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La risposta ai commenti

Mi sembra che l’’essenza delle articolate argomentazioni del dott . Matteoli siano riconducibili a due punti essenziali:
1) Il privato, avendo obiettivi di profitto, può avere comportamenti opportunistici gravemente lesivi dell’’interesse pubblico.
2) il privato non investirà mai le rilevantissime somme necessarie a risistemare lo stato catastrofico del sevizio idrico italiano.

Una, devastante, obiezione alla prima argomentazione è che un sistema di gare non significa affatto privatizzazione del sistema: se imprese pubbliche offriranno condizioni più favorevoli in termini di costi, tariffe e qualità, vinceranno le gare, come è ovvio, e come è successo moltissime volte ovunque in Europa. Quindi non vi è alcun nesso tra gare e privatizzazione dell’’acqua, come strumentalmente si tende a far credere al fine di difendere ad oltranza uno status quo indifendibile. Non solo: la periodicità obbligatoria delle gare costituisce un incentivo potente all’’efficienza e al rispetto delle condizioni di interesse pubblico espresse nel bando. Comportamenti inadeguati comprometterebbero gravemente la reputazione delle imprese inadempienti, anche nei confronti di gare in contesti diversi da quelli dove avessero inizialmente vinto. E alla reputazione le imprese private tengono molto….
La seconda argomentazione appare ancora meno difendibile: se occorrono moltissimi soldi per investimenti, necessari a “tappare le falle” delle passate gestioni (generalmente pubbliche), questi soldi occorrono comunque, indipendentemente da chi li spenda. Se si decide che li debbano pagare gli utenti, le tariffe dell’’acqua aumenteranno, e di molto. Se si decide che questi costi, per ragioni sociali, dovranno essere pagati dallo stato, cioè dai contribuenti, i gestori dei servizi idrici saranno pesantemente sussidiati, pubblici o privati che siano. Significa che si avranno meno risorse pubbliche per scuole o trasporti pubblici, scelta politica del tutto legittima. Cioè si trasferiranno risorse da servizi sociali politicamente giudicati meno prioritari ai servizi idrici.
Infine, che i privati abbiano obiettivi di profitto, cioè “egoistici”, è assolutamente ovvio, e per questo occorre una seria regolazione pubblica. Che amministrazioni pubbliche corrotte, o dove domina il “voto di scambio” (fattori talmente reali, che sono verificabili attraverso l’’attuale vergognoso dissesto del sistema: meno manutenzione e più assunzioni clientelari, o appalti “agli amici”), esprimano obiettivi meno egoistici dei privati, mi sembra una argomentazione perlomeno ardua.

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Ringrazio anche per i molti commenti costruttivi, ricordando che i limiti di spazio della Voce costringono a forti sintesi (tipo “bianco-nero”), il che ha anche dei vantaggi. Le argomentazioni rivolte a Matteoli rispondono alla maggiorparte di voi. Rimarco comunque che in molti commenti domina un tragico equivoco: gare=privatizzazione. Se imprese pubbliche saranno più efficienti, vinceranno le gare, magari al secondo giro. E’ successo in Svezia, in USA e in Germania per i trasporti pubblici, perché non dovrebbe succedere per l’acqua?

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  1. Riccardo Fabiani

    Davvero le amministrazioni pubbliche sono condizionate dal "voto di scambio" e le imprese private che si aggiudicano gare di appalto pubbliche non ne sono affette? Gentile Ponti, ma in che mondo vive? Ha mai visto come funzionano le gare di appalto in Italia? Vincono le aziende che finanziano le amministrazioni che vincono le elezioni. Mi sembra illusorio pensare che l’efficienza sara’ migliorata dal passaggio da un monopolio pubblico a uno privato, seppur mediante gara d’appalto. Il problema sono i "watchdogs", le autorita’ di controllo. Basta con questa idea smentita dalla Storia che il privato e’ piu’ efficiente.

  2. luigi saccavini

    Non so se qualcuno di coloro che difendono lo status quo abbiamo mai visto e decodificato il bilancio di uno degli enti che gestiscono le acque. Non è neppure il caso di citare esempi, che finirebbero per dar luogo a repliche polemiche. E’ ovvio che se una realtà economica non ha gli stimoli che derivano dal competere, si adagia e non si rinnova, è portata a risolvere i problemi di bilancio aumentando le tariffe perché, in assenza di benchmark, dà per scontato che la sua struttura sia già ottimizzata. La questione non è ideologica ma semplicemente funzionale. I bandi sono troppo frequentemente inquinati perché sono diffuse le società che dei bandi vivono rispondendo o facendo riferimento al politico A o B: queste non sono imprese, ma una degenerazione della struttura pubblica che in tal modo cerca di mantenere la sua presa sulla spesa pubblica. Aspetti che non giustificano lo status quo, anzi dovrebbero rappresentare una ulteriore spinta a togliere l’ingessatura in cui il paese si trova.

  3. Massimo Matteoli

    Ringrazio il Prof. Ponti dell’attenzione al mio intervento. Non mi convince, però, il ruolo decisivo che affida allo strumento delle gare. Penso sia maggiormente utile aumentare gli strumenti di controllo e tutela, sia generali come le authority che per i singoli utenti (con quello che io chiamo il "garante"). In questo modo non faremo solo una cosa giusta (risultato non da poco), ma ne guadagnerà anche l’efficienza generale del sistema. Più che da gare distanziate negli anni e destinate, nella migliore delle ipotesi, a pochi privati oligopolisti, le sclerosi del monopolio possono essere combattute da un intreccio virtuoso di controlli istituzionali, forme regolamentate di confronto tra aziende erogatrici e forze sociali e, non ultimo, efficaci tutele dei singoli utenti. So perfettamnte che non è affatto facile passare dalle parole ai fatti, ma con tutta sincerità non vedo alternative per garantire efficienza di sistema e socialità. Anche per il servizio idrico, come sempre, è la maturità di cittadini che fa la differenza.

  4. Jacopo Baima

    La messa a gara in sè non impone la privatizzazione, ma nel decreto Ronchi è previsto che il vincitore della gara abbia capitale privato almeno al 40%, con il socio privato tutelato in vari modi che gli darebbero parecchio peso anche se in minoranza. Quindi la privatizzazione è un fatto, e lo scenario che lei descrive con il servizio affidato a società pubbliche si verificherà forse in altri paesi ma non ha nulla a che vedere con la futura situazione italiana. Aggiungo che le società miste pubblico-privato in Italia hanno dato più di una volta prova di essere il peggior concentrato di clientelismo pubblico e rapacità privata, essendo tipicamente gestite da imprenditori vicini ai centri di potere politico.

  5. Roberto A

    Caro Jacopo Baima, ma lei la norma per lo meno l’ha letta? Quando Ponti dice correttamente che alle gare possono partecipare anche società pubbliche, intende società detenute al 100% da enti pubblici. Lei probabilmente fa confusione con il sistema transitorio legato alle concessioni in essere in questo momento, che per certe situazioni prevede che per evitare la cessazione della concessione in anticipo, si debbano cedere quote di proprietà ai privati. Ma nel momento in cui scadono le concessioni (a parte le eccezioni che ancora permangono anche nella nuova legge, anche se diventano eccezioni e non possibilità alternative come prima), esistono due metodi di affidamento: o tramite gara pubblica, a cui possono accedere anche società a totale partecipazione pubblica, oppure tramite affidamento ad una società mista, con scelta del socio privato tramite gara, a cui deve essere affidato almeno il 40% del capitale (e quindi, comunque, il pubblico potrebbe tenersi il 60) e specifici compiti operativi (frase modificata da un emendamento ,nel testo originario era previsto l’affidamento dei compiti operativi e quindi di tutti, l’emendamento parla di "specifici" e quindi non di tutti).

  6. Valerio Lemma

    Dalla Premessa del libro: È convincimento consolidato di coloro che si dedicano all’analisi giuridica che la valutazione dei testi normativi debba essere effettuata solo quando questi ultimi abbiano ricevuto consacrazione legislativa. Quando ciò non avviene, quando l’indagine precede la definizione delle regole nelle competenti sedi istituzionali si è in presenza di un intervento preordinato ad evidenziare distonie o incoerenze tecniche del provvedimento oggetto di osservazione. In tale evenienza, si individua un’ansia propositiva volta a suggerire modifiche alla disciplina in formazione, sì da renderla meglio rispondente alle finalità che questa si prefigge ed alle istanze sociali che ne determinano la legittimazione sostanziale. L’intervento del giurista appare, allora, riconducibile alla sua funzione tipica di interprete del diritto; la sua voce tende a dare contenuto a istanze rimaste inespresse, a causa del prevalere di tendenze demagogiche alle quali sovente la politica soggiace.

  7. Massimo Parisi

    Pubblico. Esclusivamente locale. Decisamente tecnico. Piu un consorzio nazionale capace di assumere le migliori pratiche e diffonderle ai consorziati e nel contempo vigili sulle gestioni. La diatriba tra pubblico e privato ha poco senso. Per carità, piacelvolmete accademica. Lo stato ha il compito di assolvere i bisogni, almeno primari, di tutti i cittadini al costo sociale del bene/servizio e per questo deve formare una classe tecnico-amministrativa capace, ben remunerata e severamente selezionata e controllata. Diverso il discorso sull’acqua quale bene intermedio di produzione. Qui il discorso si complica; a partire se rete separata o meno, pubblico o privato, contatore dedicato o meno, etc..

  8. luigi saccavini

    La legge in discussione contiene certamente elementi ”migliorabili” e una critica o proposte di modifica sono utilmente proponibili. Ad esempio a me piace poco che siano previste partecipazioni miste pubblico privato; non tanto per il principio quanto per la diffusa presenza nel nostro paese di aziende locali o regionali miste, spesso dai risultati modesti, che poco si differenziano dalla gestione pubblica attuale. Inoltre, sembra troppo lunga una durata di decenni, proporrei periodi più brevi con possibilità di conferma subordinata a risultati. Oltre ad una Autority, si potrebbe anche pensare ad un potere autorizzatorio con facoltà di interruzione a fronte di cattiva gestione, ecc. La legge è appunto migliorabile . L’idea di una gestione pubblica efficiente con funzionari autonomi e capaci, oggi è al di fuori della concreta praticabilità: non siamo la Francia o la Germania, purtroppo (o per fortuna?). Dirigenti Pubblici con autorevolezza e autonomia riconosciuta da noi non trovano facilmente gli spazi di gestione necessari.

  9. saverio

    Al di là delle teorie e delle parole sono i casi reali che bisogna studiare. Tendenzialmente quando c’è di mezzo il solo privato (Parigi) o un pubblico fortemente condizionato dal privato le cose per il cittadino non vanno benissimo. Ecco due esempi: http://www.terranews.it/news/2009/11/la-rivoluzione-parte-da-parigi-l%E2%80%99acqua-torna-essere-pubblica http://www.infonodo.org/?q=node%2F7637 http://www.terranews.it/news/2009/11/la-rivoluzione-parte-da-parigi-l%E2%80%99acqua-torna-essere-pubblica.

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