Le chiedo perciò una sua opinione competente su queste tesi che a furia di essere riproposte generano, a mio avviso, dubbi ed equivoci. Grazie. Francesco Lavezzi

  8. piero

    La germania ci ha imposto la politica monetaria ieri, oggi quella fiscale, va tutto bene, i principi tedeschi sono sani e condivisi, però ci dobbiamo ricordare che alcuni paesi europei, tra cui il nostro, al momento dell’adozione dell’euro, ossia del cambio fisso, avevano un debito sovrano di ammontare elevato che è impossibile pagare con manovre di bilancio, nemmeno in vent’anni. Tale ammontare di debito dei paesi sovrani mediterranei con il cambio fisso della moneta e senza una politica fiscale comune che tuttalpiù avrebbe permesso anche l’emissione di eurobond, ha provocato l’attuale crisi. Se tutti sono coscienti di ciò o ritorniamo indietro o saniamo il problema originario che può essere sanato o con moneta buona gli eurobond o con moneta cattiva l’inflazione (monetizzazione di quota parte del debito pubblico dei songoli stati). Non riesco a vedere una diversa via d’uscita.

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