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E SULLE PROFESSIONI SOFFIA IL VENTO DELLA CONTRORIFORMA

Le liberalizzazioni non sono certo al primo posto dell’agenda economica del governo. E ora si smontano anche i pochi provvedimenti riformatori fatti in Italia negli ultimi quindici anni. Ne è un esempio la riforma della professione forense, che farà da modello per le altre categorie. Il tutto giustificato con la difesa dei più deboli. Ma secondo la teoria economica, le tariffe minime facilitano la collusione fra gli operatori e costituiscono una barriera all’entrata. Due fattori che favoriscono chi è già nel mercato a scapito dei giovani professionisti.

Non era difficile prevedere che questo governo non avrebbe messo le liberalizzazioni al primo posto dell’agenda economica. Ma abbiamo superato ogni aspettativa: non solo non si liberalizza, ma si smontano i pochi provvedimenti riformatori fatti in Italia negli ultimi quindici anni. La riforma della professione forense, approvata dalla commissione Giustizia del Senato e commentata su queste pagine, esemplifica l’approccio del governo alla questione, in commissione in Senato, a quanto sembra, condiviso anche dall’opposizione. Ora si vuole estendere il metodo alle altre categorie di professionisti, come annunciato dal ministro della Giustizia in vista degli stati generali convocati per il 15 aprile.
La ragione politica dietro la controriforma è evidente: accreditarsi come interlocutori di una ampia categoria di professionisti, in agitazione per problemi di sovraffollamento (vedi architetti e avvocati) e colpiti duramente dalla crisi. Angelino Alfano lo ha detto esplicitamente: “L’abolizione delle tariffe minime ha danneggiato i professionisti italiani”. Per cementarne il consenso, si rilancia un modello corporativo, basato su barriere all’entrata e vincoli ai comportamenti. Al di là della convenienza politica, non è quello di cui il paese ha bisogno.
 
NESSUNO VALUTA LE RIFORME
 
La storia abbonda di episodi in cui un periodo di ristagno economico e sociale è stato affrontato rafforzando paletti e steccati per proteggere l’orticello. Invariabilmente, politiche di questo tipo hanno accentuato il ristagno, trasformandolo spesso in declino. L’Italia è pericolosamente avviata lungo questa china. Il ministro Alfano non la vede così: “L’abolizione delle tariffe minime, senza dare alcun beneficio ai cittadini, ha tutelato i più forti”.
Con tutta la buona volontà, non sono riuscito a capire la logica di questa affermazione; né sono stati forniti dati che permettessero di valutare la riforme delle professioni e capire chi è stato tutelato e chi no. Al solito, pesa la mancanza di valutazione. Se vi fosse evidenza che l’abolizione delle tariffe minime, o altri aspetti delle riforme, hanno peggiorato il funzionamento delle professioni, sarei il primo a chiedere un ripensamento. In mancanza di evidenza diretta, possiamo solo affidarci a quello che ci dice la teoria economica e i (pochi) studi degli effetti delle liberalizzazioni in altri campi. Di seguito sono riportati i link ai tanti articoli pubblicati su lavoce.info su questi argomenti.
In sintesi: la teoria prevede che le tariffe minime facilitano la collusione fra gli operatori; inoltre, costituiscono una barriera all’entrata, poiché per chi inizia l’attività offrire un prezzo più basso rispetto a studi già avviati è il modo più efficace per costruirsi una clientela. Collusione e barriere all’entrata favoriscono chi è già nel mercato a scapito dei giovani professionisti, che faticano a crearsi uno spazio, e dei consumatori, che pagano tariffe più alte. Queste conclusioni si applicano praticamente a ogni forma di regolamentazione anticompetitiva e sono molto generali. L’evidenza supporta queste previsioni (si veda ad esempio il caso della riforma della regolamentazione del settore commerciale in Italia). Ovviamente ci possono essere altri effetti, a seconda delle caratteristiche del servizio e delle norma. Ma che provvedimenti anticompetitivi favoriscano i “più deboli” è un’affermazione tutta da dimostrare. (1) 
Non basta la parola di ministro a convincerci che le controriforme sono per i cittadini e non per un blocco elettorale.
 
PER SAPERNE DI PIÙ

Articoli sulle liberalizzazioni:
Avvocati alla riscossa
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001404-351.html
Concorrenza, liberalizzazioni, privatizzazioni
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1000240-351.html
Roma sbaglia sui taxi *
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1000272-351.html
Metti una farmacia tra Antitrust e Corte Costituzionale
https://www.lavoce.info/articoli/pagina2580-351.html
Barriere che costano
https://www.lavoce.info/articoli/pagina2442-351.html
Freno e acceleratore senza marce
https://www.lavoce.info/articoli/pagina2271-351.html
Articoli sulle tariffe minime:
Più avvocati, più cause
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001502-351.html
Albi professionali: l’esempio inglese
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001401-351.html
Perché all’ordine non piace la concorrenza
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001047-351.html
Un decreto al microscopio
https://www.lavoce.info/articoli/pagina2255-351.html

Sugli avvocati:
Giustizia ed economia: due mondi separati
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001635-351.html
Giustizia: anno nuovo, vecchie inefficienze
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1000926-351.html
Risparmi che migliorano la giustizia
http://www . lavoce.info/articoli/pagina1000814-351.html
Chi ha ragione paga
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1000486-351.html
Studi, mestiere ed esperienza
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1000352-351.html
Così l’efficienza entra in tribunale
https://www.lavoce.info/articoli/pagina2589-351.html
Standard minimi e nuove tipologie contrattuali
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1933-351.html
La paga dell’avvocato
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1742-351.html
L’offerta di giustizia in Europa e l’offerta di giustizia in Italia
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1402-351.html
Una controriforma per la giustizia civile
https://www.lavoce.info/articoli/pagina1331-351.html

 
(1) Uno degli argomenti tipici a supporto delle restrizioni anticompetitive è che queste migliorino la qualità del servizio. Uno studio del 2001 dell’Office of Fair Trading inglese, “Competition in Professions” (http://www.oft.gov.uk/shared_oft/reports/professional_bodies/oft328.pdf), passa in rassegna l’evidenza disponibile a livello internazionale e conclude “(…) restrizioni sulle tariffe e sulla pubblicità sono le meno difendibili a causa dell’assenza di un chiaro legame con la qualità del servizio. (…) In sintesi, quindi, l’evidenza empirica (…) non supporta l’affermazione che la qualità giustifica le restrizioni”.

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16 commenti

  1. Enrico Panza

    Secondo me questa "mossa" è figlia della burrasca tariffaria degli ultimi tempi, con gli sconti "imposti" ai professionisti dalle amministrazioni pubbliche senza più soldi. Commento perché compagno di un (giovane) architetto. Secondo me la liberalizzazione delle tariffe, sacrosanta, ha di fatto avuto un effetto deflagrante in un settore caotico, immaturo e strutturalmente incapace di seguire leggi di concorrenza pura. Un po’ perché è un settore fortemente politicizzato (lavori perchè conosci… che prepara… ecc.) Un po’ perché in settori come quello degli Architetti non ci sono figure professionalmente ben delineate. Un po’ perché si è sommata la liberalizzazione ad una caduta verticale della capacità di spesa dei grandi committenti (pubblico) che ormai impongono sconti regolarmente superiori al 50%… (siamo agli incarichi gratuiti). Voilà la "ribellione" degli ordini: infantile, egoista, furbetta, ma comprensibile. Sarebbe forse più corretto lavorare contemporaneamente su liberalizzazione e riordino delle professioni? Ovvero "accompagnarle" verso il mercato? Sulla "liberalità" del governo Berlusconi.. Sarebbe come chiedere a Dracula di favorire il vegetarianesimo.

  2. Giorgio Trenti

    Proposta di legge. L’art. 24 della L. 266 del 7/8/1997 ha abolito il divieto di costituire società tra professionisti: ad esempio una coop di pratiche notarili, una srl di difesa legale, una spa di consulenza commercialista, sono inserite nell’ambiente produttivo. Chiunque può compiere un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione verso il committente (art. 2222 codice civile contratto d’opera). L’esercizio delle professioni è libero, salvo per quelle il cui esercizio è subordinato ad un’iscrizione in appositi albi o elenchi (art. 2229 codice civile professioni intellettuali). E’ opportuno abrogare l’art. 4 della L. 16/2/1913 n. 89, che determina il numero dei notai per ciascun distretto, ed è doveroso permettere al risparmio d’investire nelle azioni di una società di servizi professionali. Articolo unico Il contratto d’opera ex art. 2222 c. c. può essere compiuto da una persona fisica o da una giuridica. Le professioni intellettuali ex art. 2229 c. c. possono essere esercitate da una persona fisica o da una giuridica. E’ abrogato l’art. 4 della L. 16/2/1913 n. 89. Chiunque può detenere azioni di una società di servizi professionali.

  3. chiara dazzi

    Io sono un giovane architetto, ma non posso dire in coscienza che per quello che riguarda la mia professione (delle altre nulla posso dire) l’abolizione della tariffa minima abbia costituito un aiuto per costruirsi una clientela, anzi…Gli studi grandi e attrezzati, e spesso con decine di universitari o neolaureati che lavorano gratis, si servono di sconti incredibili per fare dumping nei confronti degli altri e proprio di noi giovani che non possiamo permetterci di lavorare quasi in perdita perchè magari non abbiamo altri lavori o qualche ricca consulenza o concorso "sicuro" che paga per tutto il resto. In più gli enti pubblici nel bandire i concorsi e nel dare gli incarichi senza i minimi spesso chiedono prestazioni che non possono essere svolte decentemente per le cifre che offrono o i ribassi che chiedono. In più mi risulta che in paesi dove la liberalizzazione delle professioni c’è, come in Inghilterra, questo non si è risolto in un vantaggio per il consumatore perchè là gli architetti fanno grandi sconti sui lavori importanti ma si fanno pagare carissimi per i piccoli lavori, tutto a discapito del consumatore piccolo che si dice di voler tutelare. Mah.

  4. Nello L.

    …Quando il ceto dei professionisti conosce intere categorie, il cui accesso è "blindato" e comunque "privilegiate" da leggi assurde (notai, medici, farmacisti ecc.).

  5. francesco piccione

    Sono avvocato e non mi sono indignato per l’abolizione delle tariffe minime. Ciò nonostante la "lenzuolata" non è stata pensata bene. Dall’abolizione delle tariffe minime hanno tratto vantaggio i grandi clienti (banche, assicurazioni, etc) che hanno imposto ai loro legali compensi ridotti. I giovani non ne hanno tratto vantaggio, perché anche gli altri professionisti possono fare la gara al ribasso. Se si voleva favorire i giovani e (cosa non da poco) anche i clienti sarebbe bastato un ritorno al passato: quando si diventava procuratore legale, per i primi sei anni, si potevano dimezzare i minimi degli onorari. Finiti i sei anni non c’era più questa possibilità. Un ritorno al passato avrebbe facilitato i giovani (e solo loro) ed i clienti: è normale che un giovane faccia la metà della tariffa ma lo è molto meno che che lo faccia il professionista di sessant’anni. Non solo, il beneficio era provvisorio per cui solo coloro che avevano meno di sei anni di esercizio della professione potevano dimezzare gli onorari, un vantaggio iniziale destinato a terminare e tale da non determinare accaparramento di clientela. Il ritorno al passato rappresenterebbe, paradossalmente, una novità.

  6. oscar

    La reintroduzione delle tariffe minime dovrebbe portare con se il divieto di utilizzare praticanti, co.co.pro. e altre forme di lavoro non retribuito che portano al paradosso di creare occupazione fortemente precaria in un settore regolamentato. Tariffe minime in entrata devono essere bilanciate da costi minimi per non creare rendite di posizione. La reintroduzione dei minimi dovrebbe essere accompagnata dall’eliminazione dell’obbligo di rivolgersi ad un professionista nei rapporti in cui è parte la pubblica amministrazione. Ognuno dovrebbe essere lasciato libero di tutelare da sè i propri interessi oppure di rivolgersi ad un professionista nel caso lo voglia e in questo caso va bene anche la tariffa minina. Ma una tariffa minima accompagnata da un obbligo di assistenza professionale rappresenta una rendita ingiustificata. Saluti.

  7. francesco scacciati

    Mi pare che i fans (abbreviazione americana di fanatics) delle liberalizzazioni abbiano combinato già abbastanza guai, e che sarebbe ora che se ne rendessero conto: tra i pochissimi, il grande capo Richard A. Poster (A Failure of Capitalism. The Crisis of ’08 and the Descent into Depression, Harvard University Press, 2009) che afferma la bancarotta teorica della “scuola di Chicago” e ne propone di fatto la chiusura. Venendo a noi, nella stragrande maggioranza dei casi, perché le liberalizzazioni portino i benefici sperati, occorre che gli operatori siano perfettamente razioni (raro) e perfettamente informati (rarissimo). Nel caso in questione, gli operatori (cioè la gente comune) non sa nulla di diritto e di architettura (e ciò che crede di sapere è spesso il contrario del vero) e dunque l’unico criterio di scelta che ha è il prezzo. Il più delle volte pagherà la differenza con la galera o con la perdita della causa nel caso dell’avvocato; con la casa che gli cade in testa o con il vivere in una casa schifosa e irrazionale nel caso dell’architetto. PS: non faccio né l’avvocato né l’architetto né nulla di assimilabile.

  8. A. Villante

    In realtà l’abolizione delle tariffe minime, così come formulata, ha recato vantaggio esclusivamente alle Compagnie assicurative ed alle (grandi) aziende coinvolte in cause "seriali" a scapito di studi medio-piccoli; infatti solo le grandi società si sono avvalse della riduzione dei minimi, mentre i privati non ne han tratto vantaggio alcuno. Di contro la leggenda che i giovani legali, con l’abolizione delle tariffe minime, possono far concorrenza agli avvocati già affermati è, appunto, una leggenda, quando, nei fatti, si sono travati e si trovano costretti a svolgere attività sottocosto -con clienti che, sovente, ne approfittano- o a costo zero senza la possibilità di pretendere neanche quel minimo tariffario per salvaguardare la propria dignità professionale (e le tasche).

  9. Giuseppe Cigarini

    Ritengo risibili tutte le argomentazioni che cercano di difendere questa riforma. Veri e propri argomenti sofistici insistono nel dire che le liberalizzazioni sarebbero andate a vantaggio delle banche e delle assicurazioni e che avrebbero indebolito i grandi studi legali: la verità è esposta solo in parte dato che dei prezzi più bassi non sono solo le banche ad avvantaggiarsene, ma anche cittadini meno abbienti (con evidente guadagno in termini di access to justice). L’argomentazione per cui il minimo tariffario garantirebbe la qualità della prestazioni, oltre che lapalissiana, è pure disonesta. E’ ovvio che in circostanza di monopolio la prestazione può essere migliore che in regime di concorrenza; ciò che diminuisce è il surplus sociale. Altro risibile argomento consiste nel dire che il mercato dei servizi legali sarebbe insensibile al prezzo perchè dominato dalla fiducia e dall’intuitus personae nel contratto, ma se cosi fosse, allora che cosa temono i principi del foro a fronte di una diminuizione generalizzata dei prezzi? Da ultimo: perchè, se lo voglio, non posso applicare il prezzo che io ritengo equo? In questo il mio senso di giustizia mi dice di essere liberale.

  10. francesco scacciati

    Mi sento in dovere di replicare al sig. Cigarini, dato che usa il termine “disonesto” che è gravemente offensivo. Qui di disonesto c’è solo chi, essendo semplicemente un “liberista” che vorrebbe riportare le leggi della società civile alle leggi della jungla, si gabella per “liberale”. Un “liberal” anglosassone la sfiderebbe a duello, se questo non fosse stato da tempo vietato dalle leggi dei paesi civili.

  11. Stefano Terlizzi

    Nel batti e ribatti sulla questione del minimo tariffario che da giorni imperversa sul web e sulla stampa, si privilegia il punto di vista degli iscritti agli ordini e si trascura un po’ quello dei clienti e del tutto quello dei professionisti non regolamentati. Si dice che dell’abolizione del minimo tariffario degli avvocati ne abbiano beneficiato le grandi banche e le assicurazioni. A farne le spese sarebbero gli avvocati più giovani. Ma scusate non è così in tutti i settori dove chi ha più potere contrattuale stabilisce il prezzo? Perché un avvocato deve essere tutelato e un giovane esperto di marketing, di risorse umane, di sicurezza del lavoro, no? Forse esiste anche una diversa percezione del valore delle attività svolte per i grandi enti. Forse una lettera di poche righe, standard, su questioni comuni vale 200 euro solo per l’ordine e non per il cliente.

  12. Alessandro Bozzi

    Anch’io ho potuto verificare che, dell’abolizione dei minimi tariffari, non hanno beneficiato né i giovani professionisti né i "piccoli" consumatori, che oggi pagano il servizio professionale esattamente come prima. Resto tuttavia convinto della necessità di liberalizzare e aprire il mercato delle professioni. Occorre tuttavia prendere atto che le liberalizzazioni devono seguire un progetto chiaro. Le "lenzuolate" non risolvono nulla. Se l’obiettivo è eliminare le barriere all’ingresso, perché intervenire solo sulle tariffe minime? Perché invece non abolire l’obbligo del praticantato presso un professionista già abilitato? Chi non è figlio di professionisti, trova proprio in questo una vera barriera all’entrata (unitamente alla diffusa convinzione per la quale occorre una buona "sponsorizzazione" per superare l’esame di stato per l’abilitazione). Meglio sarebbe rendere l’esame di stato una cosa seria: chi lo supera, senza raccomandazioni e per puro merito, è abilitato alla professione. Sono convinto che il praticantato non scomparirebbe ma resterebbe su base volontaria (e ci sarebbero meno abusi).

  13. Maurizio _Milano

    Mi riesce difficile capire cosa hanno di liberale certe professioni. Mi spiego: Ia) per trasferire la sede legale della mia società da Vimodorne a Cernusco sul Naviglio devorecarmi dal notaio. Parcella di quasi € 2.000,00. Assurdo! b) Pe recuperare un credito mi devo rivolgere obbligatoriamente ad un avvocato. Il quale si rivolge al giudice. A me è vietato. 2,000,00 euro per le prime spese. Pazzesco! Entrambi prestazioni professionali di bassa manovalanza che sono perfettamente in grado di eseguire con le risorse che ho in azienda, ossia da solo. Pertanto tutte le riserve e/o esclusive attribuite a ciascun ordine devono essere abolite! In particolare a quelli dei notai, avvocati e farmacisti. Il cittadino e/o impresa devono essere messe in grado si poter scegliere. I saperi non sono più limitati a poche corporazioni professionali. Cordialmente.

  14. Camillo Lanzinger

    Speravo di trovare, questa volta, una spiegazione approfondita sulla validità dell’abolizione delle tariffe minime, "totem" dell’asserita panacea della mal-intesa liberalizzazione delle professioni. E invece ho trovato il solito minestrone di ricerche che si focalizzano su un aspetto di una professione e poi ne traggono leggi universali su tutti gli aspetti di tutte le professioni. Idem per i paragoni con l’estero. I commenti che precedono il mio mi pare chiariscano che: 1) è impossibile parlare di "professioni" in generale; 2) gli unici beneficiari delle pseudo-liberalizzaioni sono i grandi utenti, che possono imporre contratti leonini, 3) la stragrande maggioranza degli utenti deve essere protetta con qualche forma di regolamentazione. 4) in regime di gran numero di concorrenti la tariffa più bassa diventa il riferimento e l’uso comune. Le tariffe minime servono a stabilire una base dignitosa il superamento della quale deve essere giustificato dalle caratteristiche della prestazione richiesta (e promessa formalmente). Curiosa la contraddizione tra il gran numero di professionisti (asserito ed effettivo) e le statistiche che lamentano un basso numero di laureati in Italia.

  15. Marco Simonetti

    Sono ingegnere. Quasi nessun cliente è in grado di valutare la qualità di un servizio di ingegneria e nessuna delle pratiche di autorizzazione previste svolge questa funzione (quanti calcoli di prestazione energetica, per esempio, sono stati verificati nei comuni? Chi li verificherebbe?). Un ipotetico ordine professionale che funzioni, a tal proposito, ha ragione di esistere non solo a tutela degli affiliati, come viene comunemente percepito, ma anche della società. Gli appalti pubblici sono stati recentemente assegnati con sconti sul riferimento tariffario in vigore prima della liberalizzazione anche del 60%. Forse la correlazione tra minimi e qualità della prestazione non è certa (vi è sempre una percentuale di furbi). Ma vi posso garantire che i costi di elaborazione di un progetto non possono scendere oltre un certo limite e sotto quel limite o si guadagna in altro modo (per esempio cercando di pilotare la scelta delle forniture in cambio di un riconoscimento commerciale) o si riduce la qualità (e si schiavizzano i giovani collaboratori).

  16. Paolo

    Il dibattito sulle tariffe è abbastanza sterile se non lo si contestualizza. Le tariffe minime obbligatorie sono coerenti in un sistema legislativo che concepisce l’avvocato come un professionista che opera in studi singoli, che si occupa prevalentemente di contenzioso e che è regolato da una serie di principi deontologici ispirati ad un’estrazione prettamente borghese (rifiuto del patto di quota lite, della pubblicità e della possibilità di esercitare il commercio). In sintesi, le tariffe obbligatorie sono coerenti con la legge del 1930 che ancora regola la professione forense. Ciò significa che l’abolizione delle tariffe non può essere introdotta come un arto spurio su un corpo ontologicamente differente per meri fini populistici (come fece Bersani) ma deve essere introdotta quale parte di una riforma di più ampio respiro che trasformi l’avvocato italiano in qualcosa di simile ai colleghi anglosassoni. Alfano ha la possibilità di farlo e abbiamo capito che non lo farà. Rimane, però, vero che se non è disponibile una forza politica che sappia modificare in senso radicale il mondo forense italiano (come fece la Thatcher in UK) allora è meglio tenersi le tariffe minime di Alfano.

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